Giuseppe Verdi nella Milano del Risorgimento

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Transcript della presentazione:

Giuseppe Verdi nella Milano del Risorgimento Il patriottismo italiano sul palcoscenico del Teatro alla Scala Tesi di Gianmarco Torrigiani Liceo Scientifico “Amedeo di Savoia Duca d’Aosta” – Pistoia Classe V Sezione D

(G. Barigazzi, La Scala racconta, Milano, 2010) “Sono belli i teatri d’opera. Hanno un loro fascino. Ci sono gli ori, le luci, gli stucchi, i velluti, i tappeti, gli specchi; spesso anche i soffitti affrescati, come in certe chiese. Fanno spettacolo a sé, a sipario chiuso: ti danno un senso di opulenza, di protezione, di calore, di complicità. Pensi a che cosa poteva succedere nei palchi quando socchiudevano le tendine, discrete perfino nei colori: azzurro, avorio, un verde che si spegne nel giallo, oppure un rosso che non è più rosso. Le stampe della Scala tramandano l’immagine di un teatro in cui tutto è ordine, simmetria, compostezza, conforto: il conforto del lusso. Ma che cosa succedeva dentro quei palchi? Sonnecchiavano, mangiavano, cospiravano, facevano l’amore, intrecciavano pettegolezzi? E quei poveri diavoli che stavano sotto a cantare, ballare, suonare? Per molto tempo, all’inizio di una vita che ha oltrepassato i due secoli, la Scala è stata tutto questo: teatro e luogo di ritrovo assolutamente necessari, più il secondo del primo, alla nobiltà milanese”. (G. Barigazzi, La Scala racconta, Milano, 2010)

TEATRO ALLA SCALA NABUCCO 14 FEBBRAIO 2013

1839-1855 In questi sedici anni si concentrano tutte le opere del compositore aventi tenore patriottico

“L’opera è anche un modo per andare dentro la storia, è come leggere un libro” Professor Francesco Bussi, Docente di Storia ed Estetica della Musica

Contesto ideologico del Risorgimento In Europa Tra il XVIII ed il XIX secolo storici e letterati svilupparono la tesi secondo cui ogni popolo ha un diritto naturale di decidere il proprio destino, di organizzare la propria vita politica nel territorio da esso abitato, diventando così una nazione In Italia Patriottismo ottocentesco italiano: un fenomeno di grandissimo rilievo politico storiografico La costruzione dello stato unitario avvenne attraverso moti popolari, guerre, sacrifici umani Anche gli intellettuali contribuirono con le loro opere a trasmettere i profondi ideali cari al patriottismo

Alla fine del 1838 Verdi si trasferisce con la propria famiglia da Busseto, luogo natio, alla capitale lombarda, passata nel 1814, dopo l’esperienza napoleonica, sotto il dominio dell’impero austriaco.

Forza di attrazione culturale, storica e politica di Milano Nei primi anni dell’Ottocento, in piena epoca risorgimentale, Milano si era distinta, rispetto alle altre capitali italiane, per essere quella che, prima fra tutte, aveva spinto maggiormente verso l’unificazione e l’autodeterminazione dell’Italia, divenendo ben presto, per tali ragioni, vera e propria “porta” naturale sull’Europa, centro ricettivo ed attrice protagonista delle grandi elaborazioni concettuali della letteratura, dell’arte e del pensiero.

Arti diverse, contributo comune alla causa risorgimentale Non può perciò stupire che nella città convogliassero i maggiori rappresentanti della vita intellettuale italiana A Milano, l’Italia non si costruiva solo con le armi, ma con l’arte , la musica, la letteratura Artisti quali Manzoni e Hayez rappresentano infatti, nei loro rispettivi ambiti culturali, il corrispettivo di Verdi

Il Teatro alla Scala: il grande orologio che regola la vita di Milano 1776: un incendio distrugge il teatro di corte; l’imperatrice Maria Teresa d’Austria decide di far costruire un nuovo teatro, realizzandolo sull’area della chiesa di Santa Maria della Scala. 3 agosto 1778: sin dall’inaugurazione il teatro svolge in città un importante ruolo sociale per la vita dell’aristocrazia milanese. 1838: all’arrivo di Verdi a Milano, la Scala diventa centro di gravità di tutte le classi sociali.

Il giovane Verdi nei salotti e negli ambienti culturali milanesi Sin dal suo arrivo Verdi cominciò a prendere contatto con i luoghi attorno al teatro, dove si davano convegno tutti i protagonisti, diretti o indiretti, del mondo del melodramma. Divenuto ben presto il nuovo genio da onorare, entrò come tale nei salotti che allora contavano a Milano, tra cui quello, il più ambito di tutti, della contessa Clara Maffei e di suo marito Andrea Maffei, noto poeta, traduttore di Shiller e Byron, molto legato alla cultura tedesca. Ivi furono ospitate le forze migliori degli intellettuali italiani dell’epoca; dal 1846, dopo la separazione dei due coniugi, divenne anche centro di elaborazione di idee politiche (Mazzini), ispirandosi a principi anti-austriaci ed indipendentisti.

Influsso del pensiero di Mazzini nella vita artistica di Verdi Il contatto di Verdi con ambienti così ideologicamente impegnati nella causa nazionale fece sì che questi, in modo forse inizialmente inconsapevole, recepisse via via, fino a renderli inevitabilmente propri e a tradurli nella propria produzione artistica, gli ideali ed i valori patriottici confluiti in quegli ambienti culturali.

Mazzini: Filosofia della musica Nell’opera, apparsa nel 1836, il patriota genovese: sollecita un profondo rinnovamento della musica e del melodramma italiano; ricerca un’arte che, con la sua potenza, giunga a trascinare il popolo, infiammandolo d’amor di patria e risvegliandolo all’azione rivoluzionaria; suggerisce che il melodramma valorizzi l’uso del coro, inteso quale espressione della voce del popolo oppresso nel processo d’indipendenza dell’Italia.

Il Nabucco: Verdi involontario portavoce di istanze patriottiche L’uomo che Mazzini invocava era dietro l’angolo: Verdi sembrò immediatamente capace di rispondere alle sue sollecitazioni. L’occasione nacque, quasi per caso: il Nabucco, presentato alla Scala il 9 marzo 1842, rappresenta, in tal senso, la vera svolta nella carriera del compositore, il quale fece istintivamente propri i suggerimenti del Mazzini quanto all’uso del coro. Attraverso il Va’, pensiero, ove il popolo ebraico rimpiange la patria perduta, il Maestro giunse ad esprimere, in modo quasi inconsapevole, quei sentimenti patriottici ed anti-austriaci maturati grazie alla continua frequentazione dei salotti della Milano risorgimentale: tutta l’Italia era una polveriera, e parole come esule, patria, libertà possedevano in quel frangente capacità esplosive inimmaginabili.

Rilievo politico e sociale della Scala al tempo del Nabucco In piena epoca risorgimentale, tanto più quanto ci si avvicinava ai moti rivoluzionari del 1848, in tutti i teatri italiani dell’Ottocento, a maggior ragione in quelli situati nei territori ancora sotto il dominio dell’Impero Asburgico, era norma che la rappresentazione di un’opera lirica divenisse il pretesto per scatenare accese manifestazioni di carattere patriottico. Basta guardare Senso, film girato nel 1954 dal celebre regista Luchino Visconti, per documentare e far prendere coscienza della funzione politica e sociale dei nostri teatri all’epoca dell’Italia oppressa.

Dal trionfo del Nabucco, un Verdi finalmente consapevole Vista la trionfale accoglienza tributata dai milanesi al Nabucco, in Verdi si fece avanti la consapevolezza di dover rendere la propria arte un vettore privilegiato per la diffusione di istanze patriottiche ed indipendentiste. Temi portanti del repertorio verdiano divennero, da questo momento in poi: l’eroismo, l’amor di patria, la provvidenza divina, l’onore, la lotta contro il potere in nome della libertà e della pace. A dimostrazione della maturata consapevolezza raggiunta dal compositore, la successiva opera I Lombardi alla prima crociata è tutta una esaltazione del valore italiano, in particolare col celebre coro “O Signor che dal tetto natio”, ricco di elementi rivelatori di un sincero amor di patria.

Dall’Ernani al Macbeth: Verdi sempre più vicino al popolo Ernani (marzo 1844): ambientata in Spagna, al tempo di Carlo D’Aragona; nel coro “Si ridesti il Leon di Castiglia” è evidente il richiamo all’esigenza di indipendenza ed unità, da riferirsi alla situazione italiana. I Due Foscari (novembre 1844): presenti temi patriottici quali quello dell’esilio straziante e della giustizia infame. Giovanna d’Arco (febbraio 1845): fortissimi l’efficacia e l’impatto sul popolo italiano; il coro del popolo commenta la presenza dell’oppressore: clamorosa è l’invettiva contro gli stranieri, come pure altrettanto sentito è il pianto delle donne. Alzira (agosto 1845): tragedia lirica ambientata nell’antico Perù all’epoca dei “conquistadores”: ricco di spunti patriottici il coro “O fratelli caduti pugnando”. Attila (marzo 1846): l’opera, la più risorgimentale di tutte per la sua potente irruenza, è ispirata alle vicende dell’Unno che aveva invaso il Veneto. Tra i temi patriottici più evidenti: la patria come madre; l’italianità guerresca; l’eroe che cadendo lega per sempre il suo nome alla storia dell’adorata patria. Macbeth (marzo 1847): il coro “Patria oppressa” alludeva evidentemente al “dolore alto e solenne” degli italiani servi.

Verdi e le Cinque giornate di Milano Più ci si avvicinava ai moti rivoluzionari del 1848, più Verdi appariva pienamente colto da contagio rivoluzionario. 18-22 marzo 1848: Milano viene liberata dagli austriaci da parte dei patrioti italiani; Verdi, in quel momento a Parigi, si entusiasmò alla notizia e, partecipando con animo appassionato alle sorti alterne della riscossa nazionale, partì per Milano, arrivandovi peraltro il 5 aprile, a cose già concluse. Gennaio 1849: l’esperienza vissuta in una città di Milano in piena tempesta rivoluzionaria, incoraggiò Verdi a mettersi alla ricerca di un soggetto “altissimo e grandioso”, e a comporre, a tal fine, La battaglia di Legnano. L’opera, l’unica con un deliberato intento di propaganda risorgimentale, è ambientata a Milano nel 1176, ove i Comuni lombardi, riuniti nell’omonima Lega, difendono la città dalla minaccia rappresentata dalle truppe di Federico Barbarossa, e a Como, dove i cittadini gli dichiarano guerra. Per la prima volta, il tema della sacralità della patria veniva indissolubilmente connesso, senza mezzi termini, alla compagine italiana, attraverso un coro iniziale maestoso, trionfale, coinvolgente; un canto che si leva al grido: “Viva l’Italia!”.

“Viva V.E.R.D.I.!” Verdi, dunque, intrecciò sempre e profondamente la propria vita con quella del proprio Paese: le sue convinzioni furono sempre all’unisono con il sentimento del popolo italiano, che continuò ad inneggiare a lui, rendendolo una delle guide morali più significative nel panorama risorgimentale. Giugno 1855: a Parigi vennero messi in scena I Vespri Siciliani, ultimo, importante, melodramma di specifico argomento patriottico, la cui azione si svolge nel 1282 a Palermo, dove sta per scoppiare la rivoluzione del popolo siciliano contro l’occupante dominatore francese. Il suo nome diventò, in qualche modo, il simbolo stesso del Risorgimento: non è un caso, dunque, che nel 1859, agli albori della proclamazione dell’unità d’Italia, il suo nome, tradotto in sigla, fosse stato utilizzato dai partigiani della monarchia sabauda per tracciare sui muri delle città occupate dagli austriaci, un acronimo, “Viva V.E.R.D.I.!”, inneggiante alla persona di Vittorio Emanuele come futuro re d’Italia, per eludere i sospetti della polizia.

Non il fucile, ma le sue note: il contributo di Verdi alla causa nazionale ”Forse, per compiere al meglio la missione a cui ognuno è chiamato, è bene che si mettano a frutto i talenti, le facoltà ricevute in dote, e Verdi era un grande compositore. Pertanto, è possibile che lui stesso ritenesse di poter servire meglio la causa nazionale, non tanto con il fucile, quanto piuttosto con le opere. E’ la musica che parla anche per l’uomo Giuseppe Verdi, per il politico Giuseppe Verdi, per il patriota Giuseppe Verdi. Questi esplica il suo patriottismo con le note anziché con l’azione carbonara”. Professor Francesco Bussi, Docente di Storia ed Estetica della Musica “Se l’Italia divenne una sola nazione lo si deve anche a lui e alla forza del suo linguaggio musicale”. Carlo Azeglio Ciampi, già Presidente della Repubblica Italiana