LE DEMENZE.

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Transcript della presentazione:

LE DEMENZE

che cos’è? la demenza è una sindrome cerebrale degenerativa progressiva che colpisce la memoria, il pensiero, il comportamento e le emozioni si manifesta con un’incompetenza a far fronte alle esigenze comuni e mutevoli della vita quotidiana e provoca una diminuzione della capacità di mantenimento della vita di relazione

Quando la perdita delle funzioni cognitive coinvolge la memoria e le altre funzioni (parlare, muoversi, pensare e ragionare, riconoscere ed orientarsi) ed è così severa da interferire con in modo significativo con le attività lavorative, sociali, relazionali e con la qualità della vita in presenza di un normale stato di coscienza, si può parlare di demenza

le demenze rappresentano la quarta causa di morte negli ultrasessantacinquenni dei paesi occidentali la prevalenza della malattia aumenta con l'età, ed è maggiore nel sesso femminile, soprattutto per la Malattia di Alzheimer

Definizione di demenza compromissione globale e progressiva delle funzioni cognitive incapacitá di far fronte alle richieste della vita quotidiana difficoltá nel controllo delle reazioni emotiva conseguente riduzione delle competenze dell'individuo nella sfera sociale, lavorativa e personale

Prevalenza della demenza La prevalenza della demenza è andata recentemente incontro ad un notevole aumento, a seguito dell’incremento dell’età media di sopravvivenza nella popolazione generale. La condizione è molto rara prima dei 65 anni e diviene progressivamente più frequente dopo tale età interessa circa il 50% della popolazione al di sopra degli 85 anni

Prevalenze Con l’età la prevalenza aumenta quasi esponenzialmente: meno dell'1% dei < 65 anni 1.2% tra i 65 e i 69 anni 3.5% fra 70 e 74 anni più del 20% fra 80 e 84 anni

frequenza demenza di Alzheimer 50-60% demenza vascolare 10-20% demenza a corpi di Lewy 7-25% malattia di Pick e demenza fronto-temporale 2-9% demenza mista (malattia di Alzheimer + demenza vascolare) 5-15% demenze reversibili 5-20%

Cause di demenza Forme primarie o degenerative: Demenza di Alzheimer Malattia di Pick Malattia di Parkinson Malattia di Levy Corea di Huntington

2. Malattie infettive e/o infiammatorie Ascessi cerebrali Cause di demenza Forme secondarie: Demenze vascolari 2. Malattie infettive e/o infiammatorie Ascessi cerebrali Meningite batterica e fungina Encefalite HIV

Cause di demenza 3.Intossicazioni: Metalli pesanti Forme secondarie: 3.Intossicazioni: Metalli pesanti Monossido di carbonio farmaci

5.Disordini metabolici e disendocrini Uremia e dialisi Epatopatie Cause di demenza Forme secondarie: 4.Tumori endocranici 5.Disordini metabolici e disendocrini Uremia e dialisi Epatopatie Ipoglicemia cronica Morbo di Wilson (accumulo di rame)

Cause di demenza 6.Carenze alimentari e vitaminiche Sindrome di Wernicke-Korsakoff (carenza di tiamina) Pellagra (carenza di vit B, soprattutto PP) Deficit di vitamina B12 e folati

Cause di demenza 7.Traumi Traumi cranici aperti o chiusi Traumatismi cranici dei pugili Ematoma subdurale cronico

Forme cliniche-semeiologiche di demenza Da un punto di vista clinico, si è soliti suddividere le demenze in: sottocorticali corticali (Denes e Pizzamiglio, 1991; Absher e Cummings, 1994; Cummings e Benson, 1992). Forme cliniche-semeiologiche di demenza

Forme cliniche-semeiologiche di demenza Le forme sottocorticali sono caratterizzate da: compromissione della memoria e delle altre funzioni cognitive disturbi del comportamento labilità emotiva bradipsichismo (rallentamento dei processi mentali) e lentezza nell’iniziare ed eseguire movimenti precoce comparsa di segni e sintomi neurologici

Forme cliniche-semeiologiche di demenza Le forme corticali sono caratterizzate da: compromissione più graduale della memoria e delle altre funzioni cognitive tardiva comparsa di disturbi comportamentali e segni neurologici.

Demenze corticali Demenza nella malattia di Alzheimer (MA) Demenza fronto-temporale (DFT) Demenza nella malattia di Creutzfeld-Jacob (MCJ)

Malattia di Alzheimer (AD) processo degenerativo cerebrale che provoca un declino progressivo e globale delle funzioni intellettive associato ad un deterioramento della personalità e della vita di relazione progressivamente viene perduta l’autonomia nell’esecuzione degli atti quotidiani della vita e diventa completamente dipendente dagli altri

malattia di Alzheimer (AD) colpisce ciascuno in modo differente, il suo impatto dipende dalle caratteristiche individuali preesistenti(personalità, condizioni fisiche e stile di vita) la causa è sconosciuta e non esiste un trattamento curativo, tuttavia si stanno conducendo ricerche per preparare dei farmaci in grado di ridurne i sintomi

Decorso durata media di 8-10 anni variazioni importanti nel tempo, con il susseguirsi e il sovrapporsi di modificazioni delle prestazioni cognitive, del quadro funzionale e comportamentale, con la comparsa di problemi neurologici o somatici

Prima fase (demenza lieve) La memoria incomincia a svanire (demenza lieve) soprattutto per gli eventi recenti. Con l'avanzare della malattia anche la memoria remota viene invariabilmente persa ed il paziente è incapace persino di riconoscere i propri familiari Ripetitività, tendenza a perdersi in ambienti nuovi, dimenticare gli impegni, disorientamento nel tempo Pensiero impoverito con ridotta capacità di ragionamento logico e concettualizzazione, diminuzione della capacità di giudizio, incapacità di affrontare e risolvere problemi anche semplici relativi ai rapporti interpersonali o familiari

Prima fase (demenza lieve) Progressiva incapacità a svolgere compiti prima familiari Apatia: il paziente perde interesse per l'ambiente e per gli altri, richiudendosi in se stesso Labilità emotiva e mutamento della personalità Spesso vengono esagerati i caratteri premorbosi della personalità, quali atteggiamenti ossessivi o compulsivi, aggressività, paranoia. In altri casi, mutamento della personalità, per cui persone solitamente controllate e misurate diventano impulsive, intrattabili ed a volte anche violente

Prima fase (demenza lieve) In alcuni casi: difficoltà nel linguaggio (afasia, con difficoltà a dire i nomi delle parole, anche le più semplici) o con difficoltà visuo-spaziali Può comparire precocemente un'aprassia: difficoltà nell’uso di strumenti o nell’abbigliamento Fase più facilmente evidenziata in pazienti giovani o che lavorano ancora, può sfuggire in pazienti anziani o che non svolgono compiti impegnativi da un punto di vista intellettivo In questa fase il paziente è generalmente gestito dalla famiglia e sono i familiari stessi che notano per primi un comportamento "strano"

Seconda fase (demenza moderata) Grave deterioramento intellettivo non più attribuibile al normale invecchiamento La persona diventa incapace di apprendere nuove informazioni, spesso si perde, anche in ambienti a lui familiari La memoria remota è compromessa, anche se non totalmente persa, si aggravano i disturbi della memoria di eventi recenti o nomi delle persone, che vengono confusi o dimenticati; anche per questo vengono poste domande in maniera ripetitiva A rischio di cadute, può richiedere assistenza nelle attività di base della vita quotidiana; generalmente è in grado di deambulare autonomamente Completo disorientamento spazio-temporale

Seconda fase (demenza moderata) La persona può non essere più in grado di cucinare, di fare la spesa, di pulire la casa e di badare a se stessa. Si aggravano i disturbi del linguaggio Disturbi comportamentali: aggressività, agitazione, nervosismo, scatti d’ira, ansia e apatia, comportamenti strani o imbarazzanti Può insorgere vagabondaggio (wandering): la persona si può perdere nel quartiere o disorientare in casa Possono comparire disturbi del sonno (insonnia, alterazione del ritmo sonno-veglia) Possono presentarsi allucinazioni o deliri

Terza fase (demenza grave) Totale dipendenza e inattività Memoria a breve e lungo termine totalmente perse Compaiono incontinenza urinaria e fecale Grosse difficoltà a riconoscere parenti amici ed oggetti noti Difficoltà a capire o interpretare gli eventi Incapacità a riconoscere i percorsi interni alla propria casa, difficoltà a camminare/spostarsi Difficoltà ad alimentarsi, problemi di nutrizione (può essere necessaria alimentazione artificiale) Elevato rischio di: malnutrizione, disidratazione, malattie infettive (soprattutto polmoniti), fratture, piaghe da decubito Nelle fasi terminali: frequenti complicanze infettive, soprattutto broncopolmonari, che costituiscono la causa più frequente di morte

Demenza nella malattia di Alzheimer: Lesioni degenerative caratteristiche Dal punto di vista anatomopatologico, si caratterizza come un processo di progressiva atrofia degenerativa. Le lesioni caratteristiche sono denominate placche senili e degenerazione neurofibrillare. Le placche senili hanno sede extracellulare, coinvolgono i processi neuronali e sono costituite da un nucleo di -amiloide circondato da detriti cellulari e processi neuronali degenerati e da reazione microgliale. Si riscontra spesso al centro di tali formazioni alluminio precipitato, ma non è chiaro se ciò sia il risultato di artefatti della colorazione dei preparati anatomici. Le placche sono localizzate prevalentemente nelle zone ricche di terminazioni colinergiche dell’ippocampo e della corteccia, nonchè nell’amigdala.

Demenza nella malattia di Alzheimer: Lesioni degenerative caratteristiche La degenerazione neurofibrillare consiste nella comparsa nel citoplasma dei neuroni (in particolare delle cellule piramidali della corteccia) di filamenti a doppia elica di proteina tau (un costituente dei microtubuli) in uno stato di abnorme fosforilazione. Viene ipotizzato che l’esposizione ai precursori della -amiloide della proteina tau determini l’abnorme fosforilazione di quest’ultima, che quindi forma i filamenti elicoidali caratteristici. Questo tipo di degenerazione si riscontra nell’ippocampo, nelle aree frontali, temporali e parietali della corteccia (sono risparmiate le aree sensoriali primarie) e nei nuclei colinergici telencefalici (nuclei del setto e di Meynert).

Demenza nella malattia di Alzheimer: Ipotesi patogenetiche E’ stato ipotizzato che in una piccola percentuale di casi (circa il 10% delle famiglie studiate) sia in causa una trasmissione genetica di tipo autosomico dominante, con penetrazione completa intorno ai 90 anni di età. Sono stati identificati alcuni geni che sembrano essere legati al maggiore rischio di MA: per le forme ad esordio precoce sembrano essere in causa geni localizzati sul cromosoma 21, responsabili della sintesi di amiloide per quelle ad esordio tardivo geni situati sul cromosoma 19 coinvolto nella sintesi dell’apolipoproteina-E4 (riscontrata in alte concentrazioni nelle caratteristiche lesioni, che potrebbe legarsi alla -amiloide e farla precipitare).

Demenza nella malattia di Alzheimer: Ipotesi patogenetiche Per le forme sporadiche di MA, un fattore di rischio riconosciuto è rappresentato da un'anamnesi positiva di traumi cranici. Altri fattori noti di rischio includono una storia di ipotiroidismo e di depressione. Il livello di scolarità è risultato inversamente correlato alla frequenza di MA in molti studi. Questo dato ha indotto i ricercatori ad ipotizzare un ruolo protettivo, nei confronti della demenza, di un’ampia "riserva cerebrale", cioè di livelli di ridondanza e plasticità delle strutture cerebrali tali da permettere ampi compensi e riorganizzazioni.

Demenza fronto-temporale: Quadri clinici La DFT insorge generalmente nel presenio (prima dei 65 anni). Essa ha una frequente familiarità (il 50% dei pazienti presenta un familiare con la stessa patologia) e una rapida progressione (si stima intorno agli otto anni la sopravvivenza media). Si distinguono due varianti di DFT, la demenza temporale e quella frontale.

Demenza fronto-temporale: Quadri clinici Demenza temporale (denominata in passato ‘Malattia di Pick’): il quadro clinico è caratterizzato da: una progressiva e relativamente isolata compromissione della memoria semantica (‘demenza semantica’), con conseguente compromissione della componente semantica del linguaggio. Pertanto, i sintomi più frequenti sono rappresentati da anomia, impoverimento del vocabolario, compromissione della comprensione di singole parole, di concetti e della capacità di categorizzazione. La memoria autobiografica, quella episodica e l’apprendimento di materiale non verbale sono relativamente integri, almeno nelle fasi iniziali. Memoria semantica riguarda le conoscenze generali sul mondo

Demenza fronto-temporale: Quadri clinici Demenza frontale: il quadro clinico è caratterizzato prevalentemente da alterazioni del carattere e del comportamento, ad esordio insidioso. I sintomi più frequenti sono rappresentati da: perdita dell’insight, disinibizione, irrequietezza, distraibilità, labilità emotiva, indifferenza verso gli altri, riduzione delle capacità di pianificare, impulsività, isolamento sociale, apatia, scarsa cura di sé, stereotipie verbali, ecolalia, perseverazione (verbale o motoria). La comparsa di allucinazioni e deliri è poco frequente. Le caratteristiche cliniche e l’esordio insidioso rendono la diagnosi particolarmente difficile, in particolare nelle fasi iniziali della malattia. Spesso, infatti, viene posta una diagnosi psichiatrica prima che venga fatta diagnosi di demenza frontale.

Demenza fronto-temporale: Caratteristiche anatomopatologiche Tipica localizzazione del danno degenerativo atrofico (temporale o frontale). Studi recenti hanno riportato che le inclusioni citoplasmatiche argentofile (corpi di Pick), considerate in passato alterazioni tipiche della demenza temporale, sono presenti solo in una piccola percentuale di pazienti con DFT, mentre nella maggior parte dei casi sono presenti alterazioni aspecifiche di tipo atrofico, sclerotico o spongiforme.

Demenza nella malattia di Creutzfeld-Jacob La MCJ è un’encefalopatia degenerativa di natura virale che causa demenza, convulsioni e morte in alcuni anni. La natura virale è stata dimostrata attraverso la trasmissione della malattia ai primati (con l’inoculazione di materiale cerebrale proveniente da pazienti nell’encefalo dello scimpanzè), ma non sono stati identificati gli acidi nucleici del virus lento ipotizzato. L’infezione ha un periodo di incubazione molto lungo, di circa un anno. La malattia esordisce in genere dopo i 60 anni ed è nella maggior parte dei casi rapidamente progressiva, conducendo a morte in meno di un anno. Sono possibili, tuttavia, decorsi atipici più prolungati.

Demenza nella malattia di Creutzfeld-Jacob I primi sintomi riguardano la sfera cognitiva e comportamentale, con deterioramento delle funzioni cognitive rapidamente progressivo, depressione, alterazioni del carattere. Seguono le mioclonie e un quadro di sofferenza extrapiramidale. Sono possibili molti segni neurologici a seconda della localizzazione delle lesioni (compromissione della vista, alterazioni cerebellari, movimenti involontari, ecc.).

Demenza a corpi di Lewy E’ una variante delle DA Si repertano lesioni sia corticali che sottocorticali e degenerazione spongiforme dei lobi temporali Anche il quadro clinico presenta caratteristiche sia delle forme corticali che sottocorticali (demenza , parkinsonismo, ipomimia, delirium, allucinazioni)

Demenze sottocorticali Demenza multi-infartuale (DMI) Demenza nel morbo di Parkinson (DMP) Demenza nella malattia di Huntington (DMH) Demenza nell’infezione da HIV (DHIV)

Demenza multi-infartuale La DMI rappresenta il 20-30% di tutte le demenze. Le principali caratteristiche differenziali rispetto alla MA includono l'esordio più rapido ed improvviso, il decorso “a gradini” (con peggioramenti repentini del quadro clinico e periodi di relativa stabilità), la presenza di fattori di rischio per l'aterosclerosi (ipercolesterolemia, diabete, familiarità per disordini del metabolismo lipidico), nonchè la comparsa di sintomi e segni neurologici focali. Sono spesso presenti nell’anamnesi accidenti cerebrovascolari transitori o ictus, ma ciò non è la regola. Piccoli infarti lacunari multipli possono non trovare espressione prima dell’instaurarsi della tipica paralisi pseudo-bulbare, con labilità emotiva, disartria, disfagia e segni neurologici focali (in particolare, accentuazione dei riflessi facciali e mandibolari).

Demenza multi-infartuale Il quadro clinico è spesso caratterizzato da disturbi del comportamento, labilità emotiva e compromissione più vasta delle funzioni esecutive rispetto a quelle mnestiche. La tipica progressione della compromissione cognitiva seguita da segni neurologici non è rispettata come nella MA.

Demenza nel morbo di Parkinson L’associazione della demenza al morbo di Parkinson è considerata frequente da alcuni autori e relativamente rara da altri. Il quadro clinico della DMP è quello tipico delle demenze sottocorticali, con bradipsichismo e rallentamento psicomotorio marcato.

Demenza nella malattia di Huntington La malattia di Huntington è una condizione ereditaria a trasmissione autosomica dominante, caratterizzata dall’associazione di coreoatetosi e demenza. La malattia esordisce di solito nel quarto o quinto decennio di vita, subdolamente, con alterazioni del carattere (irritabilità, impulsività, religiosità eccessiva, ipersessualità o ritiro sociale), manifestazioni psicotiche (in particolare sospettosità eccessiva e idee deliranti) o un quadro depressivo. Tali disturbi, tuttavia, possono anche seguire l’instaurarsi della coreoatetosi.

Demenza nella malattia di Huntington I disturbi del movimento sono dapprima localizzati alla faccia e possono essere sottovalutati (piccoli scatti della muscolatura mimica che sono spesso interpretati come segni di nervosismo), ma tendono progressivamente ad interessare tutta la muscolatura fino a rendere completamente invalido il paziente. Essi sono caratterizzati da movimenti involontari di tipo coreico, più lenti di quelli delle altre forme di corea, cui successivamente si aggiunge una componente distonica (atetosica).

Demenza nella malattia di Huntington La compromissione cognitiva coinvolge più precocemente l’attenzione e la memoria, ed è frequente la disartria, mentre sono più rare afasia, aprassia e agnosia. Il quadro demenziale è lentamente progressivo.

Demenza nell’infezione da HIV La DHIV é dovuta all’estensione al cervello dell’infezione virale. É possibile, infatti, dimostrare particelle e acidi nucleici virali ed i relativi anticorpi nel liquor e nel tessuto cerebrale. Il quadro clinico é caratterizzato da iniziale coesistenza di: compromissione cognitiva (con disturbi della memoria e della concentrazione, bradipsichismo), disturbi comportamentali (apatia, ritiro sociale, irritabilitá o labilitá emotiva, sintomi psicotici, piú raramente depressione) e sintomi neurologici (debolezza agli arti inferiori, disartria, disturbi della marcia).

Demenza nell’infezione da HIV Il quadro clinico progredisce rapidamente verso una grave demenza con deterioramento cognitivo globale, rallentamento psicomotorio marcato, disartria grave fino al mutismo e incontinenza sfinterica. Il decorso é rapidamente progressivo, e l’exitus puó intervenire in pochi mesi.

Diagnosi di demenza Nonostante il notevole progresso delle tecnologie di imaging cerebrale e delle tecniche neuropsicofisiologiche, la diagnosi di demenza è basata essenzialmente sull'osservazione clinica.

Diagnosi di demenza In una persona anziana che lamenta: deficit della memoria riduzione delle prestazioni lavorative disturbi comportamentali (incluse labilità emotiva, irritabilità, difficoltà di adattamento)

Diagnosi di demenza vanno considerate tutte le cause trattabili di compromissione cognitiva: sindromi affettive squilibri metabolici patologie endocrine e/o tumorali

Diagnosi di demenza La frequenza dei disturbi dell'umore nei pazienti con demenza è elevata nelle fasi iniziali, fino al 50% dei casi (Loreck e Folstein, 1993). Poiché il disturbo dell’umore può essere: la sintomatologia di esordio della demenza la causa di un quadro pseudo-demenziale è necessario sempre trattare la depressione per valutare se la compromissione cognitiva permane anche dopo il miglioramento dell'umore

Diagnosi di demenza Procedure di screening: esami ematochimici EEG esame neuropsicologico quando i risultati escludono una diagnosi di compromissione cognitiva secondaria ad altre patologie devono essere programmate ulteriori ripetizioni nel tempo degli esami neuropsicofisiologici la diagnosi di probabilità richiede sempre la dimostrazione della progressione del deficit e, quindi, la valutazione longitudinale del paziente.

Diagnosi di demenza: clinica Molte scale di valutazione clinica sono disponibili e costituiscono strumenti utili sia per la diagnosi (permettendo di evidenziare la caratteristica progressione nel tempo dei deficit cognitivi) che per la gestione clinica del paziente. Molto utilizzata è la Global Deterioration Scale (GDS, Reisberg et al., 1986; Reisberg e Ferris, 1991) La GDS prevede un punteggio totale da 1 a 7: 1 corrisponde alla normalità 7 alla fase terminale della demenza.

Diagnosi di demenza: clinica Un test di screening per le funzioni cognitive, utilizzabile nella pratica clinica per un primo orientamento diagnostico, è il Mini Mental Status Examination (MMSE). Tale test esplora la memoria episodica recente, l’orientamento, la capacità di comprendere e scrivere una semplice frase e le funzioni visuospaziali (copia di un disegno). Il punteggio massimo è di 30 Un punteggio inferiore a 24, in soggetti con un livello medio di istruzione, indica una lieve compromissione cognitiva.

Behavioral and Psychological Symptoms of Dementia (BPSD) Definizione: Alterazioni della percezione, del contenuto del pensiero, dell’umore o del comportamento, che si osservano frequentemente in pazienti con demenza IPA Consensus Conference, 1996 ASPETTI CLINICI ED EZIOPATOGENETICI DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER 55

“Behavioural and Psychological Symptoms of Dementia” BPSD Sintomi affettivi depressione, ansia, irritabilità Sintomi psicotici deliri, allucinazioni Distubi della condotta sonno, alimentazione, sessualità Comportamenti specifici vagabondaggio, agitazione/aggressività Finkel & Burns, 2000 ASPETTI CLINICI ED EZIOPATOGENETICI DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER 56

Disturbi psichici e comportamentali nelle demenze Causa più frequente di istituzionalizzazione Causa più frequente di intervento medico Aumento della disabilità Causa di stress grave dei caregiver Aumento dei costi economici della malattia ASPETTI CLINICI ED EZIOPATOGENETICI DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER 57

Disturbi psichici e comportamentali nelle demenze Elevata prevalenza in tutte le forme di demenza Precoci nelle demenze frontotemporali e nella demenza a corpi di Lewy Tardivi e correlati all’evoluzione della malattia nella M. di Alzheimer e nelle demenze vascolari Baron & Scarpini, 2000 ASPETTI CLINICI ED EZIOPATOGENETICI DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER 58

Disturbi psichici e comportamentali nelle demenze Alterazione del tono dell’umore depressione euforia labilità emotiva comportamento negativo (rifiuti) cluster “depressivo” ASPETTI CLINICI ED EZIOPATOGENETICI DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER 59

Disturbi psichici e comportamentali nelle demenze Agitazione psicomotoria Aggressività verbale o fisica Vocalizzazione persistente Vagabondaggio Affaccendamento incongruo Perseverazione Indifferenza – Apatia/abulia Disinibizione – Irritabilità Disturbi del comportamento alimentare Disturbi del comportamento sessuale Disturbi dei ritmi circadiani cluster “comportamentale” Finkel, 2000 ASPETTI CLINICI ED EZIOPATOGENETICI DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER 60

Disturbi psichici e comportamentali nelle demenze Sindrome di Godot (chiedere ripetitivamente informazioni su un evento futuro) Paura di essere lasciato solo Irrequietezza Torcersi le mani di continuo Cantilenare Finkel, 2000 ASPETTI CLINICI ED EZIOPATOGENETICI DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER 61

Prevalenza dei BPSD (al NPI) nei diversi stadi (MMSE) di M. Alzheimer Mega et al. 1996 ASPETTI CLINICI ED EZIOPATOGENETICI DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER 62

Prevalenza dei BPSD (al NPI) nei diversi stadi (MMSE) di M. Alzheimer Mega et al. 1996 ASPETTI CLINICI ED EZIOPATOGENETICI DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER 63

i cambiamenti causati dalla malattia e alcuni consigli pratici per affrontarli

quando la memoria svanisce Mantenere un atteggiamento positivo e rassicurante Tentare di distrarre la persona per evitare l’eccessiva ripetitività Non considerare i suoi comportamenti come rivolti contro di noi Evitare di sottolineare gli errori Cercare di rispondere senza insofferenza alle domande poste, ricordando che realmente la persona si è scordata la risposta o non ricorda di avervi già posto la domanda

disorientamento spazio-temporale Dare sicurezza aiutando la persona a marcare il tempo Installare grandi orologi, calendari con grosse cifre Creare una routine: ridurre la possibilità di scelta, stendere insieme un programma della giornata Adattare l’ambiente ai bisogni e mantenerlo costante (disporre gli oggetti sempre nello stesso posto, applicare disegni, simboli o scritte sulle porte, sportelli ecc. indicanti il nome) Uso di un promemoria o di una lavagna (sempre nello stesso posto) per le informazioni sulle cose da fare o da ricordare Ricordare alcune informazioni fin dal risveglio (ad es. “buon giorno sono Elisabetta tua moglie, oggi è martedì, siamo in autunno ed è una bella giornata)

disorientamento spazio-temporale Non contrariare la persona nelle sue convinzioni sbagliate. E’ opportuno distrarre la sua attenzione cambiando argomento o ritornando eventualmente più tardi sulla correzione (il venire continuamente contraddetta può accentuarne la confusione) Se esce mettergli in tasca una copia della carta d’identità o più cartellini in con nome, cognome, indirizzo e telefoni che ne rendano possibile l’identificazione Approntare dei sistemi per garantire la sicurezza della propria abitazione ed impedire che possa lasciare la casa senza che lo si sappia (campanelli sulla porta ecc.)

comunicare Incoraggiare una conversazione sedendosi di fronte alla persona (senza insistere troppo) Assumere atteggiamento calmo,paziente,non critico Introdurre l’argomento della vostra conversazione (ad es: “voglio parlarti dei tuoi capelli”) e non cambiarlo improvvisamente Usare frasi corte e parole semplici Usare nomi e cognomi (non pronomi personali), frasi affermative (non interrogative e negative) Cercare il contatto fisico perché può comunicargli molto e dargli un senso di sicurezza

comunicare Ripetere un messaggio che non è stato capito esattamente con le stesse parole Non comunicare messaggi tra loro contrastanti Evitare di interrompere la persona quando parla, rispettare il suo tempo e i suoi ritmi Se non si capisce quello che sta dicendo è meglio non far finta di aver capito (ad es: “so che è difficile per te trovare le parole. Voglio capire quello che dici. Prendi tutto il tempo che ti serve e ci arriviamo assieme”) Non trattarlo come un bambino o in maniera troppo accondiscendente o, peggio ancora, parlare di lui come se fosse assente

cambiamenti nel comportamento (aggressività, agitazione, nervosismo e scatti d’ira verbale e fisica) Ricordare che questi tipi di comportamento, sono dovuti alla malattia e non all’individuo Creare un ambiente sicuro che garantisca libertà di movimento ma allo stesso tempo dei punti di riferimento facilmente individuabili Evitare atteggiamenti di sfida e di rimprovero (fare elogi per le cose giuste e non rimproveri per quelle sbagliate) Individuare le cause, ovvero le circostanze in cui si manifestano dei comportamenti anomali, evitando il più possibile che si ricreino

cambiamenti nel comportamento (comportamenti strani e imbarazzanti) Evitare di reagire in maniera eccessiva Aiutare a ritrovare ciò che è stato perso cercando di tenere traccia di dove si trovano gli oggetti e di dove vengono nascosti abitualmente Fare duplicati degli oggetti più importanti Ridurre il numero dei possibili nascondigli e controllare i cestini prima di vuotarli Avvertire gli altri che non si devono offendere per eventuali accuse e comportamenti osceni

cambiamenti dell’umore (depressione) Cercare di interrompere il circolo vizioso incoraggiando la persona a riprendere le occupazioni che in passato gli piacevano o aiutandola ad individuare nuovi interessi Evitare compiti troppo impegnativi: piccoli insuccessi potrebbero peggiorare la situazione Semplici attività quotidiane e ripetitive (spolverare,lavare i piatti) possono giovare anche se il lavoro deve poi essere rifatto Aiutare il proprio caro ad avere un ruolo più attivo nelle decisioni che lo riguardano

cambiamenti dell’umore (deliri e allucinazioni) Cercare di spiegare e di rassicurare, senza mettere in discussione le sue convinzioni Non dimenticare che ci troviamo di fronte ad un’esperienza vissuta come reale, quindi è meglio non smentire né confermare le sue convinzioni, ma semplicemente ascoltare o dare una risposta non impegnativa (ad es: “non sento le voci che senti tu, ma immagino che per te debba essere una cosa strana e terribile”) Distrarre la persona in modo che dimentichi la sua allucinazione (ad es: “andiamo in cucina a bere una tazza di latte caldo”) Evitare sempre la contenzione fisica

cambiamenti dell’umore (ansia, paura, disturbi ipocondriaci, apatia, labilità emotiva, frustrazione, insonnia) Cercare di scoprire se l’insonnia ha qualche causa specifica Evitare sonnellini diurni Durante il giorno tenere le persiane aperte in modo da far ben distinguere il giorno dalla notte Bagno caldo assieme ad una tazza di latte caldo per favorire il desiderio di addormentarsi Rendere il girovagare privo di pericoli adottando alcune precauzioni (eliminare i tappeti, chiudere la porta della cucina)

cambiamenti nella vita quotidiana (abbigliamento) Cercare di aiutarlo, incoraggiarlo e rassicurarlo dandogli tempo sufficiente per vestirsi Stargli vicino e ricordargli quali capi indossare Limitare il numero dei vestiti nell’armadio per non creare confusione e rendere difficile la scelta Preparare i singoli indumenti già in ordine corretto per la vestizione Se indossa un indumento in modo sbagliato, intervenire con molto tatto, aiutandola a ripetere l’operazione in modo corretto Se compaiono difficoltà nell’allacciatura è opportuno dotare gli abiti di lunghe cerniere lampo o chiusure in velcro, usare reggiseni che si allacciano davanti, scarpe senza lacci, gonne o pantaloni con elastico in vita, abiti comodi con maniche larghe

cambiamenti nella vita quotidiana (alimentazione) Informare la persona di quale pasto si appresta a consumare (colazione, pranzo, cena) Non coinvolgerla con un’eccessiva offerta (la scelta può disorientare e confondere) Usare bicchieri che non si rovescino, con manico ed infrangibili Qualora tenda ad usare le mani per mangiare servire i cibi in forma solida ed in pezzi precedentemente tagliati che possano essere facilmente deglutiti Controllare sempre la temperatura dei cibi

rendere la casa più sicura Illuminare l’ambiente con luce soffusa e non diretta senza zone d’ombra Interruttori posizionati in base alla statura dei soggetti all’ingresso di ogni stanza Evitare la presenza di rumori di sottofondo (TV, radio), talvolta può essere utile una musica rilassante Utili le luci notturne disposte in modo da evidenziare i passaggi pericolosi Pavimenti regolari (evitando i tappeti scivolosi e le cere per pavimenti) Contrassegnare con i colori specifici spazi e percorsi con diverse destinazioni Calendari e orologi come ausili oppure collocare la fotografia personale sulla porta della propria stanza

rendere la casa più sicura Dotare le porte di chiusure di sicurezza affinché non possa rimanere chiuso in una stanza Liberare i percorsi abituali da armadi e altri ostacoli ingombranti Corrimani collocati da ambo i lati e per tutta la lunghezza delle scale Utilizzare fornelli a gas con sistemi automatici di controllo o adottare chiavette con lucchetti

fasi del processo di adattamento dei familiari alla malattia: Negazione: per non affrontarlo, o per ritardarne la presa di coscienza Ipercoinvolgimento: riflette il desiderio di contrastare la malattia, una volta ammessa la presenza. Può generare isolamento, incapacità a chiedere aiuto e carico eccessivo Rabbia: frustrazione di vedere che nonostante gli sforzi, la malattia avanza e il carico di difficoltà continua ad aumentare Senso di colpa: perché prova imbarazzo per il familiare, per aver perso la pazienza, per le discussioni passate, infine per aver desiderato di separarsene. importante che diventi consapevole che la malattia non dipende da qualcosa che ha fatto. Accettazione: aver compreso appieno la natura e le conseguenze della malattia. Accettarla e costruire la strategia di sopravvivenza

cosa fare? Riconoscere i propri limiti e porsi obiettivi realistici Non trascurare i campanelli d’allarme e farsi aiutare (ad es. se si alza la voce troppo spesso) Cercare da persone esperte le informazioni utili Ritagliarsi ogni giorno un po’ di tempo per sé (mantenere contatti sociali, portare avanti i propri interessi e soprattutto provare anche piacere nella propria vita) Tutto ciò allenta la tensione e permette di essere un caregiver migliore Condividere l’esperienza e gli stati d’animo con persone che vivono la stessa situazione (non sentirsi soli e a percepire le proprie reazioni come normali) Dividere con altri il carico assistenziale(è importante imparare ad accettare aiuto)

cosa fare, dove andare?

aspetti legali: chi riscuote la pensione? chi paga l’affitto? amministrazione di sostegno (la giurisdizione al servizio dei soggetti svantaggiati) interdizione e inabilitazione

Farmaci utilizzati per trattare i disturbi comportamentali Oggi purtroppo non esistono farmaci in grado di fermare e far regredire la malattia e tutti i trattamenti disponibili puntano a contenerne i sintomi. Per alcuni pazienti, in cui la malattia è in uno stadio lieve o moderato, farmaci come tacrina, donepezil, rivastigmina e galantamina possono aiutare a limitare l’aggravarsi dei sintomi per alcuni mesi. Questi principi attivi funzionano come inibitori dell'acetilcolinesterasi, un enzima che distrugge l'acetilcolina, il neurotrasmettitore carente nel cervello dei malati di Alzheimer.

Farmaci utilizzati per trattare i disturbi comportamentali Tra i farmaci utilizzati per il trattamento dei disturbi comportamentali, vanno ricordati i neurolettici, gli ansiolitici e gli antidepressivi. Per tutti questi farmaci, le dosi terapeutiche generalmente utilizzate nei pazienti adulti devono essere adeguate ai cambiamenti metabolici tipici del paziente anziano. Inoltre, patologie varie spesso presenti nel paziente demente (ad es., cardiache, renali, epatiche) devono essere tenute in considerazione nello stabilire le dosi caso per caso.

Farmaci utilizzati per trattare i disturbi comportamentali I neurolettici sono utilizzati sia per il controllo di allucinazioni e deliri che come farmaci sedativi in caso di agitazione ed aggressività. Tra essi è importante scegliere quelli con minori effetti collaterali di tipo extrapiramidale e anticolinergico. L'uso di antipsicotici cosiddetti atipici, con minori effetti di tipo extrapiramidale (risperidone ed olanzapina) potrebbe rappresentare una valida alternativa, in caso di eccessiva sensibilità a tali effetti collaterali. Una volta instaurato il trattamento, va frequentemente rivalutata la necessità di continuarlo, poichè i sintomi psicotici e l'agitazione sono generalmente transitori.

Farmaci utilizzati per trattare i disturbi comportamentali Per quel che concerne gli ansiolitici, sono generalmente utilizzate le benzodiazepine a emivita intermedia, per trattare forme lievi di agitazione ed ansia, in particolare se situazionali (ad es., agitazione in caso di cambiamenti nell'ambiente di vita per trasferimenti), oppure l'insonnia. Le benzodiazepine sono inferiori per efficacia ai neurolettici nel trattamento delle forme più gravi di agitazione e, sebbene preferibili per l'assenza di effetti anticolinergici ed extrapiramidali. Spesso causano stati transitori di confusione e peggioramento della memoria, nonchè ipotonia muscolare che può aumentare il rischio di cadute. Per tali motivi, l'uso delle benzodiazepine deve essere molto limitato e valutato caso per caso

Farmaci utilizzati per trattare i disturbi comportamentali Per il trattamento dell'aggressività può essere anche considerata la carbamazepina, da sola o in associazione a neurolettici. Data la frequenza con cui è possibile osservare alterazioni dell'umore nel paziente anziano demente, può spesso rendersi necessario l'uso dei farmaci antidepressivi. Tra questi, può essere prudente utilizzare i farmaci con minore attività anticolinergica (ad es., inibitori selettivi del reuptake della serotonina), alle dosi consigliate per il paziente anziano e verificando sempre la necessità di prolungare il trattamento.