Dott.ssa A. Chisena Servizio Interdipartimentale di Psicologia PSICOLOGIA CLINICA Dott.ssa A. Chisena Servizio Interdipartimentale di Psicologia
IL COLLOQUIO CLINICO 2^ Lezione
IL COLLOQUIO CLINICO Il colloquio clinico, detto anche intervista, è un particolare tipo di conversazione che sfrutta il canale della comunicazione interpersonale e tenta di operare delle valutazioni sullo stato mentale del pz.
Si definisce come il più diretto e ampio strumento diagnostico a disposizione del terapeuta: attraverso il suo canale il terapeuta può entrare in contatto con il mondo interno del pz e contemporaneamente sviluppare una comprensione empatica della situazione affettiva di quella determinata persona e dei suoi sentimenti ed emozioni.
Le 3 modalità di approccio durante il colloquio Sintesi di tre diversi aspetti: Ciò che il pz soggettivamente dice di sé e afferma riguardo ai suoi disagi e alle sue problematiche Ciò che il terapeuta è in grado di osservare, obbiettivamente, riguardo a questa comunicazione e alle sue modalità Ciò che il terapeuta è in grado di percepire e di sentire riguardo al pz e ai suoi disturbi
Questo aspetto è certamente il più delicato e complesso, implica durante il colloquio clinico, l’attivazione di due diverse funzioni e attitudini del terapeuta: Osservatore-rivelatore Partecipatore (qualifica e specifica la componente umana dell’agire diagnostico-terapeutico e dà la possibilità di una elevata capacità di rapporto e di comprensione)
Le capacità empatiche del terapeuta Nel coll il terapeuta partecipa, con gli strumenti di rilevazione psichica, al malessere che il pz esprime con le sue modalità comunicazionali.
Questa particolare interazione, tra due sistemi psichici complessi, fa sì che il terapeuta, durante il coll, elabori un vissuto del pz, cioè sviluppi dentro di sé delle emozioni particolari relative a quel particolare incontro con quella particolare persona: questo vissuto è in grado di influenzare, a volte inconsapevolmente, la relazione ed il coll, e quindi è di massima importanza che il vissuto venga “restituito” consapevolmente durante il coll in modo da favorire la comunicazione ed il contatto.
Queste operazioni interne risultano particolarmente influenzate dalla disponibilità del terapeuta e dalla sua capacità empatica e quindi risentono di fattori di ordine affettivo oltre che relazionale. Nessuno potrà imporsi di essere empatico se ciò non corrisponde a delle precise attitudini, ad una disponibilità umana ai problemi dell’altro e ad una formazione ed esperienza dei rapporti umani che può acquisirsi gradualmente come consapevole percorso di crescita professionale.
Questo percorso implica conoscenza, esperienza, addestramento, momenti inseparabili ed interdipendenti; così come l’esperienza del rapporto modifica la comprensione degli aspetti teorici del colloquio clinico e della relazione, a sua volta l’addestramento consente una diversa e più adeguata utilizzazione dell’esperienza clinica e delle conoscenze acquisite
La messa in sintonia con la dimensione psichica del pz e la particolare risonanza che ciò determina, consentono quindi di favorire la ricezione delle informazioni necessarie sulle caratteristiche e sulla intensità dei segnali che il pz ci invia.
Processo e contenuti del colloquio Il colloquio non serve solo ad acquisire informazioni sui dati psicopatologici ma di arrivare ad una comprensione empatica di ciò che sente quel determinato pz. Questa comprensione è utile sia per poter effettuare una adeguata diagnosi, sia per la definizione di un programma terapeutico che sia il più individualizzato possibile, tenga conto di quel particolare pz., e valuti la possibilità di provvedimenti integrati .
La sensibilità dell’intervistatore ha un effetto facilitante perché migliora l’agio del pz nel contatto col terapeuta che, a sua volta gli permette di provare la benefica sensazione che il suo disagio emozionale può essere condiviso da un terapeuta interessato e attento.
Viene pertanto sottolineata la necessità di costruire una “forma di alleanza terapeutica in modo che i pz si sentano ragionevolmente a loro agio nell’esprimere se stessi e nel condividere informazioni personali”.
Sanavio (1991) sottolinea l’importanza del colloquio coma strumento diagnostico e ad esso assegna una funzione peculiare all’interno dell’assessment. Attraverso il colloquio vengono raccolti gli indici soggettivi cioè “ricavati direttamente o indirettamente da autoreferti del pz.
Il colloquio viene definito un processo attivo, sostanzialmente simile a quello di problem solving (Sanavio 1991).
L’assessment è un complesso processo di raccolta e di elaborazione di informazioni relative al soggetto-pz: man mano che progredisce questo processo, diminuisce l’incertezza circa le moltissime variabili di rilievo clinico e circa le ipotesi di intervento del caso in esame
Il colloquio si presta a due serie di rilievi: Ciò che il pz dice (contenuto) Il modo con cui il paziente dice di ciò (processo ) Il modo con cui il pz racconta di sé e dei suoi sintomi è altrettanto importante del contenuto, ma più difficile e impegnativo da cogliere perché siamo meno abituati a cogliere le modalità relazionali che i contenuti.
LO SCOPO La finalità è alleviare attraverso l’uso del medium verbale, le difficoltà del pz, aiutandolo in un processo autoconoscitivo, che gli permetta di capire e integrare parti di sé ( pensieri, fantasie e affetti) che man mano vengono attivate nella relazione terapeutica.
Il disagio del pz non viene risolto nell’immediato dal colloquio: attraverso le parole e la relazione tra pz e terapeuta, all’interno delle sedute, il pz viene aiutato a capire come e perché un malessere sussista, a trovare nuove rappresentazioni di sé e dei suoi rapporti con gli altri e col mondo esterno, a trovare nuove soluzioni ai propri conflitti.
Ad es: una persona che si rivolge ad uno psicoterapeuta perché ha difficoltà ad instaurare amicizie: lo scopo dello psicoterapeuta non potrà essere quello di “soddisfare” il bisogno di amicizia all’interno del setting, cioè il terapeuta non si proporrà di soddisfare egli stesso questa richiesta diventando amico del pz. Piuttosto, proponendosi con atteggiamento empatico, cercherà di “capire” col pz il motivo di questa difficoltà. Attraverso un lento processo di conoscenza che permette di ampliare e integrare il mondo delle rappresentazioni, verso una maggiore capacità di insight, tale da rendere il pz più forte e capace nel rapportarsi agli altri.
Quindi lo scopo che caratterizza il colloquio di psicoterapia è, attivare un processo generale di auto-conoscenza, che conduce ad una ristrutturazione molto profonda della personalità del pz e ad una soluzione più normale dei suoi conflitti.
METODI DI ASSESSMENT Tra gli strumenti concreti, per un adeguato assessment in psicoterapia, quelli più comuni a disposizione del terapeuta sono: il colloquio, le osservazioni del comportamento in contesti naturali le osservazioni del comportamento in contesti simulati, l’auto osservazione (self-monitoring), i questionari i metodi di misurazione psicofisiologica.
Il colloquio è senz’altro lo strumento più utilizzato nell’assessment Il colloquio è senz’altro lo strumento più utilizzato nell’assessment. Le ragioni di un utilizzo massiccio di tale strumento sono eminentemente pratiche.
L’osservazione diretta del comportamento permette di studiare il fenomeno clinico nel modo più naturale possibile e ci aiuta a comprendere il modo in cui un dato comportamento realmente si manifesta. Un altro aspetto importante è quello di permettere di studiare la relazione esistente tra comportamento e contingenza ambientali.
Osservazione del comportamento del pz durante la seduta. Al pari delle informazioni fornite dai questionari, costituisce un utile contributo per la definizione dei problemi del pz. Un’altra modalità di osservazione del pz durante la seduta implica l’utilizzo del role-playing, tecnica introdotta negli anni 70 da McFall e Marston; consiste nel simulare un certo comportamento e di studiare le reazioni del pz (tipicamente, il pz interpreterà se stesso e il terap assumerà il ruolo della parsona fonte di problemi o disagio).
Self-monitoring In molte circostanze una semplice ma efficace strategia consiste nell’addestrare il pz ad osservare i propri comportamenti e le reazioni emotive. Il pz dovrà contare la frequenza di certi comportamenti o di registrare illivello d’ansia provato in una certa situazione.
Il self-monitoring modifica la frequenza e l’intensità di emissione di un certo comportamento e tale modificazione è in genere in senso positivo.
Per effettuare correttamente questo compito la registrazione dovrà essere effettuata immediatamente dopo l’emissione del comportamento. Il pz andrà addestrato sulla definizione del comportamento da osservare e sul dove, come e quando farlo.
QUESTIONARI e INVENTARI Queste procedure saranno utilizzate per evidenziare dei campioni di comportamento del soggetto;distinguiamo: Questionari che valutano l’intensità e/o la frequenza di comportamenti più o meno specifici Questionari che si riferiscono a caratteristiche più ampie di personalità
METODI DI MISURAZIONE PSICOFISIOLOGICA Misurazione che indaga il canale psicofisiologico attraverso l’utilizzazione di un’adeguata strumentazione che consente di rilevare l’attività fisiologica del soggetto senza la mediazione del sistema cognitivo-verbale.
Tale strumentazione si compone di apparecchiature da interfacciare con un personal computer. Esse trasformano il segnale proveniente da appositi trasduttori posti sulla superficie cutanea dell’individuo in una qualche entità misurabile.
Dall’assessment alla formulazione delle ipotesi Una volta raccolte le informazioni sufficienti, è necessario organizzarle in un quadro coerente e utile per il trattamento. Tale procedimento si definisce formulazione del problema.
Tali informazioni dovrebbero indicare: Le determinanti (del comportamento del pz) Le caratteristiche di personalità del pz Una prognosi I possibili obiettivi terapeutici Le procedure psicoterapeutiche più appropriate per il caso.
motivazione Non si deve dare per scontato che una persona che si presenta al consulto psicologico sia necessariamente una buona candidata alla psicoterapia. Una breve disamina dellle motivazioni al trattamento del pz sarà quindi necessaria. È altresì importante ricordare che una semplice dichiarazione verbale non costituisce di per sé una fonte attendibile circa la motivazione…….
Una attenta valutazione delle aspettative del pz verso il trattamento e verso la possibilità di ottenere dei cambiamenti potrà essere utile per approfondire la motivazione. Il miglioramento della motivazione del pz può costituire un obiettivo di trattamento dato che per definizione la terapia si svolge solo all’interno di un contesto collaborativo tra clinico e pz.