Cielo e Terra nella storia:400 anni di scienza e tecnica dell’osservazione del cielo Maria Antonietta Guerrieri Frascati, 5 ottobre 2011.

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Cielo e Terra nella storia:400 anni di scienza e tecnica dell’osservazione del cielo Maria Antonietta Guerrieri Frascati, 5 ottobre 2011

La storia dell’astronomia da Galileo ad oggi è talmente ricca di scoperte che è praticamente impossibile riassumerla in poche slides. Pertanto seguirò due linee che considero più interessanti: I metodi per stimare le distanze La scoperta dell’universo extragalattico

Il cielo e la Terra sono dominati dalle stesse leggi Prima di Newton l’astronomia aveva prodotto modelli geometrici più o meno aderenti alle osservazioni tavole numeriche leggi empiriche come quelle di Keplero. Con gli studi di Galileo sulla caduta dei gravi che portarono alle leggi della dinamica e alla Gravitazione Universale di Newton si passa dalla cinematica alla dinamica dei moti celesti e nasce la meccanica celeste, ma, soprattutto, si afferma una idea che produrrà grandi conseguenze: Il cielo e la Terra sono dominati dalle stesse leggi

Le numerosissime conferme della legge di gravitazione di Newton ebbero un grosso impatto mediatico. Tra tutte ricordiamo: Il calcolo dell’orbita della cometa del 1682 Halley, applicando la legge di gravitazione universale, scoprì che la cometa apparsa nel 1682 era la stessa osservata da Keplero nel 1607, e ne predisse la ricomparsa nel 1758. I suoi calcoli, perfezionati da Clairaut, ebbero una clamorosa verifica quando effettivamente la cometa ricomparve nel 1759.

Il calcolo dell’orbita del pianetino Cerere Cerere era stato scoperto, nel 1801, all’osservatorio di Palermo, dall’astronomo italiano Piazzi; dopo poco tempo se ne erano perse le tracce. Ma le osservazioni di Piazzi erano state sufficienti perchè Gauss ne determinasse l’orbita: in questo modo fu possibile ritrovarlo.

Le stelle binarie Nel 1802 Herschel scopre il primo sistema binario: due stelle che ruotano attorno al baricentro comune secondo la legge della gravitazione di Newton Nel 1833 Bessel spiega le irregolarità del moto di Sirio con la presenza di una compagna invisibile, Sirio B che viene osservata nel 1862 da Clark, utilizzando i calcoli di Bessel. La scoperta di Nettuno Nel 1846 Galle scopre il pianeta Nettuno nella posizione che Leverrier aveva calcolato dalle perturbazioni dell’orbita di Urano.

I metodi per stimare le distanze A partire dal XVII secolo ha inizio la grande avventura della misurazione delle distanze astronomiche: prima quelle dei corpi del sistema solare e poi quelle di oggetti sempre più lontani e con tecniche sempre più complesse ed ingegnose. I metodi usati furono sostanzialmente: geometrici ( misura della parallasse, metodo dei transiti)‏ fisici ( uso degli spettri stellari)‏ astrofisici (uso delle conoscenze dell’evoluzione stellare)‏

La parallasse è l’angolo sotto il quale un oggetto è osservato da due punti differenti, proiettato su uno sfondo molto più lontano Conoscendo la distanza fra i due punti di osservazione e l’angolo di parallasse, con una semplice formula trigonometrica, è possibile calcolare la distanza dell’oggetto. A S B

Se l’oggetto è vicino, come un albero, una montagna anche una piccola distanza tra due osservatori permetterà un’accurata misurazione dell’angolo e, quindi, della distanza. Più gli oggetti sono lontani più è piccolo l’angolo di parallasse e, quindi, sempre più grande dovrà essere la distanza tra i due punti di osservazione. Esempio: per misurare la parallasse della Luna possiamo prendere due osservatori in Italia al sud e al centro, se vogliamo misurare, invece, la parallasse di Marte dobbiamo prendere un osservatore in Europa e l’altro in Sud Africa.....

Nel 1671 Jean Richer, in collaborazione con la spedizione che Picard e Cassini avevano effettuato alla Caienna, calcola la parallasse di Marte e del Sole ottenendo per il Sole il valore di 9.5” pari a 140 milioni di km. Per ottenere misure migliori della parallasse solare bisognerà attendere che vengano intraprese due spedizioni nel 1761 e 1769 organizzate in occasione del transito di Venere sul disco solare.

l’asse maggiore dell’orbita terrestre. Per quanto riguarda il calcolo della parallasse delle stelle, il problema è complicato proprio perché le stelle sono molto lontane ed è necessaria una base piuttosto grande, la più grande che abbiamo: l’asse maggiore dell’orbita terrestre. Bradley ( 1693 – 1762) tentò di misurare la parallasse della stella γ Draconis senza riuscirci; scoprì, invece, due fenomeni molto importanti: l’aberrazione della luce e la nutazione. L’aberrazione fornisce, insieme alla misura della velocità della luce, la prova inoppugnabile del moto di rivoluzione della Terra.

Herschel (1738 – 1822) cerca di misurare la parallasse prendendo due stelle prospetticamente vicine tra loro. La più lontana sarebbe servita di riferimento per misurare lo spostamento di quella più vicina; scopre, invece, l’esistenza di stelle doppie fisiche: stelle che ruotano intorno al comune baricentro seguendo le leggi di Keplero. Solo nel 1838 Bessell riesce a misurare la prima parallasse quella della stella 61 Cygni. (0.3136” il valore calcolato da Bessel, 0.293” il valore moderno). Aveva scelto la 61 Cygni perchè la stella mostrava un moto proprio molto grande.

La tecnica della misurazione della parallasse portò alla definizione di una nuova unità di misura il Parsec (pc): Una stella che si trovasse esattamente ad un parsec presenterebbe uno spostamento di 2” d’arco nelle due osservazioni da un capo all’altro dei 300 milioni di km della linea di base formata dal diametro dell’orbita terrestre. Un parsec equivale a 3.2616 anni luce ossia più di 200 mila volte la distanza Terra Sole. Non ci sono stelle che presentino una parallasse di 1”.

La stella più vicina è proxima Centauri che ha una parallasse di 0 La stella più vicina è proxima Centauri che ha una parallasse di 0.76”corrispondente a 1.295 parsec cioè 4.22 anni luce e che molto probabilmente ruota attorno al sistema doppio formato da A e B Centauri. All’inizio del XX secolo erano state determinate le parallassi solo di circa 60 stelle. Le cose migliorarono quando vennero usate le CCD. Il satellite Hipparcos, lanciato nel 1989, ha calcolato la posizione di più di 100000 stelle arrivando però solo a distanze di qualche centinaio di parsec che è il limite raggiungibile con questa tecnica.

Il metodo dei transiti Il metodo, originariamente ideato da Halley per iI transito di Mercurio del 1677, si basa sul fatto che la traiettoria apparente di un pianeta interno sul disco solare non è la stessa per osservazioni effettuate da punti diversi della superficie terrestre ma dipende: dalle dimensioni della Terra dalla distanza tra gli osservatori dalla distanza Terra – Sole

Il transito di Venere sul Sole è un evento piuttosto raro, come si vede dalla tabella qui sotto che elenca a sinistra gli ultimi transiti di Venere e a destra i prossimi: 7 dicembre 1631 6 giugno 2012 4 dicembre 1639 11 dicembre 2117 6 giugno 1761 8 dicembre 2125 3 giugno 1769 9 dicembre 1874 6 dicembre 1882 7 giugno 2004

Lo schema del transito di Venere nel giugno del 2004 dall’Italia

I primi contatti e il confronto con Mercurio

Approfittando dei due transiti, quello del 1761 e quello del 1769, furono organizzate varie spedizioni supportate non solo dai governi delle nazioni interessate, in modo particolare Francia e Inghilterra, ma anche da società scientifiche e da privati. Per una serie di imprevisti quelle relative al primo transito portarono a valori piuttosto incerti per la parallasse del Sole tra 7.5” e 10.5”. Quelle relative al secondo, invece, furono più fortunate ed ottennero valori tra 8.5” e 8.8”.

La parallasse spettroscopica La parallasse spettroscopica è un metodo per determinare la magnitudine assoluta di una stella in base al suo tipo spettrale. Il metodo, messo a punto dall'americano Adams e dal tedesco Kohlschϋtter nel 1914, afferma che: stelle che hanno colore e proprietà spettroscopiche uguali hanno, più o meno, anche la stessa magnitudine assoluta Non entriamo nel dettaglio di questo metodo, ricordiamo solo che conoscendo la magnitudine assoluta e quella apparente di una stella è possibile ricavane la distanza dalla formula: M = m + 5 – 5Log r

Il metodo delle cefeidi L’astronoma Henrietta Leavitt scopre, e pubblica nel 1908, la legge periodo luminosità delle cefeidi. Le cefeidi, dal nome della prima stella osservata di questo tipo , δ Cephei, sono stelle molto brillanti la cui magnitudine varia nel tempo con grande regolarità con periodi da 1 a 50 giorni. La Leavitt osservando un gruppo di cefeidi nella Piccola Nube di Magellano scoprì che quanto più una cefeide era luminosa tanto più lento era il suo ciclo di variazione. Data la lontananza della “galassia” ipotizzò che potessero considerarsi tutte alla stessa distanza da noi.

Henrietta Leavitt

Con questa ipotesi riuscì a trovare la relazione fra periodo e magnitudine assoluta determinando le distanze “relative” delle cefeidi della nostra Galassia, stabilendo, cioè, a che distanza una cefeide si trovava rispetto ad un’altra. La formula trovata dalla Leavitt è: M = A – B logP Dove M è la magnitudine assoluta visuale media, P il periodo, A e B due costanti. Per ottenere le distanze effettive era necessario calibrare la relazione, cioè calcolare la distanza di una cefeide tra quelle studiate.

Il grafico di sinistra mette in relazione la magnitudine assoluta con il periodo, quello di destra la magnitudine assoluta con il logaritmo del periodo

La calibrazione fu tentata da Hertzsprung nel 1913 usando cefeidi galattiche delle quali si conosceva la distanza. Nel 1952 Baade ripropose una sostanziale ricalibrazione della formula avendo scoperto che le cefeidi appartenevano a due tipi di popolazione stellare diverse con valori differenti di A e B. Le cefeidi sono stelle che da poco hanno abbandonato la sequenza principale del diagramma H-R, sono di tipo spettrale F5-K2, sono entrate in una zona instabilità nella quale si verificano le condizioni fisiche per la pulsazione della stella.

La scoperta dell’Universo intergalattico Galileo per la rima volta, puntando il suo telescopio verso la Via Lattea, ne rivela la natura formata da innumerevoli stelle non visibili ad occhio nudo. La distanza di queste stelle da noi è tale che la loro luce ci arriva confusa: ad occhio nudo non si “risolvono” le stelle. Nel “Sidereus Nuncius” pubblicato nel 1610 descrive, tra altre, anche questa sua fantastica scoperta. Ma come si può conciliare la forma della via Lattea con il fatto che le stelle sono distribuite in maniera praticamente uniforme?

Il primo che si pose questa domanda e tentò di dare una risposta fu Herschel che dal 1780 al 1790 avviò, insieme alla sorella Caroline, una campagna di osservazione e conteggio di stelle, in tutte le direzioni, per capire la forma della Galassia.

Il suo metodo che permetteva di trovare la forma ma non le dimensioni produsse questo risultato:

Alla fine dell’800 Kaptayn riprende il lavoro di Herschel mettendo a punto il primo esempio di collaborazione internazionale: seleziona 200 aree che affida a differenti osservatori anche nell’emisfero australe La sua impresa titanica per i tempi, fu portata avanti studiando, per la prima volta, un gran numero di lastre fotografiche . L’uso della fotografia astronomica produsse enormi risultati.

Il risultato fu una struttura ovoidale che misurava 30 Il risultato fu una struttura ovoidale che misurava 30.000 anni luce in lunghezza e 6.000 in spessore con il Sole al centro. Le misure sopra riportate furono ottenute successivamente e con l’applicazione delle due tecniche che abbiamo descritto e che, appunto, furono elaborate proprio negli anni seguenti. S

Nella prima decade del ‘900 Shapley inizia ad osservare e misurare, per mezzo delle cefeidi, le distanze di oggetti, che oggi chiamiamo ammassi globulari, oggetti di questo tipo:

Gli ammassi gobulari sono agglomerati formati da circa 100 Gli ammassi gobulari sono agglomerati formati da circa 100.000 stelle autogravitanti a perfetta simmetria sferica. Shapley scopre che gli ammassi globulari : - sono a distanza molto maggiore del diametro della galassia misurato da Kaptayn - che si trovano tutti decentrati rispetto al Sole Fino ad oggi sono stati individuati circa 150 ammassi globulari. L’ammasso globulare M13

Ipotizza, quindi, che il Sole si trovi in posizione decentrata rispetto al centro galattico. Formula , inoltre, alcune ipotesi che si riveleranno giuste. - La galassia è formata da due componenti: la componente di alone che comprende il bulbo e gli ammassi globulari posti a simmetria sferica attorno al centro galattico la componente di disco formata da un disco appiattito - Il centro della Galassia si trova nella direzione della costellazione del Sagittario

L’immagine è una ricostruzione della nostra Galassia. I colori mettono in rilievo le differenti componenti stellari. La parte centrale, il bulbo, e gli ammassi globulari sono formati da stelle dette di popolazione II, più vecchie, povere di componenti metallici, di età 13,7 miliardi di anni. I bracci della spirale sono ricchi di polvere e sono formati da stelle di popolazione I, più giovani, ricche di elementi metallici, molto energetiche e di vita più breve

La Galassia è formata da circa 200 miliardi di stelle, con un dimetro di 100.000 anni luce e una massa tra 750 e 1000 miliardi di masse solari. E’ una spirale barrata. Il sistema solare si trova a 20 anni luce sopra il piano galattico a 28.000 anni luce dal centro galattico. Al centro un buco nero piuttosto grande. I bracci sono formati da onde di densità prodotte da perturbazioni gravitazionali

La posizione dell’asse terrestre rispetto alla Galassia

Analizzando lo spostamento della riga 21 Analizzando lo spostamento della riga 21.1cm emessa nella banda radio dall’idrogeno (effetto Doppler ottico) si è scoperto che la Galassia ruota con velocità differenziata cioè più velocemente verso il centro e più lentamente verso la periferia in accordo con la legge della Gravitazione Universale. Dobbiamo, infatti, tener conto della massa all’interno dell’orbita di rotazione dell’oggetto: questa massa anche se aumenta allontanandosi dal centro aumenta sempre meno perché è concentrata nel centro galattico. Il Sole ruota, attorno al centro galattico, con velocità di circa 220 Km/sec, impiegando 225 milioni di anni per un giro: da quando esiste ha compiuto una ventina di giri.

Se applichiamo le leggi della Gravitazione Universale di Newton e le leggi di Keplero, usando il valore della massa visibile, la velocità di rotazione, come si vede nella immagine a fianco, dovrebbe decrescere molto di più. Questo ci fa pensare che esista una gran quantità di materia non visibile , “la materia oscura” , formata da polveri, nane brune ed altro, in percentuale ben maggiore della materia visibile.

L’universo non si esauriva con la nostra Galassia Nel 1923 Hubble, con il telescopio di 2,5 metri di apertura, di Monte Wilson, il più grande dell’epoca, risolve la Galassia di Andromeda ( M31), vi trova delle cefeidi e ne misura la distanza in 900.000 anni luce. Anche se il valore calcolato da Hubble è inferiore a quello reale che è 2.300.000 anni luce, risultò subito chiaro che: La galassia di Andromeda era un oggetto al di fuori della nostra Galassia L’universo non si esauriva con la nostra Galassia

La galassia di Andromeda

L’Universo si estende, quindi, oltre la nostra Galassia: al di fuori c’è almeno un altro “universo isola” come diceva Kant. A partire dal 1923 si scoprono innumerevoli oggetti extragalattici dei quali si misura la distanza. La nostra e la galassia di Andromeda fanno parte di un sistema di una trentina di oggetti, detto Gruppo Locale, che ruotano attorno al baricentro del sistema: anche in questo caso la velocità è differenziale ed è troppo grande se consideriamo solo la massa visibile.

La grande Nube di Magellano un membro del gruppo locale

M33, la galassia del triangolo nel gruppo locale, nell’ultravioletto: così non la vedremo mai

M 66 nella costellazione del Leone

Il gruppo locale occupa uno spazio di 10 milioni di anni luce di diametro; i membri ruotano attorno al baricentro che si trova tra la nostra Galassia e la galassia di Andromeda, che sono i due oggetti più massicci. Il gruppo locale, insieme ad altri ammassi, fa parte di un superammasso: il superammasso della Vergine che è dominato dall’ammasso della Vergine a circa 60 milioni di anni luce da noi.

Per approfondire Hoskin – Storia dell’astronomia di Cambridge – Bur Verdet – Astronomia – Longanesi Koestler – I sonnambuli – Jaca Book Fantoli – Galileo: per il copernicanesimo e per la chiesa – Ed. Vaticana Maffei – La cometa di Halley – Mondadori Ferreri – Il libro dei telescopi – Il Castello

Fine

La misura della velocità della luce con l’astronomia Nel 1671 Roemer e Picard avevano osservato dall’isola di Hven (Uraniborg) 140 eclissi di Io, la luna di Giove, contemporaneamente a Cassini che faceva le stesse osservazioni da Parigi in modo da calcolare la differenza in longitudine tra Hven e Parigi. Nel 1672 Roemer invitato a lavorare a Parigi come assistente di Cassini, continuò ad osservare le lune di Giove accorgendosi che i tempi fra le eclissi erano più corti quando la Terra era in congiunzione con Giove di quando era in opposizione. La differenza da lui calcolata era di circa 22 minuti.

Interpretò il fenomenno attribuendo alla luce una velocità finita: i 22 minuti erano il tempo impiegato dalla luce a percorrere il diametro dell’orbita terrestre, cioè il doppio dell’Unità Astronomica. I 22 minuti calcolati da Roemer sono troppi, il tempo reale è 16m 40s. Con il valore da lui conosciuto dell’U.A. la velocità della luce risultò 135000 km/s. Nel 1809 Delambre rifece le misure e con il valore dell’U.A. dell’epoca ottenne 300000 km/s.