Introduzione alle “Ricerche sulla teoria della dimostrazione” (1930) di Jacques Herbrand Russell e Whitehead (“Principia Mathematica”) Ogni proposizione matematica può essere tradotta in una combinazione di segni Le leggi del ragionamento sono riconducibili a semplici regole di combinazione di segni
Avremo poi bisogno di un certo numero di leggi, e precisamente: Segni & Leggi Per proseguire nel solco degli autori dei Principia, dice Herbrand, ci occorrerà un certo numero di segni, che dovranno tradurre le operazioni, i concetti logici più semplici (“o”, “non”, “e”, ecc.) e determinate relazioni fra certi oggetti. Avremo poi bisogno di un certo numero di leggi, e precisamente: di leggi che indichino che determinate combinazioni di segni sono proposizioni; di leggi che indichino dei procedimenti che consentano di formare, a partire da un certo numero di combinazioni di segni che già si sappiano essere proposizioni, altre combinazioni che saranno a loro volta proposizioni.
Leggi del ragionamento Herbrand fa notare che, all’interno di ogni teoria matematica, le leggi del ragionamento sono semplici leggi, essenzialmente di questo tipo: leggi che indicano che certe proposizioni saranno considerate come vere; leggi che indicano dei procedimenti che permettono di dedurre da certe proposizioni (di cui già si sappia che sono vere) altre proposizioni, che saranno a loro volta considerate come vere; tali leggi sono le “regole di ragionamento”.
Grazie alle regole appena enunciate, avremo che ogni combinazione di segni chiamata proposizione è effettivamente la traduzione di una proposizione del linguaggio ordinario e che una successione di proposizioni, da considerarsi vere in base alle suddette regole, corrisponde ad una dimostrazione matematica Questo risultato è semplicemente sperimentale (supportato dal fatto che Russell e Whitehead hanno riprodotto, nei Principia, tutti i ragionamenti degli inizi della matematica e della teoria degli insiemi)
Parallelismo tra il ragionamento matematico e le combinazioni di segni Posizione di problemi del tipo: Le proposizioni possiedono la tale proprietà? Esiste un criterio che permetta di riconoscere con sicurezza se una data proposizione è vera in una determinata teoria? Il metodo che, secondo Herbrand, permette di affrontare tali problemi è il metodo d’induzione
Il metodo d’induzione Vogliamo dimostrare che ogni proposizione vera di una determinata teoria possiede una certa proprietà A Dapprima dimostreremo che tutte le proposizione ammesse come vere all’inizio della teoria, godono di tale proprietà Poi si dimostrerà che, se delle proposizione vere godono della proprietà A, lo stesso vale per tutte le proposizioni deducibili da esse grazie ad una delle regole di ragionamento Per ogni dimostrazione ridotta in segni, potremmo tentare di verificare che la conclusione gode della proprietà A, ripetendo il ragionamento per ogni passo della dimostrazione
INDUZIONE SULLA COSTRUZIONE DELLA PROPOSIZIONE Herbrand si propone di utilizzare, nel suo lavoro del 1930, il metodo d’induzione in tre modi differenti, e cioè: Per dimostrare che ogni proposizione gode di una certa proprietà A, bisognerà mostrare successivamente: che i complessi di segni costituenti altrettante proposizioni godono della proprietà A; che se delle proposizioni godono della proprietà A, lo stesso vale per tutte le proposizioni deducibili da esse applicando una delle regole che permettono di costruire nuove proposizioni a partire da quelle date. Di conseguenza, ogni proposizione che si potrà “fabbricare” godrà della proprietà A INDUZIONE SULLA COSTRUZIONE DELLA PROPOSIZIONE
INDUZIONE SULLA DIMOSTRAZIONE DELLA PROPOSIZIONE 2. Per dimostrare che ogni proposizione vera gode di una proprietà A, si mostrerà che: le proposizioni ammesse come vere all’inizio della teoria godono della proprietà A; se delle proposizioni vere godono della proprietà A, lo stesso vale per quelle deducibili da esse applicando una delle regole di ragionamento. INDUZIONE SULLA DIMOSTRAZIONE DELLA PROPOSIZIONE
la prima proposizione della serie gode della proprietà A 3. Potremmo dover considerare delle successioni di proposizioni, ognuna delle quali si deduce dalla precedente mediante una determinata operazione; numereremo allora queste proposizioni con delle cifre e dimostreremo che: se una proposizione della serie gode della proprietà A, lo stesso vale per la seguente la prima proposizione della serie gode della proprietà A L’induzione in Herbrand non è altro che un procedimento che bisognerà applicare un certo numero di volte in ogni caso particolare Presa una qualunque proposizione della serie, essa godrà certamente della proprietà A (è sufficiente ripetere il ragionamento ad ogni passo della successione)
Problema delle origini della validità della matematica classica = “la fondazione formalistica della matematica” (1930) Di johann von neumann Problema delle origini della validità della matematica classica = questione logico-matematica
Idea centrale della teoria hilbertiana della dimostrazione: anche nel caso in cui gli enunciati della matematica classica dovessero risultare contenutisticamente insufficienti, tuttavia la matematica classica involge un procedimento in sé conchiuso che opera in conformità a regole fisse, note a tutti i matematici costruzione graduale di certe combinazioni di simboli primitivi, che si considerano “giuste” o “dimostrate”
non sempre è di tipo costruttivo Trattazione del “contenuto” della matematica Collegamento fra i passi della dimostrazione non sempre è di tipo costruttivo è sempre costruttivo Il contenuto di una proposizione matematica classica non può essere sempre controllato finitisticamente, ma il cammino formale grazie al quale giungiamo ad essa potrà esserlo sempre
In conclusione: se vogliamo dimostrare la validità della matematica classica, dovremo esaminare non proposizioni ma metodi di dimostrazione La matematica classica va considerata come un gioco combinatorio, “giocato” con i simboli primitivi: il nostro compito è determinare a quali combinazioni di simboli primitivi portano i metodi di costruzione (o “dimostrazioni”)
Compiti della teoria hilbertiana: Enumerare tutti i simboli utilizzati in matematica e in logica (simboli primitivi) Caratterizzare univocamente tutte le combinazioni di questi simboli che rappresentino proposizioni “sensate” (che non significa necessariamente “vere”) Fornire un procedimento di costruzione che ci permetta di costruire successivamente tutte le formule corrispondenti alla proposizioni “dimostrabili” della matematica classica: esso è appunto la “dimostrazione” Mostrare che tali formule possono venir dimostrate (costruite) mediante il suddetto procedimento se e solo se le corrispondenti proposizioni risultano vere I punti da 1 a 3 sono stati realizzati da Russell e la sua scuola (formalizzazione della logica e della matematica); resta da dire qualcosa a proposito del punto 4
Torniamo al punto 4: se il “computo effettivo” di una formula numerica mostra che essa è falsa, allora da essa potremo ricavare una relazione p = q (dove p e q sono due numeri effettivamente dati e tra loro diversi) dalla dimostrazione formale di p = q otterremo facilmente una dimostrazione di 1 = 2 per stabilire il punto 4, dunque, non dobbiamo far altro che mostrare la indimostrabilità formale di 1 = 2, mostrare cioè la NON CONTRADDITTORIETA’
Torniamo a considerare più da vicino il punto 3: PROCEDIMENTO DI DIMOSTRAZIONE FORMALE Certe formule caratterizzate in modo univoco e finitario sono dette assiomi. Ogni assioma si considera dimostrato. Se a e b sono due formule sensate, e se tanto a quanto a b sono state dimostrate, allora è dimostrato anche b. Tale processo non può mai essere terminato, né ci consente di decidere se una data formula e è dimostrabile.
Gli assiomi Gli assiomi sono costruiti per sostituzione a partire da un numero finito di schemi. Se riuscissimo a costruire una classe R di formule tale che: ogni assioma appartiene a R; se a e a b appartengono a R, allora anche b appartiene a R; “1 = 2” non appartiene a R; avremmo dimostrato la non-contraddittorietà; ma, avverte von Neumann, tale impresa è attualmente impensabile.
Von Neumann cerca a questo punto di semplificare il problema: se il sistema da noi preso in esame fosse contraddittorio, allora esisterebbe una dimostrazione della famosa formula 1 = 2, in cui si utilizza un numero finito di assiomi; detto M l’insieme di tali assiomi, allora dovremmo ammettere che già lo stesso sistema assiomatico M è contraddittorio; pertanto, ne deduce von Neumann, il sistema assiomatico della matematica classica è certamente non-contraddittorio se lo è ogni suo sottosistema finito. Ciò è vero se, per ogni insieme finito di assiomi M, noi possiamo dare una classe di formule RM che abbia le seguenti proprietà: ogni assioma di M appartiene ad RM; se a e a b appartengono a RM, allora anche b vi appartiene; “1 = 2” non appartiene a RM.
questioni di completezza di sistemi formali della matematica; Appendice agli “atti del secondo convegno di epistemologia delle scienze esatte” (1931) Di kurt gÖdel Nell’articolo “Su proposizioni formalmente indecidibili dei Principia Mathematica e di sistemi affini”, Gödel affronta i seguenti problemi: questioni di completezza di sistemi formali della matematica; questioni relative alle dimostrazioni di non-contraddittorietà per i suddetti sistemi. Un sistema formale si dice completo se ogni proposizione esprimibile con i suoi simboli è formalmente decidibile a partire dagli assiomi (se esiste cioè, per ogni proposizione A di quel tipo, una catena deduttiva finita che si sviluppa in accordo alle regole del calcolo logico, e che comincia con certi assiomi e finisce con la proposizione A o con quella non-A)
Nel suo lavoro, il logico giunge a mostrare che non esiste alcun sistema con un numero finito di assiomi che sia completo anche solo rispetto alle proposizioni aritmetiche (queste ultime sono da intendersi come quelle proposizioni in cui figurano unicamente i concetti di addizione, moltiplicazione e identità riferiti a numeri naturali, i connettivi logici del calcolo proposizionale, ed i simboli per i quantificatori universale ed esistenziale). La non-contraddittorietà, osserva l’autore, è concepita come una proprietà puramente combinatoria di certi sistemi di segni e delle “regole del gioco” che valgono per essi (questo è il “senso hilbertiano” della non-contraddittorietà) di conseguenza, la proposizione affermante la non-contraddittorietà di un certo sistema formale S, sarà spesso esprimibile nei simboli del sistema stesso CONCLUSIONE: posto che tutti i sistemi formali della matematica finora conosciuti contengono proposizioni aritmetiche indecidibili, diremo che per tutti quei sistemi formali contenenti proposizioni indecidibili, vale che l’affermazione di non-contraddittorietà di un sistema appartiene sempre alle proposizioni indecidibili di quel sistema (se si volesse cioè dimostrare la non-contraddittorietà del sistema, bisognerebbe servirsi di inferenze non formalizzabili nel sistema in questione)