IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA E COMUNICAZIONE

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Melanie Klein (Vienna 1882 – Londra 1960). Per il pensiero di M. Klein – che rappresenta il retroterra teorico del testo di Waddell, Mondi interni – l’Io.
Transcript della presentazione:

IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA E COMUNICAZIONE Teoria e tecnica del colloquio clinico e Laboratorio Prof. Daniela Cantone a.a. 2012/2013

Identificazione proiettiva (Klein) Processo dell’Io precoce in cui le parti buone o quelle cattive del sé vengono scisse ed espulse dall’Io e successivamente proiettate con amore o con odio dentro oggetti esterni, fatto che porta alla fusione e all’identificazione delle parti proiettate del sé con gli oggetti esterni. Notevoli angosce paranoidi sono legate a questi processi, in quanto gli oggetti riempiti dalle parti aggressive del sé diventano persecutori e il paziente li sente minacciosi e pronti a vendicarsi reintroducendosi con la forza, insieme alle parti cattive del sé che contengono, dentro l’Io.

Non solo le parti attive dell’Io ma anche quelle buone vengono espulse e proiettate negli oggetti esterni, i quali verranno identificati con le parti buone del sé proiettate. La Klein considera vitale questa identificazione in quanto essenziale per la capacità di sviluppare relazioni oggettuali positive da parte del neonato. Tuttavia, se il processo è eccessivo, il sé sente di aver perduto le parti buone della personalità, e il risultato è un indebolimento e un impoverimento dell’Io.

Identificazione proiettiva come metodo di comunicazione: il paziente proietta impulsi e parti di se stesso dentro il terapeuta affinché questi senta e comprenda le sue esperienze e le possa contenere, così che queste perdano la loro qualità spaventosa o intollerabile e acquisiscano un significato attraverso la capacità del terapeuta di tradurle in parole con le interpretazioni. Questa situazione è di fondamentale importanza per lo sviluppo dei processi introiettivi: permette al paziente di imparare a tollerare i propri impulsi; le interpretazioni del terapeuta rendono le risposte e i sentimenti infantili accessibili alla parte più sana del sé, che può cominciare a pensare esperienze prima insignificanti e spaventose.

Uso dell’identificazione proiettiva per denegare la realtà psichica Uso dell’identificazione proiettiva per denegare la realtà psichica. In questa situazione il paziente scinde ed espelle parti del proprio sé, insieme a impulsi e angosce, proiettandole nel terapeuta allo scopo di evacuare e di svuotare all’esterno il contenuto mentale che disturba, processo che provoca un diniego della realtà psichica. Poiché questo tipo di paziente vuole soprattutto che il terapeuta gli lasci passare i processi evacuativi e il diniego dei suoi problemi, spesso reagisce alle interpretazioni con violento risentimento poiché le vive come critiche terrificanti e sentendo che il terapeuta vuole ricacciargli dentro il contenuto mentale insopportabile prima evacuato.