Il sindacalismo dal 1962 al 1968.

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Il sindacalismo dal 1962 al 1968

Gli anni sindacali: le premesse Dal Natale in piazza e dalle nuove proposte che emergono a livello unitario federale si entra in una fase nuova. Punto di partenza l’ennesimo rinnovo contrattuale dei metalmeccanici Costa (nuovo presidente Fiat) respinge pregiudizialmente la contrattazione articolata per la forza sindacale Tra o metalmeccanici accadde un fatto del tutto nuovo: la FIM-CISL scavalca a sinistra lo schieramento sindacale proponendo di continuare gli scioperi anche durante le trattative (era prassi la sua sospensione), con la FIOM che giudica eccessiva la proposta La vertenza si chiuderà nell’inverno del 1966 con risultati modesti ma con una forte caratterizzazione unitaria dei lavoratori

Gli anni sindacali: le premesse A partire da quell’anno emerge quasi un’antitesi fra struttura orizzontale (confederale) e verticale (federazioni) diffusa in modo trasversale rispetto alle sigle Appare evidente come le federazioni più forti o comunque più solide in termini trasversali e con una forte identità, sembrano in gradi di avanzare da sole verso il traguardo unitario P.Boni (segretario CGIL-FIOM) lo giudicò un fenomeno obbiettivo, tale da evidenziare la necessità di un processo di unificazione sindacale

La Confindustria e la Fiat Con l’avvio del centro sinistra (1962) sembrano esserci alcuni mutamenti in Confindustria: dapprima con la sostituzione di De Micheli con il più duttile Angelo Costa (che già l’aveva presieduta nel decennio postbellico), ma poi con il ritorno dell’area conservatrice che elegge Cicogna Confindustria evidenzia quindi una scarsa duttilità al mutamento politico. Fiat con Vittorio Valletta si dimostrò più abile a non rigettare le nuove istanze politiche nazionali, ma ciò non impedì agli operai, dopo otto anni di remissività, di tornare in sciopero (23 e 26 giugno 1962) Questa è una fase di tensione tra Confindustria e Fiat

Metalmeccanici e Sindacato Nel corso del 1962 si raggiunge (superato solo nel 1969) il numero massimo di ore di sciopero, mentre il dibattito sull’unità d’azione sindacale prende spazio Tutte le principali categorie entrano in sciopero Quella che possiamo considerare una sorta di vertenza pilota è quella dei metalmeccanici ch, in questo caso, inizia all’interno delle singole aziende assumendo velocemente un livello diffuso per gli strascichi della vecchia contrattazione. L’apertura di un negoziato a livello nazionale irrigidirà Confindustria che rifiuta decisamente la compatibilità di molteplici livelli di contrattazione Il tentativo di rinvio provoca uno sciopero unitario (13 giugno) che invece fallì alla Fiat dove gli operai scesero in piazza in due giorni successivi (23 e 26 giugno) Mentre nel settore pubblico la vertenza trovò una soluzione piuttosto rapida in quello privato divenne incandescente

Metalmeccanici e Piazza Statuto Vengono proclamate 72 ore di sciopero (7, 9 e 10 luglio) ma il 6 la UIL con il SIDA (Sindacato Aziendale dell’Automobile) firmano un accordo separato invitando a disertare la mobilitazione (in Commissione Interna la UIL e il SIDA raggiungono il 63%, mentre allo sciopero aderiscono il 92% dei lavoratori) Il 7 pomeriggio a Piazza Statuto, viene attaccata la sede della UIL e dalle 20.30 i dimostranti (ridotti ora a circa 200/300 giovani) affrontano la polizia Domanda: chi erano? A) provocatori assoldati per porre in crisi la mobilitazione?; B) studenti ante-litteram

Metalmeccanici e Piazza Statuto Sicuramente siamo alla presenza di alcuni elementi infiltrati, ma altrettanto significativa la presenza di giovani meridionali immigrati, non integrati, scarsamente sindacalizzati (ma alcuni certo iscritti alla UIL) e sfruttati come manodopera dequalificata Si rintracciano molti elementi delle future lotte sindacali del 67-69 Emerge chiaramente la difficile integrazione politica e sindacale dei flussi migratori, così come difficile sembrava esser divenuto l’incontro fra classi operaie e lavoratori di generazioni diverse e che avevano avuto esperienze profondamente diverse negli anni della Resistenza e dell’immediato dopoguerra

Metalmeccanici e Piazza Statuto La vertenza contrattuale si chiuse 7 mesi più tardi dopo una nuova serie di licenziamenti “politici” (84 operai iscritti alle tre sigle metalmeccaniche, con un conseguente sciopero che peraltro fallì) L’8 febbraio 1963, dopo uno sciopero generale unitario di tutto il settore (l’ultimo 9 anni prima), venne firmato il contratto che prevedeva un miglioramento salariale importante (ca.il 32%) ed il riconoscimento della contrattazione aziendale Questa vertenza (per i modi, la durata, la partecipazione, la base unitaria, l’intensità) può essere considerata quasi un esempio per il futuro biennio sindacale anche se in quel caso si porranno in maggiore evidenza alcune caratteristiche (soprattutto i nuovi strumenti di lotta e l’organizzazione di base) ancora acerbe nel 1962-63

Il 1964-65 Con il 1964 il quadro nazionale vede un calo degli investimenti e dell’occupazione ed una crescita delle resistenze delle imprese ai rinnovi contrattuali Siamo all’inizio della fase discendente del boom che – dal punto di vista sindacale – mise in crisi più volte l’idea dell’unità d’azione che aveva caratterizzato gli anni precedenti La connessione con la vicenda politica è in questo caso molto forte La crisi di governo del 1964 spinge il PSI ad imboccare una linea più morbida sul piano delle riforme in grado di resistere alle pressioni della destra e della componente conservatrice della società italiana e che, nello stesso tempo, riuscisse a spuntare le armi più pericolose a dx pur rinunciano a larga parte dell’incisività contenuta nei programmi di rinnovamento

Il 1964-65 Questa linea “morbida” in termini politici ma con evidenti ricadute nel mondo del lavoro, trova espressione e netta opposizione nell’area trasversale della “sinistra sindacale” Le trattative per il governo si svolgono in un clima da colpo di stato: il 25 giugno 1964 pochi giorni prima della crisi del governo Moro-Nenni, il Gen.De Lorenzo aveva diramato ordini precisi per il mantenimento dell’ordine pubblico che aveva ricevuto almeno implicitamente l’avallo del Pres.Segni

Il Piano Solo Nel maggio del 1967 una campagna giornalistica lanciata dal settimanale "L'Espresso" rivela che tre anni prima, nell'estate del 1964, il generale Giovanni de Lorenzo, all'epoca comandante dell'Arma dei carabinieri, e il presidente della Repubblica allora in carica, Antonio Segni, predisposero un piano d'emergenza che prevedeva il controllo del Paese da parte dell'Arma e l'arresto di centinaia di attivisti di sinistra. Si tratta del cosiddetto Piano Solo, a lungo protetto dal segreto di Stato, uno dei più misteriosi e discussi complotti dell'Italia del dopoguerra L’attivazione – sulla quale peraltro le valutazioni sono differenti – prevedeva l’utilizzo di liste di enucleandi predisposte nei confronti di esponenti della sinistra e quello delle strutture della guerra non regolamentare della NATO

Il 1964-65 Il clima del ’64 aveva spinto quindi verso una politica difensiva ma la crisi economica che iniziava divideva il decennio in due parti Dal punto di vista sindacale: Nella prima parte l’unità d’azione era occasionale Nella seconda parte diverrà sistematica Sulla seconda parte avrà molta influenza il memoriale di Yalta (appunti di Togliatti scritti pochi giorni prima di morire nel 1964) che apriranno un profondo dibattito nel PCI acdcentuando una posizione critica verso Mosca

Prima del 68: l’accordo quadro Nel 1966 CGIL, CISL e UIL diedero il via ad una serie di incontri tesi alla definizione del cosiddetto accordo quadro (che non si realizzò mai) al cui interno Per i vertici si doveva fissare una disciplina concordata per i vari temi di intervento; una sorte di ripresa della triangolazione fra governo, imprese e sindacati Nella base suscitarono grandi speranze unitarie che riuscirono ad avere qualche influenza su quelle riunioni che erano essenzialmente di natura tecnica Nelle imprese suscitarono il forte e diffuso timore di dover fronteggiare un avversario ben più agguerrito ed in forma unitaria

Le lotte sindacali 1967-1969 Una periodizzazione: 1967-69 e 1970-72 (dentro e fuori la fabbrica) Punto di partenza è duplice Dal lato sindacale è la vertenza degli attrezzisti della SNAM progetti e della Olivetti (1967). In entrambi i casi si trattava di operi specializzati cui veniva imposto, con il cottimo, un sistema di controllo e di meccanizzazione del lavoro. Dal lato economico e sociale è la fine del boom economico nella sua duplice veste di motore della trasformazione della società e di recessione indotta dal suo fermarsi

I costi sociali del boom Gli scompensi non furono solo tra nord e sud del paese I costi erano evidenti anche nelle zone di benessere: Forti contraddizioni nella condizione operaia I miglioramenti vengono pagati dalle classi più basse in termini di un maggior logorio psicofisico e con un aumento del disagio sociale Le migrazioni interne rappresentano una valvola facilmente manovrabile per dare spazio ai licenziamenti in fabbrica, potendo attingere manodopera non specializzata a basso costo

I costi sociali del boom Introduzione e diffusione del taylorismo: Innovazione tecnologica = razionalizzazione del lavoro in fabbrica = incremento della produttività e sfruttamento delle macchine e degli operai sui tempi di lavoro; Automatismo dei tempi per eliminare gli spazi morti = manodopera intercambiabile = incremento della parcellizzazione e della ripetitività dei gesti In Italia questi metodi si applicano senza rinunciare a quegli incentivi propri di un paese povero (il cottimo) che viene presentato attraverso forme di tabelle orarie di lavoro accompagnate dall’invito a superarle per guadagnare di più

La data di chiusura degli anni sindacali La risposta non è univoca: La strage di piazza Fontana del dicembre 1969 La legge del 20 maggio 1970 n.300 (Statuto dei Lavoratori) Il patto federativo CGIL-CISL-UIL del maggio 1972

Tre scansioni e due letture 1967: il malcontento operaio cresce sia per gli scarsi risultati ottenuti con le lotte, sia per il sostanziale blocco della contrattazione aziendale 1968: nei primi 4 mesi dell’anno troviamo circa mezzo milioni di operai impegnati in scioperi e vertenze Metalmeccanici 250.000 Chimici 80.000 Cementieri 20.000 Tessili 50.000 Alimentaristi 80.000 Nella primavera-estate del 1969 l’ondata di lotte scavalca l’organizzazione sindacale dando largo spazio alla spontaneità Due tipi di letture Il sindacato attraversa una crisi gravissima e la classe operaia cerca nuove strade (è la posizione dei gruppi della sx extraparlamentare) La spinta operaia conduce ad una trasformazione del sindacato in una struttura decisionale unitaria basata sugli organismo di fabbrica

Origine delle lotte e dell’autunno caldo Nasce dalla correlazione e interazione di tre piani che possiamo sintetizzare in A) fattore umano: i nuovi operai (gli immigrati ma anche coloro che si trovarono a vivere in città proletarizzate a forza e con un crescente disagio) differenti per caratteristiche e formazione dalla classe operaia postbellica B) fattore tecnico-economico: organizzazione del lavoro e retribuzione (i nodi sono il cottimo e le qualifiche) Cottimo: ha una valenza ideologica perché induce l’operaio alla collaborazione abbinando aumento del salario e aumento della produttività Qualifiche: esistenza di una gerarchia in fabbrica che genera una diversità di potere e di salario fra gli operai, in gradi di impedire o frenare il compattamento del fronte sindacale nelle vertenze

Origine delle lotte e dell’autunno caldo C) fattore storico-politico: si rintraccia nell’incontro tra movimento operaio e studenti che porta verso la politicizzazione delle rivendicazione economiche. Questo incontro fra generazioni e lotte avviene quando gli anni sindacali escono dalla fabbrica e divengono gli anni dei movimenti Non è estranea a quest’incontro la dimensione internazionale: i fatti di Praga

Caratteristiche Primo elemento: il dato più appariscente è la spontaneità delle lotte sia nel momento della decisione sia nelle condotte Secondo elemento: fino alle vertenze dell’autunno 69 i lavoratori sopravanzano il sindacato e, quando si affiancano le formazioni della nuova sinistra, si aprono violenti conflitti proprio con l’organizzazione sindacale (Avanguardia Operaia e i CUB alla Pirelli; Lotta Continua alla FIAT) Terzo punto: nella spontaneità non c’è un rifiuto del principio dell’organizzazione bensì la ricerca e l’identificazione della forma organizzativa di base come espressione diretta dei lavoratori in lotta (Delegati e Assemblee) Quarto elemento: con le nuove forme di gestione delle lotte, si rompono gli schemi decisionali nella condotta della vertenza che erano di competenza del vertice decisionale (federale o confederale). Da ciò deriva la contrapposizione con il sistema della rappresentanza in fabbrica: tutti (non solo gli iscritti), attraverso il consiglio di fabbrica, fanno parte della base sindacale