Disturbi dell’attenzione

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Transcript della presentazione:

Disturbi dell’attenzione Riduzione: impossibilità/difficoltà a focalizzare l’attenzione, difficoltà a spostare l’attenzione o difficoltà a ignorare le informazioni non rilevanti Sindromi d’ansia, Sindrome depressiva, Sindromi psicotiche

Disturbi dell’attenzione Aumento: eccessiva attenzione e concentrazione su tutti gli stimoli interni ed esterni Stati deliranti o paranoidi

Le Sindromi Confusionali (delirium) Sono caratterizzate da una compromissione cognitiva globale, ad insorgenza acuta, di breve durata (generalmente non più di 4 settimane, ma sono riportati casi durati fino a 6 mesi per encefalopatie croniche, quale quella da insufficienza epatica), con andamento fluttuante. Tale compromissione è reversibile, nella maggior parte dei casi, se adeguatamente trattata.

Le Sindromi Confusionali (delirium) É un disturbo della coscienza che si manifesta con una ridotta consapevolezza dell’ambiente circostante e incapacitá a focalizzare e spostare l’attenzione. Spesso é presente disorientamento temporo-spaziale, piú raramente quello verso sé e gli altri. Spesso sono presenti anomia, aumento del flusso del linguaggio, incoerenza e confabulazione. Sono talora presenti fenomeni dispercettivi, ansia.

Cause di Delirium Febbre Stati infettivi e dismetabolici Trattamenti farmacologici Disfunzioni endocrine Abuso di sostanze Sindromi da astinenza Traumi cranici Crisi epilettiche (fase post-critica) Deprivazione sensoriale Stati post-operatori

Fattori Predisponenti Etá (10% dei pazienti ospedalizzati al di sopra dei 65 anni) Lesioni cerebrali Condizioni generali scadenti

Delirium: criteri diagnostici secondo il DSM IV Criterio A: Disturbo della coscienza (ossia, ridotta chiarezza della consapevolezza dell’ambiente) con ridotta capacità a focalizzare, mantenere o spostare l’attenzione. Criterio B: Modificazioni delle capacità cognitive (quali un deficit mnestico, disorientamento, disturbi del linguaggio) o lo sviluppo di un disturbo percettivo non correlato a demenza.

Delirium: criteri diagnostici secondo il DSM IV Criterio C: Il disturbo si sviluppa in un breve periodo di tempo (generalmente ore o giorni) e tende a fluttuare nel corso della giornata. Criterio D: Evidenza anamnestica, clinica o laboratoristica che il disturbo è in relazione con una condizione medica generale.

Delirium secondario ad abuso di sostanze o intossicazione Alcool Anfetamina o sostanze anfetamino-simili Cannabinoidi Cocaina Allucinogeni Inalanti Oppioidi Fenciclidina e simili Sedativi, ipnotici e ansiolitici Altri (es., cimetidina, digitale, benztropina, etc.)

Delirium secondario ad astinenza da sostanze Alcool Sedativi, ipnotici e ansiolitici Altri

Delirium tremens: diagnosi Rappresenta il quadro clinico più drammatico della sindrome da astinenza alcolica. La sindrome da astinenza può manifestarsi con: Tremore Allucinosi Convulsioni Delirium tremens

Delirium tremens: caratteristiche Stato confusionale con allucinazioni, agitazione, tremore e insonnia. Sono presenti segni di iperattività neurovegetativa (sudorazione profusa, pupille midriatiche, tachicardia, febbre). Si possono avere complicanze gravi e morte (traumi, collasso, infezioni). Nell’80% dei casi, il singolo episodio dura circa 72 ore, ma è frequente la recidiva e si possono avere numerosi episodi per qualche giorno o qualche settimana.

Delirium tremens: trattamento Somministrazione di alcool e sospensione più graduale Assistenza continua per prevenire le complicanze Controllo dei parametri vitali, correzione degli squilibri idroelettrolitici Somministrazione di sedativi (clordiazepossido)

Definizione di demenza compromissione globale e progressiva delle funzioni cognitive incapacitá di far fronte alle richieste della vita quotidiana difficoltá nel controllo delle reazioni emotive conseguente riduzione delle competenze dell'individuo nella sfera sociale, lavorativa e personale

Prevalenza della demenza La prevalenza della demenza è andata recentemente incontro ad un notevole aumento, a seguito dell’incremento dell’età media di sopravvivenza nella popolazione generale. La condizione è molto rara prima dei 65 anni e diviene progressivamente più frequente dopo tale età a partire dai 75 anni la sua prevalenza aumenta di circa l’1% per ogni anno successivo interessa circa il 50% della popolazione al di sopra degli 85 anni

Cause di demenza Le malattie che possono causare una condizione demenziale sono molteplici. Circa la metà di tutti i casi di demenza sono attribuibili alla malattia di Alzheimer Un sesto alla patologia cerebrovascolare (demenza multi-infartuale) La restante parte alle altre cause, con una netta prevalenza, tra queste ultime, delle forme trattabili

Cause comuni di demenza reversibile Tumori endocranici Disordini metabolici e disendocrini Uremia e dialisi Epatopatie Ipoglicemia cronica Morbo di Wilson Leucodistrofia metacromatica Sindromi paraneoplastiche Ipotiroidismo Alterazioni delle paratiroidi Sindrome di Cushing Ipopituitarismo

Cause comuni di demenza reversibile Idrocefalo normoteso Malattie infettive e/o infiammatorie Ascessi cerebrali Meningite batterica e fungina Encefalite Panencefalite scerosante subacuta Leucoencefalopatia multifocale progressiva Neurolue Sclerosi multipla

Cause comuni di demenza reversibile Carenze alimentari e vitaminiche Sindrome di Wernicke-Korsakoff Pellagra Deficit di vitamina B12 e folati

Cause comuni di demenza reversibile Intossicazioni Metalli pesanti Monossido di carbonio Composti organici Farmaci

Cause comuni di demenza reversibile Traumi Traumi cranici aperti o chiusi Traumatismi cranici dei pugili Ematoma subdurale cronico

Diagnosi di demenza Nonostante il notevole progresso delle tecnologie di imaging cerebrale e delle tecniche neuropsicofisiologiche, la diagnosi di demenza è basata essenzialmente sull'osservazione clinica.

Diagnosi di demenza In una persona anziana che lamenta: deficit della memoria riduzione delle prestazioni lavorative disturbi comportamentali (incluse labilità emotiva, irritabilità, difficoltà di adattamento)

Diagnosi di demenza vanno considerate tutte le cause trattabili di compromissione cognitiva: sindromi affettive squilibri metabolici patologie endocrine e/o tumorali

Diagnosi di demenza Procedure di screening: esami ematochimici EEG esame neuropsicologico quando i risultati escludono una diagnosi di compromissione cognitiva secondaria ad altre patologie devono essere programmate ulteriori ripetizioni nel tempo degli esami neuropsicofisiologici la diagnosi di probabilità richiede sempre la dimostrazione della progressione del deficit e, quindi, la valutazione longitudinale del paziente.

Diagnosi di demenza La frequenza dei disturbi dell'umore nei pazienti con demenza è elevata nelle fasi iniziali, fino al 50% dei casi (Loreck e Folstein, 1993). Poiché il disturbo dell’umore può essere: la sintomatologia di esordio della demenza la causa di un quadro pseudo-demenziale è necessario sempre trattare la depressione per valutare se la compromissione cognitiva permane anche dopo il miglioramento dell'umore

Diagnosi di demenza: clinica Molte scale di valutazione clinica sono disponibili e costituiscono strumenti utili sia per la diagnosi (permettendo di evidenziare la caratteristica progressione nel tempo dei deficit cognitivi) che per la gestione clinica del paziente. Molto utilizzata è la Global Deterioration Scale (GDS, Reisberg et al., 1986; Reisberg e Ferris, 1991) La GDS prevede un punteggio totale da 1 a 7: 1 corrisponde alla normalità 7 alla fase terminale della demenza.

Diagnosi di demenza: clinica Un test di screening per le funzioni cognitive, utilizzabile nella pratica clinica per un primo orientamento diagnostico, è il Mini Mental Status Examination (MMSE). Tale test esplora la memoria episodica recente, l’orientamento, la capacità di comprendere e scrivere una semplice frase e le funzioni visuospaziali (copia di un disegno).   Il punteggio massimo è di 30 Un punteggio inferiore a 24, in soggetti con un livello medio di istruzione, indica una lieve compromissione cognitiva.

Farmaci che agiscono sulla perfusione cerebrale Il ruolo del calcio nella patologia alla base della MA non è chiaro; alcuni autori hanno ipotizzato che un livello plasmatico basso di calcio sia in causa sia nella MA che nella demenza associata a parkinsonismo di Guam. L'efficacia della nimodipina nella MA non è stata adeguatamente studiata e l'unica indicazione riconosciuta in Italia per tale farmaco è la prevenzione della vasocostrizione riflessa associata ad emorragia subaracnoidea (coinvolta nell'estensione del danno ischemico).

Farmaci utilizzati per trattare i disturbi comportamentali Tra i farmaci utilizzati per il trattamento dei disturbi comportamentali, vanno ricordati i neurolettici, gli ansiolitici e gli antidepressivi. Per tutti questi farmaci, le dosi terapeutiche generalmente utilizzate nei pazienti adulti devono essere adeguate ai cambiamenti metabolici tipici del paziente anziano e, ancor più, del paziente demente. Con l'età la catabolizzazione e l'eliminazione dei farmaci è ridotta. Inoltre, patologie varie spesso presenti nel paziente demente (ad es., cardiache, renali, epatiche) devono essere tenute in considerazione nello stabilire le dosi caso per caso.

Farmaci utilizzati per trattare i disturbi comportamentali I neurolettici sono utilizzati sia per il controllo di allucinazioni e deliri che come farmaci sedativi in caso di agitazione ed aggressività. Tra essi è importante scegliere quelli con minori effetti collaterali di tipo extrapiramidale e anticolinergico. In caso di agitazione possono essere utilizzati più facilmente fenotiazine con profilo sedativo (prometazina), mentre per il trattamento di sintomi psicotici è preferibile utilizzare farmaci incisivi con scarsa attività anticolinergica e sedativa (ad es, l'aloperidolo) a basse dosi. L'uso di antipsicotici cosiddetti atipici, con minori effetti di tipo extrapiramidale (risperidone ed olanzapina) potrebbe rappresentare una valida alternativa, in caso di eccessiva sensibilità a tali effetti collaterali. Una volta instaurato il trattamento, va frequentemente rivalutata la necessità di continuarlo, poichè i sintomi psicotici e l'agitazione sono generalmente transitori.

Farmaci utilizzati per trattare i disturbi comportamentali Per quel che concerne gli ansiolitici, sono generalmente utilizzate le benzodiazepine a emivita intermedia, per trattare forme lievi di agitazione ed ansia, in particolare se situazionali (ad es., agitazione in caso di cambiamenti nell'ambiente di vita per trasferimenti), oppure l'insonnia. Le benzodiazepine sono inferiori per efficacia ai neurolettici nel trattamento delle forme più gravi di agitazione e, sebbene preferibili per l'assenza di effetti anticolinergici ed extrapiramidali, spesso causano stati transitori di confusione e peggioramento della memoria, nonchè ipotonia muscolare che può aumentare il rischio di cadute. Per tali motivi, l'uso delle benzodiazepine deve essere molto limitato e valutato caso per caso

Farmaci utilizzati per trattare i disturbi comportamentali Per il trattamento dell'aggressività può essere anche considerata la carbamazepina, da sola o in associazione a neurolettici. Data la frequenza con cui è possibile osservare alterazioni dell'umore nel paziente anziano demente, può spesso rendersi necessario l'uso dei farmaci antidepressivi . Tra questi, può essere prudente utilizzare i farmaci con minore attività anticolinergica (ad es., mianserina, inibitori selettivi del reuptake della serotonina, inibitori reversibili delle monoamino-ossidasi), alle dosi consigliate per il paziente anziano e verificando sempre la necessità di prolungare il trattamento.

Terapia non farmacologica della demenza Interventi sulle condizioni ambientali   La ridotta capacità di adattamento propria della demenza richiede un’estrema cura nell'evitare cambiamenti ambientali, che possono generare ansia e confusione, e nel rendere il più possibile costante l'organizzazione della vita quotidiana. Tuttavia, una semplificazione eccessiva della stimolazione ambientale e delle abitudini di vita può essere dannosa, inducendo passività e impoverimento più rapido delle capacità cognitive del paziente. Nelle fasi iniziali può essere utile suggerire semplici stratagemmi (ad es., lavagne con liste delle cose da ricordare) per compensare il deficit mnestico e favorire l’iniziativa (anche se supervisionata) in tutte le attività che risultino ancora gestibili, senza provocare eccessiva frustrazione (ad es., favorire la cura di se stesso, della casa, invitare a fare la spesa minuta).

Terapia non farmacologica della demenza Interventi sulle condizioni ambientali   Una buona igiene del sonno (evitare il riposo pomeridiano, evitare stimolanti o attività fisiche serali) e una costante attività fisica (passeggiate, soprattutto di mattina) sono molto importanti per favorire una regolazione della vigilanza e mantenere la coordinazione psicomotoria. Quando possibile, va incoraggiato un certo grado di stimolazione e di contatto con il mondo esterno (guardare la televisione, leggere, giocare a carte, ecc.).

Forme cliniche-semeiologiche di demenza Da un punto di vista clinico, si è soliti suddividere le demenze in sottocorticali e corticali (Denes e Pizzamiglio, 1991; Absher e Cummings, 1994; Cummings e Benson, 1992).

Forme cliniche-semeiologiche di demenza Le forme sottocorticali sono caratterizzate da: compromissione della memoria e delle altre funzioni cognitive disturbi del comportamento labilità emotiva bradipsichismo (rallentamento dei processi mentali) e lentezza nell’iniziare ed eseguire movimenti precoce comparsa di segni e sintomi neurologici

Demenze sottocorticali Demenza multi-infartuale (DMI) Demenza nel morbo di Parkinson (DMP) Demenza nella malattia di Huntington (DMH) Demenza nell’infezione da HIV (DHIV)

Demenza multi-infartuale La DMI rappresenta il 20-30% di tutte le demenze. Le principali caratteristiche differenziali rispetto alla MA includono l'esordio più rapido ed improvviso, il decorso “a gradini” (con peggioramenti repentini del quadro clinico e periodi di relativa stabilità), la presenza di fattori di rischio per l'aterosclerosi (ipercolesterolemia, diabete, familiarità per disordini del metabolismo lipidico), nonchè la comparsa di sintomi e segni neurologici focali. Sono spesso presenti nell’anamnesi accidenti cerebrovascolari transitori o ictus, ma ciò non è la regola. Piccoli infarti lacunari multipli possono non trovare espressione prima dell’instaurarsi della tipica paralisi pseudo-bulbare, con labilità emotiva, disartria, disfagia e segni neurologici focali (in particolare, accentuazione dei riflessi facciali e mandibolari).

Demenza multi-infartuale Il quadro clinico è spesso caratterizzato da disturbi del comportamento, labilità emotiva e compromissione più vasta delle funzioni esecutive rispetto a quelle mnestiche. La tipica progressione della compromissione cognitiva seguita da segni neurologici non è rispettata come nella MA. Una forma particolare di DMI è rappresentata dalla sindrome di Binswanger, caratterizzata da infarti multipli confluenti, localizzati nella sostanza bianca periventricolare.

Demenza nel morbo di Parkinson L’associazione della demenza al morbo di Parkinson è considerata frequente da alcuni autori e relativamente rara da altri. La relativa frequenza della compromissione cognitiva secondaria a depressione nel MP rende particolarmente importante la diagnosi differenziale. Secondo alcuni autori, la dimostrazione di alterazioni cerebrali strutturali a carico della sostanza bianca nel paziente con MP si riscontra solo in caso di demenza. Il quadro clinico della DMP è quello tipico delle demenze sottocorticali, con bradipsichismo e rallentamento psicomotorio marcato.

Demenza nella malattia di Huntington La malattia di Huntington è una condizione ereditaria a trasmissione autosomica dominante, caratterizzata dall’associazione di coreoatetosi e demenza. La malattia esordisce di solito nel quarto o quinto decennio di vita, subdolamente, con alterazioni del carattere (irritabilità, impulsività, religiosità eccessiva, ipersessualità o ritiro sociale), manifestazioni psicotiche (in particolare sospettosità eccessiva e idee deliranti) o un quadro depressivo. Tali disturbi, tuttavia, possono anche seguire l’instaurarsi della coreoatetosi.

Demenza nella malattia di Huntington I disturbi del movimento sono dapprima localizzati alla faccia e possono essere sottovalutati (piccoli scatti della muscolatura mimica che sono spesso interpretati come segni di nervosismo), ma tendono progressivamente ad interessare tutta la muscolatura fino a rendere completamente invalido il paziente. Essi sono caratterizzati da movimenti involontari di tipo coreico, più lenti di quelli delle altre forme di corea, cui successivamente si aggiunge una componente distonica (atetosica). Anche i movimenti volontari sono rallentati e sono presenti alterazioni dei movimenti oculari lenti e della fissazione. Spesso i movimenti oculari sono impossibili senza un corrispettivo movimento della testa.

Demenza nella malattia di Huntington La compromissione cognitiva coinvolge più precocemente l’attenzione e la memoria, ed è frequente la disartria, mentre sono più rare afasia, aprassia e agnosia. Il quadro demenziale è lentamente progressivo.

Demenza nell’infezione da HIV La DHIV é dovuta all’estensione al cervello dell’infezione virale. É possibile, infatti, dimostrare particelle e acidi nucleici virali ed i relativi anticorpi nel liquor e nel tessuto cerebrale. Si ritiene che le lesioni, osservate prevalentemente nella sostanza bianca e nei nuclei grigi sottocorticali, siano dovute all’effetto di fattori tossici liberati dalle cellule infettate. Il quadro clinico é caratterizzato da iniziale coesistenza di compromissione cognitiva (con disturbi della memoria e della concentrazione, bradipsichismo), disturbi comportamentali (apatia, ritiro sociale, irritabilitá o labilitá emotiva, sintomi psicotici, piú raramente depressione) e sintomi neurologici (debolezza agli arti inferiori, disartria, disturbi della marcia).

Demenza nell’infezione da HIV L’esame neurologico mostra fin dalle prime fasi segni di interessamento focale con atassia, accentuazione dei riflessi osteotendinei agli arti inferiori, adiadococinesia, riflessi patologici (ad es., palmomentoniero). Il quadro clinico progredisce rapidamente verso una grave demenza con deterioramento cognitivo globale, rallentamento psicomotorio marcato, disartria grave fino al mutismo e incontinenza sfinterica. Il decorso é rapidamente progressivo, e l’exitus puó intervenire in pochi mesi.

Forme cliniche-semeiologiche di demenza Le forme corticali sono caratterizzate da: compromissione più graduale della memoria e delle altre funzioni cognitive tardiva comparsa di disturbi comportamentali e segni neurologici.

Demenze corticali Demenza nella malattia di Alzheimer (MA) Demenza fronto-temporale (DFT) Demenza nella malattia di Creutzfeld-Jacob (MCJ)

Demenza nella malattia di Alzheimer: Quadro clinico Nelle prime fasi è riscontrabile un lieve deficit mnestico, che si manifesta prevalentemente con la difficoltà a ricordare dove si è conservato un oggetto oppure nomi di persone al di fuori della cerchia familiare. Con il progredire della malattia, il disturbo della memoria si rende più evidente e riguarda tipicamente la capacità di ricordare le cose fatte o dette nella giornata e, in generale, di ritenere nuove informazioni. I ricordi concernenti il passato sono, invece, relativamente conservati. Contemporaneamente si manifestano difficoltà nei processi di astrazione e nella capacità di adattamento a situazioni nuove, nonchè riduzione delle abilità di pianificazione e controllo comportamentale.

Demenza nella malattia di Alzheimer: Quadro clinico Sono, inoltre, frequenti l’accentuazione di tratti disadattativi della personalità e disturbi dell’umore e del controllo delle emozioni, con depressione, ansia o labilità affettiva. In seguito, le attività della vita quotidiana diventano un problema, per la sempre maggiore difficoltà di ricordare, anche per pochi minuti, cosa si stava facendo o dicendo. Non sono rievocabili ricordi riguardanti gli ultimi mesi o anni, mentre restano accessibili i ricordi più antichi. Si evidenziano deficit del linguaggio con anomia (difficoltà a denominare gli oggetti), impoverimento del vocabolario e della struttura della frase, e poi sempre maggiori difficoltà di comprensione (in particolare, incapacità di cogliere analogie e metafore).

Demenza nella malattia di Alzheimer: Quadro clinico L’aprassia (incapacità di eseguire sequenze di movimenti, in assenza di deficit motori o sensoriali) e l’agnosia (impossibilità di riconoscere un oggetto, nonostante siano conservate le capacità percettive) sono sintomi relativamente più tardivi ma piuttosto frequenti. L’esame neurologico non evidenzia nelle prime fasi alcun segno neurologico focale. Solo con il progredire del quadro clinico compaiono iperreflessia e disinibizione di riflessi patologici (quali il palmo-mentoniero e il riflesso del grugno). I deficit sensoriali sono rari, mentre i disturbi motori si manifestano nelle fasi più avanzate, includendo alterazioni della marcia e mioclonie.

Demenza nella malattia di Alzheimer: Quadro clinico Molto avanti nella malattia (generalmente dopo 5-10 anni dall’insorgenza dei primi sintomi), sono frequenti imponenti disturbi comportamentali, con perseverazione, apatia, labilità emotiva accentuata, ridotta reattività all'ambiente e, piuttosto frequentemente, deliri ed allucinazioni. La morte interviene in queste ultime fasi per complicanze varie legate, più frequentemente, all'alterato controllo respiratorio e faringeo (con possibili polmoniti ab ingestis).

Demenza nella malattia di Alzheimer: Lesioni degenerative caratteristiche Dal punto di vista anatomopatologico, si caratterizza come un processo di progressiva atrofia degenerativa. Le lesioni caratteristiche sono denominate placche senili e degenerazione neurofibrillare. Le placche senili hanno sede extracellulare, coinvolgono i processi neuronali e sono costituite da un nucleo di -amiloide circondato da detriti cellulari e processi neuronali degenerati e da reazione microgliale. Si riscontra spesso al centro di tali formazioni alluminio precipitato, ma non è chiaro se ciò sia il risultato di artefatti della colorazione dei preparati anatomici. Le placche sono localizzate prevalentemente nelle zone ricche di terminazioni colinergiche dell’ippocampo e della corteccia, nonchè nell’amigdala.

Demenza nella malattia di Alzheimer: Lesioni degenerative caratteristiche La degenerazione neurofibrillare consiste nella comparsa nel citoplasma dei neuroni (in particolare delle cellule piramidali della corteccia) di filamenti a doppia elica di proteina tau (un costituente dei microtubuli) in uno stato di abnorme fosforilazione. Viene ipotizzato che l’esposizione ai precursori della -amiloide della proteina tau determini l’abnorme fosforilazione di quest’ultima, che quindi forma i filamenti elicoidali caratteristici. Questo tipo di degenerazione si riscontra nell’ippocampo, nelle aree frontali, temporali e parietali della corteccia (sono risparmiate le aree sensoriali primarie) e nei nuclei colinergici telencefalici (nuclei del setto e di Meynert).

Demenza nella malattia di Alzheimer: Ipotesi patogenetiche E’ stato ipotizzato che in una piccola percentuale di casi (circa il 10% delle famiglie studiate) sia in causa una trasmissione genetica di tipo autosomico dominante, con penetrazione completa intorno ai 90 anni di età. Sono stati identificati alcuni geni che sembrano essere legati al maggiore rischio di MA: per le forme ad esordio precoce sembrano essere in causa geni localizzati sul cromosoma 21, responsabili della sintesi di amiloide per quelle ad esordio tardivo geni situati sul cromosoma 19 coinvolto nella sintesi dell’apolipoproteina-E4 (riscontrata in alte concentrazioni nelle caratteristiche lesioni, che potrebbe legarsi alla -amiloide e farla precipitare).

Demenza nella malattia di Alzheimer: Ipotesi patogenetiche Per le forme sporadiche di MA, un fattore di rischio riconosciuto è rappresentato da un'anamnesi positiva di traumi cranici. Altri fattori noti di rischio includono una storia di ipotiroidismo e di depressione. Il livello di scolarità è risultato inversamente correlato alla frequenza di MA in molti studi. Questo dato ha indotto i ricercatori ad ipotizzare un ruolo protettivo, nei confronti della demenza, di un’ampia "riserva cerebrale", cioè di livelli di ridondanza e plasticità delle strutture cerebrali tali da permettere ampi compensi e riorganizzazioni.

Demenza fronto-temporale: Quadri clinici La DFT insorge generalmente nel presenio (prima dei 65 anni). Essa ha una frequente familiarità (il 50% dei pazienti presenta un familiare con la stessa patologia) e una rapida progressione (si stima intorno agli otto anni la sopravvivenza media). Si distinguono due varianti di DFT, la demenza temporale e quella frontale.

Demenza fronto-temporale: Quadri clinici Demenza temporale (denominata in passato ‘Malattia di Pick’): il quadro clinico è caratterizzato da una progressiva e relativamente isolata compromissione della memoria semantica (‘demenza semantica’), con conseguente compromissione della componente semantica del linguaggio. Pertanto, i sintomi più frequenti sono rappresentsti da anomia, impoverimento del vocabolario, compromissione della comprensione di singole parole, di concetti e della capacità di categorizzazione. La memoria autobiografica, quella episodica e l’apprendimento di materiale non verbale sono relativamente integri, almeno nelle fasi iniziali.

Demenza fronto-temporale: Quadri clinici Demenza frontale: il quadro clinico è caratterizzato prevalentemente da alterazioni del carattere e del comportamento, ad esordio insidioso. I sintomi più frequenti sono rappresentati da: perdita dell’insight, disinibizione, irrequietezza, distraibilità, labilità emotiva, indifferenza verso gli altri, riduzione delle capacità di pianificare, impulsività, isolamento sociale, apatia, scarsa cura di sé, stereotipie verbali, ecolalia, perseverazione (verbale o motoria). La comparsa di allucinazioni e deliri è poco frequente. Le caratteristiche cliniche e l’esordio insidioso rendono la diagnosi particolarmente difficile, in particolare nelle fasi iniziali della malattia. Spesso, infatti, viene posta una diagnosi psichiatrica prima che venga fatta diagnosi di demenza frontale.

Demenza fronto-temporale: Caratteristiche anatomopatologiche Tipica localizzazione del danno degenerativo atrofico (temporale o frontale). Studi recenti hanno riportato che le inclusioni citoplasmatiche argentofile (corpi di Pick), considerate in passato alterazioni tipiche della demenza temporale, sono presenti solo in una piccola percentuale di pazienti con DFT, mentre nella maggior parte dei casi sono presenti alterazioni aspecifiche di tipo atrofico, sclerotico o spongiforme.

Demenza nella malattia di Creutzfeld-Jacob La MCJ è un’encefalopatia degenerativa di natura virale che causa demenza, convulsioni e morte in alcuni anni. La natura virale è stata dimostrata attraverso la trasmissione della malattia ai primati (con l’inoculazione di materiale cerebrale proveniente da pazienti nell’encefalo dello scimpanzè), ma non sono stati identificati gli acidi nucleici del virus lento ipotizzato. L’infezione ha un periodo di incubazione molto lungo, di circa un anno. La malattia esordisce in genere dopo i 60 anni ed è nella maggior parte dei casi rapidamente progressiva, conducendo a morte in meno di un anno. Sono possibili, tuttavia, decorsi atipici più prolungati.

Demenza nella malattia di Creutzfeld-Jacob I primi sintomi riguardano la sfera cognitiva e comportamentale, con deterioramento delle funzioni cognitive rapidamente progressivo, depressione, alterazioni del carattere. Seguono le mioclonie e un quadro di sofferenza extrapiramidale. Sono possibili molti segni neurologici a seconda della localizzazione delle lesioni (compromissione della vista, alterazioni cerebellari, movimenti involontari, ecc.).