Paolo a Damasco affascinato da Cristo “Nell’anno dedicato a san Paolo: conoscere questo nostro Padre, amarlo, pregarlo, imitarlo. San Paolo è il santo che comunica il fervore. Santificare il presente; e protendersi in avanti! È lo spirito paolino”. Don Alberione, 1957
In un attimo, il Cristo glorioso invade la sua vita e la trasforma In un attimo, il Cristo glorioso invade la sua vita e la trasforma. “Chi sei, o Signore?”. Tutta la vita dell’Apostolo è segnata dall’evento di Damasco. Prima era tutto diverso; dopo tutto sarà diverso.
Fede e amore sono l’unica risposta che l’Apostolo può dare a Colui che lo ha investito con la sua luce. Paolo si getta dietro le spalle tutto ciò che prima era stato il contenuto della sua vita, disposto a perdersi in tutto per ritrovarsi in Cristo.
La fede in Paolo non è solo adesione dell’intelligenza a una verità ma donazione dell’essere integrale a una Persona, è entrare in una dinamica di relazione e di amore (cf Doc. Cap 7).
E’ un sì irrevocabile a Cristo, un atto di abbandono… La conversione è un capovolgimento completo delle prospettive. E’ un cambiamento che fa passare Paolo dalla legge alla fede…
Paolo, un miracolo della misericordia di Dio “Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare in me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani...” (Gal 1, 15-16).
L’espressione in me significa un’azione interiore L’espressione in me significa un’azione interiore. La missione non è soltanto la trasmissione di un qualcosa di esterno, ma una testimonianza che scaturisce da un’esperienza personale profonda.
Il Paolo del “dopo Damasco” è veramente un altro Il Paolo del “dopo Damasco” è veramente un altro. Prima si sentiva il responsabile, il protagonista della sua vita, “dopo” si affida. Si affida a Dio e riconosce che è stato proprio Dio a “metterlo da parte” fin dal seno di sua madre, “per rivelare in lui suo Figlio”.
Paolo è stato affascinato da Cristo e ormai per lui c’è un solo tesoro, Cristo. La sua conversione è un atto da innamorato, provocato dalla follia dell’amore: lascia le cose più stimate per seguire la persona amata.
“Che devo fare, Signore?” “Alzati, va’ a Damasco e là ti sarà detto quello che dovrai fare” (At 22,10). Gli viene chiesto un atto di abbandono e di umile obbedienza a una volontà ancora ignota. Il Nome contro cui egli, in buona fede, combatteva, era il Vivente glorioso per sempre.
Da Paolo apprendiamo il valore fondante della fede Nella luce dell’incontro con Cristo Paolo capì che un nuovo orientamento della sua vita era assolutamente necessario. «Questa vita che io vivo nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2, 20). Paolo, quindi, non vive più per sé... Vive di Cristo e con Cristo: dando se stesso, non più cercando e costruendo se stesso. Dai discorsi di Benedetto XVI
Paolo e Don Alberione “Mi hai vinto come vincesti Saulo” Anche Don Alberione, come Paolo, si è sentito “preso”, obbligato, vinto…: “Voi mi avete vinto come vinceste Saulo. Tutto solo, sempre voi ed in voi e per voi”.
Come Paolo, Don Alberione comprende che in Cristo la totalità della persona viene presa, abitata, orientata: “L’uomo viene tutto preso, conquistato da Gesù Cristo (…) fino alla pienezza e perfetta età di Gesù Cristo; fino a sostituirsi nell’uomo o all’uomo: “Vivo ego, iam non ego; vivit vero in me Christus”.
“C’è come una personalità unica, ed è quella di Gesù che vive “C’è come una personalità unica, ed è quella di Gesù che vive. «Vivit vero in me Christus» si dice così facilmente! Ma quando lui pensa in noi, quando lui ama in noi, quando lui vuole in noi e opera in noi, allora ecco l’unità, l’unione: l’amore è arrivato al suo supremo grado”.