SCUOLA MEDIA STATALE “DANTE ALIGHIERI” TESINA di FEDERICA LA SPINA CLASSE III SEZ. I ANNO SCOLASTICO 2005-2006
Giovanni Verga Nato a Catania il 02 settembre 1840
Panorama di Vizzini La casa di Catania GIOVANNI VERGA nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di Vizzini e muore a Catania nel 1922. Visse a Catania l'infanzia e la giovinezza, conoscendo bene l'ambiente siciliano che poi doveva descrivere in molte sue opere. Quando si trasferì a Milano, si accorse dei contrasti fra il nord e la sua terra; egli s'accorse della gravità della questione sociale dopo l'unità d'Italia soprattutto nel meridione, dove vi erano l'ignoranza, la miseria e il brigantaggio. Tali fatti storici influirono nelle sue opere.
Nell'opera del Verga possiamo vedere tre periodi: primo, ha un carattere romantico patriottico (I carbonari della montagna), in cui parla del Risorgimento con entusiasmo; secondo, romantico passionale, ossia quando si trasferisce a Firenze e parla dell'eccessiva passionalità e sentimentalismo che vede nel mondo borghese: questi scritti sentono l'influenza della Scapigliatura milanese. Sono romanzi d'amore pieni di sensualità (Una peccatrice, Storia di una Capinera, Eva, Tigre reale, Eros); terzo, verista, in questo periodo ritorna negli scritti alla Sicilia, parla non più del falso mondo borghese ma di quello degli umili in cui c'è più poesia.
La novella -Nedda-, per il suo contenuto sembra segnare l'inizio del periodo verista del Verga perchè la protagonista è un'umile donna della Sicilia, però sembra ancora la storia scritta da un borghese di buon cuore che si commuove. Invece nella raccolta delle novelle -Vita dei campi- si vede veramente che il Verga sente i problemi della sua terra.
Prima produzione verghiana Verga scrive i suoi primi romanzi tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta dell’Ottocento (Amore e patria, I carbonari della montagna, Sulle lagune), opere ancora legate a un romanticismo patetico e risorgimentale, frutto di un gusto un po’ antiquato lontano dalle novità di altri ambienti culturali. Accortosi della ristrettezza del mondo letterario catanese, Verga sente il bisogno di entrare in contatto con le correnti più moderne e avanzate della cultura italiana; dal 1865 compie viaggi a Firenze, capitale dell’Italia unificata, con una grande voglia di successo e mondanità; è qui che ha i primi contatti con artisti e letterati all’avanguardia, tra cui Luigi Capuana. In questa occasione ha modo di rivedere e arricchire il suo modo di scrivere e di pubblicare i suoi primi due romanzi, Una peccatrice (1866) e Storia di una capinera (1871).
Nel 1872 si trasferisce a Milano, realtà più dinamica e stimolante al tempo rispetto alla città toscana, di maggiore apertura internazionale, luogo d’incontro privilegiato di artisti e intellettuali. Qui, oltre a Luigi Capuana che lo raggiunge, frequenta Boito e Praga, inizia a leggere Balzac, Zola, ad avvicinarsi al naturalismo francese. La produzione dello scrittore si intensifica velocemente, pubblica Eva (1873), Eros (1874) e Tigre reale (1875), romanzi d’ambientazione borghese, nei quali sono esplicite le influenze del gusto tardo-romantico e scapigliato, accanto ai quali, però, nascono i primi esempi di novelle e bozzetti di ambientazione siciliana, Nedda (1874) e Padron ‘Ntoni, il primo progetto per I Malavoglia (1881).
I romanzi del decennio 1865-1875 hanno subito incontrato il favore del pubblico e sono stati fonte di buoni affari per gli editori dell’epoca; sono opere che hanno molto in comune, innanzitutto la storia ruota, quasi sempre, intorno alla figura di un artista provinciale trasferitosi in una grande città, in secondo luogo si tratta di una sorta di autobiografia in cui l’autore vuole evidenziare le conseguenze dovute all’incontro con un mondo corrotto, immorale, che minaccia l’integrità del protagonista. Questo nuovo mondo è rappresentato sempre dalle donne, dalla loro artificiale e diabolica bellezza. Tema ricorrente è, infatti, il mistero dell’innamoramento, legato al fascino della lontananza e all’illusione che si nasconde dietro la figura femminile; ma anche il mito dell’apparenza: una volta caduti gli apparati scenici, nel momento in cui subentra la quotidianità, la realtà della donna si rivela in tutta la sua povertà e suscita repulsione.
Nelle sue opere c’è la volontà di analizzare le passioni, affinché si raggiunga il fine dell’arte che, per Verga, è la rappresentazione del vero. Questo è spiegato dallo scrittore nella prefazione ad Eva, in cui, tra l’altro, Verga polemizza con la società a lui contemporanea, che considera salottiera, frivola, avida di piaceri. L’autore, con i suoi valori provinciali profondi, è affascinato dalla città cosmopolita, dalla sua eleganza e cultura, ma allo stesso tempo vi si sente a disagio e non ne può accettare l’ipocrisia, l’egoismo, il culto del denaro. E’ molto significativo allora che la quasi totalità dei protagonisti, ormai sconfitti nelle passioni e già “vinti” dalla vita, possa trovare pace solo tornando nel paese d’origine, riscoprendo il valore della famiglia, andando ad abitare in campagna, fuggendo così dai mali della città.
Verga Verista Lo scrittore concepisce le prime sperimentazioni veriste pochi anni dopo il suo trasferimento a Milano, capitale e centro di diffusione culturale dell’Italia unita. Già nel 1874, contemporaneamente alla pubblicazione di romanzi mondani, escono la novella Nedda e il bozzetto Padron ‘Ntoni dove, per la prima volta, i protagonisti sono di umili condizioni economiche inseriti nella dura realtà di un piccolo paese siciliano. Il 1878 è, però, l’’anno chiave nella svolta letteraria di Verga, in cui una serie di eventi contribuiscono al cambiamento. Appaiono le novelle Rosso Malpelo e Fantasticheria, dove l’autore dichiara esplicitamente la sua nuova poetica.
Negli anni Sessanta, infatti, i circoli letterari milanesi sono animati da dibattiti sulle nuove correnti culturali, sulla scia di quelli sollevati in Francia già intorno alla seconda metà dell’’Ottocento, su come rappresentare la realtà e su come avvicinare il mondo letterario al vero. Negli anni successivi prende forma in Italia il Verismo, un nuovo modello narrativo, vicino alle esperienze del Naturalismo francese, ma caratterizzato da sue autonome specificità.
Il Verismo assume vari aspetti nelle mani di diversi scrittori Il Verismo assume vari aspetti nelle mani di diversi scrittori. Tra questi spicca soprattutto l’operato di Verga e Capuana i quali, assieme al loro conterraneo De Roberto, vivono il Verismo legandolo saldamente al forte interesse per le proprie realtà regionali. Pur attraversando esperienze diverse, i tre scrittori siciliani sono accomunati dal desiderio di inserirsi nel mondo della cultura unitaria e, allo stesso tempo, sono testimoni della peculiarità culturale e della condizione emarginata degli isolani, concentrando nei loro racconti tutta le realtà siciliane e facendone il luogo dell’immaginario collettivo.
Le due novelle pubblicate da Verga nel 1878 confluiscono nel 1880 nella più ampia raccolta intitolata Vita dei Campi in cui lo scenario delle storie è una Sicilia arretrata e repressa abitata da poveri contadini. Le novelle introducono le figure più caratteristiche tra tutte quelle della lunga sfilata dei personaggi verghiani: l’ingenuo pastore Jeli, il selvaggio e malefico Rosso Malpelo, il focoso Turiddu di Cavalleria Rusticana e la passionale Lupa. Gli uomini e le donne che compaiono nei suoi racconti sono fatti di carne ed ossa e come tali rispondono ai più primitivi istinti umani.
Verga sostiene che la scelta di una narrativa basata su persone appartenenti alle sfere sociali più basse sia la condizione necessaria per indagare le pulsioni dell’agire umano. Secondo la sua poetica è più facile ricercare negli individui umili i meccanismi che portano alle azioni poiché queste sono comandate da un unico bisogno: l’istinto per la sopravvivenza. Al contrario nelle classi più agiate le necessità dell’uomo sono diverse e velate dall’etichetta sociale. Il personaggio “primitivo” di Verga vede nel nutrirsi l’unico gesto utile per vivere e le altre funzioni, come il pensare o il sentire con l’anima, ne sono subordinate. In questo si differenzia la produzione verista di Verga da quella dei suoi primi romanzi, in cui i personaggi vivono per soddisfare capricci o per seguire illusioni perdendo di vista i bisogni primari.
Sono molteplici gli stimoli che hanno agito sulla svolta narrativa di Verga verista. In passato la critica ha voluto individuare varie ragioni, da quelle di tipo sociale e politico a quelle più legate all’esperienza personale dello scrittore. Secondo quest’ultima la scelta di voler trattare il mondo povero siciliano nasce da una repulsione provata negli anni milanesi nei confronti dell’ambiente cittadino borghese, a cui è seguita una volontà di ritorno alle origini. In base ad altre letture critiche fondamentale è l’influenza del naturalismo francese esercitata sui circoli letterari della città.
Come scrive Verga Per riprodurre la società nel modo più “vero”, Verga lo osservò scrupolosamente, studiando l’ambiente fisico ed il dialetto, documentandosi sui mestieri e sulle tradizioni, inoltre usa uno stile impersonale in modo che il lettore si trovi, come dice lui stesso: “faccia a faccia col fatto nudo e schietto, senza stare a cercarlo fra le linee del libretto attraverso la lente dello scrittore”.
Così sembra che i personaggi e le vicende si presentino da sé, e chi legge ha l’impressione di essere messo a diretto confronto con la realtà di cui si parla. Per ottenere l’impersonalità Verga adotta il punto di vista della gente, di chi fa parte dell’ambiente che sta descrivendo, evita cioè di esprimere il suo personale giudizio e i suoi sentimenti. E per rendere ancora più vera e impersonale la rappresentazione lo scrittore costruisce una lingua nuova: è la lingua nazionale (non usa il dialetto siciliano perché vuole che le sue opere siano lette in tutta l’Italia), arricchita di termini di origine dialettale, di modi di dire e proverbi, di una sintassi modellata sul ritmo della lingua parlata dal popolo.
Vita dei Campi è una raccolta di novelle, in cui, con stile asciutto e colorito, Verga ritrae la vita rude della sua gente di Sicilia. Nei nove racconti, tra cui La lupa, Cavalleria Rusticana,Fantasticheria, Jeli il pastore, Rosso Malpelo, L’Amante di Gramigna, il principio dell’impersonalità trova la sua prima espressione compiuta attraverso la rappresentazione obiettiva, anche se umanamente partecipe, dei meccanismi che regolano la vita, delle lotte feroci che essa impone. Tuttavia emerge ancora dalla raccolta la sacralità di certi principi elementari del mondo contadino della sua terra che Verga vede inviolati. La Lupa, nella novella omonima, sa che il genero, col quale ha stretto un legame incestuoso, la ucciderà, ma quando vede lontano la falce dell’uomo brillare al sole, va consapevole incontro alla morte, che accetta come necessaria conseguenza della sua aberrante passione. Anche in Cavalleria rusticana la legge dell’onore si mesola con quella del sangue, secondo un rituale antichissimo, residuo di una civiltà primitiva, agli albori della storia.
da "Vita dei campi" (1880) Cavalleria rusticana Giorno di Pasqua in un paese della Sicilia orientale. L'azione si svolge nella piazza nella quale si trovano una chiesa e l'osteria di Lucia. Si sente Turiddu che canta una serenata a Lola. Prima di partire per fare il soldato le ha giurato amore eterno, ma lei, durante la sua assenza, ha sposato Alfio. Al suo ritorno Turiddu, per vendicarsi ha iniziato a corteggiare Santuzza e, con la promessa di sposarla, l'ha sedotta. Turiddu, che non può dimenticare il loro legame, si aggira nei pressi della casa di Alfio, che, spesso assente, non si accorge di nulla. Chi se ne è resa conto è Santuzza che, preoccupata e in preda all'angoscia, cerca Turiddu per parlargli e avere una spiegazione del suo comportamento. Confida quanto sta succedendo a Lucia, madre di Turiddu, svelandole i suoi sentimenti e la sua disperazione: oramai si trova ad essere disonorata e abbandonata. Arriva Turiddu e fra i due nasce una concitata discussione, interrotta quando passa Lola, che si reca alla messa di Pasqua.
Le due donne si scambiano parole ironiche fino a quando Lola va alla messa. Poco dopo la segue Turiddu, insensibile all' implorazione di Santuzza che, nella sua condizione di scomunicata, non ha il permesso di entrare in chiesa. Ormai disperata, augura la mala Pasqua all'uomo che la sta abbandonando, e decide di rivelare quanto succede ad Alfio. Alla fine della messa, la piazza torna a popolarsi. Turiddu beve qualche bicchiere con Lola ed alcuni amici e, al suo avvicinarsi, ne offre uno anche ad Alfio, che rifiuta sdegnato. Ai due rivali non occorrono ormai altre discussioni. Mentre tutti si allontanano, la sfida è lanciata e il duello avrà luogo dietro l'orto. Turiddu, che si finge ubriaco, saluta con commosse parole la madre, a cui affida la povera Santuzza e va ad incontrare il rivale: poco dopo dall'orto giunge l'urlo di una donna: "Hanno ammazzato compare Turiddu!".
I Malavoglia La casa del Nespolo - Acitrezza Questo romanzo è la storia triste di una povera famiglia di Acitrezza (Catania) e il cui capo padron 'Ntoni, capo di una famiglia di pescatori che con ogni mezzo cerca di tenere in piedi la casa del Nespolo e la tranquillità che questa casa rappresenta. Egli ha un debito con lo zio Crocifisso per un carico di lupini, purtroppo perduto in mare nel naufragio della barca provvidenza assieme a suo figlio Bastianozzo. Appunto per questo i Malavoglia fanno enormi sacrifici, ma il nipote 'Ntoni si allontana da Acitrezza perchè vuole conoscere le città ed il mondo; come un pesce affamato se lo inghiotte e con lui suoi molti parenti. I Malavoglia saranno costretti a vendere la casa del Nespolo, che alla fine il nipote più giovane, Alessi, riuscirà sì a ricomprare, ma il nonno, finito in ospedale, è già morto, solo, e purtroppo la famiglia è disperata e distrutta. I personaggi principali sono: 'Ntoni, che uscito dal carcere lascerà il paese; Mena innamorata del carrettiere Alfio; Lia che si allontanerà dal paese e si perderà; Alessi che ricomprerà la casa.
Concludendo, il tema fondamentale dei Malavoglia è la religione della casa, l'ideale dell'ostrica, cioè l'attaccamento della povera gente alla casa, che come uno scoglio nel quale è tutta la sua fortuna. In questo romanzo abbiamo spesso i proverbi che sono molto importanti perchè, per esempio, detti da padron 'Ntoni non esprimono veri dolori; così i proverbi sono usati al posto dei giudizi dell'autore, come se il fatto si commenti da sè con le parole della gente, che questo fatto vive e soffre. Tutti i personaggi hanno la stessa importanza per cui in questo romanzo c'è un'armonia e un equilibrio che ricorda la coralità delle tragedie greche. Il linguaggio è conciso, facile a capirsi fatto tutto di cose concrete e di verità. Il valore morale dei Malavoglia si può vedere nell'ultima parte del romanzo in cui vediamo che il piccolo mondo di Acitrezza non è cambiato e l'episodio dei Malavoglia fa parte della triste storia di sempre, simbolo della condizione degli umili ma anche di tutto il genere umano. 'Ntoni, che dopo la triste esperienza del carcere cerca di farsi una nuova vita, ci fa capire che la sventura è utile se ci insegna qualcosa.
FINE