L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE

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L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE  

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L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE  

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE Quindi, se c’è concorrenza e tutti gli individui hanno come obbiettivo la massimizzazione ( dell’utilità o del profitto), si ottiene un’allocazione Pareto efficiente delle risorse economiche. Abbiamo così dimostrato il primo teorema fondamentale dell’economia del benessere. Un’importante implicazione del primo teorema dell’economia del benessere è che il sistema dei prezzi permette di raggiungere l’efficienza in senso paretiano in modo del tutto «decentrato». Nessuno guida il comportamento dei singoli individui; tutta l’opera di coordinamento indispensabile per raggiungere l’efficienza è affidata ai prezzi, che trasmettono informazioni sulla scarsità relativa dei beni.

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE Va detto che l’Equazione (12.11) non è altro che un modo diverso di esprimere la condizione necessaria per l’efficienza paretiana. Affinché un’allocazione di risorse sia Pareto efficiente, è necessario che vi sia lo stesso rapporto tra i prezzi dei beni e i loro costi marginali e la concorrenza fa si che ciò avvenga. Intuitivamente, se il costo opportunità di un prodotto è relativamente alto, in quanto deve indicare ai consumatori che si tratta di un bene da usare con parsimonia. In questa considerazione è implicito un concetto molto importante: per la collettività non è sempre auspicabile che i prezzi siano bassi. Se il prezzo di un bene è inferiore al suo costo marginale, i consumatori ricevono un’informazione inesatta sul costo-opportunità di quel bene per la comunica e sono indotti a sprecarlo.

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE I PREZZI E L’EQUITA’ Abbiamo a lungo decantato i prezzi concorrenziali per la loro efficienza. Spesso, però, quando si parla dei prezzi non ci si preoccupa della loro efficienza, ma piuttosto della loro equità. Chissà quante volte vi è capitato di sentire la frase» I prezzi di… sono scandalosi» ( al posto dei puntini potete mettere « dell’elettricità», delle «assicurazioni automobilistiche» , «dell’aspirina delle farmacie» o di qualunque altro bene vi venga in mente). Un’informazione di questo tipo implica che per ogni bene esista un prezzo «ragionevole» o « equo» e che il prezzo corrente è più elevato.

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE Gli economisti moderni rifiutano categoricamente l’idea che i beni abbiano un valore intrinseco e che il loro prezzo dovrebbe riflettere questo valore. Essi ritengono, invece che i prezzi, in vigore siano semplicemente il risultato delle forze che agiscono nel mercato in quel momento. Quindi, per gli economisti, ha senso chiedersi se il prezzo di un bene rispecchia effettivamente il suo costo marginale per la collettività, ma non si può dire alcunché riguardo alla sua «equità». Finché si tratta dei prezzi dei beni di consumo, questo punto di vista viene considerato, tutto sommato condivisibile. Un chilogrammo di filetto costa di più di un chilogrammo di spezzatino: se improvvisamente mutassero le condizioni di mercato e la situazione si capovolgesse, ciò non offenderebbe più di tanto il vostro senso della giustizia.

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE Tuttavia le forze di mercato determinano anche i prezzi dei fattori produttivi, tra cui il lavoro, e in questo campo il concetto di prezzo «equo» sembra più radicato. « Se esiste una regola in campo economico, è che le retribuzioni sono ingiuste. Le persone che dovrebbero essere pagate di più sono quelle che operano nel settore dei servizi sociali, quelle a cui affidiamo i nostri figli ( insegnanti e assistenti d’asilo) e quelle che lavorano negli ospedali e nelle case di riposo. Queste categorie professionali sono tra le peggio retribuite, eppure i lavori che svolgono sono tra i più difficili» (Ver Meulen, 1987, 5):

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE L’idea implicita in questo discorso è che esista un salario «intrinsecamente equi» per ogni categoria di lavoratori. Eppure ciò non è vero più di quanto non lo sia il fatto che esiste un prezzo «intrinsecamente equo» per gli aghi da cucito o per le lampadine. Sulla base di quanto detto sinora, potreste concludere che non esistono prezzi intrinsecamente equi, e che i prezzi «giusti» sono quelli determinati dal libero funzionamento di mercati concorrenziali; per cui, quando cambiano le condizioni di mercato, cambia anche l’insieme dei prezzi giusti. Si noti tuttavia che il primo teorema del benessere non parla affatto di equità.

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE Tutto questo non vuol dire che l’economia del benessere non abbia alcuna rilevanza quando si affrontano questioni di politica economica, valutando l’equità di diverse soluzioni. Se gli amministratori pubblici decidono che, per ragioni di equità, bisogna modificare in qualche modo i risultati del libero gioco delle forze di mercato, l’economia del benessere può servire a determinare il costo di queste modifiche (in termini di efficienza). Più in generale, se l’allocazione del reddito reale a cui si perviene all’interno di un sistema economico concorrenziale viene giudicata inaccettabile dal punto di vista etico, l’economia del benessere fornisce strumenti per valutare le diverse soluzioni che vengono proposte per correggere le ingiustizie.

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE LA TEORIA DEL SECOND BEST Apparentemente l’indicazione fornita dal primo teorema fondamentale dell’economia del benessere è semplice, se volete raggiungere l’efficienza, fate in modo che il prezzo di ciascun bene coincida con il suo costo marginale. Tuttavia, applicare questo teorema nel mondo reale è più complicato. Immaginare un sistema economico concorrenziale, dove sono prodotti e scambiati centinaia di beni. Il governo sta valutando l’opportunità di introdurre un’imposta sulle videocassette e vi chiede un parere sull’efficienza di questo provvedimento Il primo teorema del benessere suggerisce che il prezzo di ogni bene deve essere uguale al suo costo marginale Mettendo l’imposta sulle videocassette, il loro prezzo sarà superiore al costo marginale, ma così facendo le risorse saranno allocate in modo inefficiente.

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE Ora supponete di sapere che in passato è stata introdotta un’imposta, non eliminabile, sui biglietti del cinema. Alla luce di questa nuova informazione, l’introduzione dell’imposta sulle videocassette provocherebbe una perdita di efficienza nel mercato di questo bene ma- poiché le videocassette e il cinema sono beni sostituti- l’aumento del prezzo di mercato delle videocassette farebbe accrescere la domanda i spettacolo cinematografici spingendo il loro consumo verso il livello di efficienza. Conseguentemente, la perdita di efficienza che si verificherebbe nel mercato delle videocassette verrebbe, almeno in parte, compensata dall’aumento dell’efficienza nel mercato degli spettacoli cinematografici, e almeno in teoria, il livello di efficienza complessivo potrebbe addirittura aumentare in seguito all’introduzione dell’imposta sulle videocassette.

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE La conclusione di questa teoria è che le conseguenze in termini di efficienza, di un qualunque provvedimento che introduca un cuneo tra il prezzo e il costo marginale di un bene non possono essere correttamente valutate considerando un unico mercato. Se ci sono altri mercati in cui il prezzo non coincide con il costo marginale ed esiste qualche legame tra questi mercati e quello interessato dal provvedimento, bisogna capire che cosa accade in ognuno di essi per valutare gli effetti del provvedimento sul livello di efficienza complessivo.

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE Questo concetto è alla base della cosiddetta teoria del «second best» o teoria dell’ottimo di seconda istanza, la quale afferma che se è impossibile ottenere un’allocazione ottimale (cioè Pareto-efficiente) perché nella realtà qualche condizione necessaria non è soddisfatta, l’alternativa migliore può comportare l’introduzione di ulteriori «cunei» tra il prezzo e il costo marginale di qualche bene. In poche parole, secondo questa teoria, non è detto che due cose sbagliate siano peggio di una sola cosa sbagliata.

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE La teoria del «second best» implica che è necessario studiare ogni mercato nel sistema economico per valutare le implicazioni sull’efficienza di un divario tra il prezzo e il costo marginale in ogni mercato. Questa teoria suggerisce dunque cautela a chi propone di rimediare alle inefficienze del mercato agendo ( magari populisticamente) in un «solo mercato». Per esempio, la proposta di abbassare l’imposta sui rendimenti dei conti correnti deve tenere conto che i fondi comuni e i titoli di Stato possono essere sostituti dei conti correnti e quindi un rendimento più allettante dei conti correnti farebbe diminuire la domanda di titoli, inducendo ulteriori inefficienze nei mercati finanziari.

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE IL SECONDO TEOREMA FONDAMENTALE DELL’ECONOMIA DEL BENESSERE In un sistema economico concorrenziale si possono raggiungere diverse allocazioni efficienti a seconda di come è distribuito inizialmente il reddito. Ci si può quindi chiedere se è possibile ottenere qualunque allocazione di risorse Pareto-efficiente mediante un determinato insieme dei prezzi concorrenziali, ipotizzando che vi sia un’adeguata ripartizione iniziale del reddito. Una risposta affermativa è data dal secondo teorema fondamentale dell’economia del benessere.

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE SECONDO TEOREMA DEL BENESSERE Se le curve di indifferenza e tutti gli isoquanti sono convessi rispetto all’origine, per ogni allocazione di risorse Pareto Efficiente esistono un insieme di prezzi, uno per ciascun bene scambiato, e una distribuzione delle dotazioni iniziali che consentono di raggiungere tale allocazione come un equilibrio economico generale concorrenziale. La spiegazione intuitiva si basa sulla seguente osservazioni: il vincolo di bilancio che passa per il punto di tangenza delle curve d’indifferenza, che è il punto Pareto-ottimale, passa anche per una dotazione iniziale appropriata. L’implicazione di questo teorema è che, a partire da un’’allocazione Pareto- ottimale, auspicabile dal punto di vista etico, è possibile disegnare un sistema dei prezzi relativi e una dotazione iniziale che conduce a quel risultato.

L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE E L’ECONOMIA DEL BENESSERE Quest’ultima considerazione giustifica le politiche redistributive: infatti disegnare una dotazione iniziale appropriata significa accettare il principio della redistribuzione delle risorse disponibili. Il secondo teorema del benessere è importante perché implica che almeno in teoria, il problema dell’efficienza e quello dell’equità nella distribuzione possono essere affrontati separatamente. Se l’attuale ripartizione delle risorse è ritenuta ingiusta, non c’è bisogno di modificare i prezzi di mercato, rischiando di ridurre l’efficienza ma è sufficiente redistribuire le risorse tra i cittadini in modo più equo. Naturalmente gli amministratori pubblici devono trovare i sistemi per redistribuire le risorse e possono nascere problemi se questi sistemi ( come per esempio le imposte) sono essi stessi causa di inefficienze.