LA LUCE.

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Obiettivo : determinare la lunghezza focale di una lente mediante l’equazione dei punti coniugati. Materiale : Righello Banco ottico provvisto di scala.
Ottica geometrica Specchi e lenti.
Transcript della presentazione:

LA LUCE

OTTICA OTTICA FISICA: si occupa della natura ondulatoria della luce, quindi di fenomeni quali interferenza, diffrazione e polarizzazione OTTICA GEOMETRICA: si ignora il carattere ondulatorio della luce e si parla di raggi luminosi che si propagano in linea retta, quindi di fenomeni quali riflessione e rifrazione

La propagazione rettilinea della luce: ombra e penombra Una sorgente luminosa può essere Puntiforme o Estesa. Da essa partono i fasci di raggi di luce, che possono essere intercettati da un corpo. Se esso arresta completamente il cammino della luce si dirà Opaco, altrimenti sarà detto Trasparente.

La propagazione rettilinea della luce Solitamente una sorgente luminosa qualsiasi emette un fascio di raggi divergenti, cioè essi costituiranno un cono di luce come in figura

La propagazione rettilinea della luce: ombra Supponiamo di proiettare su uno schermo la luce proveniente da una sorgente puntiforme e di frapporre un corpo opaco: sullo schermo otterremo l’ombra dell’oggetto dai contorni ben delineati

La propagazione rettilinea della luce: ombra e penombra Se invece di considerare una sorgente puntiforme consideriamo una sorgente estesa, ma minore del corpo opaco, si determinano sullo schermo delle zone di penombra, cioè i contorni della zona d'ombra sullo schermo non sono ben delineati e si passa gradualmente dall'ombra alla luce piena.

La propagazione rettilinea della luce: ombra e penombra Se, invece, la sorgente luminosa è più estesa del corpo, l'ombra è convergente Al di là del vertice P non c'è più alcuna ombra Questo spiega anche il fenomeno delle ECLISSI. In tal caso la sorgente S è il sole, il corpo opaco C può essere la terra, nel caso delle eclissi di luna, oppure la luna nel caso delle eclissi di sole.

La velocità della luce L'esperimento che tentò Galileo fu quello di porre due persone l'una di fronte all'altra munite di due lumi. La prima persona scopre il proprio lume, la seconda esegue la medesima operazione non appena scorge il segnale. In tal modo la prima persona avrebbe dovuto avere la possibilità di misurare il tempo necessario alla luce per compiere il percorso di andata e ritorno. Ma tale velocità era veramente troppo grande per poter essere apprezzata su distanze terrestri, cosicché l'esperimento, pur se ripetuto ponendo le persone a distanza di due o tre miglia, non diede alcun risultato.

La velocità della luce Distanze di tale ordine di grandezza intervengono nelle osservazioni astronomiche, e fu proprio grazie al contributo del danese Romer (1644 - 1710), e dei suoi studi sulle eclissi dei satelliti di Giove che si ebbe la possibilità di ottenere una stima sufficientemente precisa della velocità della luce.

La velocità della luce ROMER Iniziamo la prima osservazione dell'eclissi quando la posizione dei vari astri è come quella descritta in figura

La velocità della luce ROMER Dall'analisi dei tempi di rivoluzione si calcola che la seconda eclissi dovrebbe osservarsi esattamente dopo sei mesi. In effetti l'osservazione avviene con un ritardo di tempo . Ciò è dovuto alla nuova posizione della terra

Per poter osservare la seconda eclissi la luce dovrà percorrere un tratto più lungo per raggiungere la terra: la differenza di lunghezza dei due percorsi è , pari al diametro dell'orbita terrestre. Il ritardo di osservazione sarà pertanto: dove C è la velocità della luce. Da ciò si ricava:

Romer misurando un ritardo di , noto il valore , ricavò per la luce una velocità pari a: Successivi esperimenti più precisi gli consentirono di approssimare il valore a

La velocità della luce FIZEAU Fizeau utilizzò uno strumento così composto: una sorgente luminosa, uno specchio ed una ruota dentata posta fra di essi

Il raggio di luce parte dalla sorgente e passando attraverso uno spazio vuoto della ruota dentata raggiunge lo specchio, viene riflesso e ritorna al punto di partenza. Se la luce riflessa viene intercettata da un dente, vuol dire che il tempo impiegato dalla luce per percorrere due volte (andata e ritorno) la distanza ruota-specchio è uguale al tempo impiegato dalla ruota a percorrere l'angolo , fra il centro di un faro e il centro di un dente.

La velocità della luce FOUCAULT L'esperienza fu migliorata da Foucault, il quale anziché una ruota dentata utilizzò uno specchietto rotante.

Il raggio parte da S e viene riflesso dallo specchio rotante, raggiunge il secondo specchio e viene nuovamente riflesso dallo specchio rotante, che nel frattempo avrà compiuto una rotazione pari a un angolo Dunque il raggio partito dal punto A sarà proiettato sul punto B. La distanza fra A e B consente di ottenere l'angolo e se è nota , si ottiene il valore di , che è il tempo impiegato dalla luce per percorrere la distanza fra i due specchi per due volte.

Con questo metodo Foucault ottenne un valore per C pari a: Altre esperienze condotte da Michelson agli inizi del secolo utilizzando gli stessi strumenti di Foucault, diedero un valore:

Intensità luminosa e d'illuminazione L'intensità luminosa è la quantità di energia che un corpo irradia in un secondo (Pertanto essa è misurata in Watt). L'intensità di illuminazione misura la quantità di energia che arriva su una superficie di un metro quadro a causa dell'illuminazione (Essa sarà misurata in ).

RIFLESSIONE La riflessione della luce verifica la seguente legge sperimentale, nota sotto il nome di Legge di Snellius- Cartesio: 1) Il raggio incidente, la normale alla superficie riflettente nel punto di incidenza ed il raggio riflesso giacciono sullo stesso piano; 2) L'angolo di incidenza è uguale all'angolo di riflessione.

Diffusione Se la luce viene proiettata su una superficie non levigata, assistiamo al fenomeno della diffusione. La superficie scabra su cui si proietta il fascio luminoso può essere approssimata microscopicamente con una spezzata composta da tanti segmentini ognuno piano. I raggi, colpendo i segmentini, vengono riflessi secondo le leggi della riflessione, ma globalmente il fascio non viene deviato uniformemente ma diffuso in tante direzioni

SPECCHI PIANI IMMAGINE REALE: La luce passa effettivamente attraverso il punto immagine e diverge da esso. IMMAGINE VIRTUALE: La luce si comporta come se provenisse dal punto immagine, sebbene non passi per tale punto.

SPECCHI PIANI

IMMAGINE

SPECCHI SFERICI Una superficie riflettente a forma di calotta sferica sarà da noi chiamato specchio sferico Se la superficie riflettente è interna alla calotta, parleremo di specchio concavo; se è esterna, di specchio convesso.

SPECCHI SFERICI CONCAVI Il centro della sfera cui la calotta riflettente appartiene viene chiamato centro di curvatura. L'asse di simmetria della calotta che passa per il centro di curvatura, si chiama asse ottico principale, mentre ogni altra retta per il centro di curvatura che incontra la superficie riflettente si chiama asse secondario. L'angolo di apertura è invece l'angolo compreso fra due rette che passano per il centro di curvatura e sono tangenti al bordo della calotta.

Costruzione dell'immagine di un oggetto puntiforme Un raggio che parte dalla sorgente S posta ad esempio sull'asse ottico principale, sarà riflesso in modo che, rispetto alla normale relativa al punto (raggio), l'angolo di incidenza è uguale all'angolo di riflessione. Il raggio incidente viene riflesso in modo da intersecare l'asse principale nel punto S'. I punti S ed S' che si individuano in questo modo costituiscono una coppia di punti coniugati.

Consideriamo ora un fascio di raggi tutti paralleli all'asse principale. Mediante la costruzione geometrica essi sono riflessi in modo da intersecare l'asse principale nello stesso punto F che prende il nome di Fuoco

Se poniamo una sorgente luminosa nel fuoco di uno specchio concavo, i raggi saranno riflessi tutti parallelamente all'asse principale e il punto coniugato di F sarà all'infinito. Il fuoco è il punto coniugato del punto all'infinito. Il fuoco di uno specchio concavo viene a trovarsi, con buona approssimazione, a metà fra il centro C e la superficie riflettente. La distanza focale f=r/2 dove r è il raggio della sfera cui la calotta riflettente appartiene.

se l'oggetto viene posto ad una distanza minore di quella focale (p<f), i raggi riflessi sono divergenti e l'immagine appare al di là della superficie riflettente, poiché essa si determina come il punto di intersezione del prolungamento dei raggi riflessi. Diremo in tal caso che l'immagine è virtuale.

Costruzione dell'immagine di un oggetto esteso Si considerano di solito i seguenti raggi: 1) quello parallelo all'asse principale, il cui raggio riflesso passa per il fuoco dello specchio; 2) quello che passa per il fuoco principale, che sarà riflesso parallelamente all'asse principale; 3) quello che passa per il centro, che in quanto coincidente con la normale, verrà riflesso su sé stesso.

Situazione 1: oggetto posto ad una distanza maggiore di 2f, pertanto oltre il centro (p>2f=R). L'oggetto appare rimpicciolito e capovolto, tra il fuoco ed il centro

Situazione 2: oggetto posto ad una distanza pari a 2f nel centro (p=2f=R). L'immagine ha le stesse dimensioni dell'oggetto, anch'essa nel centro ma capovolta

Situazione 3: oggetto tra il fuoco ed il centro (p<2f=R) Situazione 3: oggetto tra il fuoco ed il centro (p<2f=R). L'immagine è capovolta ed ingrandita, posta ad una distanza maggiore di 2f (q>2f).

Situazione 4: oggetto nel piano focale (p=f=R/2) Situazione 4: oggetto nel piano focale (p=f=R/2). L'immagine risulta ingrandita al massimo, all'infinito.

Situazione 5: oggetto tra lo specchio e il fuoco (p<f) Situazione 5: oggetto tra lo specchio e il fuoco (p<f). L'immagine è virtuale: appare al di là dello specchio, diritta e ingrandita.

Approssimazioni di Gauss Quanto descritto vale per specchi sferici che soddisfano approssimativamente le seguenti condizioni: 1) angolo di apertura piccolo, cioè la sfera che contiene la calotta speculare è molto estesa rispetto ad essa. 2) raggi parassiali, i raggi luminosi formano con l'asse ottico angoli molto piccoli.

Relazioni fra punti coniugati V C Per le leggi della riflessione SAC=CAS’ La bisettrice di un angolo interno di un triangolo divide il lato opposto in parti proporzionali agli altri due lati. Applicando questa regola al triangolo SAS', se ne ricava:

Relazioni fra punti coniugati V C Poiché stiamo supponendo valide le approssimazioni di Gauss, esse ci consentono di utilizzare le seguenti espressioni approssimate: AS = VS ; AS’=VS’ Sostituendo si ottiene:

Relazioni fra punti coniugati V C VS=p ; VS’=q ; SC=p-R ; CS’=R-q Sostituendo in si ottiene:

Relazioni fra punti coniugati V C Facendo denominatore comune pR-pq=pq-qR pR+qR=2pq e dividendo per pqR si ottiene: ma f=R/2

Osservazioni sull’equazione dei punti coniugati 1/p + 1/q = 1/f conferma del principio di reversibilità del cammino luminoso, poiché l’equazione risulta simmetrica rispetto a p e q, per cui se poniamo il punto oggetto in S', la sua immagine verrà riprodotta in S.

1/p + 1/q = 1/f 1/q = 1/f ovvero q = f se pensiamo p infinitamente grande, 1/p tenderà a zero. In tale situazione, l’equazione assume la forma seguente: 1/q = 1/f ovvero q = f per ottenere il punto immagine nel fuoco dello specchio occorre collocare il punto oggetto ad una distanza infinita.

1/p + 1/q = 1/f 1/R+1/q = 2/R ovvero q = R se p = R l’equazione assume la forma seguente: 1/R+1/q = 2/R ovvero q = R un punto oggetto coincide con la sua immagine se viene posto in C.

1/p + 1/q = 1/f 2/R+1/q = 2/R ovvero 1/q = 0 se p = R/2=f l’equazione assume la forma seguente: 2/R+1/q = 2/R ovvero 1/q = 0

INGRANDIMENTO LINEARE B’ B A’ ABC e A’B’C sono triangoli simili per cui A’B’/AB=B’C/BC B’C=R-q BC=p-R e quindi A’B’/AB = R-q/p-R ma per l’equazione dei punti coniugati si ottiene: A’B’/AB=q/p

INGRANDIMENTO LINEARE A’B’/AB=q/p dall’equazione dei punti coniugati : 1/p + 1/q = 1/f segue che 1/q = 1/f - 1/p = p-f / pf da cui q = pf / p-f sostituendo nella formula dell’ingrandimento otteniamo: A’B’/AB = f / p-f quindi nota la distanza focale f, il rapporto fra la lunghezza dell'oggetto e della sua immagine dipende solo dalla posizione dell'oggetto nei confronti dello specchio

SPECCHI CONVESSI Le regole della riflessione valgono ovviamente anche per gli specchi convessi. Le regole per la costruzione delle immagini sono le stesse anche per gli specchi convessi La normale alla superficie in un punto è sempre la retta che congiunge il punto stesso con il centro, il quale si trova stavolta dall'altra parte della superficie speculare

Se consideriamo un fascio di raggi paralleli all'asse principale, i corrispondenti raggi riflessi saranno tutti divergenti, ma in modo che i loro prolungamenti si intersecano in un punto virtuale. Il fuoco di uno specchio convesso è virtuale

Costruzione dell'immagine di un oggetto esteso Se consideriamo un oggetto esteso, la sua immagine si otterrà sfruttando la stessa costruzione geometrica adoperata per gli specchi concavi. Si constata facilmente che qualunque sia il punto dove l'oggetto viene situato, la sua immagine sarà virtuale, diritta e rimpicciolita Valgono inoltre per i punti coniugati le stesse formule ricavate nel caso degli specchi concavi, con la sola differenza che la distanza focale deve essere considerata stavolta col segno negativo.

ESERCIZIO

RIFRAZIONE Consideriamo un raggio luminoso che viaggia attraverso un mezzo trasparente, ad esempio l'aria. Se sul suo cammino incontra un nuovo mezzo trasparente, ad esempio acqua o vetro, nel passaggio dall'uno all'altro mezzo il raggio subisce una deviazione abbastanza netta. Si dice in tal caso che il raggio viene rifratto.

La riflessione della luce verifica la seguente legge sperimentale, nota sotto il nome di Legge di Snellius-Cartesio: 1) Il raggio incidente, la normale alla superficie riflettente nel punto di incidenza ed il raggio riflesso giacciono sullo stesso piano; 2)

MIRAGGIO-FATA MORGANA La rifrazione è anche causa di numerosi fenomeni naturali, ad esempio il miraggio e la fata morgana. Entrambi sono dovuti alla diversa densità degli strati di aria, per cui quelli più densi risultano più rifrangenti rispetto a quelli meno densi.

MIRAGGIO

MIRAGGIO

MIRAGGIO

FATA MORGANA

DIOTTRO SFERICO Si definisce diottro sferico un sistema ottico costituito da due mezzi otticamente diversi separati da una superficie sferica

DIOTTRO SFERICO

INGRANDIMENTO

LE LENTI Chiameremo lente un qualsiasi corpo trasparente limitato da due superfici curve o da una superficie piana e una curva, in grado di modificare la traiettoria di un raggio luminoso che l’attraversi.

L’oggetto è ad una distanza doppia di quella focale L’immagine è capovolta ma delle stesse dimensioni dell’oggetto posta in

L’oggetto è fra L’immagine è capovolta, ingrandita e ad una distanza maggiore del doppio di quella focale

L’oggetto è posto nel fuoco della lente L’immagine appare all’infinito, ingrandita e capovolta

LENTI DIVERGENTI La principale differenza di una lente divergente rispetto ad una convergente è costituita dal fatto che un fascio di raggi paralleli all’asse principale della lente, essi verranno rifratti in modo da divergere e solo i prolungamenti dei raggi rifratti concorreranno in un punto (fuoco) Il fuoco di una lente divergente è virtuale

La formazione delle immagini mediante le lenti divergenti si ottiene nello stesso modo delle lenti convergenti Per quanto osservato avremo che qualunque sia la posizione dell’oggetto rispetto alla lente, la sua immagine è sempre virtuale, diritta e rimpicciolita, posta dalla stessa parte dell’oggetto

Anche per le lenti divergenti valgono le formule dei punti coniugati prima ricavate: si ottengono in modo analogo purché si consideri negativa la distanza focale f della lente. 1/f = potere convergente o potenza di una lente se f è misurata in metri, 1/f viene misurata in diottrie

OTTICA FISICA Quando lungo il percorso della luce vi sono fenditure e ostacoli con dimensioni dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d'onda incidente gli effetti non sono spiegabili con l'ottica geometrica (raggi rettilinei) ma con l'ottica ondulatoria (di cui l'ottica geometrica è un caso particolare).

La luce ha anche una natura ondulatoria quindi deve aver una lunghezza d’onda, una frequenza ed una velocità. La luce si piega leggermente lungo l'orlo di barriere aggirandole e propagandosi anche dietro di esse quando queste hanno una dimensione dell'ordine della lunghezza d'onda della luce. Questo fenomeno è detto diffrazione ed è caratteristico di tutti i fenomeni ondulatori, ma poiché le lunghezze d'onda della luce visibile sono piccolissime, gli ostacoli corrispondenti dovranno essere piccolissimi.

Quando Francesco Maria Grimaldi (1618–1663) notò la prima volta che i bordi delle ombre non erano netti, attribuì questo effetto alla diffrazione ed ebbe la netta sensazione che la luce fosse un'onda.

INTERFERENZA Tomas Young (1801) dimostrò sperimentalmente per primo la validità della teoria ondulatoria della luce e ne misurò la lunghezza d'onda. In generale si ha interferenza quando due o più onde dello stesso tipo e stessa frequenza, con una differenza di fase costante tra di loro, attraversano la stessa regione di spazio nello stesso istante.

figure interferenziali in un ondoscopio

Ma il risultato non fu solo questo Ma il risultato non fu solo questo! Quando la luce diffratta giunse ad uno schermo si formarono bande illuminate e bande scure

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