Le prime normative internazionali e comunitarie sulla parità di genere

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Transcript della presentazione:

Le prime normative internazionali e comunitarie sulla parità di genere Le prime normative internazionali e comunitarie sulla parità di genere. L'impulso delle organizzazioni internazionali e dell'UE alle politiche di pari opportunità e alla normativa antidiscriminatoria. Corso “Donne, politica e istituzioni” prof. Francesca Perrini Messina, 26 giugno 2013, h. 15-19.00

molteplicità delle sfumature istituzionali e giuridiche. distinzione tra ruolo svolto dalle OI a carattere universale (ONU e OIL) e attività intrapresa dalle OI a carattere regionale (limitandoci al continente europeo, CdE e UE).

concetto di base “principio di non discriminazione”

Preambolo dello Statuto delle NU: “riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole”

art. 55, lett. c) Statuto delle NU le NU si impegnano a promuovere: “il rispetto e l’osservanza universale dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione”.

art. 2 Patto sui diritti civili e politici art. 2 Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo art. 2, par. 2 Patto sui diritti economici sociali e culturali art. 2 Convenzione sui diritti del fanciullo art. 14 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (cui si aggiunge il Protocollo 12)

Attività delle NU Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna adottata il 18 dic. 1979 ed entrata in vigore il 3 sett. 1981

Struttura della Convenzione:un Preambolo e 30 articoli, suddivisi in 6 parti Meccanismo di controllo: Comitato per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna 1999 un Protocollo opzionale: istituisce ulteriori meccanismi di garanzia

Le conferenze delle Nazioni Unite sulle donne: dalla conferenza di Città del Messico del 1975 alla conferenza di Pechino del 1995

Città del Messico, 1975: primo Piano d’Azione Mondiale che stabiliva risultati precisi da raggiungere entro il 1980: l’uguaglianza di accesso all’istruzione, all’impiego, alla nutrizione e ai servizi sanitari, così come una maggiore partecipazione alla politica e alla pianificazione familiare

Copenaghen 1980: fu adottata la “Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne” Temi centrali: lavoro, salute e educazione, identificati come aree strategiche Programma d’Azione: insufficiente volontà politica, mancato riconoscimento del valore dei contributi delle donne alla società, scarsa consapevolezza femminile riguardo le opportunità a disposizione delle donne, etc.

Nairobi, 1985: Piano d’Azione denominato “Strategie future per l’avanzamento delle donne” le misure raccomandate nel Piano d’Azione coprivano ogni settore d’intervento: dall’istruzione alla sanità; dall’occupazione ai servizi sociali; dall’ambiente alle comunicazioni.

Pechino, 1995 incentrata sui concetti di empowerment e mainstreaming Empowerment: attribuzione di potere alle donne, loro partecipazione attiva ai processi decisionali Mainstreaming: necessità di inserire nelle politiche di carattere generale tematiche e aspetti legati alle donne

Dichiarazione di Pechino Piattaforma d’Azione individua le seguenti aree critiche : donne e povertà; istruzione e formazione delle donne; donne e salute; la violenza contro le donne; donne e conflitti armati; donne ed economia; donne, potere e processi decisionali; meccanismi istituzionali per favorire il progresso delle donne; i diritti umani delle donne e donne e media

Pechino + 5: Azioni e iniziative ulteriori per dare attuazione alla Dichiarazione e alla Piattaforma d’azione di Pechino Dichiarazione politica e un accordo sulle "Ulteriori azioni e iniziative per attuare la Dichiarazione e la Piattaforma d’azione di Pechino".

Criticità: • partecipazione delle donne alle decisioni in materia di politica economica, • alfabetizzazione • violenza domestica • pratiche tradizionali nocive quali le mutilazioni dei genitali, i matrimoni precoci e forzati, i delitti "d’onore", lo sfruttamento commerciale del sesso, la tratta di donne e bambine/i, infanticidio delle bambine, i crimini di origine razziale • mortalità e morbilità materna • prevenzione delle gravidanze indesiderate • conseguenze degli aborti a rischio • educazione sessuale per le giovani adolescenti

Pechino +10, 2005 crescita di una pericolosa sinergia di fondamentalismi religiosi. Italia: criticata ufficialmente dal Comitato per l’Eliminazione della Discriminazione contro le Donne. Il Comitato ha espresso “forti preoccupazioni” per la condizione delle donne italiane. Donne ancora concepite come madri e come oggetti sessuali soprattutto attraverso i messaggi veicolati dalla pubblicità e dalla televisione; inserite marginalmente nella vita politica e spesso vittime di discriminazioni sul lavoro. Gli impieghi per le donne sono spesso precari e part-time e quasi sempre a basso reddito. Le inferiori condizioni economiche unite alla mancanza di strutture pubbliche dedicate all’infanzia, costringono una donna su cinque ad abbandonare il lavoro dopo il primo figlio. Altro punto irrisolto del nostro sistema politico è quello della presenza/assenza delle donne nei centri decisionali.

Consiglio d’Europa Giurisprudenza Corte europea dei diritti dell’uomo Produzione normativa

Caratteristica: tutela ancorata ai dritti contemplati nella CEDU (rispetto della vita privata e familiare, diritto alla salute, diritto all’integrità fisica, ecc.) da cui deriva una tutela frammentaria, senza che si segua un vero e proprio “approccio di genere”.

2. Atti raccomandazione del Comitato dei Ministri sulla partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini ai processi decisionali politici e pubblici, adottata il 12 marzo 2003 Convenzione europea sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, aperta alla firma ad Istanbul l’11 maggio 2011, non ancora in vigore. L’Italia l’ha ratificata il 19 giugno 2013

La politica delle pari opportunità nell’Unione Europea Diritto primario Diritto derivato Atti non vincolanti

1. Diritto primario: Trattato di Roma 1957, art. 119: “Ciascuno Stato membro assicura (…) l’applicazione del principio della parità della retribuzione fra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro. (…) La parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica: a) che la retribuzione accordata per uno stesso lavoro pagato a cottimo sia fissata ad una stessa unità di misura; b) che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per un posto di lavoro uguale”

Trattato di Maastricht 1992: la Comunità deve sostenere e completare l’azione degli Stati membri riguardo alla parità tra uomini e donne per quanto concerne le loro opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento del lavoro e ribadiva l’obbligo degli Stati aderenti ad applicare il principio della parità retributiva. Infine, una dichiarazione allegata all’atto finale della conferenza intergovernativa gli Stati membri hanno precisato che il principio di eguaglianza non impedisce di prendere misure volte a facilitare l’impiego femminile.

Trattato di Amsterdam 1999: il principio delle pari opportunità entra formalmente a far parte del diritto primario dell’Unione europea. Modifiche del Trattato CE: nuovo art. 119, si aggiungono 2 nuovi paragrafi; art. 2: la parità tra uomini e donne rientra tra gli obiettivi della Comunità; art. 3: si aggiunge che “l’azione della Comunità (…) mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità tra uomini e donne”; art. 13: al divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalità si aggiunge quello fondato sul sesso.

Carta dei diritti fondamentali dell’UE, Nizza 2000: art. 23 “parità tra donne e uomini”, co. 1, “la parità tra donne ed uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione”, co. 2, “il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato”

Trattato di Lisbona 2009, art. 157: vecchio art. 119 senza modifiche

2. Diritto derivato Direttiva 76/207, modificata dalla direttiva 2002/73 Direttive 79/7 e 86/378 Direttiva 97/80 Direttiva di “codificazione” 2006/54

3. Atti non vincolanti Codici di condotta rivolti alle imprese: 1991, in materia di molestie sessuali sul lavoro; 1996, applicazione del principio della parità di retribuzione Comunicazione Commissione 96/67, applicazione del principio del mainstreaming Programmi d’azione: 1982-1985; 1986-1990; 1991-1995; 1996-2000; 2001-2005

Organi ad hoc Parlamento europeo: Commissione per i diritti delle donne Commissione: Gruppo dei Commissari per le pari opportunità Direzione Generale V “Occupazione, relazioni industriali e affari sociali”: Unità per le pari opportunità Direzione Generale X “Informazione e Comunicazione”: sezione Informazione delle donne

Strategia per la parità tra donne e uomini 2010-2015 Comunicazione Commissione 2010/491 5 priorità: 1. economia e mercato del lavoro, 2. parità salariale, 3. parità nei posti di responsabilità, 4. lotta contro la violenza di genere, 5. promozione della parità all’esterno dell’Ue