L’ascolto Sapere ascoltare e un fatto psicologico diverso dall’udire, che è invece un fenomeno fisiologico. È la prima competenza comunicativa che apprendiamo, quella più utilizzata ma al tempo stesso quella cui prestiamo meno attenzione. Molti conflitti familiari e lavorativi nascono dal non ascoltare fino in fondo chi ci parla.
Anche ascoltare, cosi come produrre un messaggio, è un processo che si compone di momenti diversi: -Ricezione -Elaborazione -Risposta
La ricezione È il momento in cui noi riceviamo il messaggio, verbale e non verbale, dal nostro interlocutore. Il momento della ricezione può essere disturbato quando determinate esperienze, che si attivano in quel momento o precedenti, sfuggono alla nostra consapevolezza, dando origine ad un ascolto selettivo e altamente soggettivo.
Tra le esperienze che possono interferire con una accurata ricezione possono essere: le nostre convinzioni verso chi ci sta parlando, il nostro stato d’animo del momento, sentimenti di simpatia o di antipatia. Tanto più siamo consapevoli di esse, e quindi sappiamo riconoscerle e controllarle, tanto più e potenziata la nostra capacita di ricezione.
Elaborazione Una volta recepito il messaggio dobbiamo elaborarlo e decodificarne il significato, tenendo presenti le dimensioni comunicative, sempre presenti anche se a volte in maniera implicita. Solo in questo modo infatti possiamo coglierlo nella sua interezza. Ogni aspetto infatti porta delle informazioni che solo sommate insieme consentono di elaborare il giusto significato del messaggio stesso.
Le dimensioni del messaggio • Aspetto di contenuto: di che cosa sta parlando? • Autopresentazione: cosa dice la persona di sé? Come si presenta mentre mi parla? • Appello: che cosa mi sta chiedendo? (cosa l’altro vuole raggiungere e cosa vuole evitare). • Relazionale: in che modo l’altro percepisce me e la nostra relazione? (come l’altro mi percepisce e come percepisce la relazione).
Buon comportamento di ascolto si lascia esprimere il pensiero degli altri in maniera completa, senza timore di lasciarlo sviluppare; non si giunge a conclusioni frettolose, interrompendo spesso il nostro interlocutore, rinunciando ad importanti informazioni aggiuntive e, non secondariamente, influendo anche il suo stato d’animo; si sa attendere una risposta, SENZA ANTICIPARLA… col rischio, poi, di sentirci rispondere “non intendevo dire questo…”; non si mantengono idee preconcette ne pregiudizi: sono due “filtri” troppo grandi per la vera comprensione del contenuto e delle motivazioni di chi ci sta di fronte; si sviluppa l’abitudine di ripetere, con altre parole, i concetti male espressi, chiedendo pero conferma all’interlocutore della propria interpretazione… “quindi, mi sembra di poter dire che… e cosi?”; non si tradiscono segni di impazienza… ci si sforza di capire i sentimenti che stanno dietro alle parole.
Rispondere Affinché l’ascolto si concretizzi in un reale colloquio è necessario infine che si realizzi un comportamento di supporto verbale per sostenere e approfondire la comunicazione dell’altro rispondendo, se necessario, anche al suo bisogno informativo. Ciò si attua con interventi non direttivi e semi-direttivi.
Forme non direttive -Chiarificazione: domanda, dopo un messaggio confuso dell’altro; si usa quando non si è sufficientemente sicuri del significato contenuto nel messaggio (“sta dicendo che…?” “potrebbe descrivere meglio quanto stava dicendo…?” “puo chiarire ulteriormente il suo pensiero …?”)
Forme semi-direttive -Domande esplorative: domande poste per indagare aree o aspetti rilevanti ai fini della comprensione del problema.
Obiettivo: - aiutare l’altro a divenire consapevole delle discrepanze o incongruenze esistenti nell’ambito dei suoi pensieri, sentimenti ed azioni.
Obiettivi: - far conoscere all’altro le possibilità di opzione a sua disposizione, facilitando l’identificazione delle diverse alternative; renderlo consapevole dei possibili risultati di una particolare scelta o piano d’azione, aiutandolo a valutare differenti opzioni; - correggere dati non validi, non realistici a sfatare un mito; - aiutarlo a prendere in considerazione argomenti o problemi che sono stati evitati.
Errori cognitivi Oltre a saper padroneggiare le abilita sociali verbali e quelle non verbali, la persona assertiva deve saper riconoscere in se stessa e negli altri gli errori cognitivi (errori del pensiero) ricorrenti che sono alla base dei (o che conseguono dai) comportamenti passivi ed aggressivi.