Lavoro minorile in Italia Redatto da : Riga Loris, Micheli Nicole, Gobber Ylenia, Fabbris Diego
I Dati: In Italia lavorano 144.000 ragazzi tra i 7 e 14 anni e 31 mila di essi possono definirsi letteralmente sfruttati. Secondo la ricerca possono essere considerati economicamente attivi (con lavori quindi anche all'interno del nucleo familiare o comunque parziali o stagionali) 12.168 bambini tra i 7 e i 10 anni, 66.047 tra gli 11 e i 13 anni.
Le percentuali: Sulla media della popolazione dell'età corrispondente lavorano circa 3,1 ragazzi: 0,5% del totale dei ragazzi tra i 7 e i 10 anni, il 3,7 tra gli 11 e i 13 anni e l'11,6% dei quattordicenni. I dati raccolti, riferiti al 2000, sono in linea con le stime calcolate dall' Ilo (ufficio internazionale del lavoro) per i paesi sviluppati (2%). Possono, invece, essere considerati “sfruttati”, 31.500 bambini, lo 0,66% dei ragazzi nella stessa fascia d’età. I più sfruttati, secondo l’Istat, sono i quattordicenni, il 2,74% del totale.
Cause per il lavoro minorile La prima causa di questo fenomeno è sicuramente la povertà; molte storie di sfruttamento partono dalla necessità di sfamare una famiglia che ha perso il padre o che si è indebitata o più semplicemente che si è ampliata con l’arrivo di nuovi nati. Non và inoltre dimenticato che i bambini e gli adolescenti subiscono angherie e ricatti, non hanno coscienza sindacale e dunque diventano la forza lavoro ideale per gran parte dei datori di lavoro. Vi sono poi le variabili culturali che aggravano il problema, sovrapponendo alle complicazioni economiche, antiche e nuove disparità sociali; questo fenomeno è ad esempio molto diffuso in India dove le leggi nazionali che proibiscono il lavoro per i minori di quattordici anni non vengono messe in pratica per i bambini della casta degli “intoccabili”. Su tutte queste variabili culturali, infine, domina quella “di genere”, che fa sì che nel mondo le bambine siano, a parità di età e di provenienza sociale, più penalizzate dei maschi. A molte di esse si nega ancora il diritto all’educazione di base con l’effetto di mantenerle ai livelli più infimi della scala sociale e di assoggettarle, una volta cresciute, allo sfruttamento da parte del marito. L’istruzione è l’unico vaccino efficace che può stroncare questa piaga tremenda. Il fabbisogno per rendere l’istruzione un diritto concreto per tutti i bambini del mondo, ammonterebbe a diecimila miliardi di dollari l’anno: quattro giornate di spese militari mondiali…
Forme del lavoro minorile: Il lavoro domestico di bambini e adolescenti è un fenomeno sommerso, difficilmente quantificabile, ma molto diffuso. Malnutrizione, orari di lavoro massacranti e sfruttamento sessuale sono considerati come complemento del loro impiego. In Sri Lanka una famiglia su tre ha in casa un servo bambino di età inferiore ai quattordici anni, in Kenya una su cinque; Lo sfruttamento sessuale coinvolge circa un milione di minori ogni anno nel mondo. L’introito di enormi quantitativi di valuta straniera, scoraggia molti Paesi ad attuare una seria politica di eradicamento di queste pratiche. L’abuso sessuale è inoltre una pratica molto diffusa per molti datori di lavoro che, in questo modo, affermano la loro assoluta prepotenza su persone non in grado di difendersi o di far valere i propri diritti più elementari; Il lavoro nelle industrie e nelle piantagioni comprende attività pericolose e pesanti che sottopongono il fisico dei minori a gravi rischi. Essi infatti raccolgono il thè nelle piantagioni irrorate di pesticidi nello Zimbabwe, scavano nelle miniere di carbone della Colombia, rischiando la vita a causa di metodiche lavorative antiquate e pericolose; Un bambino che vende bevande nella stazione ferroviaria, che lucida le scarpe di fronte ad un albergo o che raccoglie in una discarica rifiuti da riciclare, è innanzitutto un bambino che lavora. Il lavoro di strada è spesso facile bersaglio di azioni repressive a volte spietate, condotte in nome dell’ordine pubblico e della difesa della proprietà; Il lavoro familiare si svolge nella casa o nel campo dei propri genitori e molte volte impedisce la frequenza della scuola o pregiudica uno sviluppo sano nelle fasi più delicate della crescita. Il livello eccessivamente basso dei salari dei genitori a volte è alla base del lavoro familiare dei bambini. Ad esempio in Pakistan, un cucitore di palloni da calcio, guadagna circa mezzo dollaro a pallone e in una giornata riesce a cucirne in media tre. E’ quasi inevitabile che uno o più figli saranno coinvolti nella cucitura, per riuscire a sfamare l’intera famiglia.
Le leggi per la tutela del lavoro La legge 977/67, per esempio, vieta i lavori faticosi e insalubri ai minori di 16 anni e i ragazzi tra i 15 e i 18 anni non possono lavorare più di 8 ore al giorno e più di 40 ore a settimana. La legge dedicata alla Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti rimedia alle più gravi carenze della legislazione precedente, specie con riguardo all'ambito d'applicazione, esteso ormai alla quasi generalità dei rapporti privati di lavoro (regolare), ai limiti d'età per l'ammissione al lavoro, alla disciplina del lavoro notturno, dell'orario e dei riposi. La legge, dopo aver definito "fanciulli" i minori che non abbiano compiuto i 15 anni e "adolescenti" quelli d'età compresa tra 15 e 18 anni, fissa l'età professionale per tutti a 16 anni, tranne l'abbassamento del limite a 14 anni per i servizi familiari, per il settore agricolo o per i lavori leggeri.
L'azione di Telefono Azzurro. L'ordine dei consulenti del lavoro e Telefono Azzurro hanno stipulato un protocollo di intesa con l'obiettivo di sensibilizzare le istituzioni, le imprese, la scuola sul tema del lavoro minorile e di attivare concrete azioni a tutela dei minori. La presenza di Telefono Azzurro è risultata infatti di fondamentale importanza per leggere il fenomeno, non solo per la gravità delle sue conseguenze sullo sviluppo evolutivo del minore, ma anche per segnalare tutti i drammatici rischi che corre il bambino inserito nel circuito dello sfruttamento e del lavoro non tutelato (privazione della libertà, trascuratezza, abusi fisici, psicologici, sessuali, gravi infortuni).
Le conseguenze dello sfruttamento del lavoro minorile Lo sfruttamento del lavoro minorile ha serie conseguenze sulla salute e sullo sviluppo dei bambini e degli adolescenti ed effetti psicologici che ne possono segnare tutta la vita. La loro vulnerabilità li pone a rischio di incidenti e di malattie professionali più di un adulto che faccia lo stesso lavoro. I minori che lavorano possono essere esposti a prodotti nocivi (es. pesticidi e diserbanti in agricoltura); difficilmente hanno sufficienti conoscenze per maneggiare sostanze pericolose né sufficiente potere contrattuale per rifiutare determinate attività. Inoltre essere costretti a lunghe ore di lavoro ripetitivo causa cali di attenzione che aumentano il rischio di incidenti.
Combattere lo sfruttamento del lavoro minorile Il lavoro minorile è un problema globale, intrinsecamente legato a quello dell’economia familiare e del paese in cui vivono i bambini. Quindi, se da una parte è importante eliminare subito le forme di lavoro minorile più gravi, bisogna tuttavia permettere quelle forme di lavoro minorile in cui le condizioni e gli orari di lavoro non impediscono l’accesso all’istruzione e il tempo libero. Deve essere garantita l’istruzione di base poiché gli sforzi per sottrarre le bambine e i bambini al lavoro sono destinati a fallire se non sono collegati alla creazione di opportunità educative praticabili. E’ poi necessario fornire un adeguato sostegno economico alle famiglie, con progetti che garantiscano posti di lavoro per gli adulti e che permettano di supplire al reddito perduto. Nel 1992 l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) ha creato un Programma internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile (IPEC) che si propone di eliminare gradualmente il lavoro minorile, rafforzando la capacità degli Stati a far fronte al problema e promuovendo un movimento mondiale contro il lavoro minorile.