Introduzione alla bioetica C.Viafora FrancoAngeli Editore CATTORINI PAOLO BIOETICA METODO ED ELEMENTI DI BASE PER AFFRONTARE I PROBLEMI CLINICI
Il termine BIOETICA da bios, vita e ethos costume, è un ramo relativamente nuovo dell’etica, che in origine stava a significare lo studio della moralità degli atti umani nella scienza della vita. Il termine "bioetica" deriva dall’angloamericano bioethics, un neologismo coniato dal medico e oncologo Van R. Potter nel 1970, divenuto successivamente di uso pubblico dopo il 1971, l’anno di pubblicazione dell’opera più importante di questo ricercatore Bioethics, Bridge to the Future. In questa ampia definizione erano comprese tutte le questioni etiche filosofiche, teologiche e giuridiche che la società doveva porsi per effetto dello sviluppo delle scienze biomediche.
Nello stesso anno, presso la Georgetown University di Washington D. C Nello stesso anno, presso la Georgetown University di Washington D.C., venne inaugurato il Joseph and Rose Kennedy Institute for the Study of Human Reproduction and Bioethics, sancendo l'ufficializzazione di questa parola per indicare un nuovo, (sebbene già delineato da decenni di studi e di letteratura precedenti alla pubblicazione del saggio di Potter) dominio di studi.
Negli ultimi vent’anni la medicina e più in generale le scienze legate alla biologia hanno compiuto progressi enormi. Nello stesso tempo, però, questi vorticosi cambiamenti hanno sollevato una serie di interrogativi di carattere morale e giuridico che alimentano ansie e paure rispetto agli scenari del prossimo futuro. Si è aperta una nuovissima fase della storia della scienza nella quale l’uomo rischia di trasformarsi da soggetto a oggetto di manipolazione, sperimentazione incontrollata, trasformazione della sua più intima natura. Di tutte queste inquietudini tenta di farsi carico una nuova disciplina, la bioetica, nata all’inizio degli anni Settanta negli Stati Uniti. Attraverso di essa filosofi, giuristi, psicologi, medici, teologi, sociologi cercano una risposta attendibile alla domanda fondamentale: che cosa è giusto fare e in che modo è lecito agire nell’esercizio della medicina?
Questa riflessione parte da un presupposto: non tutto ciò che è tecnicamente realizzabile è per ciò stesso moralmente accettabile. Per questo motivo, la bioetica può essere correttamente definita come quella parte della filosofia morale che considera la liceità o meno degli interventi sulla vita dell’uomo, in particolare in ambito medico- biologico.
Ma se la bioetica, intesa come disciplina organica - a partire dalla parola che la designa, "inventata" dall’oncologo Van Rensselaer Potter nel 1970 - è relativamente recente, i suoi contenuti, i suoi problemi e le sue risposte hanno in realtà origini molto più antiche: già nel V secolo il greco Ippocrate elaborò un "giuramento" che conteneva l’indicazione dei principali doveri di un buon medico. Questo giuramento è rimasto per secoli il codice di deontologia per i medici di tutto il mondo. Oggi la bioetica è chiamata a volgere il suo sguardo sia in direzione del passato che in quella del futuro: da un lato, riappropriandosi dei principi fondamentali tracciati da Ippocrate, e dall’altro dotandosi di strumenti capaci di applicare questi principi alla pratica clinica di ogni giorno.
Percorso storico della bioetica 1969: Nasce in America il concetto di Bioetica ad opera del filosofo D. Callahan 1971: Hellegers fonda a Washington il Kennedy Institute: nasce il primo centro sulla Bioetica 1978: Viene pubblicata la prima fondamentale Enciclopedia della Bioetica (W.T. Reich) 1990: In Italia e viene fondato il primo comitato di Bioetica
1a DEFINIZIONE UFFICIALE ED INTERNAZIONALE CHE COS’E’ LA BIOETICA? 1a DEFINIZIONE UFFICIALE ED INTERNAZIONALE “Lo studio sistematico della condotta umana nell’ambito della scienza della vita e della cura della salute, in quanto questa condotta è esaminata alla luce dei valori morali e dei principi” (W.T. Reich, Encyclopedia of Bioethics, The Free Press, N.Y. 1978)
DEFINIZIONE RIVISITATA ED AMPLIATA DI REICH CHE COS’E’ LA BIOETICA? DEFINIZIONE RIVISITATA ED AMPLIATA DI REICH “Lo studio sistematico delle dimensioni morali - inclusa la visione morale, la condotta e le politiche – delle scienze della vita e della salute, utilizzando varie metodologie etiche e con un’impostazione interdisciplinare” (W.T. Reich,1995)
L’etica è la giustificazione razionale delle valutazioni morali La bioetica è l’etica applicata alla biomedicina
Ma perché è nato il movimento della bioetica e per quali motivi si è così diffuso?
Ci sono nuovi problemi sollevati dal progresso scientifico e tecnologico in medicina Tramonto del paternalismo in medicina Viviamo in società pluralistiche Il pluralismo visto non come un “ostacolo” Interdisciplinarietà
La bioetica include L’ETICA ambientale impegnata ad individuare se l’ecosfera o i singoli viventi abbiano diritti L’ETICA animale impegnata a discernere quale tipo di dignità sia da attribuire agli animali quali doveri l’uomo abbia nei loro confronti L’ETICA Biomedica Etica clinica Etica della ricerca biomedica
Formare un professionista eticamente consapevole Conscio dei valori morali in gioco nelle decisioni che egli suggerisce o prende
Formazione etica Offrire conoscenze teoriche in ambito etico Allenare al discernimento ed alla gestione razionale dei problemi incontrati nelle concrete situazioni della ricerca e della pratica clinica. Promuovere lo sviluppo delle qualità umane e professionali dello studente.
TEORIE ETICHE PRINCIPI REGOLE Giudizio Teorie consequenzialistiche e teorie deontologiche PRINCIPI principio di autonomia principio di non-maleficenza principio di beneficenza principio di giustizia REGOLE Guide alle azioni Giudizio Determina l’azione
Per le teorie deontologiche, buone o giuste sono innanzitutto le azioni Per le teorie consequenzialiste esclusivo oggetto di valutazione sono le conseguenze di un’azione…. Per le teorie basate sulle virtù buono è in primo luogo il soggetto agente
PRINCIPIO DI AUTONOMIA Tale principio è fondato sul “riconoscimento del diritto a sostenere delle opinioni, a fare delle scelte e a compiere delle azioni sulla base di valori e convinzioni personali”. In campo biomedico “il rispetto dell’autonomia obbliga i professionisti a comunicare le informazioni, ad accertare la comprensione e la volontarietà e a favorire un’adegua formazione delle decisioni. Il medico che rispetta l’autonomia dei pazienti opera per “dotarli dei mezzi necessari perché superino la loro sensazione di dipendenza ed acquistino il controllo della situazione nella maggiore misura possibile o in quelli che essi desiderano”.
PRINCIPIO DI NON MALEFICITA’ Tale principio distinto dal principio di beneficità esprime “l’obbligo di non arrecare intenzionalmente danno”. Mentre la beneficità richiede soltanto l’astensione intenzionale di azioni che arrechino danno. Secondo Beauchamp e Childress questo principio è direttamente riferito alla tradizione ippocratica del primum non nocere
PRINCIPIO DI BENEFICITA’ Tale principio si articola attorno alle seguenti regole: Prevenire il danno Eliminare il male Promuovere il bene e proporzionare i benefici in rapporto ai costi e ai rischi
PRINCIPIO DI GIUSTIZIA Tale principio fonda l’obbligo di una giusta distribuzione dei benefici dei rischi e dei costi
Resta del tutto aperto il problema di determinare i criteri in base a cui giudicare la responsabilità o meno di determinate scelte….
Alcuni TEMI della riflessione BIOETICA Questioni etiche all’inizio della vita L’integrazione dei test genetici nella pratica clinica Il diritto a morire con dignità e il dibattito sull’eutanasia La metodologia dell’analisi etica nella pratica clinica Il problema del limite nelle terapie intensive neonatali La giustificazione morale della sperimentazione biomedica
COMITATI ETICI - 3 tipologie principali COMITATI ETICI NAZIONALI COMITATI ETICI per la RICERCA e la SPERIMENTAZIONE COMITATI ETICI PER LA PRATICA CLINICA
Il Comitato Etico ( per la ricerca e la sperimentazione) è un organismo indipendente, senza scopi di lucro, costituito nell'ambito di una struttura sanitaria o di ricerca scientifica e composto secondo criteri di interdisciplinarietà. Per le sue decisioni ed attività fa riferimento alla Dichiarazione di Helsinki, alle norme di "Good Clinical Practice", alle leggi nazionali ed internazionali e, dove applicabili, alle raccomandazioni del Comitato Nazionale di Bioetica.
I Comitati Etici, istituiti ormai da molti anni nelle varie strutture sanitarie, in Italia hanno incontrato un inquadramento normativo con il Decreto Ministeriale del 18 Marzo 1998 (“Linee Guida di riferimento per l’istituzione e il funzionamento dei comitati etici” - GU n.122 del 28/5/98). Relativamente alla sperimentazione clinica dei medicinali il Comitato Etico, deve verificare l’applicabilità della sperimentazione proposta valutandone il razionale, l’adeguatezza del protocollo con riferimento agli obiettivi, al disegno, alla conduzione e alla valutazione dei risultati nonché la competenza e l’idoneità dei ricercatori e di tutte le persone coinvolte nella sperimentazione. Chiaramente, si valutano attentamente gli aspetti etici, con particolare riferimento al “consenso informato”, cioè, le informazioni che devono essere trasmesse ai cittadini che decidono, o sono invitati, a partecipare alla ricerca.
Essendo queste attività spesso molto complesse, è necessario che nel Comitato Etico siano presenti diversi componenti per poter discutere di aspetti scientifici e non, prima di autorizzare un protocollo di ricerca. Il nucleo operativo di un Comitato Etico dovrebbe preferibilmente comprendere: due clinici un biostatistico un farmacologo un farmacista il direttore sanitario un esperto in materia giuridica Tale organo deve essere inoltre totalmente imparziale e indipendente, per collocazione ed interessi, da chi esegue la sperimentazione. Per tale motivo è necessaria una significativa presenza di componenti non dipendenti dalla istituzione che si avvale del comitato e di componenti estranei alla professione medica. E' preferibile inoltre che la presidenza del Comitato venga affidata ad un componente non dipendente dalla istituzione.
Ora, anche la recente Direttiva Europea 2001/20/CE, che dovrà essere recepita entro il 1° Maggio 2003 ed essere applicata da tutti gli Stati membri entro il 1° Maggio 2004, conferma diritti e doveri dei Comitati Etici esplicitando chiaramente che “una sperimentazione clinica potrà iniziare solo dopo aver ottenuto il parere favorevole del Comitato Etico locale”. Sempre la Direttiva UE definisce che tutto il processo autorizzativo di una sperimentazione clinica debba avvenire entro e non oltre 60 giorni dalla data di presentazione della richiesta stessa. Questo si tradurrà nella necessità di ottimizzare ulteriormente l’organizzazione dei Comitati Etici e delle Direzioni Amministrative (che dovranno stipulare la convenzione economica con lo Sponsor – colui che ha la responsabilità della conduzione della ricerca). L’ottimizzazione sarà possibile a patto che nei Comitati Etici vengano migliorate le attuali risorse, indispensabili in un sistema sempre più tecnologicamente integrato; in questo quadro però saranno sempre le competenze umane e professionali (anche queste non scevre da miglioramenti tramite processi di formazione continua) che dovranno guidare il processo che vede la ricerca clinica non applicata esclusivamente al singolo soggetto, ma sviluppata per il beneficio dell’intera collettività.
CONVENZIONE DI OVIEDO DICHIARAZIONE DI HELSINKI