La liturgia invita la comunità a ringraziare il Signore. Egli, nel mistero pasquale, ci ha amati per primo. La scoperta e l’esperienza di questo Amore.

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Non siamo noi che perdiamo la fede, ma è la fede che smette di formare la nostra vita.
V DOMENICA DI QUARESIMA ANNO a Gv 11, b-45.
Transcript della presentazione:

La liturgia invita la comunità a ringraziare il Signore. Egli, nel mistero pasquale, ci ha amati per primo. La scoperta e l’esperienza di questo Amore spinge il credente a essere testimone: l’Amore ricevuto diviene Amore donato e impedisce alla Chiesa di chiudersi in se stessa, impedendo a chi vuole di incontrare Dio.

Nella casa del pagano Cornelio, Pietro si rende conto dell’azione dello Spirito anche sui cosiddetti “esclusi”. prima lettura È così che, come descrive la prima lettura, la Chiesa delle origini compie i primi passi fuori da Israele. Vangelo È l’amore di Dio per tutti, di cui il Vangelo dà testimonianza, che cambia la storia umana. Gesù chiama i suoi discepoli “amici”, perché crea con loro un rapporto di comunione profonda e feconda. Non è che la manifestazione del principio da cui scaturisce tutto: seconda lettura. Dio è amore, questa è la grande intuizione della seconda lettura.

Lo snodo centrale nel racconti di Atti si ha nei cap. 9-10: siamo abituati a parlare della conversione di Paolo (At 9), mentre non è affatto comune definire CONVERSIONE di Pietro ciò che è narrato in At 10. Eppure di un PROFONDO CAMBIAMENTO si tratta, al punto che ci troviamo davanti a una vera e propria SVOLTA epocale! Nella vicenda di Pietro e Cornelio Luca riconosce un passo significativo dell’apostolo. Un passo nella direzione di un’apertura verso tutti i popoli. Luca sottolinea che Pietro è quasi costretto dagli eventi a piegarsi alle...

Cornelio considera Pietro un essere celeste e si getta ai suoi piedi per rendergli omaggio. Ma Pietro rifiuta tale identificazione e lo rialza, affermando con decisione: «Anch’io sono un uomo!». Pietro è solo un ‘portatore’ di una Parola: è questa che porta e comunica la salvezza. Lui è solo un uomo, un fratello, solidale con Cornelio. Anche Pietro ha bisogno di luce e di conversione!

Luca mette quindi sulle labbra di Pietro il richiamo a simili passi biblici con cui l’apostolo tenta di interpretare i fatti di cui è spettatore e protagonista. Comincia lentamente a rendersi conto che... DIO E’ APERTO A TUTTI I POPOLI! Omesso il discorso vero e proprio (vv ), il brano liturgico prosegue narrando l’effetto di quelle parole. Non precisa però la reazione degli ascoltatori, sottolineando ciò che fa l’uomo, ma racconta ciò che fa il Signore.

Circondato dallo stupore dei giudei presenti, il dono di Dio produce un effetto su quegli uomini e Luca mette al centro dell’episodio la reazione dei pagani. Lo fa servendosi delle stesse espressioni usate per l’evento di Pentecoste. «Li sentivano parlare in altre lingue e glorificare Dio» (v. 46) «Li sentivano parlare in altre lingue e glorificare Dio» (v. 46) I fedeli circoncisi, strettamente legati all’origine giudaica, erano convinti che solo ai giudei fosse riservato il dono dello Spirito. Eppure Pietro, docile interprete dell’iniziativa di Dio, prende una decisione che prima sarebbe stata impossibile.

Perciò, illuminato dalle imprevedibili incursioni di Dio, Pietro si comporta da autorevole inviato di Gesù. Egli invita a chinarsi di fronte all’evidenza dell’accettazione divina di Cornelio e dei suoi. La sua domanda non è assolutamente retorica. Essa intende rispondere all’obiezione giudeo-cristiana, secondo cui... il battesimo non può essere conferito se prima l’individuo non è stato integrato in Israele con la circoncisione. La domanda può essere così riformulata:

In realtà, si tratta di un’eccezione che conferma la regola. Per Luca e per la cristianità alla quale appartiene, la sequenza di At 2,38 è la regola. Il battesimo d’acqua non è dissociato dallo Spirito e quest’ultimo viene ad animare il battezzato per renderlo pronto alla testimonianza. L’anomalia di At 10 costituisce l’originalità del fatto. Inviando lo Spirito, Dio mescola le carte e costringe la sua Chiesa ad accogliere persone indesiderabili. Egli flette con forza il corso della storia della salvezza.

“Dio è amore”! Chi non conosce questa celebre definizione della I Lettera di Giovanni? È forse il passo più bello, ma nello stesso tempo… È il più esigente perché da questa definizione deriva un impegno per tutti i credenti ad amarsi fra loro: “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio perché Dio è amore”.

Ecco la prima grande verità richiamata da Giovanni a tutti i cristiani: Se Dio è amore, non è possibile fare vera esperienza di Dio se non attraverso l’amore vicendevole. Si potrebbe anche dire che se Dio è Amore, l’Amore è tutto. Anzi, è il Tutto, perché vivifica e dà coesione e pienezza di senso all’intero creato e alle creature.

Nella semplicità di queste parole è contenuto dunque il vertice della rivelazione cristiana. Nell’amore fraterno si manifesta l’amore di Dio. Questo amore ha trovato la sua massima e misteriosa espressione nel dono del Figlio: “Perché noi avessimo la vita per lui”. Ecco la seconda verità risuonata per tutto questo tempo pasquale!

Il desiderio di dare la vita è tanto grande che, nel momento della morte sulla croce, Gesù grida: “Ho sete”. È sete profonda non tanto di ricevere acqua contro l’arsura, quanto piuttosto di donare lo Spirito a tutti i credenti.

A queste due verità, Giovanni aggiunge un’ultima riflessione che salda l’Amore di Dio al dono del Figlio. “Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi”. Proprio in questo si rivela l’autentico Volto dell’Amore, come Paolo ricorda nella Lettera ai Romani: