Informare come far sapere (dimensione cognitiva)
Costruzione cognitiva del senso Anche l’acquisizione e la trasmissione del sapere possono essere letti come processi, dotati di una temporalità, di una direzionalità e di una dimensione trasformativa. In che modo si costruisce la notizia nel discorso, la si condivide, la si dà come sicura o incerta? L’enunciatore è a conoscenza di ciò di cui parla oppure delega a qualcun altro la responsabilità del contenuto informativo del discorso? Fino a che punto l’enunciatario si appropria del sapere che circola nel discorso e quanto invece l’informazione che riceve resta sfocata, irreale, incerta?
Informare e osservare Ruoli funzionali al progresso del sapere: informatori e osservatori sono soggetti enunciazionali, attanti: funzioni astratte, che possono essere incarnate anche alternativamente da un singolo attore; possono anche restare istanze astratte e implicite, che l’analisi deve preoccuparsi di esplicitare.
Attanti cognitivi Distribuzione del sapere nel testo Informatore Osservatore Focalizzazione Punto di vista
Informatore Figura discorsiva che organizza l’informazione, mette il soggetto del percorso cognitivo in condizione di poter sapere, si offre alla capacità cognitiva dell’osservatore. È come un messaggero (es.: colui che informa Edipo sulla identità dell’uomo che ha ucciso e della donna che ha sposato; l’angelo nella Annunciazione) L’informatore è un attante intermedio tra enunciatore e enunciatario, “sa che c’è qualcosa da far sapere”. Può essere animato o inanimato: Giornalista Esperto Pentito, spia, testimoni Fonte riservata (informatore implicito), dossier, sondaggi Strumento di precisione: microscopio, reagenti ecc. Carte processuali
Osservatore Soggetto cognitivo, installato dalle procedure di débrayage nel discorso Caratterizzato da un fare ricettivo e interpretativo. Osserva il percorso cognitivo e ne dà una interpretazione. La sua funzione è quella di selezionare cosa deve essere evidenziato, cosa deve essere messo a fuoco e cosa no: “sa che c’è qualcosa da sapere”. Dall’osservatore dipende il punto di vista, relativo a chi vede (dall’interno o dall’esterno) e dunque interpreta; da non confondersi con la prospettiva (relativa al soggetto del fare: percorso narrativo); la prospettiva può restare la medesima, pur cambiando il punto di vista. A differenza dell’informatore, l’attante osservatore non sempre si manifesta. È il ruolo che opera sapienti strategie enunciative
Osservazione e aspettualità (come si vede) L’osservatore trasforma i fenomeni narrati in processi che si svolgono sotto i suoi occhi. Rilevanza del modo in cui osserva: un fenomeno può fare improvvisamente irruzione nel microcosmo dell’osservatore oppure svolgersi molto lentamente. Le marche della aspettualità modulano la temporalità interna, caratterizzandola come durativa o puntuale; durativa o terminativa. L’azione convertita in processo prevede un inizio (incoatività), una durata (duratività) e un termine (terminatività).
Ritmo dell’osservazione Greimas definisce il ritmo come l’attesa tra due raggruppamenti di elementi dotati di una stessa formazione e che si ripresentano a intervalli ricorrenti. Questi elementi possono appartenere al piano dell’espressione (suoni, rime cromatiche o eidetiche) o a quello del contenuto (episodi che si ripetono a intervalli regolari). Digressioni e descrizioni rallentano il ritmo Le ellissi lo contraggono
L’osservatore può avere una funzione Percettiva: punto di vista in senso visivo; selezione percettiva della realtà (sensi e sentimento) Cognitiva: selezione di certi aspetti, relativa alla competenza modale dell’osservatore Valutativa: considerazione dell’oggetto relativa alla disposizione patemica (credenze, opinioni, aspettative) e agli scopi pragmatici (convincere, aggredire, difendere) dell’osservatore. Possibili osservatori: Inviato (funzione percettiva e cognitivo-interpretativa: non può vedere tutto; es. Montanelli) Direttore del giornale (funzione valutativa; es. Scalfari)
Osservatore implicito o esplicito Nella pittura implicito è l’osservatore esterno, che coincide con lo spettatore empirico; esplicito è un personaggio che dall’interno guarda la scena del quadro e indica allo spettatore o a un altro personaggio presente nel quadro ciò che deve essere guardato, e che dunque deve essere considerato importante; Nei tg l’osservatore resta implicito quando la camera inquadra la scena in modo tradizionale, senza far avvertire la sua presenza; può essere tematizzata esplicitamente quando si percepisce la camera che scruta, si insinua in luoghi non facilmente accessibili; o addirittura quando la telecamera è inquadrata da un’altra telecamera (delegata).
Competenze dell’informatore e dell’osservatore Positive: volere e potere (favoriscono la circolazione delle informazioni) Negative: non volere, non potere, non saper-fare (fonte non affidabile, agente doppio) Se le fonti dell’informazione sono molteplici e contraddittorie, il sapere tende a sgretolarsi e a perdere di credibilità, mentre se l’informatore è unico viene prodotto un discorso realistico, veritiero Analogamente se gli osservatori sono molti, la verità tende a frammentarsi, mentre se è uno solo si costruisce una specie di certezza soggettiva
Realismo integrale Soggettività forte Osservatore unico Oggettività forte Informatore unico Realismo soggettivo Realismo oggettivo Oggettività debole Informatori multipli Soggettività debole Osservatori multipli Derealizzazione
Informazione politica Realismo soggettivo Assetto cognitivo tipico di situazioni di crisi: un osservatore giornalista unico tenta di unificare un quadro complesso e variegato al suo interno, a partire dal quale si irradia una molteplicità di informatori possibili, fonti, voci, rumori, smentite che indeboliscono l’oggettività del sapere. Ne risulta un punto di vista esplicitamente soggettivo, dove l’intera verità del discorso viene delegata alla competenza dell’osservatore e spesso dell’enunciatore (es. Scalfari).
Configurazione cognitiva derealizzata La molteplicità degli informatori (uomini politici) e degli osservatori (giornali) non permette ai destinatari di congiungersi con una notizia certa. Una volta stipulato il contratto di veridizione tra enunciatore ed enunciatario, l’enunciatore può embrayare verso di sé la funzione dell’osservatore, assumersi in prima persona la responsabilità del sapere e indicare qual è il vero informatore. In tal modo dalla derealizzazione si passa al suo opposto, dove informatore e osservatore sono unici, il che consente di assicurare la credibilità del discorso.
Marche formali dell’enunciazione Marche personali: deissi Marche modali: soggettività / oggettività Marche temporali: narrazione / commento Segnalano l’atteggiamento del locutore verso il proprio discorso e il tipo di rapporto che instaura con l’enunciatario: Partecipazione/distanza: presenza del parlante segnalata dalle forme deittiche della prima persona o forme impersonali Assertività/incertezza (modalità epistemiche): forme dichiarative, indicative oppure forme di hedging (attenuazione della assertività) Necessità/possibilità/impossibilità (modalità aletiche)
Hedging Atteggiamento assunto dal parlante nei confronti dell’enunciato. L’impegno sul contenuto dell’enunciato può essere espresso con diversi gradi di forza e certezza, che vanno dalla 1) fattualità (l’affermazione è data come reale), alla 2) non fattualità (il parlante sospende il giudizio) alla 3) controfattualità: Es. Mario è laureato Mario probabilmente (forse) è laureato Mario sarebbe laureato (se avesse fatto l’università)
Meccanismi di mitigazione Sul piano proposizionale: Vaghezza Attenuatori lessicali (hedges: Lakoff 1972; cespugli: Caffi) Sul piano illocutorio Carattere indiretto dell’atto linguistico (siepi: Caffi) Futuro epistemico Imperfetto di cortesia Sul piano dell’origine deittica (espressività) Deattualizzazione enunciativa (schermi: Caffi) indicatori di soggettività
“Cespugli” meccanismo della vaghezza Understatement o deintensificazioni del contenuto proposizionale (una sorta di, una specie di ecc.) Approssimazione (diciamo, per così dire: anche filler, riempitivo) Ipercooperazione (violazione della massima di quantità) Avverbi ed espressioni di punto di vista o di ambito (tecnicamente, mi sembra, direi, qualcosa del genere, una forma così: attenuano la categoricità dell’atto verdettivo, perché rendono vaga l’asserzione) Funzione: negoziazione e co-costruzione del senso
“Siepi” meccanismo della indirettezza Futuro epistemico o modale (sarà stato): attenuano l’impegno rispetto alla verità; l’asserzione si trasforma in ipotesi Performativo attenuato (le proporrei, consiglierei); il condizionale attenua la forza assertiva e direttiva dell’indicativo Consultazione, negoziato (se vuole) Mitigazione esterna dell’atto linguistico nella forma della giustificazione (spiegare perché si fa qualcosa attenua la forza di una proposta) Segnali di incertezza: pause, prolungamenti vocalici, intonazioni sospensive; indeboliscono il grado di adesione del parlante alla proposizione Declassamento o slittamento dell’atto (da assertivo a ipotetico, da verdettivo a comportativo o espressivo) Attenuazione della categoricità (se ho capito bene: riformulazione di controllo con funzione egoistica e altruistica) Anche in questi casi aumenta la vaghezza degli enunciati
“Schermi” meccanismo della de-attualizzazione enunciativa Depersonalizzazione : cancellazione della prima persona e sua sostituzione con altre persone (enallage; footing); messa a distanza, che può equivalere sul piano proposizionale ad un rafforzamento della verità dell’enunciato (vedi discorso scientifico: massima precisione e informatività, minima vaghezza) De-attualizzazione e narrativizzazione: volevo chiedere Asserzione generica proverbiale con funzione di ipergeneralizzazione (“quando studi ti nevrotizzi”) Inserimento tangenziale di un argomento (es. oltre tutto: modifica della dispositio con funzione di attenuazione, vedi anche cespugli) In conclusione: i mezzi di mitigazione servono sia a negoziare e ritrattare il contenuto proposizionale, sia a modificare la distanza tra gli interlocutori.
Strategie del discorso oggettivante Lorusso e Violi, Semiotica del testo gionalistico, p. 106: Spersonalizzazione del discorso (cancellazione delle marche della enunciazione) Astrazione (cancellazione dei deittici riferiti a un tempo e a uno spazio definiti) Oggettivazione del sapere (enunciati modali aletici, che fungono da vere e proprie fonti di autorità) Debrayage Discorso riportato, enunciatori delegati: citazioni con funzione di avvaloramento delle posizioni esposte (stipulazione di autenticità: Mortara Garavelli 1985) Presupposizioni Il carattere interpretativo di un testo viene mascherato, nascosto sotto una sembianza di oggettività (simulacro di un sapere oggettivo e dimostrativo)
Verità dell’informazione Il criterio della verità di un enunciato non è dato dalla sua relazione di adeguatezza alla realtà esterna, ma dalla relazione interna all’enunciato stesso tra enunciatore ed enunciatario, i quali possono trovare – sulla base dei rispettivi carichi modali – un accordo più o meno profondo sulla verità di quanto si scambiano nel processo comunicativo. La “verità”, in altri termini, non è l’effetto di una rappresentazione ma l’esito di una relazione intersoggettiva, dunque qualcosa strettamente legato ai modi in cui i testi inscrivono al proprio interno le relazioni sociali che, da un lato, presuppongono e, dall’altro, determinano. (Marrone, 2001:109)
Detto e non detto della informazione Il far sapere non è una trasmissione di informazioni, ma un flusso complesso di saperi detti e non detti, che si appoggia sulla cooperazione del lettore e su una serie di competenze implicite: credenze acquisite o provocate, che possono essere recuperate. L’atto informativo riesce quando l’universo di sapere dell’enunciatore viene a coincidere con l’universo di sapere dell’enunciatario.
La questione degli impliciti Presupposizioni e implicature
Semiotica dell’implicito De Mauro già nel 1976 sottolineava la presenza negli usi linguistici giornalistici di una quantità di informazioni implicite, condizione necessaria nel discorso giornalistico. Ogni trasmissione di sapere si regge su molti impliciti: il testo è “una macchina pigra” che fa economia di quel che dice (Eco, Lector in fabula, 1979). Nessun articolo dice tutto: l’iper-informazione è la negazione della informazione. Eco: “ogni giornale si trascina un bagaglio ideologico sottinteso che fa da codice a ogni frase”
Implicito e linguaggio naturale “Il senso ‘esplicito’ (quello la cui trasmissione è presentata come oggetto del discorso) costituisce solamente un livello della semantica delle lingue naturali, sotto il quale possono celarsi più strati di significati ‘impliciti’. La stratificazione del dire è una condizione necessaria del linguaggio comune, assente nei linguaggi artificiali (soprattutto logico-matematici). La lingua scientifica, nel suo intento almeno, si definisce attraverso l’eliminazione dell’implicito: donde le qualità di trasparenza e di schiettezza che spesso le vengono ascritte, e che indussero Condillac a darle l’appellativo di ‘lingua ben fatta’”. O. Ducrot, Presupposizione e allusione, Enciclopedia Einaudi, vol. X: 1083
Semiotica e pragmatica dell’implicito La semiotica strutturale generativa va alla ricerca degli aspetti profondi del senso di un testo, ritenendoli più rilevanti della superficie del discorso Impliciti contestuali: fatti in discussione Impliciti culturali: di genere e di settore La pragmatica non stabilisce alcuna gerarchia tra dimensione profonda e dimensione superficiale; piuttosto procede ad un lavoro di smontaggio e di rimontaggio della superficie testuale. In particolare individua: Impliciti retorico-argomentativi: es. formulazioni retoriche negative (“non sarà fuori luogo chiedersi..”), affermazioni ironiche, ecc. Impliciti del dizionario: presupposizioni lessicali, attivate da una serie di elementi linguistici (trigger) Impliciti derivati dalla organizzazione sintattica dell’enunciato
Questioni in gioco Cosa sono gli impliciti? Dove stanno gli impliciti? presupposizioni e implicature (detto non detto) Ducrot include le allusioni e classifica presupposizioni e allusioni tra gli “impliciti relativi”; gli impliciti relativi riguardano il modo in cui si presenta l’oggetto della comunicazione e si distinguono dagli impliciti assoluti che riguardano ciò che si introduce da sé nel discorso, senza che il locutore lo voglia e persino senza che lo sappia. Dove stanno gli impliciti? Problema del contesto cognitivo o oggettivo A quale piano dell’attività mentale-linguistica appartengono? Piano della razionalità? Piano della emotività e del pregiudizio?
Cosa sono gli impliciti? L i n g u a g g i o o r d i n a r i o Assenza di intenzionalità I n t e n z i o n a l i t à Implicito assoluto Implicito relativo Esplicito Non-detto Detto Detto non-detto Linguaggi artificiali Linguaggi logico-matematici
Implicito relativo Il presupposto viene detto, ma in modo particolarissimo: non viene presentato come la cosa che si vuole dire. Sebbene esso formi l’oggetto di una scelta del locutore, e sebbene esso sia, per conseguenza, necessariamente confessato e riconosciuto, la sua scelta non viene ostentata, non viene proclamata scopo della comunicazione. Il contenuto presupposto sembra essersi insinuato nel messaggio, piuttosto che essere affermato. È questo ciò che spinge a ritenerlo implicito. È un “voler dire che è al tempo stesso volere non aver l’aria di dire”. Lo stesso accade nel caso dell’allusione: il locutore può dire qualcosa, senza avere l’aria di dirlo, ma facendolo dire da colui che interpreta le sue parole. Può, ad esempio, criticare una persona particolare, presente, attraverso una considerazione generale (Certo che oggi l’educazione è una qualità rara) (cfr. Ducrot: 1087-8). Si tratta di trasferire ad altri la responsabilità di quello che si dice (fenomeno simile alla citazione di una fonte estranea: Secondo X, presto il governo si dimetterà)
Come distinguere detto e non detto? Condizione della disponibilità: è detto ciò che è disponibile al ricevente sulla superficie del discorso Condizione della messa in discussione: è detto ciò che può essere messo in discussione Condizione del non allontanamento: la specificazione del detto richiede parafrasi che non si allontanano in modo significativo dal testo di partenza: maggiori sono le modifiche da apportare alla dimensione sintattica, maggiori le aggiunte di materiale linguistico, maggiore è il ruolo dell’implicito nella costruzione del senso. L’implicito fa parte del senso di un testo, diversamente dal non detto.
Dove stanno gli impliciti? Gli impliciti sono spesso considerati parte integrante del contesto di proferimento. Secondo Stalnaker le presupposizioni sono elementi del common ground, credenze che i partecipanti alla interazione ritengono condivise (contesto cognitivo) Secondo Sbisà si tratta di virtualità che circondano il testo, elementi linguistici che specificano i requisiti della sua asseribilità e che come tali devono essere riconosciuti (contesto situazionale) Appartengono dunque a un piano normativo e non psicologico (mentale), alla dimensione intersoggettiva e non soggettiva (cfr. Frege e Wittgenstein); al piano dell’accordo e del coordinamento fra soggetti.
Normatività degli impliciti Non possono essere identificati con credenze e conoscenze effettivamente e coscientemente possedute da emittenti e riceventi; si tratta di enunciati che considerato il testo, dovrebbero essere accettati dal parlante e nel caso delle presupposizioni anche dall’interlocutore Concezione non rappresentazionalista: il significato non è qualcosa di rappresentato dalle forme linguistiche, perché tra parole e mondo non si dà un rapporto di rispecchiamento, ma di reciproca influenza e coordinazione Concezione non lineare della comunicazione, che consiste piuttosto in una messa a disposizione di più enunciati e di un intero contesto nello spazio intersoggettivo
Impliciti e comprensione Cosa significa comprendere? Non costruire nella mente una rappresentazione, ma Saper parafrasare, riformulare il testo in altre parole, rendere esplicito ciò che è implicito. La comprensione è lo stato in cui si trova il ricevente quando è in grado di rispondere al testo in modo appropriato. Per la comprensione del senso di un testo è utile partire dall’implicito. Per l’analisi degli impliciti, Sbisà propone la produzione di parafrasi esplicitanti, come disciplina dotata di una sua serietà e utilità cognitiva e sociale. La parafrasi riguarda il piano delle connessioni sintattiche, che però non possono essere distinte dalla dimensione semantica.
Perché occuparsi degli impliciti? Per aumentare il controllo sulla comunicazione verbale Ottimizzare l’acquisizione di informazioni Rendere possibile il distacco critico dagli impliciti che altrimenti vengono assorbiti in modo subliminare Pretendere dai testi e dalla loro comprensione una sorta di esattezza (che non equivale alla esattezza logico-semantica), intesa come possibilità di smontare e rimontare gli impliciti del discorso
Presupposizioni Il termine individua asserzioni la cui verità viene data per scontata da chi accetta come appropriato il proferimento di un certo enunciato; è dunque attivata da un’espressione linguistica (da un attivatore, trigger). I fenomeni linguistici che attivano presupposizioni sono: elementi del lessico, espressioni referenziali, usi dell’articolo determinativo (e indeterminativo) e del nome, verbi, strutture sintattiche.
Non dipendono da inferenze di tipo logico ma dal significato letterale degli enunciati L’interpretazione delle presupposizioni non richiede più conoscenze di quelle contenute nella forma linguistica dell’enunciato La loro verità viene assunta come garantita nell’asserzione di una proposizione linguistica, sono cioè condivise aprioristicamente (questione retorica: accordo con l’uditorio nelle premesse del discorso)
Funzioni della presupposizione Testuali: La presupposizione gioca un ruolo centrale nella economia di un testo, contribuendo alla sua connessione Informative: Efficacia informativa: dire molto con molto poco Rispetto della coerenza di un testo: scelta continua dei parlanti su cosa tematizzare e cosa lasciare sullo sfondo (rapporto tema-rema); mettere qualcosa sullo sfondo significa far procedere il processo cognitivo Contribuisce a collocare un testo nella situazione comunicativa a cui è destinato: richiama il già noto e quello che è dato per scontato Ducrot: la presupposizione è un atto giuridico, trasforma la possibilità di parola degli interlocutori, fissando gli obblighi per il proseguimento della interazione
Altri motivi che spingono ad usare le presupposizioni Persuasive Rafforza i legami di gruppo, suggerendo al destinatario che lo si ritiene parte del gruppo Spinge a vedere il mondo nella prospettiva voluta dall’autore. Si sottrae alla discussione: per essere discussa la presupposizione deve essere esplicitata. Rischio di manipolazione: in quanto presentano un contenuto informativo senza asserirlo, dandolo per condiviso, sono utili nei casi in cui il parlante vuole trasmettere un contenuto senza affermarlo direttamente: ciò che è messo sullo sfondo è protetto da possibili smentite (Givon 1989) Altri motivi che spingono ad usare le presupposizioni Riferimenti a concetti tabù o indecenti Ragioni di opportunità personale, che impediscono di fare affermazioni che potrebbero apparire presuntuose Ripararsi da possibili critiche o contestazioni
Effetto di adesione acritica Presupposizioni + forma narrativa Effetto di non contestabilità delle affermazioni: l’uditorio è portato alla naturale accettazione delle premesse