DIABETE MELLITO Comprende un gruppo di disturbi metabolici caratterizzati da un aumento patologico dei livelli plasmatici di glicemia (iperglicemia). Esistono diversi e distinti tipi di Diabete mellito causati da una complessa interazione di fattori genetici, ambientali e comportamentali (di stili di vita). A seconda dell’etiologia, i fattori che contribuiscono all’iperglicemia comprendono: una ridotta secrezione di insulina una ridotta utilizzazione periferica del glucosio una aumentata produzione di glucosio.
DIABETE MELLITO Responsabile di questo fenomeno è un difetto assoluto o relativo di insulina, ormone secreto dalle cellule ß del pancreas ed indispensabile per il metabolismo degli zuccheri.
L' Insulina è il fattore principale di controllo della glicemia nel corpo umano. E’ prodotta dalle cellule costituenti le insule pancreatiche nel momento in cui vengano ingeriti cibi ricchi in carboidrati oppure quando il livello del glucosio aumenta per risposta ad uno stimolo (stress, ipoglicemia), che induce un innalzamento ematico degli ormoni antagonisti dell'insulina (glucagone) ad effetto iperglicemizzante. Nel tempo che intercorre tra i pasti le insule producono bassi livelli di Insulina in modo tale da assicurare il bilanciamento tra l'utilizzo dello zucchero a livello degli organi periferici ( muscolo, cervello, ecc.) e le scorte epatiche dello stesso. Dopo un pasto ricco di carboidrati, il livello di Insulina nel sangue cresce al fine di: far utilizzare lo zucchero per mantenere il metabolismo basale degli organi 2) immagazzinarlo nel fegato sotto forma di glicogeno trasformarlo in acidi grassi la molecola base da cui origineranno i grassi che andranno a costituire l'adipe sottocutaneo che ogni individuo possiede.
Effetti dell'insulina sul metabolismo: Promuove l'accumulo di glicogeno (zucchero di riserva) nel fegato e muscoli Deprime il consumo di grassi e proteine in favore dei carboidrati, ovvero spinge le cellule a bruciare carboidrati piuttosto che proteine e grassi Promuove la formazione di trigliceridi (grassi) a partire da carboidrati e proteine Promuove l'immagazzinamento di grassi nel tessuto adiposo
Effetti del glucagone sul metabolismo: Promuove la liberazione del glicogeno dal fegato, che viene riversato sottoforma di glucosio nel sangue. Promuove il consumo di grassi e proteine a sfavore dei carboidrati, ovvero spinge le cellule a bruciare le proteine e i grassi piuttosto che i carboidrati Promuove la mobilizzazione dei grassi dai tessuti adiposi, che vengono resi disponibili ai tessuti per essere bruciati Grazie a questo meccanismo, possiamo introdurre il glucosio (sotto forma di carboidrati) solo poche volte al giorno, durante i pasti: a mantenere costante la sua presenza nel sangue ci pensa l'asse ormonale insulina-glucagone, che utilizza come "magazzino" per il glucosio il fegato.
Se la glicemia scende, come durante il digiuno, il pancreas secerne glucagone che ordina al fegato di prelevare glucosio dalle sue scorte e d'immetterlo nel sangue. Il glucagone, inoltre, spinge le cellule all'utilizzo di grassi e proteine come fonte energetica: in questo modo si predispone tutto l'organismo al risparmio del glucosio. Se invece la glicemia sale, come dopo un pasto, il pancreas secerne insulina che comanda al fegato di prelevare il glucosio dal sangue e d'immagazzinarlo. Siccome la capacità del fegato d'immagazzinare glucosio è piuttosto limitata (circa 70 grammi), i carboidrati in eccesso vengono convertiti in grassi e depositati nei tessuti adiposi. L'insulina, al contrario del glucagone, spinge le cellule a utilizzare i carboidrati come fonte energetica.
DIABETE MELLITO Incide nell’1-2% della popolazione generale. L’alterazione metabolica associata al diabete causa modificazioni fisiopatologiche in molteplici apparati che impongono un enorme peso sull’individuo e sul sistema sanitario. Negli Stati Uniti è la causa principale di insufficienza renale, di amputazioni non traumatiche agli arti infewriori e di cecità nell’adulto.
Criteri per la diagnosi di diabete mellito: rilievo di una glicemia random (priva di relazione temporale con l’ultimo pasto) 200 mg/dl. rilievo di una glicemia a digiuno 126 mg/dl in almeno due distinte occasioni. rilievo di una glicemia a due ore 200 mg/dl durante un test per la tolleranza glucidica orale Test da carico orale di glucosio (75 gr): prelievo basale e dopo 2 h - glicemia < 140 mg/dl: normale - glicemia tra 140 e 200 mg/dl: alterata tolleranza al glucosio - glicemia > 200 mg/dl: diabete
DIABETE MELLITO: CLASSIFICAZIONE Forme principali di diabete mellito: tipo 1 e tipo 2 Ø Diabete mellito tipo 1: è una condizione tipica, anche se non esclusiva, dell’età infantile ed adolescenziale. Fattori genetici, ambientali (virus?), immunologici (autoimmunità) distruzione delle cellule ß pancreatiche insufficienza insulinica assoluta Le manifestazioni cliniche del diabete non si manifestano fino a che la maggioranza delle cellule ß (circa 80%) non venga distrutta. Le cellule ß residue funzionanti sono in numero insufficiente per mantenere la tolleranza glucidica. Passaggio dalla ridotta tolleranza glucidica al diabete: eventi associati ad un aumento delle richieste di insulina: infezioni, pubertà. Terapia: insulina esogena
Diabete mellito tipo 2: colpisce per lo più soggetti di età superiore a 30 anni. Fattori genetici e ambientali (stile di vita - obesità) insulinoresistenza Resistenza all’insulina: ridotta capacità dell’insulina di agire efficacemente sui tessuti bersaglio periferici (muscoli scheletrici e fegato). Fasi precoci: tolleranza glucidica nella norma, nonostante la resistenza insulinica, poiché le cellule ß pancreatiche compensano aumentando il rilascio di insulina. La resistenza insulinica stimola la produzione epatica di glucosio. utilizzo periferico di glucosio produzione epatica di glucosio iperglicemia Terapia: dieta ipoglucidica, attività fisica (riduzione del peso corporeo); farmaci ipoglicemizzanti orali; insulina esogena.
Altre forme di diabete mellito: Ø malattie pancreatiche (pancreatite, tumori) Ø malattie extrapancreatiche (sindrome di Cushing, feocromocitoma, ipertiroidismo) Ø indotto da farmaci: cortisone, ormoni tiroidei, ß-bloccanti Ø gestazionale (insorge durante la gravidanza)
Coma nel diabetico Chetoacidosico Iperosmolare Ipoglicemico Il coma ipoglicemico colpisce soggetti con diabete già noto e sono spesso causati da trattamento improprio Il coma chetoacidosico ed iperosmolare possono insorgere all’esordio di un diabete e devono essere sospettati anche se l’anamnesi è negativa per diabete mellito
Coma ipoglicemico Riduzione della glicemia sotto i 50 mg/dl Sintomi che si risolvono prontamente dopo somministrazione di glucosio Precoce riconoscimento (ipoglicemia protratta = decadimento cerebrale fino all’exitus) Pazienti in terapia insulinica o con ADO sono a rischio elevato Esiste un meccanismo controregolatorio (glucagone, catecolamine, cortisolo, GH) che spesso è insufficiente. Nei diabetici i sintomi adrenergici possono mancare per neuropatia e/o trattamento con beta-bloccanti non selettivi. Inoltre nel diabetico di lunga data si perde la risposta controregolatoria: dopo 5 anni quella del glucagone e poi cortisolo e catecolamine
Coma ipoglicemico diagnosi Sintomi di ipoglicemia Adrenergici Neuroglucopenici Risoluzione immediata dei sintomi con la normalizzazione della glicemia
Sintomi neurologici Sintomi adrenergici Astenia Cefalea Difficoltà alla concentrazione Confusione Sonnolenza, parestesie, anomalie visive, diplopia, anomalie del comportamento Alterazioni dello stato di coscienza (confusione, COMA), Convulsioni, segni neurologici focali, segni di decerebrazione Ansia Irrequietezza Palpitazioni Tremore Senso di fame Sudorazione Nausea
Coma ipoglicemico: TERAPIA Disponibilità dell’accesso venoso bolo di 10-20 g di glucosio e.v. (30-60 ml di glucosio al 33%). Dose ripetibile dopo pochi minuti fino alla ripresa della coscienza Non disponibile accesso venoso glucagone 1 mg in muscolo seguito da saccarosio orale Soluzione glucosata al 5% o 10% fino a mantenere la glicemia > 100 (24-72 ore) Monitoraggio glicemico Individuare e correggere fattore scatenante ECG all’ingresso e a 12 ore Il perdurare del coma può dipendere da sequele di ipoglicemia prolungata, da edema cerebrale o da stroke. In tal caso può essere utile somministrare mannitolo o desametasone
Coma ipoglicemico Prognosticamente è favorevole Raramente causa morte (4% nei diabetici) o deficit neurologici permanenti Glucagone: l’innalzamento glicemico è rapido ma temporaneo,
Chetoacidosi Diabetica Definizione La chetoacidosi diabetica è uno stato carenza assoluta o relativa di insulina aggravata dalla conseguente iperglicemia, disidratazione ed acidosi. Si considera presente quando: la glicemia è superiore a 300 mg/dl, sono presenti chetonemia e chetonuria, è presente acidosi (pH < 7,30) i bicarbonati plasmatici sono inferiori a 15 mEq/l .
Chetoacidosi Diabetica Deficit assoluto di insulina Diabete mellito tipo I all’esordio Terapia insulinica scorretta (sospesa o ridotta) Deficit relativo di insulina Condizioni di stress (infezioni, traumi, IMA, ictus, altro) Farmaci (diuretici tiazidici, steroidi) Endocrinopatie (ipertiroidismo, feocromocitoma)
FISIOPATOLOGIA deficit di secrezione insulinica il muscolo, il tessuto adiposo ed il fegato non captano il glucosio gli ormoni della controregolazuone aumentano la scissione dei trigliceridi, la proteolisi e la gluconeogenesi la beta-ossidazione degli acidi grassi non esterificati aumenta la formazione dei corpi chetonici acidosi per liberazione in circolo di idrogenioni da parte dei chetoacidi l’incremento degli idrogenioni viene inizialmente tamponato dagli anioni HCO3- la riduzione dei livelli circolanti di HCO3- induce acidosi che viene corretta dalla respirazione( respiro di Kussmaul). l’iperglicemia induce diuresi osmotica con perdita di elettroliti, disidratazione cellulare,ipovolemia,insufficienza renale che peggiora l’acidosi
Riduzione dell’insulina + aumento degli ormoni contro-regolatori lipolisi proteolisi produzione epatica del glucosio utilizzazione periferica del glucosio NEFA (sangue) aminoacidi (sangue) NEFA (epatocita) aminoacidi (epatocita) gluconeogenesi iperglicemia chetogenesi glicosuria diuresi osmotica chetosi perdita degli elettroliti riserva alcalina disidratazione cellulare ipovolemia acidosi Insufficienza renale
SEGNI E SINTOMI Diagnostica SEGNI CLINICI SINTOMI Cute secca e disidratata Sete Tachicardia Polidipsia Ipotensione arteriosa Poliuria-nicturia Respiro di Kussmaul Nausea Odore di frutta marcia dell’alito Vomito Ipotermia Astenia Ipotensione dei bulbi oculari Dolore addominale Sfregamenti pleurici Crampi Muscolari Coma o Stato saporoso Anoressia o bulimia Diagnostica Glicemia > 250 Glicosuria +++ Chetonuria +++ EGA: acidosi metablica (pH<7,3) con aumento del GAP anionico (>12 mEq/l)
Diagnosi di Chetoacidosi Ematochimica di conferma (glicemia, azotemia, creatininemia, elettrolitemia, EGA, etc) Emocromo (infezioni) la leucocitosi neutrofila può essere indicativa di disidratazione CPK, transaminasi e amilasi, esame d’urine D-Dimero (CID?) Esami colturali (espettorato, sangue o urina) ECG (IMA, ipopotassiemie, aritmie, etc.) Rx torace: cardiomegalia? Opacità pleuro-parenchimali TAC cranio (eventuale)
TERAPIA L’obiettivo della terapia è quello di : L’obiettivo della terapia è quello di : correggere la disidratazione, risolvere l’acidosi e la chetosi, normalizzare la glicemia, correggere la perdita di volume plasmatico e di elettroliti.
Reidratazione : Somministrazione durante la prima ora di terapia 1000 ml di soluzione fisiologia (Na 0.90%) in pazienti con normale funzionalità cardiaca. Nei pazienti anziani o con problemi cardiaci iniziare con 500 ml di fisiologica in attesa della determinazione della PVC. Proseguire con fisiologica 500 ml/h in modo da somministrare 5 litri nelle prime 8 ore. Se è presente ipersodiemia (Na > 155 mEq/l) si può usare salina ipotonica (allo 0,45%). La velocità di flusso va regolata in base al polso, alla pressione arteriosa, alla diuresi ed allo stato mentale
Una reidratazione eccessivamente aggressiva o eccessivamente ipotonica può causare edema cerebrale specie nei bambini. Basare la reidratazione sui livelli di sodio (diminuzione della sodiemia oraria tra 0,5 ed 1,0 mEq).
Coma chetoacidosico Prognosticamente è favorevole se adeguatamente trattato Causa morte nel 10% dei casi La maggioranza dei casi di decesso è dovuta a complicanze tardive però Segni prognostici sfavorevoli sono ipotensione, iperazotemia, coma profondo e malattie concomitanti. Nei bambini causa comune di morte è l’edema cerebrale
SINDROME IPERGLICEMICA IPEROSMOLARE DEFINIZIONE Si definisce Sindrome Iperglicemica Iperosmolare (SII) quella complicanza metabolica acuta del diabete mellito caratterizzata da: iperosmolarità (osmolarità plasmatica > 320 mosm/kg) grave iperglicemia (glicemia > 600 mg/dl) marcata disidratazione assenza di acidosi (pH plasmatico sempre >7.3 e bicarbonato > 15 mEq/l)
FATTORI PRECIPITANTI Cause organiche Cause inorganiche Infezioni (50-70%) DM di nuova insorgenza Abuso di alcol Stress emozionale Pancreatite Emorragia gastrointestinale Terapia steroidea Infusione i.v di destrosio Interventi maggiori Cause inorganiche Omissione della terapia - volontaria - handicap Involuzione cerebrale senile Perdita del senso della sete Non accessibilità fonti idriche
Coma Iperosmolare: DIAGNOSI DATI CLINICI Età avanzata, Astenia marcata, Poliuria Grave disidratazione (cute secca, mucose asciutte bulbi infossati), ipotensione, tachicardia Poliuria poi oligo-anuria Alterazione dello stato di coscienza (sopore, confusione, disorientamento, stupore, COMA) Manifestazioni neurologiche (convulsioni, emiparesi transitorie, pseudorigor nucale, ipertonia muscolare ANAMNESI NIDDM II, sintomi di diabete recenti, recente fatti acuti, ridotto apporto di liquidi, paziente poco controllato, specie nella terapia
Coma Iperosmolare: DIAGNOSI Destrostix: glicemia> 600 mg/dl Multistix: glicosuria +++ e chetonuria --- o + Emocromo, D-Dimero, Esami colturali, ECG, Rx torace Calcolo del deficit idrico (in media 6-8 litri) in base alla osmolarità plasmatica
Coma Iperosmolare: TERAPIA Idratazione (correzione dell’iperglicemia e della ipovolemia) Non usare soluzioni ipotoniche (rischio di edema cerebrale) Pertanto soluzione fisiologica 1000-2000 ml nelle prime due ore, nelle prime 24 ore i liquidi infusi non devono superare il 10% del peso corporeo, il deficit di liquidi verrà corretto in 48-72 ore. Insulina (il fabbisogno è ridotto rispetto alla chetoacidosi) Dose iniziale di Insulina Rapida 5-10 U in bolo e.v. Infusione endovenosa continua: soluzione fisiologica 500 ml + 25 U di insulina pronta a 50 ml/ora Aggiustare la velocità di infusione secondo i valori glicemici Quando la glicemia raggiunge 300 mg/dl infusione separata di glucosata e fisiologica + insulina per mantenere glicemia tra 200-250 mg/dl Terapia sospesa se: glicemia >250 – OSM<310 – il paziente si alimenta iniziare terapia insulinica s.c.
Il paziente in coma, specie se vomita richiede L’approccio al paziente con coma diabetico è lo stesso che per ogni paziente in extremis. Il paziente in coma, specie se vomita richiede protezione delle vie aeree e sondino nasogastrico. Il paziente in shock ipovolemico richiede una vigorosa reidratazione con soluzione fisiologica piuttosto che supporto con amine pressorie. Altre possibili cause di shock vanno sempre ricercate soprattutto tra le emergenze addominali.
COMPLICANZE TARDIVE - VASCULOPATIA Iperglicemia ossidazione delle LDL favorisce l’aterosclerosi Iperglicemia adesività piastrinica trombosi CORONAROPATIA; CLAUDICATIO INTERMITTENS IMPOTENZA ORGANICA - RETINOPATIA Aumento permeabilità capillare Microaneurismi Emorragie - NEFROPATIA Principale cause di morte ; Evoluzione verso l’insufficienza renale Microalbuminuria Proteinuria - NEUROPATIA Sensitiva e motoria (mono e polineuropatia)
Complicanze tardive del diabete. La microangiopatia diabetica consiste nell'ispessimento generalizzato della membrana basale dei capillari di tutto l'organismo. Alterazioni circolatorie. L'arteriosclerosi si verifica nei diabetici in modo più esteso e precoce rispetto a quanto accade nella popolazione generale. Non si conosce la causa di questa arteriosclerosi accelerata, sebbene possa essere importante la glicosilazione non enzimatica delle lipoproteine. I fattori di rischio universalmente riconosciuti (iperglicemia - fumo - ipercolesterolemia - ipertrigliceridemia - obesità - ipertensione) sono più frequenti e numerosi nei soggetti diabetici. Ad esempio nel diabetico vi è spesso una compromissione del metabolismo lipidico che si estrinseca abitualmente con un incremento delle LDL ed una diminuzione delle HDL con un alterato rapporto tra di loro.
Altri fattori importanti sono l'aumento della adesività delle piastrine, probabilmente a seguito di una aumentata sintesi del trombossano A2 e di una ridotta sintesi della prostaciclina. Le lesioni arteriosclerotiche producono sintomi a livello dei vari distretti. I processi periferici possono causare dolore, claudicazione intermittente, ulcerazioni ischemiche (ai piedi), gangrena e negli uomini impotenza organica o su base vascolare.
Arteriografia in soggetto diabetico: le arterie sotto il ginocchio mostrano placche in serie lungo la tibiale anteriore e la mancanza per occlusione completa della tibiale posteriore.
Retinopatia diabetica. Rappresenta una causa primaria di cecità ed è tra le complicanze più inabilitanti. Le lesioni retinopatiche possono essere divise in due grandi categorie, semplice e proliferante. La frequenza della retinopatia diabetica sembra che vari con l'età di esordio e di durata del diabete. Col tempo circa l'85% dei diabetici sviluppa tale complicanza. Il trattamento della retinopatia diabetica è la fotocoagulazione. Tale trattamento diminuisce il rischio di emorragie e di alterazioni cicatriziali e viene consigliato quando si verifica la neoformazione di vasi. La fotocoagulazione è utile anche nel trattamento di microaneurismi, emorragie ed edemi, anche se non è ancora iniziato lo stadio proliferativo.
Nefropatia diabetica. Circa il 40% - 50% dei pazienti con diabete insulino-dipendente sviluppa questa complicanza . Nella forma non insulino-dipendente la prevalenza può essere inferiore. La nefropatia diabetica presenta due quadri patologici distinti che possono o meno coesistere: *forma diffusa *forma nodulare. La prima, che è la più comune, consiste in un ispessimento della membrana basale glomerulare insieme ad un ispessimento generalizzato del mesangio. Nella forma nodulare vi sono accumuli di materale PAS-positivo localizzati alla periferia dei glomeruli (lesione di Kimmelstiel-Wilson). Vi può essere inoltre una ialinizzazione a livello delle arteriole afferenti ed efferenti, immagini a "goccia" nella capsula di Bowman, cappucci di fibrina e occlusioni glomerulari.
Sia nei glomeruli che nei tubuli si verificano depositi di albumina e di altre proteine. Le lesioni più specifiche della glomerulosclerosi diabetica sono la ialinizzazione delle arteriole glomerulari afferenti e i noduli di Kimmelstiel-Wilson. Nel diabete, l'insufficienza renale clinica non è ben correlabile alle alterazioni istologiche. Il sintomo fondamentale è rappresentato dalla comparsa di microproteinuria (microalbuminuria) cioé dall'escrezione di albumina tra 30 e 550 mg/die. Successivamente può comparire macroproteinuria. Una volta iniziata la fase macroproteinurica vi è un declino costante della funzione renale, con diminuzione della velocità di filtrazione glomerulare che in media è di circa 1 ml/min. al mese.
Neuropatia diabetica La neuropatia diabetica può interessare qualsiasi parte del sistema nervoso con la possibile eccezione del cervello. E' una delle principali cause di morbilità. Il quadro più comune è quello della polineuroptia periferica . I sintomi che solitamente sono bilaterali, comprendono: ipoestesia, parestesie, gravi iperestesie dolore. Il dolore può essere di tipo profondo ed è molto intenso spesso peggiorando durante la notte. A volte ha carattere lancinante o a fitte. L'interessamento delle fibre propriocettive determina alterazioni dell'andatura e lo sviluppo delle tipiche articolazioni di Charcot, in particolare a livello del piede.
Anche se meno comune della polineuropatia, può presentarsi anche una mononeuropatia. E' caratteristica una improvvisa paralisi della muscolatura del polso, dei muscoli estensori del piede o del terzo, quarto o sesto nervo cranico. La mononeuropatia è caratterizzata da un'alta probabilità di remissioni spontanee, di solito in un periodo di molte settimane. La neuropatia vegetativa può presentarsi in vari modi. il tratto gastrointestinale è uno dei bersagli principali e vi può essere una disfunzione esofagea con difficoltà nella deglutizione, un ritardo nello svuotamento gastrico, stitichezza o diarrea.
Ulcere diabetiche del piede Ulcere diabetiche del piede. Un particolare problema dei pazienti diabetici è la formazione di ulcere ai piedi e agli arti inferiori. Sembra che le ulcere siano dovute principalmente a una anomala distribuzione della pressione secondaria alla neuropatia diabetica. Generalmente l'alterazione di partenza è la formazione di callosità. La formazione di un'ulcera può essere anche avviata da scarpe che calzano male e danno origine a vesciche in pazienti che, per i deficit di sensibilità di cui sono portatori, non possono avvertire il dolore causato da queste lesioni. Le malattie vascolari con una diminuzione della perfusione ematica contribuiscono all'insorgenza della lesione e sono comuni le infezioni spesso a eziologia multipla. Per le ulcere diabetiche non è disponibile una terapia specifica; un trattamento di supporto aggressivo può salvare una gamba dall'amputazione. Tutti i diabetici dovrebbero venire istruiti sul modo in cui curare i piedi per prevenire la formazione di ulcere.
Ultimo Aggiornamento: 17 Ultimo Aggiornamento: 17 Febbraio Ultimo Aggiornamento Callosità nei punti di iperpressione, formazione di ematomi e di ulcera (figura sotto).