Paolo, ispirato scrittore della carità “Vivi Paolo! E moltiplica gli apostoli del bene che con la parola e con la penna facciano conoscere Gesù. Gesù venga cantato da tutti i popoli come Via, Verità e Vita”. Beato Giacomo Alberione, 1934
La dimensione umana di Paolo si riflette nel dialogo epistolare. Nelle lettere egli parla di se stesso, delle ragioni profonde delle sue scelte, delle sue emozioni, della gioia e del dolore, della speranza e dell’angoscia. “La nostra bocca vi ha parlato francamente o Corinzi, e il nostro cuore si è tutto aperto per voi…” (2Cor 6,11-13).
Paolo vive rapporti molto intensi con i cristiani Paolo vive rapporti molto intensi con i cristiani. Egli si sente padre e madre, sposo e amico, fratello e maestro nei confronti delle giovani comunità che ha fondato e organizzato nelle città della Grecia e dell’Asia. Rivela una grande sensibilità e capacità di risonanza profonda.
Con l’affetto del proprio cuore Paolo si è deciso a scrivere unicamente per una finalità apostolica: poter comunicare a distanza con le varie comunità da lui fondate, per aiutarle a risolvere i problemi interni di organizzazione e di vita spirituale, oppure per il desiderio di allacciare rapporti con comunità estranee al suo raggio d’azione e poter dispensare anche a loro “qualche dono spirituale” (Rm 1,11). Le lettere paoline nascono da un bisogno di “dare”: e dare non soltanto la luce della propria fede e dei propri pensieri, ma anche l’affetto del proprio cuore.
E’ la passione per Cristo che prende e divora Paolo. E quando parla di Cristo o pensa a lui (ed è quasi sempre), gli si riscalda il cuore, gli si illumina la mente e la penna canta nelle sue mani… sono momenti di poesia. Spesso i pensieri che Paolo vuol comunicare sono troppi, e allora li accumula uno sull’altro, li mette in parentesi per poi riprenderli, li incorpora in altri pensieri…
La validità letteraria di Paolo scrittore non è scindibile dalla figura di Cristo che gli ha incatenato mente, cuore e parola. Paolo è un grande scrittore che raggiunge anche i vertici del sublime, quando tesse l’elogio della carità (1Cor 3,1-13) o quando esalta le sofferenze e le glorie del suo apostolato (2Cor 4,1-12…).
L’inno all’amore La “via” appassionante dell’amore, la “via eminente” che Paolo ci invita a percorrere è la via percorsa da Cristo. E nell’intento di mostrare chiaramente qual è la via dell’amore, Paolo prende se stesso come protagonista.
L’inno all’amore “Se parlo le lingue degli uomini e degli angeli, ma non ho amore, sono diventato un pezzo di bronzo risonante o un tamburo che fa frastuono. E se ho il dono della profezia e conosco tutti i misteri e tutta la scienza, e se ho tutta la fede da far spostare le montagne, ma non ho l’amore, sono niente. E se distribuissi tutti i miei averi, e anche se mi dono tutto in modo da potermene gloriare, ma non ho l’amore,non ne traggo profitto di sorta” (1Cor 13,1-3).
Tutti i doni, senza l’amore, sarebbero meno che niente. Anche il più vistoso di essi, la glossolalia, diventerebbe il suo contrario, un bronzo che risuona in modo grottesco. L’amore è talmente necessario e determinante che, senza di esso, l’attività più brillante, anche quella di un apostolo come Paolo, si dissolverebbe nel nulla.
La fisionomia dell’amore “L’amore è magnanimo, benevolo è l’amore, non è invidioso, l’amore non è borioso, non si esalta, non compie azioni vergognose, non ricerca il proprio interesse, non cede all’ira, non tiene conto del male, non gioisce per l’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto sostiene, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13,4-7).
L’amore ha un cuore grande. La magnanimità (o la grandezza di cuore) è un tratto tipico dell’amore di Dio. Ed è un tratto tipico dell’amore di Cristo che nel vangelo invita ad andare a lui, pronto sempre ad accogliere tutti.
La scelta di fondo dell’amore non è compatibile con qualunque forma di invidia o gelosia. Dio ama donando gratuitamente, felice di donare. Per essere davvero sulla linea di Dio, il nostro amore dovrà fare altrettanto.
Con il cuore di Cristo Paolo è dominato dall’amore di Cristo. Il pensiero che Cristo è morto per amore dell’umanità peccatrice lo rapisce, provoca in lui un “uscire di mente”… un’estasi fondata unicamente sull’amore del Cristo che si manifesta nella sua opera salvifica.
Paolo canta un unico amore, un amore eterno, che è sostanza della vita di Dio, diventa vita del credente e si riversa sul prossimo nella scia dell’impulso divino. Dio non è quindi mai estraneo al dinamismo autentico dell’amore del prossimo.
Paolo e don Alberione “L’amore di Gesù ci sospinga” “Le lettere di san Paolo elevano quando ci si sente inclinati alla terra, dirigono verso la più alta perfezione e per voi hanno un linguaggio speciale. Se mi dite che provate difficoltà a comprenderle, io vi rispondo: ‘Dite a san Paolo: Padre, spiegaci!’. Tutte le anime che presero gusto nel leggere san Paolo, divennero anime robuste. Chi legge san Paolo, chi si familiarizza con lui, viene ad acquistare, poco per volta, uno spirito simile al suo. La sola lettura degli scritti paolini ottiene la grazia di divenire vere Paoline” (FSP35 pp. 314-315).
san Paolo in noi deponiamo ai suoi piedi “Viva san Paolo in noi! E per far vivere san Paolo in noi deponiamo ai suoi piedi questa sera tre propositi… attendere seriamente agli studi; attendere con zelo all’apostolato a cui il Signore ci ha chiamato… E lo spirito di preghiera… Paolo fu prima di tutto un uomo di orazione: Ecce enim orat, poi apostolo. Prima di tutto vaso di elezione, poi dottore delle genti. Viva dunque san Paolo ed ecciti in noi questo spirito di preghiera, questo spirito di fervore che egli stesso aveva tanto grande nel suo cuore” (FSP34, p. 95).
“Il nostro amore a Gesù è così forte che ci fa fare quel che vuole lui, ci fa andare dove vuole lui, ci fa dire quel che piace a lui, ci fa bramare lui e lui solo? San Paolo era giunto precisamente a questo alto grado per cui diceva con verità: ‘Caritas Christi urget nos’. La carità di Cristo ci sospinga! Noi siamo portati da Dio e ‘in lui viviamo, ci muoviamo e siamo!’” (FSP35 p. 301).