L’iPOgeo di via livenza

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L’iPOgeo di via livenza Un culto sincretico del IV sec.d.C. L’iPOgeo di via livenza

L’Ipogeo di via Livenza L’edificio fu scavato nel 1923 da Roberto Paribeni a seguito del ritrovamento dovuto alla posa in opera delle fondazioni di un edificio per uso civile. La funzione dell’Ipogeo è tuttora oggetto di studio e molti interrogativi restano ancora aperti.

Posizione L’Ipogeo di via Livenza è situato a circa 250 metri dalle Mura Aureliane nel cuore dell’antico sepolcreto Salario e a una quindicina di metri dalla via Salaria Vetus

Descrizione L’EDIFICIO L’edificio, di metri 21 x 7,è allungato con il lato corto meridionale absidato. I muri dell’aula sono in opus vittatum (file di parallelepipedi di tufo alternati con file di mattoni) senza traccia di copertura Verso sud, tra due pilastri di muratura, due gradini di travertino, larghi quanto tutta la sala, indicano che il resto dell’edificio rimaneva sopraelevato rispetto alla parte posta in luce.

Descrizione ARCHI E PAVIMENTO Nella parte settentrionale, quella in cui sono inseriti gli affreschi, sulla stessa linea sono inseriti tre archi adiacenti: due laterali minori e uno più ampio in posizione centrale. Quello a Nord Ovest dà accesso alle scale, quello opposto ad un piccolo vano. Il pavimento è composto da pezzi di lastre di marmo di grandezze diseguali Un muro di fondazione dell’edificio soprastante ha tagliato una parte rilevante dell’antico manufatto

Descrizione LA VASCA RITUALE Sotto l’arco centrale si apre un vascone rettangolare di metri 2,90x1,70 profondo metri 2,50, separato dal resto dell’aula da una transenna di marmo Le pareti della vasca hanno intonaco di cocciopesto, il pavimento è costituito da tegoloni bipedali

Descrizione LA VASCA RITUALE All’interno della vasca si trovano quattro gradini irregolari e fra loro diseguali L’acqua, immessa in una feritoia doveva defluire su una piccola mensola marmorea posta poco più sotto e scendeva a cascata nella vasca. Sul lato opposto un foro di emissione con tubo in terracotta, a metri 1,40 dal pavimento della stessa vasca indicava l’altezza massima dell’acqua.

Descrizione LA VASCA RITUALE La vasca si poteva vuotare rapidamente con un’apertura a saracinesca di metri 2,23x0,35 con spallette in travertino. L’acqua defluiva in un cunicolo scavato nella roccia di metri 1,90x0,70

Stele marmoree iscritte Nel primo gradino della vasca sono state messe in opera due stele marmoree iscritte

Sul muro che si addossa alla vasca si trova una nicchia alta metri 1,80 e larga 1,14 decorata ad affresco. Nella stessa parete a sinistra vi è una raffigurazione di Diana mentre a destra è presente una Ninfa.

Le decorazioni LA STATUA FEMMINILE Nell’Ipogeo è stata rinvenuta una statua femminile in marmo lunense alta metri 1,62, mancante dell’avambraccio destro e della mano sinistra. Vestiva un chiton, cinto sotto il seno e lungo fino ai piedi e un himation che, scendendo dalla spalla sinistra era sorretto in vita dal braccio sinistro. Sulle spalle scendevano due trecce

L’architettura dell’Ipogeo Ha una pianta basilicale, ma si rivela costituito da due ambienti diversi: uno quadrangolare ed uno allungato ed absidato La nicchia con gli affreschi è eccentrica rispetto all’asse longitudinale dell’edificio

L’architettura dell’Ipogeo I muri originari si elevano per un’altezza di metri 7,50 ed il piano dell’Ipogeo è a circa 9 metri rispetto al piano stradale moderno L’edificio, quindi, era completamente sotterraneo Si tenga conto pure che il piano della vicina Salaria Vetus è ad un solo metro di profondità da quello attuale

L’architettura dell’Ipogeo Non esiste traccia né di coperture, né di finestre. Si suppone che l’edificio fosse addirittura scoperto Comunque lo spessore dei muri varia dai 66 ai 74 centimetri e, in ogni caso, potrebbe sostenere un tetto a capriata

La funzione dell’Ipogeo secondo PARIBENI Il Paribeni ipotizzò che l’Ipogeo potesse trattarsi di un luogo di riunione per una antica setta misterica che praticava il bagno rituale. Gli adepti alla setta adoravano la dea di Tracia Cotys, talvolta identificata con Artemide

La funzione dell’Ipogeo secondo Wilpert L’edificio è senza dubbio un battistero cristiano L’ipotesi è confortata dalla pianta basilicale dell’ipogeo, ma soprattutto dall’interpretazione del frammento di mosaico rimasto in cui si può riconoscere il miracolo della fonte. Si propone, quindi, una identificazione con quello ad nymfhas beati Petri citato nella Passio Marcelli

Il miracolo della fonte Pietro, novello Mosè, fa scaturire dalla roccia l’acqua è il soggetto del mosaico alla base dell’arcone centrale.

La funzione dell’Ipogeo secondo Lugli La funzione più plausibile è quella prospettata da Paribeni anche se lasciava problemi aperti L’ipotesi Wilpert lasciava insoluti troppi problemi

La funzione dell’Ipogeo secondo Cecchelli Pur accettando l’interpretazione di Wilpert, ritenne che il simbolismo cristiano fosse stato assunto da una setta sincretica Propose di identificare l’Ipogeo di via Livenza con quello ad nymphas sulla via Nomentana, ipotizzando che la fonte antica avesse dato un’errata indicazione dell’edificio

La funzione dell’Ipogeo secondo Ducati Lo studioso vide nelle pitture che decorano l’ipogeo un’espressione del rinascimento claudianeggiante e pensò che fosse un sacello destinato a pratiche e riti magici

La funzione dell’Ipogeo secondo Levi Levi, in disaccordo con la datazione di Ducati, ritenne che l’edificio fosse di età costantiniana identificandol o con un tempio per il culto delle acque

La funzione dell’Ipogeo secondo Rumpf Lo studioso tedesco collegò cronologicamente gli affreschi dell’Ipogeo di via Livenza con quelli che ornavano il palazzo preesistente alla basilica paleocristiana di Treviri (Renania) I dipinti di Treviri erano stati datati alla seconda metà del IV sec. D.C.

La funzione dell’Ipogeo secondo Usai L’Ipogeo di via Livenza rientra nella tipologia delle fontane e dei ninfei sia pubblici che privati Secondo questa ipotesi l’edificio è stato costruito a protezione di una sorgente naturale La profondità della costruzione è giustificata dalla necessità di sfruttare l’acqua sotterranea

La datazione degli affreschi secondo Kollowitz, Borda, Dorigo Kollowitz: Gli affreschi sono di età costantiniana anche se di poco posteriori a quelli di Treviri Borda: Pose la datazione all’età di Costanzo II (324- 361) Dorigo: Primi decenni IV secolo d.C.

Diana cacciatrice La dea è colta nell’atto di estrarre la freccia dalla faretra con la mano destra, mentre con la sinistra tiene l’arco. Veste un corto chitone ed un mantello svolazzante Tra i capelli un diadema a punte ed una corona d’alloro Ai piedi alte calzature da campagna in pelle bianca e lacci rossi I due cervi balzano dinanzi da un punto posto alle spalle, ma seguendo due direzioni divergenti Gli alberi dello sfondo sono disposti su piani diversi e contribuiscono a dare l’idea di spazio che non si esaurisce nei limiti della scena

La Ninfa La figura della Ninfa, sul lato destro dell’affresco, è in una rappresentazione statica appoggiata col braccio sinistro ad un lungo bastone La divinità dei boschi non ha nulla dell’aggressività di Diana: accarezza con la mano destra un capriolo accompagnando il gesto con il volgere del capo

La tecnica pittorica utilizza sapienti tocchi di bianco in presenza di larghe pennellate di rosso cupo. Frequenti lumeggiature sono presenti anche sulle braccia e sulle gambe. Per le foglie si è utilizzata una pittura «a macchia». Il pregio dell’affresco è dato da una tecnica svelta ed espressiva. Crustae marmoree di giallo antico ornano la nicchia sotto il kantharos da cui sgorga l’acqua a cui si abbeverano due colombi.