Regioni e informazione Maria Romana Allegri - Corso a. a. 2010-2011.

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Regioni e informazione Maria Romana Allegri - Corso a. a

La prima giurisprudenza della Corte costituzionale Prima della riforma costituzionale del 2001, in una fase iniziale la Corte costituzionale aveva espresso chiusura rispetto alle istanze regionali in materia di comunicazione. Ciò è evidente nelle seguenti sentenze: n. 46/1961 (sulla legittimità di una legge della provincia di Bolzano che attribuiva ad essa competenze di programmazione e vigilanza sulle trasmissioni delle stazioni radiofoniche locali RAI a fini di tutela delle minoranze di lingua tedesca); n. 94/1977 (sulla legittimità di alcun articoli di una legge della Regione siciliana che conferivano ad essa la possibilità di emanare norme in materia di imprese giornalistiche); n. 118/1981 (sulla legittimità di una legge del Friuli Venezia Giulia riguardante interventi regionali per il potenziamento e la massima diffusione del servizio pubblico radiotelevisivo); n. 206/1985 (conflitto di attribuzione fra Stato e Provincia di Bolzano circa alcuni decreti ministeriali in tema di trasmissioni locali in lingua tedesca e ladina); n. 207/1985 (giudizio legittimità del d. l. n. 807/1984 promosso dalla Provincia di Bolzano).

La sentenza n. 46/1961 «le competenze normative attribuite alle Regioni o Province autonome sono da contenere entro i limiti risultanti dalla specificazione delle singole materie elencate negli Statuti,[...], e non se ne può consentire l'estensione a rapporti non rientranti nelle medesime». «... l'art. 21 non risulta violato per effetto della riserva a favore dello Stato, stabilita per i servizi radiotelevisivi dalle leggi vigenti e dalla conseguente possibilità di farne oggetto di concessione in esclusiva, e ciò nella considerazione che il diritto di cui all'art. 21 non implica sempre e necessariamente la pretesa alla disponibilità del mezzo di diffusione del pensiero... ». «... anzi, [...] l'accordare allo Stato la esclusività del medesimo, lungi dal contrastare alle esigenze che l'art. 21 ha voluto tutelare, ne rende più agevole la soddisfazione, dato che lo Stato, per la posizione in cui istituzionalmente si trova, può meglio che ogni altro soggetto assicurare l'accesso di tutti gli interessati, in condizione di obiettività e di imparzialità, al detto mezzo di comunicazione».

La sentenza n. 94/1977 «... per quanto l'interesse pubblico all'informazione possa variamente articolarsi e diversificarsi territorialmente, in relazione a certi tipi di notizie e commenti, é comunque da escludere in materia una prevalenza dell'interesse regionale, inteso nel senso cui si é testé accennato, che possa giustificare interventi legislativi della Regione, non importa se integrativi o suppletivi rispetto alla legislazione statale». «Ulteriore argomento, che induce a ritenere riservata allo Stato la legislazione in materia, si trae considerando la particolare delicatezza della stessa, nella quale confluiscono esigenze diverse, (che, al limite, potrebbero anche essere tra loro contrastanti) che sempre devono essere rapportate al fondamentale principio di libertà di manifestazione del pensiero...»

La sentenza n. 118/1981 «La questione non è fondata. [...] la legge impugnata non incide sulla materia del servizio pubblico radiotelevisivo (la cui riserva allo Stato non è minimamente posta in discussione dalla Regione), restando, invece, circoscritta, nel suo oggetto, al più ristretto e specifico settore dei "lavori pubblici"». La sentenza n. 207/1985 La questione è dichiarata non fondata perché «... alla Provincia non spetta, sulla base delle norme statutarie e di attuazione da essa invocate, quella competenza generale ed esclusiva, che essa rivendica in materia di servizio pubblico radiotelevisivo» - come già evidenziato nella sentenza 206/1985 – e pertanto le norme del decreto legge impugnato non possono ledere alcuna competenza provinciale.

La successiva giurisprudenza della Corte costituzionale Negli anni successivi, la giurisprudenza della Corte mostra un parziale mutamento di indirizzo. Ciò è evidente nelle seguenti sentenze: n. 348/1990 (legittimità costituzionale di alcuni articoli di una legge della Regione Piemonte avente per oggetto Interventi per l'informazione locale); n. 21/1991 (giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 4 della legge 223/1990, promossi dalle Province autonome di Bolzano e di Trento); n. 6/1993 (conflitto di attribuzione sollevato dalle province autonome di Trento e Bolzano relativamente al piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiotelevisive); n. 29/1996 (giudizio di legittimità di una legge della Provincia autonoma di Bolzano recante norme e provvidenze in materia di radiodiffusione).

La sentenza n. 348/1990 La questione non è fondata perché «l'informazione attuata attraverso i mezzi di comunicazione di massa (si tratti di stampa o di radiotelevisione) è attività che – per il fatto di collegarsi, nel nostro sistema, all'esercizio di una libertà fondamentale (quale quella di espressione del pensiero) ed alla presenza di un valore essenziale per la democrazia (quale quello del pluralismo) – non può essere collocata sullo stesso piano delle materie elencate nell'art. 117 Cost. L'informazione, nei suoi risvolti attivi e passivi (libertà di informare e diritto ad essere informati) esprime, infatti – al di là delle singole sfere di attribuzioni rispettivamente assegnate allo Stato ed alle Regioni – una condizione preliminare (o, se vogliamo, un presupposto insopprimibile) per l'attuazione ad ogni livello, centrale o locale, della forma propria dello Stato democratico. Nell'ambito di tale forma, qualsivoglia soggetto od organo rappresentativo investito di competenze di natura politica non può, di conseguenza, pur nel rispetto dei limiti connessi alle proprie attribuzioni, risultare estraneo all'impiego dei mezzi di comunicazione di massa».

La sentenza n. 21/1991 «Il nucleo essenziale delle censure qui esaminate sta nella denunciata compressione di competenze esclusive delle Province autonome derivante dalla prevista elaborazione del piano di assegnazione delle radiofrequenze», che avrebbe invece dovuto attuarsi mediante lo strumento giuridico dellintesa fra Stato e Regioni. La Corte ha quindi dichiarato illegittima la mancata previsione normativa della necessità dellintesa. Tuttavia ha precisato: «E evidente che una simile disciplina [cioè quella del piano nazionale di assegnazione delle frequenze] è pervasa da una forte caratterizzazione unitaria, connessa all'attuazione del valore costituzionale di una pubblica informazione la più estesa possibile e la più aperta al pluralismo delle fonti nell'intero territorio nazionale, attuazione considerata quale contenuto di un interesse stringente e impellente, in quanto essa condiziona l'effettività dello stesso principio democratico».

La sentenza n. 6/1993 Le Province autonome di Trento e Bolzano lamentavano che il piano nazionale di assegnazione delle frequenze fosse stato approvato senza la necessaria intesa, ma acquisendo il semplice parere. La questione è stata dichiarata fondata, anche sulla base della precedente sentenza n. 21/1991. La sentenza n. 29/1996 Le disposizioni impugnate prevedevano la possibilità di contributi da parte della Provincia a favore di emittenti radiofoniche e televisive locali per spese di produzione relative a trasmissioni di particolare valore riguardanti specifici problemi dell'Alto Adige ovvero per spese connesse all'acquisizione di notizie da un'agenzia di stampa di lingua tedesca o ladina. La questione è stata giudicata non fondata perché le norme costituzionali non escludono interventi regionali in materia per le stesse motivazioni già espresse nella sentenza n. 349/1990.

La riforma del titolo V della Costituzione (legge costituzionale n. 3/2001) Fra le materie di competenza concorrente fra Stato e Regioni (art. 117 Cost., comma 3) figura l«ordinamento della comunicazione». Ciò significa che alle Regioni spetta la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata allo Stato. Però lo Stato ha competenza legislativa esclusiva relativamente alla «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale» (art. 117 Cost., comma 2, lettera m) e alla «tutela della concorrenza» (art. 117 Cost., comma 2, lettera e).

Art. 12 T.U. RTV modif Le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia di emittenza radiotelevisiva in ambito regionale o provinciale, nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nel titolo I e sulla base dei seguenti ulteriori principi fondamentali: a) previsione che la trasmissione di programmi per la radiodiffusione televisiva in tecnica digitale in ambito regionale o provinciale avvenga nelle bande di frequenza previste per detti servizi dal vigente regolamento delle radiocomunicazioni dell'Unione internazionale delle telecomunicazioni, nel rispetto degli accordi internazionali, della normativa dell'Unione europea e di quella nazionale, nonché dei piani nazionali di ripartizione e di assegnazione delle radiofrequenze; b) attribuzione a organi della regione o degli enti locali delle competenze in ordine al rilascio dei provvedimenti abilitativi, autorizzatori e concessori necessari per l'accesso ai siti previsti dal piano nazionale di assegnazione delle frequenze, in base alle vigenti disposizioni nazionali e regionali, per l'installazione di reti e di impianti, nel rispetto dei principi di non discriminazione, proporzionalità e obiettività, nonché nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di tutela della salute, di tutela del territorio, dell'ambiente e del paesaggio e delle bellezze naturali; (segue)

c) attribuzione a organi della regione o della provincia delle competenze in ordine al rilascio delle autorizzazioni per emittente, anche radiofonica digitale o per fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato destinati alla diffusione in ambito, rispettivamente, regionale o provinciale; d) previsione che il rilascio dei titoli abilitativi di cui alla lettera c) avvenga secondo criteri oggettivi, tenendo conto della potenzialità economica del soggetto richiedente, della qualità della programmazione prevista e dei progetti radioelettrici e tecnologici, della pregressa presenza sul mercato, delle ore di trasmissione effettuate, della qualità dei programmi, delle quote percentuali di spettacoli e di servizi informativi autoprodotti, del personale dipendente, con particolare riguardo ai giornalisti iscritti all'Albo professionale, e degli indici di ascolto rilevati.

Il T. U. RTV: art. 46 (compiti di pubblico servizio in ambito regionale e provinciale) 1. Con leggi regionali, nel rispetto dei princìpi fondamentali contenuti nel titolo I e nel presente titolo e delle disposizioni, anche sanzionatorie, del presente testo unico in materia di tutela dell'utente, sono definiti gli specifici compiti di pubblico servizio che la società concessionaria del servizio pubblico generale di radiodiffusione è tenuta ad adempiere nell'orario e nella rete di programmazione destinati alla diffusione di contenuti in àmbito regionale o, per le province autonome di Trento e di Bolzano, in àmbito provinciale; è, comunque, garantito un adeguato servizio di informazione in àmbito regionale o provinciale. 2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono legittimate a stipulare, previa intesa con il Ministero, specifici contratti di servizio con la società concessionaria del servizio pubblico generale di radiodiffusione per la definizione degli obblighi di cui al comma 1, nel rispetto della libertà di iniziativa economica della società concessionaria, anche con riguardo alla determinazione dell'organizzazione dell'impresa, nonché nel rispetto dell'unità giuridica ed economica dello Stato e assicurando la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e la tutela dell'incolumità e della sicurezza pubbliche.

Le emittenti locali Il T. U. sulla radiotelevisione prevedere per le emittenti locali: 1)obbligo di trasmettere lo stesso programma per tutto il territorio per il quale si ha la concessione; 2)percentuali più elevate di affollamento pubblicitario rispetto alle emittenti nazionali; 3)le pubbliche amministrazioni devono dedicare almeno il 15% delle somme complessivamente stanziate per la pubblicità istituzionale in favore dellemittenza privata locale televisiva e radiofonica; 4)alcune forme di condono di sanzioni amministrative.

Le emittenti locali: categorie 1)TV/radio commerciali (a scopo di lucro e senza specifici obblighi di informazione) 2)TV/radio comunitarie (costituite da associazioni, fondazioni o cooperative no profit, con programmi di carattere etnico, politico, culturale e religioso e non più del 5% di pubblicità) 3)TV/radio a carattere informativo (con almeno due programmi di informazione, di cui il 50% del materiale autoprodotto e di interesse prevalentemente locale) 4)TV/radio monotematiche (che dedicano almeno il 70% della programmazione a programmi di interesse sociale) Per tutte è previsto lobbligo di dedicare almeno il 20% della programmazione a tematiche di interesse locale.

La normativa antitrust a livello locale 1)Emittenza televisiva: uno stesso soggetto non può essere titolare di più di tre concessioni o autorizzazioni per ogni bacino di utenza in ambito locale, oppure di sei concessioni per bacini regionali anche non limitrofi, purché la popolazione non superi i 10 milioni di abitanti. 2)Emittenza radiofonica: uno stesso soggetto può avere una sola concessione per ogni bacino di utenza o al massimo sette concessioni per bacini diversi. 3)Uno stesso soggetto può essere contemporaneamente titolare di concessioni televisive e radiofoniche in ambito locale solo se, nello stesso bacino di utenza, il numero delle domande è inferiore alle frequenze da assegnare. 4)Divieto di essere titolari di concessioni radiotelevisive contemporaneamente in ambito nazionale e locale.

I network locali Secondo lart. 29 del T. U., è possibile che consorzi di emittenti TV/radio analogiche, private e locali chiedano al Ministro lautorizzazione per la trasmissione di programmi in contemporanea. Ciò può avvenire per un massimo di 6 ore al giorno (radio) o 12 ore al giorno (TV). Le emittenti analogiche, televisive o radiofoniche che operano ai sensi del presente articolo sono considerate emittenti esercenti reti locali. Queste disposizioni non si applicano alle diffusioni radiofoniche in contemporanea o interconnesse tra emittenti analogiche che formano circuiti a prevalente carattere comunitario.

Il finanziamento pubblico allemittenza locale Le emittenti locali godono di finanziamenti statali la cui entità è decisa annualmente con legge finanziaria. Un quinto dei contributi è suddiviso in parti uguali fra tutte le emittenti, mentre i restanti 4/5 è assegnato alle emittenti collocate ai primi posti di una graduatoria stilata annualmente da Co.re.Com. Esistono inoltre contributi regionali, erogati soprattutto in forma indiretta (es. esenzioni tariffarie, crediti agevolati, riduzioni tariffarie). Dopo la riforma del titolo V Cost. le Regioni godono di maggiore autonomia legislativa in materia.

I Corecom Sia la legge 103/1975 che la legge 223/190 che, infine, la legge 249/1997 hanno disciplinato i Comitati regionali per le comunicazioni. Oggi sono menzionati nellart. 13 T.U. RTV) Essi hanno funzioni di vigilanza sul sistema dellinformazione a livello regionale e hanno funzione consultiva rispetto allAgCom. I membri sono eletti dai consigli regionali fra gli esperti di comunicazione radiotelevisiva.

I Comitati regionali per le comunicazioni Hanno sostituito i precedenti Co.Re.Rat. La legge 249/1997 riconosce le esigenze di decentramento sul territorio, al fine di assicurare le necessarie funzioni di governo, garanzia e controllo in tema di comunicazione (art. 1 comma 13). A tal fine prevede i Co.Re.Com, che sono funzionalmente organi dellAgCom, la cui istituzione è demandata a leggi regionali. Essi sono organi di consulenza in materia di comunicazione e informazione televisiva. Ad oggi sono stati istituiti Co.Re.Com. in tutte le Regioni. Nel 1999 lAgCom (delib. 52 e 53) ha stabilito che essi sono titolari di funzioni proprie attribuite loro per legge e di funzioni delegate dallAgCom sulla base di apposite convenzioni di durata triennale. (segue)

I Comitati regionali per le comunicazioni (segue) Le prime convenzioni in via sperimentale (2003) prevedevano cinque deleghe: 1) vigilanza in materia di tutela dei minori; 2) sondaggi; 3) disciplina antitrust nel campo delleditoria (poi cancellata dalla legge 112/2004); 4) tutela del diritto di rettifica; 5) conciliazione delle controversie nel settore delle comunicazioni. Nel 2007, terminata la fase sperimentale, sono state aggiunte nuove deleghe: 1) tenuta del ROC (vedi slide successiva); 2) monitoraggio radiotelevisivo in ambito locale 3) soluzione di controversie tra utenti e operatori delle comunicazioni.

Fine Grazie per lattenzione!