Due paradigmi a confronto (cfr. Nerlich-Clark 1996:7; Caffi, 2009:22)

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Transcript della presentazione:

Due paradigmi a confronto (cfr. Nerlich-Clark 1996:7; Caffi, 2009:22) Paradigma formale Una lingua è un insieme di frasi La funzione primaria della lingua è l’espressione del pensiero Il correlato psicologico di una lingua è la competenza linguistica La sintassi è autonoma rispetto alla semantica e entrambe sono autonome rispetto alla pragmatica Paradigma funzionale Una lingua è uno strumento della interazione sociale La funzione primaria della lingua è la comunicazione Il correlato psicologico di una lingua è la competenza comunicativa La pragmatica è la cornice al cui interno si collocano sintassi e semantica: la semantica è subordinata alla pragmatica e la sintassi alla semantica

La Teoria degli atti linguistici Austin (1911-1960)

Performatività (da to perform) La messa a fuoco della dimensione pragmatica del linguaggio umano si deve ai filosofi: Già Aristotele distingueva tra frasi apofantiche e frasi semantiche Nel Novecento la riflessione pragmatica si deve a: Wittgenstein, Austin, Searle, Grice

Si possono descrivere le seguenti frasi in termini di verità/falsità? La lezione è cominciata alle 14,15 Chi vuole fare l’esame nel primo appello? Fate attenzione! Bene, promosso! Ti prometto che ne terrò conto Scommetto che ti darà la lode Ti consiglio di ripensarci Mi scuso per l’errore Battezzo questa nave Queen Elizabeth Vietato fumare Cane feroce

Teoria dell’azione comunicativa Austin, Performativo e constatativo (1958) Con gli enunciati assertivi si dice qualcosa Con gli enunciati performativi (che contengono un verbo performativo) si fa qualcosa, o meglio si fa quello che si dice e si dice quello che si fa.

I verbi performativi segnalano lo svolgimento di un atto linguistico Asserire, giudicare, ordinare, scommettere, giurare, dichiarare, domandare, salutare, licenziare, dimettersi, battezzare ecc. La loro presenza in un atto linguistico implica l’esecuzione dell’azione che evocano. Sono verbi che alla prima persona del presente indicativo fanno quello che dicono e dicono quello che fanno (Caffi, p. 37) Condizioni di funzionamento del performativo: prima persona singolare, tempo presente (necessità di ancoraggio al contesto di enunciazione: discorso, cfr. Benveniste)

Forma canonica del performativo Prima persona singolare, verbo in forma attiva, indicativo presente Esempi: Scommetto…, battezzo..., dono..., dichiaro..., prego… E però: vietato fumare!; I viaggiatori sono pregati di servirsi del sottopassaggio; Chiudi la porta! sono performativi pur non rispettando la forma canonica, mentre: Asserisco che c’è il sole, è in forma canonica ma non è un performativo.

Condizioni di buona riuscita (felicità) A) Competenze relative alla procedura convenzionale accettata, che deve includere certe persone in certe circostanze, il loro atto di pronunciare certe parole e la loro rispettiva appropriatezza B) Rispetto della procedura, che deve essere eseguita in modo corretto e completo C) Stati interni del parlante coerenti con la procedura eseguita e comportamenti conseguenti coerenti

Infelicità Colpi a vuoto Atto preteso ma nullo Abusi Rispetto all’oggetto o all’interlocutore: Invocazioni indebite (violazione della condizione A) Colpi a vuoto Atto preteso ma nullo Rispetto alla procedura: Esecuzioni improprie (violazione della condizione B) Abusi Rispetto al parlante: Atto ostentato ma vacuo (Violazione della condizione C)

Invocazioni indebite: una delle condizioni di proferimento non viene rispettata (persone, momento, procedure): ad esempio si battezza un pinguino; si scommette qualcosa senza che ci sia qualcuno che scommette il contrario Esecuzioni improprie: ad esempio un cerimoniale (matrimonio, giuramento) non realizzato completamente ma interrotto per qualche motivo esterno (esempio giuramento di Obama, 20.1.2009) Abuso: quando l’enunciato viene formulato senza sincerità (non si hanno sentimenti, pensieri, intenzioni corrispondenti), oppure non è seguito da un agire coerente: ad esempio: “mi congratulo!” quando non penso che sia un’azione lodevole; oppure “benvenuto!” e poi tratto la persona come un intruso.

Condizioni di buona/cattiva riuscita dei constatativi Austin, How to do things with worlds (1962): Parlare comporta compiere azioni di tipo sociale, regolate da convenzioni spesso tacite. Tali convenzioni comprendono “condizioni di felicità”, che devono cioè essere soddisfatte dal contesto in cui l’enunciato è proferito. Anche l’atto linguistico assertivo risponde a condizioni di felicità che, se violate, possono decretarne il fallimento. Tra le condizioni di felicità di un atto assertivo c’è il riferimento, in assenza del quale l’atto assertivo non può avere un valore di verità.

I livelli di descrizione dell’atto linguistico Austin, How to do things with words (Come far cose con le parole), 1962 (postumo): dire qualcosa equivale a compiere tre atti simultanei: Locutorio: atto del dire qualcosa, equivale a pronunciare una certa frase con un certo significato (in senso tradizionale). Comprende l’atto di emettere certi suoni (fonetico), l’atto di proferire vocaboli appartenenti a un certo lessico e a una certa grammatica (fatico), l’atto di usare questi vocaboli con un senso e un riferimento più o meno definiti Illocutorio: atto nel dire, modo in cui deve essere interpretato ciò che si dice; forza: funzione comunicativa convenzionale: la forza illocutoria è esplicitabile attraverso forme messe a disposizione da una lingua naturale. Perlocutorio: atto col dire, ciò che otteniamo o riusciamo a fare con le parole (dimensione non convenzionale). Distinzione tra obiettivo perlocutorio (connesso alla illocuzione) e seguiti perlocutori (non necessariamente legati alla illocuzione).

un relatore può chiedere silenzio al suo uditorio: Distinzione tra atto illocutorio e atto perlocutorio, tra intenzione illocutiva e forza illocutiva superficiale. Ciò che facciamo col dire può restare identico pur variando ciò che facciamo nel dire. Esempio un relatore può chiedere silenzio al suo uditorio: Non verbalmente, osservando con aria severa e seccata gli astanti Con una domanda: potete fare silenzio? Con una asserzione: sembra il mercato Con un’esortazione: facciamo silenzio! Con un ordine: fate silenzio! Con una esclamazione: che chiacchiera!

Forza illocutoria Funzione comunicativa convenzionale e contestualizzata (es. domanda, ordine, promessa, consiglio, preghiera, ecc.) Elemento di novità introdotto da Austin. Mette a fuoco i diversi modi in cui il linguaggio è azione

Significato letterale e forza “Questo Paese deve essere unito, e se non l’unisce la persuasione lo farà la spada” (Convenzione Federale di Filadelfia, 1787, discussione sulla futura Costituzione degli Stati Uniti) Che tipo di atto è ? Constatazione oppure Avvertimento, minaccia Giuseppe ama i suoi libri come figli Asserzione Consiglio (restituire il libro al più presto)

Indicatori di forza illocutoria Indicatori lessicali Verbi illocutori Forme di intestazione: Convocazione, Nomina, Autorizzazione, Domanda, Avviso Espressioni frasali (per favore) Indicatori sintattici Modo verbale: imperativo e le sue funzioni: Giura di dire la verità (imperativo=direttivo) vs Tu giuri di dire la verità (indicativo=assertivo); augurio: divertiti!; offerta: prendilo pure!; istruzioni: prendete un Kg di farina…. Passivo: vietato fumare!; I viaggiatori sono pregati di servirsi del sottopassaggio; la seduta è tolta; Lei è licenziato! Forma impersonale: si prega di riagganciare; Con la presente la S.V. è convocata; si avverte che i trasgressori saranno puniti Tempo verbale: es.futuro (promessa: verrò); imperfetto (volevo solo chiedere..)

Indicatori prosodici Tono della voce Enfasi Esempio: Vieni da noi Può avere diverse forze: Ordine Domanda Richiesta gentile Esclamazione di stupore

Austin: tipi di atti linguistici in relazione a verbi illocutivi Verdettivi: emissione di un verdetto, un giudizio, una valutazione (giudicare, stimare, valutare, calcolare) Esercitivi: esercizio di poteri, diritti, influenza (ordinare, raccomandare, lasciare in eredità, licenziare, votare per, avvertire, consigliare) Commissivi: assumere un impegno (promettere, scommettere, avere intenzione di, proporre, giurare, opporsi, acconsentire) Comportativi: legati ad atteggiamenti e comportamenti sociali (scusarsi, congratularsi, sfidare, ringraziare, dare il benvenuto, augurare, benedire, maledire) Espositivi: usati nel discorso nella esposizione di un modo di vedere: illustrare opinioni, portare avanti discussioni, chiarificare usi e riferimenti (affermare, negare, rispondere, domandare, dedurre, definire, concludere).

Atti linguistici e frame In una prospettiva cognitiva complessa ciascun lessema può essere considerato come la manifestazione in superficie di sottostanti schemi concettuali e narrativi, scene prototipiche, che costituiscono il suo contesto standard di riferimento, cioè lo sfondo che permette di comprenderne il significato e regolarne l’uso. La più tradizionale analisi del lessico viene così riformulata saldando la singola forma linguistica ad un determinato frame, che a sua volta apre l’accesso ad un sottostante livello di natura non linguistica (scena), relativo a forme di organizzazione e strutturazione dell’esperienza con tratti di regolarità che possono essere descritti e in qualche modo previsti.

Radici filosofiche, sociologiche e psicologiche del concetto di frame L’idea che ogni comprensione dell’esperienza si inscriva in sistemi di riferimento categoriali o schemi mentali necessari per orientare il pensiero attraversa una lunga tradizione filosofica, da Aristotele a Kant, a Frege. Nella ricerca contemporanea la nozione di frame o schema ha cominciato a diffondersi a partire dagli anni Settanta in due diversi orizzonti di discussione, una sociologica, l’altra cognitivo-psicologica.

Nell’indirizzo sociologico e antropologico il termine, introdotto da Gregory Bateson – e poi adottato da Dell Hymes e Erving Goffman e dall’etnografia del linguaggio – serve a individuare un livello metapragmatico, e cioè l’insieme dei segnali metacomunicativi che indicano in quale chiave vada interpretato un certo messaggio (dunque un’accezione interazionale). Qui il frame individua una scena di interazione prototipica derivata da strutture sociali e culturali

Nell’indirizzo della psicologia cognitiva e dell’intelligenza artificiale (Marvin Minsky) la nozione di frame è assunta in riferimento a una molteplicità di dimensioni, relative al modo con cui la nostra conoscenza del mondo si struttura nella dimensione dello spazio: contesto di riferimento, partecipanti, attività mentali e sensomotorie. Schank e Abelson (1977) hanno poi introdotto il concetto di script, relativo invece alla dimensione temporale (sequenze temporali prototipiche di determinate situazioni).

Linguistica del frame È con Charles Fillmore (Frame Semantics, in The Linguistic Society of Korea (ed.), Linguistics in the Morning Calm, Seoul, Hanshin, pp. 111-138) che il concetto viene adottato nella riflessione linguistica e sviluppato in una teoria semantica. Su questa base poi Lakoff ha sviluppato la riflessione sui frame in una direzione che va al di là della pura teoria cognitiva del linguaggio, mostrandone le possibili applicazioni a contesti politico-sociali e mediatici. Basti pensare ai due recenti testi di George Lakoff di taglio divulgativo su mente, linguaggio e politica: Non pensare all’elefante, Roma, Fusi orari 2006 (ed. or. 2004) e Pensiero politico e scienza della mente, Milano, Mondadori, 2009 (ed. or. 2008).

Searle (1932-)

«Parlare una lingua significa impegnarsi in una forma di comportamento molto complessa, governata da regole. Apprendere a padroneggiare una lingua è tra l’altro apprendere a padroneggiare tali regole» (Atti linguistici. Saggio di filosofia del linguaggio, a cura di Leonardi, Boringhieri, 1976; ed.or.1969, p. 36) Influenza della linguistica chomskiana: «La struttura semantica di una lingua può essere concepita come la realizzazione convenzionale di una serie di insiemi di regole costitutive sottostanti […] gli atti linguistici sono atti eseguiti, tipicamente, enunciando espressioni in accordo con questi insiemi» (ivi, p. 65)

Regole costitutive e regole normative La maggior parte delle regole regolano comportamenti preesistenti: “guidare sul lato destro della strada” stabilisce come si guida negli Stati Uniti, ma l’attività di guidare un auto esiste indipendentemente da tale regola. La forma caratteristica di queste regole è “fai X”. Alcune regole non solo regolano ma creano la possibilità stessa del comportamento: ad esempio le regole degli scacchi costituiscono il gioco. La forma caratteristica di queste regole è “X ha valore di Y nel contesto C”. Perché un pezzo di carta (X) abbia valore di banconota (Y) sono necessarie regole costitutive, in primo luogo regole costitutive sull’aver valore di banconota; in secondo luogo regole costitutive sulla validità delle banconote. Ciò vale anche per l’uso del verbo promettere: «l’enunciazione di P conta come l’assunzione dell’obbligo di fare x»

Più chiara distinzione tra contenuto proposizionale e forza illocutoria: Una stessa forza può essere innestata su contenuti proposizionali diversi Forze illocutorie diverse possono avere lo stesso contenuto proposizionale Test della negazione: è possibile negare separatamente la forza o il contenuto proposizionale

Chiamami alle otto (Ti chiedo (piano illocutivo) di chiamarmi alle otto (piano locutivo)) atto enunciativo (locutorio): sequenza fonica e atto proposizionale; atto illocutivo: forza illocutiva, intenzione del parlante: richiesta (direttivo) atto perlocutivo: effetto, comportamento conseguente dell’interlocutore. Possibilità di negare il livello locutivo (proposizionale) o illocutivo (la forza) Non ti chiedo di chiamarmi alle otto Ti chiedo di non chiamarmi alle otto

Dimensioni fondamentali di variazione degli atti illocutori Scopo dell’enunciato Indurre qualcuno a fare (credere/dire) qualcosa Impegnarsi in un’azione futura Rappresentare qualcosa Direzione del vettore di adattamento tra parole e mondo Adattamento delle parole al mondo (asserzioni) Adattamento del mondo alle parole (promesse, ordini) Stato psicologico del parlante Credenze del parlante (asserzioni) Intenzione di azione (promettere, minacciare) Desiderio di azione da parte del destinatario (richiesta, ordine)

Energia o intensità con cui è presentato lo scopo illocutorio Andiamo al cinema? Voglio andare al cinema Influenza delle differenze di status e posizione del parlante sulla forza illocutoria dell’enunciato Ruolo della simmetria/asimmetria tra parlanti in relazione ad un comando o a una richiesta Necessità o meno di determinate condizioni extra-linguistiche Sciogliere le camere laureare

Tipi di atti linguistici per Searle rappresentativi – Scopo: impegno del parlante nei confronti della verità della proposizione espressa (asserire, concludere ecc.). Stato psicologico: credenza. (=espositivi e verdittivi di Austin) direttivi – Scopo: il parlante tenta di indurre l’interlocutore a fare qualcosa (interrogare, richiedere, avvertire, ordinare, comandare, supplicare ecc.). Stato psicologico: volere o desiderio (= esercitivi di Austin). commissivi – Scopo: impegno del parlante a fare qualcosa nel futuro (promettere, minacciare, offrire ecc.). Stato psicologico: intenzione. (=commissivi di Austin) espressivi – Scopo: esprimere uno stato psicologico (ringraziare, scusarsi, salutare, lamentarsi, congratularsi ecc.). Stato psicologico: emozioni e stati intenzionali diversi (vedi i comportativi di Austin) dichiarativi – Scopo: provocare cambiamenti immediati in uno stato di cose istituzionale, far sì che una cosa avvenga dichiarando che essa avviene (scomunicare, licenziare, battezzare, dichiarare guerra ecc.). La performatività torna ad essere un tratto specifico di alcuni verbi, cfr. Benveniste, verbi dichiarativi

Direzione di adattamento Atti rappresentativi Parole mondo Il test più semplice per sapere se un atto linguistico ha direzione di Adattamento parola-a-mondo è chiedersi se sia vero o falso.

Direzione di adattamento Atti direttivi Parole mondo

Direzione di adattamento Atti commissivi parole mondo

Direzione di adattamento Atti dichiarativi parole mondo J. A. Searle, Mind, Language and Society, 1998; trad. it. Mente, Linguaggio, società, Cortina, 2000.

Corrispondenza tra atti linguistici e stati intenzionali I primi quattro tipi di atti linguistici hanno analoghi esatti tra gli stati intenzionali: agli assertivi corrispondono le credenze ai direttivi i desideri ai commissivi le intenzioni agli espressivi l’intera gamma di emozioni e gli stati intenzionali in cui l’adattamento presupposto è dato per scontato. Ma non ci sono entità prelinguistiche analoghe alle dichiarazioni. Gli stati intenzionali prelinguistici non possono creare fatti nel mondo rappresentando questi fatti come già esistenti. Questo tratto degno di nota richiede il linguaggio (Searle 2010:90).

Atti dichiarativi Combinano la direzione di adattamento parola-a-mondo con quella mondo-a-parola. Sono i casi in cui modifichiamo la realtà per farla corrispondere al contenuto proposizionale dell’atto linguistico e, in tal modo, otteniamo la direzione di adattamento parola-a-mondo. Ma, questa è la parte straordinaria, riusciamo a fare ciò perché rappresentiamo la realtà come cambiata. Le dichiarazioni cambiano il mondo dichiarando che uno stato di cose esiste, e nel dichiararlo, costituiscono quello stesso stato di cose”. (Searle, Creare il mondo sociale, Cortina 2010 (ed. or. 2010), p. 12-3)

Funzioni di status e atti dichiarativi Secondo Searle (Creare il mondo sociale. La struttura della civiltà umana, Cortina, 2010), tutti i fatti istituzionali e dunque le funzioni di status (che Barack Obama sia il presidente degli Stati Uniti, aggiornare una seduta, ecc.) sono creati da atti linguistici dichiarativi. Con l’eccezione importantissima del linguaggio, tutta la realtà istituzionale – dunque in un certo senso l’intera civiltà umana – è creata da atti linguistici che hanno la stessa forma logica delle dichiarazioni.

Il rapporto tra linguaggio e “fatti istituzionali” (matrimonio, proprietà, denaro, ecc.) è rintracciabile nella evidenza che sia le istituzioni che le lingue sono basate su regole costitutive. Le regole costitutive sono dichiarazioni permanenti (ivi, pp.13-4) «La nostra ipotesi che parlare una lingua sia eseguire degli atti secondo regole costitutive ci coinvolge nell’ipotesi che sia un fatto istituzionale il fatto che un uomo abbia eseguito un certo atto linguistico, che ad esempio abbia fatto una promessa» (Atti linguistici, 1976, p. 82)

Atti linguistici indiretti Atti in cui la funzione non corrisponde alla forma. Un atto illocutorio viene eseguito indirettamente attraverso l’esecuzione di un altro atto linguistico. Ad esempio la funzione del direttivo è svolta da una forma affermativa, propria dell’atto rappresentativo. Es. Credo che il treno stia partendo Direttivo (ti consiglio di andare) in forma di rappresentativo (con verbo di atteggiamento con funzione attenuativa) (mitigazione, cfr. Benveniste: verbi di atteggiamento proposizionale) Quante volte v’ho detto, all’uno e all’altro, che i frati bisogna lasciarli cuocere nel loro brodo? I Promessi Sposi, cap. XVII Affermazione (rappresentativo/verdettivo) nella forma di domanda (retorica) Le strutture superficiali di un tipo di forza illocutiva sono utilizzate per raggiungere scopi direttamente legati ad un altro tipo di forza. Negli atti linguistici indiretti il parlante comunica all’ascoltatore più di quanto effettivamente non dica. Logica della cortesia

Gli atti linguistici indiretti lasciano al destinatario la scelta del modo di intendere l’enunciato, tramite una implicatura conversazionale, e sono meno impositivi. Viene perciò privilegiato l’essere indiretti a scapito della chiarezza, perché offre delle alternative e non pone il destinatario in una posizione di inferiorità. Quando due persone interagiscono linguisticamente negoziano non solo il significato di ciò che si dicono ma anche la loro relazione

Critiche e prospettive Attenzione centrata prevalentemente sulle intenzioni del parlante. Occorre indagare la relazione tra gli atti linguistici e i loro effetti (trasformazioni del contesto) (Gazdar e Sbisà). Molte ricerche si sono mosse sul terreno degli scopi perlocutori (far credere, far fare, far dire). Il modello searliano è a un posto: c’è solo un parlante che ha intenzione di compiere un certo atto linguistico e in esso si esprime. L’ascoltatore resta in una posizione puramente recettiva. Necessità di una riflessione sugli aspetti interazionali dell’uso del linguaggio (negoziazione tra parlante e ascoltatore)

Necessità di una contestualizzazione della nozione di forza illocutoria nell’indagine di vari tipi di comportamento sociale e culturale: indagini che si occupano del problema delle somiglianze e delle differenze tra lingue e culture diverse. Ricerche di pragmatica interculturale e contrastiva (cfr. Gumperz, Il sapere socioculturale nell’inferenza conversazionale).

Prospettive di indagine logiche : in che modo una teoria linguistica può essere connessa a una teoria dell’azione? etiche : quali diverse responsabilità comporta la presa di parola ? socioetnologiche : in quali atti linguistici una data comunità si riconosce tipologico-testuali : quali atti linguistici sono costitutivi di quali tipi di testo. Il testo, nella sua unità ed eterogeneità, può essere considerato come una macro-illocuzione. Gli atti linguistici possono essere realizzati da sequenze più ampie della frase.