Amplificatori Operazionali-1

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L’amplificatore operazionale
Transcript della presentazione:

Amplificatori Operazionali-1 1. L’Operazionale e le sue applicazioni lineari Prof. Tozzi Gabriele – ITIS G. Marconi - Verona giugno 2008

1. L’AO e le sue applicazioni lineari 1.1 – L’AO ideale e reale. 1.2 – La retroazione negativa. 1.3 – Le applicazioni lineari dell’AO. giugno 2008

1. L’AO e le sue applicazioni lineari 1.1 – L’AO ideale e reale. giugno 2008

L’ AO ideale in anello aperto L’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE. E’ un amplificatore ad elevato guadagno realizzato in un unico circuito integrato, alimentato in modo singolo o duale. Il suo nome deriva dalla possibilità di realizzare operazioni matematiche sui segnali quali l’addizione, la differenza, il prodotto, la divisione, la radice quadrata, il logaritmo, l’integrale o la derivata. giugno 2008

I terminali d’ingresso I due terminali di ingresso ai quali possono essere applicate due tensioni indipendenti sono: terminale non invertente (+), in quanto se ad esso si fornisce una tensione continua V+ più positiva rispetto all’altro ingresso, la Vo in uscita è positiva. terminale invertente (−), poiché se applichiamo ad esso una tensione V− più positiva rispetto all’altro terminale, si ottiene una Vo negativa. giugno 2008

Segnali flottanti Una delle caratteristiche dell’AO è quella di non avere un piedino da connettere a massa. Ciò gli permette di accettare tensioni d’ingresso differenziali, cioè non riferite alla massa del sistema, ossia segnali flottanti. giugno 2008

Modello equivalente e transcaratteristica Vale la seguente relazione: dove Vd = V+−V− è la tensione flottante di ingresso. Nella transcaratteristica si individuano 2 zone: 1- regione di saturazione positiva: per Vd appena superiore allo zero si ha Vo ≈ +Vcc; 2- regione di saturazione negativa: per Vd appena inferiore allo zero si ha Vo ≈ −Vcc. giugno 2008

Caratteristiche dell’AO ideale (1^ regola d’oro): Resistenza di ingresso Ri = ∞  I+ = I–= 0 (I+ e I– sono le correnti entranti nei terminali + e –). (2^ regola d’oro): Ad = ∞  Vd = 0, cioè V+ = V– (cortocircuito virtuale); Resistenza di uscita Ro = 0. Banda passante B = ∞; Assenza di offset , cioè Vo=0 per Vi=0. giugno 2008 approfondimento

L’AO reale Un AO reale, sempre ad anello aperto (cioè in assenza di retroazione negativa), si differenzia da quello ideale in quanto presenta: Ad elevatissimo ( da 20.000 a 1.000.000) ma mai infinito; Ri elevatissima (1011÷ 1015 Ω) ma mai infinita; Ro piccola ma mai nulla; Banda passante ampia (centinaia di kHz), ma mai infinita; Offset ≠ 0, ossia Vo ≠ 0 per Vi = 0. Si tratta comunque di differenze trascurabilissime che, nella quasi totalità dei casi, consentono di fare riferimento ad un AO ideale con grande beneficio per i calcoli matematici. giugno 2008

Transcaratteristica di un AO reale La caratteristica di trasferimento evidenzia 3 regioni: 1) la regione lineare, per –ε<Vd<+ε; in cui Vo = AdVd. 2) La regione di saturazione positiva, per Vd>+ε, in cui Vo = +Vsat. 3) La regione di saturazione negativa,per Vd <–ε, in cui Vo=–Vsat. (NB: +Vsat ≈ +Vcc – 1V e − Vsat ≈ –Vcc + 1V). giugno 2008

Limiti dell’ AO in anello aperto 1) Un AO per usi generici (general purpose) è lento nella commutazione (in teoria per avere un tempo di commutazione nullo occorrerebbe AOL = ∞); 2) L’uscita Vout presa direttamente dall’AO, commutando tra ± Vcc, non permette di pilotare dispositivi che richiedono tensioni particolari, come quelli in logica TTL e CMOS, a meno di modifiche circuitali. giugno 2008

1.2 La retroazione negativa giugno 2008

La retroazione negativa Le operazioni fondamentali realizzate per mezzo di AO possono essere circuitalmente ottenute reazionando negativamente, mediante opportune reti di controreazione, uno stadio amplificatore ad elevato guadagno. Grazie poi allo sviluppo della tecnologia dei semiconduttori si è arrivati a costruire un dispositivo integrato da utilizzare per realizzare amplificatori operazionali. Sotto è riportata la piedinatura (pin connection) dell’ AO μA741 (i pin 1 e 5 servono all’annullamento dell’offset, mentre il numero 8 è “non connesso”,NC). giugno 2008

La retroazione negativa La retroazione negativa consiste nel riportare l’uscita Vo al terminale invertente di ingresso dell’AO, tramite una resistenza Rf (resistenza di feedback). giugno 2008

Scopo della retroazione negativa Le configurazioni che analizzeremo successivamente prevedono l’utilizzo dell’AO in zona lineare. Tuttavia, come si è visto, tale zona è molto stretta in quanto il guadagno Ad risulta molto alto, per cui anche valori piccolissimi di Vd possono condurre l’AO in saturazione. Per rimediare a ciò si usa la retroazione negativa, ottenendo un amplificatore in anello chiuso, avente: tensione di ingresso Vi anziché Vd guadagno Avf=Vo/Vi anziché Ad=Vo/Vd. giugno 2008

Vantaggi della retroazione negativa I vantaggi dati dalla reazione negativa riguardano: L’amplificazione (o guadagno), la quale: risulta più stabile (insensibile alle variazioni dei parametri dell’AO e alle variazioni di temperatura e di alimentazione); può essere fissata agendo sul valore di una sola resistenza, anziché riprogettare il circuito. L’impedenza di ingresso, che risulta aumentata e si può modificare, a seconda delle esigenze, agendo su un’unica resistenza. Il rumore, che risulta attenuato. La banda passante, che risulta aumentata. La resistenza d’uscita, che risulta diminuita. Tutto ciò ne ha reso gradualmente sempre più diffuso l’utilizzo: lo troviamo ormai in tutti i circuiti. L’unico svantaggio, rispetto all’assenza di reazione negativa, è una certa diminuzione del guadagno. giugno 2008

1.3 Le applicazioni lineari dell’AO. giugno 2008

Amplificatore invertente (1/3) Per tutte le prossime configurazioni ci proponiamo di ricavare il valore del guadagno in anello chiuso Avf = Vo/Vi. La seguente configurazione è invertente in quanto la tensione di ingresso Vi è applicata al terminale invertente (–). La procedura generale di risoluzione prevede nient’altro che: l’applicazione dei principi di Kirchhoff e della legge di Ohm ad opportune maglie circuitali; la necessità di supporre l’AO ideale. giugno 2008

Amplificatore invertente (2/3) In questo caso abbiamo: 1) Maglia di ingresso: Vi – Rs· Ii = 0 (grazie alla massa virtuale al terminale −, data dal fatto che si suppone V+ = V–).  2) Maglia di uscita: Vo + Rf ·Ii = 0 Uguagliando le due espressioni di Ii si ottiene: giugno 2008

Amplificatore invertente (3/3) Il guadagno dell’AO è semplicemente espresso dal rapporto delle due resistenze esterne. Inoltre non dipende dalle caratteristiche dell’amplificatore, per cui può essere variato senza dover riprogettare l’intero amplificatore. La tensione d’uscita ha segno opposto rispetto alla tensione d’ingresso. giugno 2008 approfondimento

Amplificatore non invertente (1/2) In questo schema la tensione di ingresso è applicata al terminale non invertente (“+”). Applicando la procedura già vista si ottiene: 1) Maglia di ingresso: Vi – Rs·Ii = 0 (essendo V+=V–=Vi)  2) Maglia di uscita: Vo – Rf ·Ii – Vi = 0  Uguagliando le due espressioni di Ii si ottiene: da cui: Vi=( )= e quindi giugno 2008

Amplificatore non invertente (2/2) L’AO non invertente (detto anche follower) presenta: un guadagno sempre > 1 la tensione di uscita ha lo stesso segno della tensione di ingresso. in regime sinusoidale si dice che l’uscita è in fase con l’ingresso. giugno 2008 approfondimento

Inseguitore di tensione (1/3) Un caso particolare dell’amplificatore non invertente (Rf=0 e Rs=∞) è costituito dal cosiddetto inseguitore di tensione (voltage follower a guadagno unitario). Per questa configurazione si ha: Vo = V− = V+ = Vi Il circuito prende il nome di inseguitore perché la tensione di uscita “insegue” l’ingresso, cioè è la ripetizione della tensione di ingresso. giugno 2008

Inseguitore di tensione (2/3) Una connessione di questo tipo potrebbe apparire inutile, in quanto non prevede amplificazione (Avf = 1). In realtà permette di operare una separazione tra sorgente e carico, mantenendo inalterato il livello di tensione tra ingresso e uscita, ossia esercita un adattamento di impedenza (buffer) tra la sorgente del segnale e il carico. giugno 2008

Inseguitore di tensione (3/3) Per la sorgente (Vo). La sorgente non vede la resistenza di ingresso del multimetro), bensì la resistenza di ingresso dell’operazionale, notevolmente alta; Di conseguenza la sorgente eroga una corrente trascurabilissima. Per il carico (multimetro). In assenza del follower il multimetro sarebbe collegato direttamente alla tensione Vo da misurare; Ciò darebbe luogo a un partitore di tensione dovuto a Rs e alla resistenza di ingresso del multimetro, che abbasserebbe la tensione da misurare; In presenza del buffer, invece, il multimetro “vede” la resistenza di uscita dell’ AO (molto bassa, decisamente trascurabile rispetto al valore del carico);  non essendoci più corrente assorbita dal multimetro, non vi è più alcuna apprezzabile attenuazione della tensione Vo da misurare. giugno 2008 approfondimento

Amplificatore sommatore invertente (1/2) Al terminale invertente sono applicati n ingressi,V1,V2, …,Vn, tramite le resistenze R1,R2,…,Rn. Considerando l’ AO ideale (V–=V+=0; I–=0) si ha: I1+I2 + …. + In = – If cioè: E quindi: giugno 2008

Amplificatore sommatore invertente (2/2) Se R1 = R2 = ... = Rn = R si ha: Vo = –[(Rf/R)(V1+V2+...+Vn)] Se inoltre Rf = R si ha: Vo = – (V1 + V2 +…+ Vn). giugno 2008 approfondimento

Amplif. sommatore non invertente (1/3) A titolo di esempio viene proposto lo schema e il calcolo di Vo di un circuito sommatore non invertente a due ingressi. Per il calcolo di Vo in funzione di V1 e V2 possono essere utilizzate 3 metodologie diverse: 1- Legge di Ohm e principi di Kirchhoff alle maglie di ingresso e di uscita; 2 - Principio della Sovrapposizione degli Effetti (PSE); 3 - teorema di Millman. Qui utilizzeremo la prima metodologia, che è la più generale. giugno 2008 approfondimento

Amplif. sommatore non invertente (2/3) Analizziamo il circuito di ingresso e il circuito di uscita separatamente: Le correnti I1 e I2 risultano: Poiché I+ = I1 + I2 = 0 si ottiene: Il potenziale V− risulta: E dunque anche: giugno 2008

Amplif. sommatore non invertente (3/3) Sostituendo il valore V+ nell’espressione del circuito di ingresso si ottiene: Per cui: Come si modifica l’equazione se R1 = R2 = R ? approfondimento giugno 2008

Amplificatore differenziale (1/3) E’ un dispositivo che amplifica la differenza tra due segnali, V1 e V2. Tale differenza può essere considerata un segnale flottante (double-ended), cioè non riferito a massa. Per amplificare segnali flottanti è necessario utilizzare amplificatori differenziali. giugno 2008

Amplificatore differenziale (2/3) Per determinare Vo in funzione di V1 e V2 si può procedere applicando i principi di Kirchhoff al ramo inferiore (R1-R4) e al ramo superiore (R2-R3,) legando insieme le due equazioni tramite la condizione V− = V+. Oppure si può applicare il principio della sovrapposizione degli effetti: è ciò che faremo. a) V2 = 0; V1 ≠ 0. V+ = R4·I1 = R4·[V1 /(R1 + R4)] V− = R2·Io = R2·[Vo /(R3 + R2)] Essendo V– = V+ si ottiene: Se R1=R2 ed R3=R4 si ha: V’o = (R3/R2) V1 b) V1 = 0; V2 ≠ 0 Dato che V1=0 anche V+=0, per cui si ottiene una configurazione invertente che fornisce: V’’o = − (R3/R2) V2 giugno 2008

Amplificatore differenziale (3/3) In definitiva: Vo = V’o + V’’o = (R3/R2) (V1 – V2). Scegliendo in modo opportuno i valori di R3 ed R2 si riesce a intervenire sul guadagno del segnale differenza (V1–V2). Osservazioni: 1) La condizione R1 = R2 ed R3 = R4 è una condizione critica per il corretto funzionamento dell’amplificatore differenziale. 2) La differenza V1 – V2 può essere prelevata tramite un ponte di resistenze, consentendo di rilevare e amplificare variazioni di grandezze fisiche (temperatura, luce, ecc.) approfondimento giugno 2008

Filtri attivi Mentre i filtri passivi sono costituiti da reti più o meno complesse di soli elementi passivi R, C, L, i filtri attivi vengono realizzati con amplificatori operazionali e reti di reazione RC. Si sfrutta infatti la dipendenza del condensatore dalla frequenza (Xc=1/2πfC). giugno 2008

Filtri attivi I filtri attivi con operazionale si differenziano da quelli passivi per le seguenti proprietà: Amplificano il segnale filtrato; Si può progettare il filtro indipendentemente dal carico e si possono collegare in cascata più celle filtranti senza che esse interagiscano tra di loro. E’ possibile evitare l’uso di induttanze: ciò comporta una diminuzione dell’ingombro e una diminuzione dei disturbi di natura elettromagnetica (solo alle alte frequenze le bobine sono ancora usate). Si ha maggiore facilità nella progettazione e nella realizzazione. giugno 2008

Filtro attivo passa-basso (LPF) Dominio del tempo Considerando R2=∞ si ottiene: D’altra parte i1= −ic per cui: vo=(1/C)·∫ic dt= −(1/R1C)·∫vi dt da cui il nome di circuito “integratore”. Dominio della frequenza Con R2 si ha: Vediamo il comportamento passa-basso: f 0  Vo ∞  Av ∞ f ∞  Vo 0  Av 0 giugno 2008 approfondimento

Integratore Il segnale di uscita del circuito è l’integrale del segnale di ingresso: L’integrale del gradino è la rampa; L’integrale dell’impulso è il gradino. giugno 2008

Filtro attivo passa-alto (HPF) Dominio del tempo Considerando R1=0 si ottiene: D’altra parte i2=−ic, per cui: Da cui il nome di “derivatore”. Dominio della frequenza Con R1 si ha: Vediamo il comportamento passa-alto: 1) f 0  Vo 0  Av 0 2) f ∞  Vo ∞  Av ∞ giugno 2008

Derivatore Circuito Derivatore Circuito Derivatore Il segnale di uscita del circuito è la derivata del segnale di ingresso: La derivata della rampa è il gradino; La derivata del gradino è l’impulso. Circuito Derivatore Circuito Derivatore giugno 2008

Approfondimenti giugno 2008

Operazioni fondamentali di un AO Le operazioni fondamentali realizzate per mezzo degli AO sono quelle di somma e di integrazione: tutte le altre possono essere ricondotte a queste due. Circuitalmente possono essere ottenute reazionando negativamente (= riportare l’uscita al terminale invertente di ingresso), mediante opportune reti di reazione, uno stadio amplificatore con un guadagno molto elevato. giugno 2008 torna

Osservazioni sull’amplif. inv. 1) La resistenza di ingresso dell’amplificatore vale Ri = Vi / Ii = Rs = Rf/│Avf│. 2) l’espressione di Avf vale anche in regime sinusoidale, in cui Rs è sostituita da Zs e Rf da Zf . In tal caso il segno “–” di Avf comporta uno sfasamento di 180° tra la sinusoide di ingresso e quella di uscita. giugno 2008 torna

Osservazioni sull’amplif. non inv. La resistenza di ingresso Ri vista sull’ingresso non invertente è, in questa configurazione, elevatissima, in quanto coincide con quella dell’AO non retroazionato (I+≈0). Tale valore va da 1011 a 1015 Ω. L’elevato valore della resistenza di ingresso evita di caricare la sorgente (il generatore della tensione d’ingresso non eroga corrente). Si potrebbe quindi dire che la configurazione non invertente e’ quella che più si avvicina, in linea di principio, all’amplificatore di tensione ideale, che infatti deve presentare Ri infinita e RO nulla. giugno 2008

Osservazioni sull’amplif. non inv. A fronte del vantaggio di avere una elevatissima resistenza di ingresso, questa configurazione presenta anche uno svantaggio per ciò che riguarda il rumore. L’elevato valore di resistenza in ingresso, infatti, rende l’amplificatore più sensibile alle fonti di rumore interne ed esterne. Il parametro che identifica tale rumore è la tensione di modo comune, VCM, definita come la media aritmetica delle tensioni V+ e V– presenti ai due terminali dell’AO. Nel non invertente VCM = 2Vin/2 = Vin, mentre nell’invertente VCM = 0. giugno 2008 torna

Osservazioni sull’inseguitore La configurazione a guadagno unitario e’ quella che più di tutte risente del problema dell’innesco di autoscillazioni. Infatti, il segnale di uscita riportato all’ingresso può sommarsi, anziché sottrarsi, al segnale di ingresso, rendendo la retroazione positiva anziché negativa. In tale circostanza l’ingresso può anche essere tolto senza che l’uscita si annulli, perché sostituita dal segnale di reazione. Il circuito è così in grado di autosostenersi. Ciò in un amplificatore è indesiderato poiché porta a instabilità. La cosa viene invece sfruttata negli oscillatori, circuiti che utilizzano la retroazione positiva. giugno 2008 torna

Sommatore invertente Questo circuito viene detto sommatore invertente, ma in realtà sarebbe più corretto usare il termine “circuito per combinazioni lineari”. Infatti, la tensione Vo risulta essere la combinazione lineare degli n segnali di ingresso tramite i coefficienti Rf/R1, Rf/R2, …, Rf/Rn. In questa configurazione ogni ingresso è collegato direttamente alla massa virtuale (V– = V+), per cui è indipendente da tutti gli altri e quindi se ne può aggiungere o togliere uno senza che gli altri subiscano alterazioni. giugno 2008

Sommatore invertente I rapporti vengono detti pesi, perché determinano appunto il “peso” con il quale ciascun ingresso concorre al valore dell’uscita. I segnali di ingresso da sommare possono essere applicati non solo ad un terminale, bensì un po’ ad uno e un po’ all’ altro terminale. A seconda del valore dei pesi relativi agli ingressi che fanno capo al “–“ e a quelli che fanno capo al “+”, il sommatore si dirà bilanciato o non bilanciato. giugno 2008 torna

Sommatore non invertente Nella configurazione non invertente, a differenza di quella invertente, ciascun ingresso interagisce con gli altri. Per questo motivo si preferisce realizzare circuiti sommatori utilizzando AO invertenti, con l’accorgimento di introdurre, se occorre, un altro AO invertente in cascata, con guadagno –1, al fine di ottenere un’uscita positiva. giugno 2008 torna

Amplificatore per strumentazione Nello stadio differenziale esaminato entrambi i segnali d’ingresso sono amplificati della stessa quantità. Ciò non succederebbe se il segnale V1 fosse direttamente applicato al terminale “+”: infatti, per V1 lo stadio sarebbe un non invertente, mentre per V2 sarebbe un invertente. Un miglioramento delle prestazioni del differenziale lo si ottiene facendo precedere tale configurazione da una struttura con 2 AO, con ingresso differenziale e uscita differenziale: è quello che si ha negli amplificatori per strumentazione. giugno 2008

Stadio d’ingresso L’amplificatore differenziale si rivela molto utile come stadio di ingresso all’interno del blocco di trasduzione della catena di acquisizione dati. Supponiamo di dover acquisire una grandezza fisica (temperatura, pressione, spostamento, ecc.) in un ambiente industriale con presenza di fonti di rumore. In ambienti industriali i segnali provenienti dal campo, dal posto cioè dove è in atto il processo, sono flottanti (da cui anche il nome di segnali di campo per questi ultimi). Se lo stadio di ingresso non fosse differenziale, il segnale d’ingresso sarebbe costituito da una sola delle due tensioni: in tal caso il rumore sovrapposto al segnale sarebbe anch’esso amplificato al pari del segnale utile e quest’ultimo verrebbe in gran parte compromesso. Con lo stadio differenziale, invece, è il segnale differenza, v1 – v2 , che viene amplificato e tale segnale non presenta più rumore poiché l’operazione di differenza lo ha eliminato. giugno 2008 torna

Integratore ideale e reale La semplice struttura dell’integratore ideale (con R2=∞, ossia senza R2), presenta due problemi: In corrente continua il condensatore è un circuito aperto e di conseguenza l’operazionale non risulta più reazionato; Anche per vi=0, la debole corrente assorbita dall’AO reale e la piccola tensione di offset tendono a caricare il condensatore, portando l’uscita vo alla saturazione (si integra una costante). Si pone allora un resistore (R2), di valore elevato, in parallelo al condensatore, ottenendo l’integratore reale (di Miller). torna giugno 2008