Una cella solare è un dispositivo in grado di generare elettricità quando è irradiato di energia luminosa. I pannelli fotovoltaici contengono spesso più di una cella e a volte sono utilizzati per sostituire le batterie, dato che non hanno bisogno di essere ricaricati.
Le celle solari funzionano sulla base dell’effetto fotoelettrico, cioè l’emissione di cariche elettriche negative, dette elettroni, da una superficie, solitamente metallica, quando questa viene colpita da una radiazione elettromagnetica avente una certa frequenza. Elettroni in movimento Fascio di luce Piastra metallica Sfruttando questo effetto con un circuito è possibile generare corrente elettrica.
Le celle solari commerciali sono fatte con semiconduttori come il silicio e sono caratterizzate da una efficienza piuttosto elevata (quelle in silicio monocristallino sono in grado di convertire in elettricità fino al 15% dell’energia assorbita sotto forma di luce). Esistono anche celle fatte di materiali particolarmente costosi (e pericolosi), dedicate a impieghi aerospaziali, che raggiungono un rendimento del 40% Nel nostro esperimento è stato utilizzato ossido rameoso Cu2O, più semplice da ottenere ma inutilizzabile per usi pratici data la sua bassissima efficienza.
Era composta da: Un contenitore con una soluzione di NaCl Due elettrodi di rame Un multimetro digitale
L’esperienza si compone di 3 fasi fondamentali: La misurazione iniziale: sono state eseguite delle misurazioni con entrambi gli elettrodi di rame non ossidato. In assenza dell’ossido rameoso, non è stata generata elettricità in quantità notevoli. L’ossidazione degli elettrodi di rame: alcuni elettrodi sono stati riscaldati con la fiamma di bunsen e con la muffola, per permettere la formazione di Cu2O sulla loro superficie. La seconda misurazione, con la cella solare completa di uno degli elettrodi ossidato: questa volta il dispositivo ha dimostrato di reagire alla luce, producendo elettricità (50µA, 40mV circa)
Dopo l’esperimento ci siamo recati all’Università Ca’Foscari di Venezia (Mestre) per eseguire alcune analisi degli elettrodi. Per prima cosa abbiamo analizzato i diversi “dislivelli” presenti sulla superficie delle lamine, rilevando la presenza di irregolarità su quelle ossidate.
Infine, abbiamo inserito dei campioni degli elettrodi nel Microscopio Elettronico a Scansione (SEM) dell’Università. I campioni sono stati ritagliati dalle piastrine di rame e incollati su uno speciale supporto, per poter essere osservati col microscopio.
Il SEM ci ha permesso di osservare la struttura della superficie degli elettrodi, dandoci la possibilità di analizzarne le formazioni. Il microscopio è anche dotato di un sensore ai raggi X che permette di eseguire un’analisi chimica degli oggetti osservati (diffrattogramma X), rilevando gli elementi in esso contenuti e le loro quantità. Dall’analisi degli strati superficiali degli elettrodi ossidati è risultata la presenza di O e Cu, presenti in rapporto molare di circa 1:2. Questo ha permesso di dimostrare che si era effettivamente formato ossido rameoso Cu2O sui campioni prelevati.
Presentazione a cura di: Farnia Filippo Poles Ludovica Della classe IV D Del Liceo Scientifico Galileo Galilei di San Donà di Piave, Ve