STORIA DEL BILANCIO DELLO STATO ITALIANO Prof. Nino Rebaudo
La proclamazione del Regno d’Italia (1861) Nel 1861 vennero inclusi nel bilancio piemontese quelli provvisori dei governi dell’Emilia, delle Marche e dell’Umbria, mentre per la Toscana, il Napoletano e la Sicilia, annessi al regno successivamente, vennero compilati bilanci separati da quelli dell’amministrazione centrale.
Il “periodo eroico” della finanza italiana Nel 1862 venne redatto il primo bilancio unificato dello Stato italiano e iniziò il “periodo eroico” della finanza che durò fino al 1875 nel corso del quale venne raggiunto il pareggio fra entrate e spese effettive.
Crisi politica del 1876 In seguito a questa crisi, alla Destra storica, che aveva governato sino allora, subentrò la Sinistra, che attuò una serie di riforme tra cui l’abolizione del corso forzoso (1882). Gestione finanziaria dal 1 luglio al 30 giugno (1884-85). Nel 1889 il disavanzo raggiunse la cifra massima di 235 milioni.
Situazione di crisi Le entrate diminuirono a causa della depressione europea e mondiale conseguente alla diminuzione dei prezzi internazionali. Particolarmente colpita fu l’agricoltura che era il settore trainante dell’economia italiana. Crisi del settore bancario a causa dei prestiti fatti alle operazioni militari intraprese in Africa. Terminate le campagne etiopiche, nell’esercizio 1897/98 riapparve un avanzo finanziario che fu mantenuto sino al 1910/11
La guerra di Libia e la prima guerra mondiale La guerra di Libia e il primo conflitto mondiale diedero un gravissimo colpo alla politica dell’equilibrio finanziario. I problemi vennero affrontati inasprendo i tributi e facendo ricorso ai prestiti pubblici. Le spese effettive salirono da 5,4 miliardi nel 1914 a 32,5 miliardi nel 1918. Il disavanzo effettivo salì da 3 a 23 miliardi.
Il bilancio dal 1922 al 1929 Dal 1922 si intraprese una politica di risanamento economico e nel 1924/25 fu accertato un avanzo effettivo di 417 milioni. Nel 1927 venne abolito ancora una volta il corso forzoso e stabilizzata la lira sulla base della nuova parità di 92 lire circa rispetto alla sterlina.
Dal 1929 al 1945 In questo periodo il bilancio venne sconvolto dal susseguirsi di numerose calamità: la crisi economica mondiale, le guerre di Etiopia e di Spagna e il secondo conflitto mondiale. Il disavanzo arrivò a 12 miliardi nel 1938 e superò i 246 miliardi nel 1945.
La ricostruzione Le esigenze della ricostruzione del paese, provocarono un ulteriore aumento del disavanzo che raggiunse il livello più alto nel 1947/48 con 851 miliardi. Tuttavia il ritmo di accrescimento delle entrate, gli aiuti americani, la riorganizzazione dell’apparato fiscale attuata con la riforma Vanoni contribuirono al graduale risanamento del bilancio.
Il periodo dal 1950 al 1964 In questo periodo sia le entrate che le spese risultarono più che triplicate. Il disavanzo effettivo, prima ridotto, riprese a salire sino a raggiungere i 446 miliardi nel 1963/64 Il disavanzo finanziario risalì a 863 miliardi nel 1963/64
Periodo dal 1965 al 1973 Le entrate totali (tributarie ed extratributarie, per alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e rimborso di crediti, per accensione di prestiti) risultarono costantemente inferiori alle spese totali (correnti, in conto capitale e per rimborso di prestiti) Il disavanzo passò da 657 miliardi a 4.677 miliardi.
Crescita continua del disavanzo Nonostante che il gettito tributario fosse più che raddoppiato passando dai 20.279 miliardi di lire del 1975 ai 53.136 miliardi del 1979 e agli oltre 62.000 miliardi del 1980, il deficit dello Stato continuò ad allargarsi superando i 33.000 miliardi con un leggero calo nel 1979 fino a 30.000 miliardi.
La situazione negli anni Ottanta Nel 1980 il disavanzo riprese a salire. Anche nella seconda metà degli anni Ottanta i disavanzo salì costantemente alimentato dal fabbisogno di una macchina burocratica elefantiaca e inefficiente, oltre che da sprechi e politiche clientelari (nonostante che l’inflazione fosse stata ridotta al 4,5% circa).
L’integrazione economica europea Un importante evento economico modificò in meglio la situazione negli ultimi decenni: l’integrazione economica europea. Modifica dei parametri da parte della UE per poter partecipare alla moneta unica portò l’Italia a un profondo e difficile risanamento della cosa pubblica, che gradualmente fece sentire i suoi risultati.
Rapporto deficit-PIL Il rapporto deficit-PIL, dopo aver toccato il tetto massimo dell’11,1% nel 1990, ha avuto alterne vicende fino al 1994 (9,6%), anno in cui ha cominciato a calare (1995, 7,8%; 1996, 6,7%; 1997, 3,0%). Inoltre il disavanzo del 1997 risultava essere sceso a circa 60.000 miliardi, con un calo previsto per l’anno successivo del 75-80% (pari a un disavanzo di 13.000 miliardi).
Le prospettive degli anni Duemila Una politica più rigorosa dei consumi, la privatizzazione in corso delle grandi società statali, il patto sociale con i sindacati hanno facilitato un riassetto economico che però stenta a svilupparsi nella sua pienezza per il rallentamento della crescita che diminuisce le entrate fiscali (per altro tra le più alte in Europa), per il cronico squilibrio tra Nord e Sud, per un tasso di disoccupazione che spesso nel Mezzogiorno supera il 20%.