L’unica difesa contro il mondo è conoscerlo bene John Locke L’unica difesa contro il mondo è conoscerlo bene
Razionalismo ed Empirismo A partire dal Sei-Settecento la filosofia iniziò a dividersi in due tradizioni: quella europea e quella anglosassone. La prima tendenzialmente razionalista, la seconda prettamente empirista. Il termine "razionalismo" designa la persuasione che la realtà sia conoscibile e interpretabile mediante la ragione, al di là di ogni esperienza. Il termine "empirismo" indica invece ogni dottrina che considera l'esperienza come condizione essenziale della conoscenza.
Il Razionalismo Dal latino razionalem, deriv. di ratio-onis = “ragione”. È un atteggiamento teorico o pratico che assume la ragione a suo principio fondamentale. La realtà viene tradotta in termini di ragione per cui l’essenza di essa si coglie, indipendentemente da ogni esperienza, attraverso l’analisi dei principi della stessa ragione. Nasce con Renato Cartesio (1596-1650) si sviluppa con Baruch Spinoza (1632-1677) e Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716),
L’Empirismo inglese Il termine empirismo deriva dal latino empiricum, che è dal greco empeirikós, deriv di empeiría = “esperienza”. È una corrente della filosofia moderna proseguita poi da Berkeley (1685-1753) e Hume (1711-1776), avente come obiettivo l'analisi del mondo umano nei suoi diversi campi, si sviluppa tra Seicento e Settecento inscrivendosi in parte già nel prossimo clima Illuministico e vede sicuramente in John Locke (1632-1704)il suo fondatore. Sul piano storico l'Empirismo si collega ad Ockham (1295/1300-1349/1350) ed a Bacone (1561-1626) . Definisce inconoscibile e indimostrabile tutto ciò che oltrepassa i limiti dell'esperienza per cui le verità teologiche che riguardano il mondo soprannaturale e Dio e tutto ciò che oltrepassa i limiti dell'esperienza si collocano al di fuori di una possibile ricerca.
La concezione empiristica dell’esperienza Ideologicamente, quindi, l'Empirismo si caratterizza con la teoria della ragione vista come un insieme di poteri limitati dall'esperienza intendendo quest'ultima: fonte e origine del processo conoscitivo criterio di verità o strumento di certificazione delle tesi dell'intelletto, che risultano adeguate e certe solo se suscettibili di controllo empirico.
La tendenza critica ed anti-metafisica dell’Empirismo Il richiamo costante all’esperienza fa sì che l’empirismo, in antitesi al razionalismo, tenda ad assumere un atteggiamento limitativo o critico nei confronti delle possibilità conoscitive dell’uomo e a seguire un indirizzo anti-metafisico che respinge fuori dalla filosofia e da ogni ricerca legittima i problemi riguardanti realtà che non sono accessibili agli strumenti mentali di cui l’uomo dispone.
L’Empirismo in Locke Locke è considerato uno dei massimi esponenti dell'empirismo inglese, una corrente filosofica nata dal diffondersi del metodo sperimentale proposto dalla rivoluzione scientifica. Secondo l'empirismo i dati della certezza epistemica (“che riguarda la conoscenza scinetifica”) erano da ricavare dall'osservazione dei fenomeni reali: analogamente alla scienza fisica, anche la filosofia doveva attenersi alla critica dei fatti e delle sensazioni tratte dalla percezione immediata.
Fondatore del liberalismo politico moderno: JOHN LOCKE (1632-1704) JOHN LOCKE (1632-1704) Fondatore del liberalismo politico moderno: Riconoscimento del carattere naturale e inalienabile dei diritti dell' uomo Negazione di ogni forma di potere assoluto Affermazione del diritto di resistenza Formulazione della dottrina della separazione dei poteri.
FORMAZIONE E PRIMI SCRITTI 1632 J.Locke nasce a Wrington, il 29 Agosto 1647 viene ammesso alla Westminster School 1652 si immatricola al Christ Church College di Oxford 1658 conseguito il titolo di Master of Arts, Locke è eletto Senior Student e ricopre incarichi accademici 1660 Trattati sul magistrato civile 1665 viaggio al Cleves 1666 rientra ad Oxford 1667 incontro con Lord Ashley e partecipazione attiva alla vita politica 1675 soggiorno in Francia 1679-1682 Locke ritorna in Inghilterra e riprende la collaborazione politica con Lord Ashley 1683-1688 esilio volontario in Olanda 1689 ritorna in Inghilterra al seguito di William of Orange 1690 pubblicazione “Due trattati sul Governo” 1704 muore il 28 Ottobre
La vita John Locke nasce a Wrington, vicino a Boston (Inghilterra). Diventa professore di greco e di retorica ad Oxford, mentre come autodidatta si interessa di anatomia, fisiologia e fisica, tanto da essere chiamato dottore senza peraltro esserlo. Nel 1667 abbandona l'insegnamento ad Oxford (reputava l'insegnamento ricevuto parole oscure e inutili ricerche) per diventare il Segretario privato del conte Shaftesbury, Lord Ashley, esponente del partito liberale whig. Viaggia in Francia e conosce così gli ambienti cartesiani. Organizzò in Olanda l'avvento sul trono d'Inghilterra di Guglielmo d'Orange, suo massimo successo politico. La figura di Locke è legata poi all'instancabile opera di divulgazione delle idee democratiche e di tolleranza, della sua idea di netta divisione fra potere della Chiesa e potere statale.
Opere Le principali opere di Locke sono Il saggio sull’intelletto umano (1690), che è il suo capolavoro, Due trattati sul governo civile (1690), in cui espone la teoria liberale dello stato, La ragionevolezza del cristianesimo (1695) e l’Epistola sulla tolleranza (1689).
1. Tabula rasa Analogamente a Leibniz, anche Locke muove dalla polemica nei confronti del pensiero cartesiano: mentre Leibniz aveva attaccato il meccanicismo, Locke ne critica l'idea di innatismo (l'innatismo sosteneva che fossero innate quelle verità che avevano il carattere dell'evidenza, che fossero chiare e distinte, immediatamente percebilili, per il fatto di essere evidenti per tutti gli uomini, queste capacità innate dovevano essere universali). Secondo Locke nulla fa pensare che esistano idee innate nella mente degli uomini, anzi, portando come esempio quello dei bambini e dei pazzi, che non hanno in sé alcuna idea strutturata di Dio, nessuna nozione innata di logica, di geometria e di matematica universale, Locke afferma che la mente umana nasce vuota e priva di ogni conoscenza; all'origine, la mente è una tabula rasa, una tavola ancora da incidere. Se la mente nasce priva di ogni conoscenza, è l'esperienza che fa durante lo svolgersi della vita che la riempie di nozioni. Tutto ciò che apprendiamo è dunque frutto della nostra esperienza. Altra considerazione che può andare a favore della tesi di Locke è l'evidente inesistenza di principi universalmente accettati e validi. Nulla è accettato universalmente giusto dagli uomini, vi sono al mondo differenze enormi di giudizio etico, legate ai diversi costumi appresi nelll'ambito delle diverse società, in campo accademico e scientifico nulla vi è di indiscusso: la scienza è lotta di tesi opposte, la stessa esperienza empirica dimostra che tutto deve essere scoperto e nulla di ciò che conosciamo è conosciuto a priori.
2. Percezioni semplici e percezioni complesse Da buon empirista, Locke sostiene che tutto ciò che la mente produce è una elaborazione di percezioni esterne (fatti empirici, "che si muovono entro l'esperienza"), non esistono quindi idee direttamente prodotte dalla mente ma solamente la rielaborazione di esperienze percettive. Nulla vi è nell'intelletto che prima non vi sia stato nella percezione. "Anzitutto, i sensi fanno entrare idee particolari, cominciando ad arredare quel locale vuoto; e la mente, familiarizzandosi poco a poco con alcune idee, le ripone nella memoria e dà loro dei nomi. In seguito vengono a presentarsi nella mente altre idee, che essa astrae da quelle prime, e apprende gradualmente l'uso dei nomi generali. In questa maniera la mente si rifornisce di idee e di linguaggio, ossia dei materiali sui quali eserciterà la sua facoltà discorsiva. E l'uso della ragione diviene più evidente ogni giorno, via via che aumentano questi materiali sui quali essa opera.“ (tratto da Saggio sull'intelletto umano). Si delinea così una gerarchia delle percezioni: esse entrano nella mente dalle più semplici, e queste percezioni semplici servono poi da base alle percezioni più complesse, in un continuo e progressivo lavoro di accumulo e affinamento. Analogamente esistono qualità della percezione primarie e qualità secondarie. Le qualità primarie sono le percezioni oggettive che coincidono con la materia estesa cartesiana: la forma, il numero, l'estensione nello spazio. Quelle secondarie sono le impressioni soggettive che riceviamo da un oggetto: il gusto, il colore, ecc.
3. Il convenzionalismo linguistico Fino all'epoca di Locke si pensava che vi fosse una ragione precisa per cui un oggetto ha un certo nome, si pensava cioè che vi fosse un collegamento necessario tra un nome e la natura profonda dell'oggetto nominato. Era questa una visione naturalistica del rapporto che lega i nomi delle cose al loro significato, si pensava che radice di tutti i significati fosse l'originaria lingua adamitica (nella Bibbia, Adamo nomina le cose e gli animali per la prima volta). Con la confusione babelica delle lingue questa antica chiarezza adamitica venne meno, tuttavia si pensava comunque che l'antico rapporto naturale tra nomi e cose fosse conservato in ragione di una radice comune. In ragione del concetto di "tabula rasa", che porta a rifiutare qualsiasi tipo di conoscenza a priori, Locke non può aderire a questa visione naturalistica del linguaggio (come non aderì un altro grande empirista quale Hobbes). Per Locke i nomi sono attribuiti alle cose in via convenzionale, ovvero i nomi delle cose sono "puri simboli arbitrari eventualmente sostituibili con altri" (Ubaldo Nicola, Antologia di Filosofia). È questo un altro aspetto dell'allontanamento della filosofia moderna dai legami metafisici. Fino a quando si crede che esista un collegamento naturalistico tra nomi delle cose e le cose stesse si crede ancora che esista un legame ontologico forte tra le cose e i loro significati, un legame che proviene da altro rispetto alla sola utilità pratica. Con il convenzionalismo linguistico si ribadisce una volta di più che il significato delle cose non racchiude in sé la prova di una essenza metafisica che le determina. Il mondo è costituito dalle cose alle quali l'uomo attribuisce un significato. Non è quindi l'essere metafisico "altro" rispetto all'uomo che determina i significati determinando l'uomo, ma l'uomo stesso in ragione di una sua utilità pratica. Vedremo come in realtà resista qualcosa della tradizione teologica anche nel pensiero di Locke.
4. Retaggio teologico dello "stato di natura" "[la legge di natura] insegna a tutti gli uomini, purché vogliano consultarla, che, essendo tutti uguali e indipendenti, nessuno deve danneggiare l'altro nella vita, nella salute, nella libertà e nella proprietà". (Trattati sul governo civile). Anche per Locke, come per Hobbes, esiste uno "stato di natura" (la ragione) che può determinare aprioristicamente il comportamento degli uomini in assenza di vincoli civili e politici. Qualcuno ha notato come l'appellarsi al concetto di "stato di natura", che serve a Locke per entrare in polemica con Hobbes sui principi che spingono l'uomo ad aggregarsi in istituzioni, sia di fatto un modo per contraddire il concetto di "tabula rasa". Uno "stato di natura" è infatti un qualcosa di aprioristico, che non si apprende attraverso l'esperienza, ma che è già presente nell'uomo indipendentemente dalle sue esperienze (come sarebbe già presente la ragione, secondo quanto farà notare anche Kant). Lo "stato di natura" è infatti un modo di essere primigenio, un qualcosa di già presente nell'animo, appunto, naturalmente (secondo natura). Alcuni, come ad esempio Russell, vedono in questo appellarsi a un principio di ragione innato un retaggio teologico o addirittura mitico, mutuato dalla credenza in una originaria e remota età dell'oro.
5. I principi costitutivi della società civile Riprendiamo il passo: "[la legge di natura] insegna a tutti gli uomini, purché vogliano consultarla, che, essendo tutti uguali e indipendenti, nessuno deve danneggiare l'altro nella vita, nella salute, nella libertà e nella proprietà". Esiste dunque questo stato di natura che per Locke equivale a consultare la ragione. Se la ragione viene consultata, ascoltata, allora l'uomo vive nel suo stato naturale. In natura l'uomo non è dunque lupo per gli altri uomini (come sosteneva Hobbes), in natura l'uomo comprende come ogni individuo si pone sullo stesso piano, ogni individuo è "uguale e indipendente", per cui "nessuno deve danneggiare l'altro" in ragione di questa parità di valore. Tuttavia vi è la possibilità che l'uomo non ascolti la ragione e che si allontani dai suoi principi, in questo caso si cade nella condizione descritta da Hobbes, in quella condizione - innaturale per Locke - in cui l'unica legge che agisce tra gli uomini è il puro rapporto di forza. Per uscire da questa condizione è necessario ascoltare la ragione (che per Locke è espressione dello stato di natura), quella ragione che conduce gli uomini alla formazione di una società civile che garantisce non tanto la forza necessaria per sopprimere le tendenze anarchiche dei bassi istinti umani (come è nello stato assolutista teorizzato da Hobbes), ma la garanzia della tutela dei diritti ugualitari di ciascun cittadino. Dunque lo stato naturale della ragione, se ascoltato, permette di fondare quel tipo di governo che non si erge al di sopra dei diritti dei singoli individui (il governo autoritario), ma è garanzia e sicurezza stessa del diritto di ciascun individuo. Ecco perché lo stato teorizzato da Locke è in sostanza un'istituzione di garanzia liberale cui spetta il compito di vigilare sul rispetto del principio paritario che vige, secondo ragione, tra gli uomini. L'uomo, nel suo stato di natura, non tende quindi alla reciproca sopraffazione, ma alla naturale aggregazione sociale in vista di una reciproca collaborazione volta a garantire i suoi diritti civili: la vita, la libertà, l'integrità del corpo, l'assenza del dolore e la proprietà privata dei beni.
6. La tolleranza religiosa Lo Stato che nasce dall'aggregazione degli individui è naturalmente liberale e democratico, poiché nasce sulla spinta di un principio egualitario. Questo tipo di Stato è quindi garante di se stesso, nel senso che gli stessi legislatori sono sottoposto alle leggi (non così in uno Stato assoluto). Ogni potere - quello legislativo, esecutivo e giudiziario - è autonomo, separato dagli altri e in grado di vigilare sul reciproco operato. Il potere che produce le leggi non può essere incaricato di attuarle, come deve esistere un potere di garanzia che vigili sulla correttezza dei legislatori e dell'esecutivo. Locke, in aperta polemica con Hobbes, si spinge perfino ad affermare che, qualora lo stato liberale e democratico venisse meno ai suoi principi, i cittadini sarebbero giustificati a ribellarsi, spezzando il legame di obbedienza che li lega alle istituzioni ormai corrotte. Nella "Lettera sulla tolleranza", Locke formula poi il principio della tolleranza religiosa: ogni confessione deve essere rispettata dallo Stato, il quale non può intromettersi nelle questioni riguardanti la fede preferendone una all'altra. Potere dello Stato e potere della Chiesa vanno separati, in quanto al primo spetta la garanzia dei diritti civili, al secondo la salvezza delle anime. I due poteri sono quindi autonomi ed è buon principio che non confondano i rispettivi ambiti d'azione. I poteri dello Stato devono essere ispirati ai valori di laicità ed uguaglianza, ma devono comunque impedire i comportamenti che vadano a negare i diritti civili, come del resto non potrà ammettere sette o società segrete che attentino all'integrità dei principi liberali e democratici. Tuttavia, nonostante questa visione moderna dei rapporti che devono intercorrere tra i poteri, Locke affermerà che in uno stato liberale, come non può essere tollerata una religione che tenda ad opporsi ai principi civili della tolleranza e della libertà di culto e di coscienza, non può essere tollerato anche l'ateismo, in quanto la ragione naturale è in grado di provare l'esistenza di Dio. L'ateismo è dunque quella condizione che si pone contro la ragione naturale e per questo non è in grado di garantire la moralità dell'individuo. Locke affermerà che il cristianesimo (esistenza di Dio e di Gesù come annunciatore del regno del Padre), pur nel rispetto delle regole civili, "è una religione ragionevole e ha il compito di diffondere a tutto il genere umano quelle verità fondamentali e quelle norme morali che altrimenti sarebbero state accessibili solo ai filosofi." (La filosofia moderna, Emanuele Severino). Ecco dunque come in Locke resiste quel retaggio teologico per cui non può esistere morale che non discenda da Dio, e che l'assenza di Dio, anche solo nel pensiero dell'uomo, produce di fatto immoralità.
DIRITTO DI PROPRIETA’ = DIRITTO FONDAMENTALE DI OGNI UOMO GARANTITO DAL LAVORO “Sebbene la terra e tutte le creature inferiori siano comuni a tutti gli uomini, pure ognuno ha la proprietà della propria persona, alla quale ha diritto nessun altro che lui. Il lavoro del suo corpo e l'opera delle sue mani possiamo dire che sono propriamente suoi. A tutte quelle cose dunque che egli trae dallo stato in cui la natura le ha prodotte e lasciate, egli ha congiunto il proprio lavoro, e cioè unito qualcosa che gli è proprio, e con ciò le rende proprietà sua. Poiché sono rimosse da lui dallo stato comune in cui la natura le ha poste, esse, mediante il suo lavoro, hanno, connessa con sé, qualcosa che esclude il diritto comune di altri. Infatti poiché questo lavoro è proprietà incontestabile del lavoratore, nessun altro che lui può avere diritto a ciò che è stato aggiunto mediante esso, almeno quando siano lasciate in comune per gli altri cose sufficienti e altrettanto buone” (II Trattato, cap. V, § 27- 32, 43-50)
LO STATO DI NATURA Condizione di “assoluta libertà” ed “eguaglianza” Soggetto alla legge di natura “Sebbene questo sia uno stato di libertà, tuttavia non è uno stato di licenza: sebbene in questo stato si abbia 1a libertà incontrollabile di disporre della propria persona e dei propri averi, tuttavia non si ha la libertà di distruggere né se stessi, né qualsiasi creatura “ (II Trattato, cap. II, § 6) Lo Stato di natura è precario necessità di un’organizzazione politica della società
LEGGE DI NATURA = fonte e origine del potere politico Norme dettate dalle ragione per garantire a ogni uomo i diritti fondamentali la cui violazione va punita La legge di natura è anteriore a ogni altra legge positiva Norma fondamentale della legge di natura = autoconservazione e conservazione di tutti gli uomini “ come ciascuno è tenuto a conservare se stesso e a non abbandonare volontariamente il suo posto, così, per la medesima ragione, quando non sia in gioco la sua stessa conservazione, deve, per quanto può, conservare gli altri, e non può, se non nel caso di far giustizia di un offensore, sopprimere o menomare a un altro la vita o quanto contribuisce alla conservazione della vita, come la libertà,la salute,le membra del corpo, o i beni.” (II Trattato,Cap 2, § 6).
I DIRITTI DELLO STATO DI NATURA Diritto alla vita Diritto alla libertà Diritto alla proprietà (senza la proprietà è impossibile conservare la vita o, almeno, conservarla in modo che si possa dire umana)
STATO E LIBERTA’ Diritto naturale limitato dall’uguale diritto degli altri Lo stato di natura può diventare uno stato di guerra quando una o più persone ricorrono alla forza per ottenere un controllo sulla libertà, sulla vita e sui diritti fondamentali degli altri individui ↓ Costituzione della SOCIETA’ POLITICA = garanzia dei diritti naturali originari vincoli al solo fine di mantenere e proteggere I diritti fondamentali propri dello stato di natura “…il godimento della proprietà che egli ha è in questa condizione molto incerto e malsicuro. Il che lo rende desideroso di abbandonare una condizione che, per quanto libera, è piena di timori e continui pericoli, e non è senza ragione ch’egli cerca e desidera unirsi in società con gli altri che già sono riuniti, o hanno intenzione di riunirsi, per la mutua conservazione delle loro vite, libertà e averi, cose ch’io denomino, con termine generale, proprietà” (Due trattati sul governo, II, cap. VIII, par. 123)
Suddivisione dei poteri: Notevole intreccio tra istanza democratica (costituita dalla fondazione del potere politico sul consenso popolare) ed istanza liberale (limiti posti al potere politico stesso) Esclusione di un potere assoluto o illimitato ↓ Suddivisione dei poteri: Legislativo Esecutivo Federativo
DIRITTO ALLA RESISTENZA Quando i cittadini sono oppressi da un governo che non gode più del consenso si ritrovano in condizioni analoghe a quelle dello stato di guerra Unica risorsa possibile: “Appello al Cielo” Diritto di un ritorno allo stato di natura e successiva istituzione di una nuova comunità sociale “…Ogni potere conferito con fiducia per il raggiungimento di un fine essendo limitato da tal fine, ogniqualvolta questo fine è manifestamente trascurato od ostacolato, la fiducia deve infatti necessariamente essere ritirata, e il potere deve essere trasferito nelle mani di coloro che l’avevano dato, i quali possono porlo nuovamente dove essi crederanno meglio per la loro sicurezza.” (Due trattati sul governo, II, cap. XIII, par. 149)
Dissoluzione del governo; Quattro casi: Conquista; Usurpazione; Tirannide; Dissoluzione del governo; Importantissimo significato del diritto alla resistenza: nessuna autorità ha il potere di privare gli uomini della libertà e dei diritti fondamentali che hanno in base alla legge di natura. La ribellione contro chi vi tenti è legittima, perché costituisce il ricorso a Dio per rivendicare proprio quei diritti che non possono venir meno.
Il compito dello Stato ed i suoi limiti “Mi sembra che lo stato sia una società di uomini costituita per conservare e promuovere soltanto i beni civili. Chiamo beni civili la vita, la libertà, l'integrità del corpo, la sua immunità dal dolore, i possessi delle cose esterne, come la terra, il denaro, le suppellettili". Lo stato dunque, per i mezzi, i modi ed i fini della sua istituzione, non ha alcun potere decisionale o coercitivo in materia di fede. Infatti, al magistrato civile la cura delle anime non è stata affidata in modo particolare: "Né la cura dello stato, né il diritto di far leggi hanno svelato con maggior certezza al magistrato la via che conduce al cielo di quanto non l'abbia svelato ad un privato cittadino la propria ricerca”
La fede non può essere imposta con la forza. l'affermazione più completa e profonda della libertà di coscienza del singolo la fede, per portare alla salvezza deve scaturire spontaneamente da una profonda e convinta adesione ai principi di una chiesa e che dunque a nulla vale la coercizione che si dimostra assolutamente controproducente. "Nessuna via che io imbocchi contro in comando della coscienza mi porterà mai in paradiso…non posso salvarmi con una religione sulla quale ho dei dubbi, con un culto che odio". Lo stato, o il potere politico, non ha quindi possibilità alcuna di interferire con le scelte religiose del singolo, di imporre una religione piuttosto che un'altra, dal momento che "il potere dello stato concerne i beni civili, è contenuto entro la cura delle cose di questo mondo e non tocca in alcun modo le cose che spettano alla vita futura".
La Chiesa la Chiesa non ha e non deve avere possibilità di interferenze in ambito politico. Se la fede è un fatto esclusivamente personale, essa non può avere ripercussioni, positive o negative, sullo stato politico- sociale di chi vi ha aderito
La Chiesa come società libera e volontaria "Mi sembra che una chiesa sia una libera società di uomini che si riuniscono spontaneamente per onorare pubblicamente Dio nel modo che credono sarà accetto alla divinità, per ottenere la salvezza dell'anima. Dico che è una società libera e volontaria…". per essa sono diversi non soltanto i modi, ma anche i fini, benché utilizzi mezzi uguali a quelli utilizzati dalla comunità politica: le leggi Leggi sono assolutamente necessarie per permettere ad una comunità di uomini di qualunque genere di sussistere senza dissolversi immediatamente Nella definizione data della Chiesa, fondamentale importanza hanno due termini: libera e volontaria. L'uomo per sua natura non è costretto a far parte di alcuna comunità del genere, come invece, in un certo senso, è "costretto" dalla necessità a fare parte di una comunità politica, ma entra spontaneamente nella Chiesa che egli ritiene portatrice della vera religione
Il fine della società religiosa Da ciò scaturisce la liceità di abbandonare la comunità se vi si trovasse col tempo qualcosa di contrario alle proprie opinioni, o alla dottrina. Si evidenzia altresì come il fine della Chiesa nulla abbia a che fare con quello della società politica, constando nella salvezza delle anime di chi vi si riunisce: "Il fine della società religiosa è il culto pubblico di Dio e, attraverso di esso, il conseguimento della vita eterna A questo fine ed a questo soltanto devono tendere le leggi ecclesiastiche che abbiamo visto essere indispensabili, e che però non dispongono della forza della costrizione. La Chiesa possiede il potere di "cacciare ed eliminare del tutto dalla società i riluttanti e gli ostinati, che non danno speranza di poter essere corretti". Ma per la distinzione operata tra Stato e Chiesa, la scomunica non può colpire il singolo nei suoi beni terreni.
Individui che non possono godere di tolleranza Gli atei sono considerati elementi potenzialmente molto pericolosi per lo Stato stesso, in quanto non credendo in alcun dio sono considerati da Locke privi di una qualsivoglia legge morale, e quindi incapaci di mantenersi fedeli al patto che ha fondato la società stessa I cattolici, non possono essere tollerati in quanto, professando la confessione della Chiesa di Roma, essi sono tenuti a riconoscere una autorità politica nel Papa, il che ne fa, all'interno di uno Stato autonomo, "sudditi di un altro principe", e come tali estremamente destabilizzanti per il potere.
Sintesi Netta separazione tra Chiesa e Stato per quanto riguarda le finalità , le funzioni e i poteri che ad essi rispettivamente competono Lo Stato é un' associazione di individui che ha come scopo la tutela del diritto naturale alla vita , alla libertà e alla proprietà . Esso non può dunque intervenire con la costrizione ( che gli compete essenzialmente ) in questioni che , come quelle religiose , non hanno alcuna attinenza con la difesa di quei diritti , a meno che esse non comportino pratiche nocive per la salute sociale o l' integrità dello Stato stesso La Chiesa é invece un' associazione intesa a procurare ai propri membri la salvezza dell' anima , la qual cosa , dipendendo esclusivamente dalle convinzioni interiori del credente , non può in nessun modo essere indotta con la forza . Il sacerdote non può richiedere l' intervento del magistrato per realizzare con la coazione ciò che non riesce a ottenere con le armi della parola e della convinzione . La Chiesa può legittimamente espellere dal proprio seno mediante la scomunica coloro che non condividono i dogmi e i riti che essa propone come strumenti di salvezza : ma lo scomunicato non deve assolutamente perdere i diritti civili di cui gode come membro dello Stato
Locke nella filosofia moderna Empirismo= Locke come figura di riferimento per Berkeley e Hume Illuminismo= considerato da Voltaire l’anti-Cartesio e continuatore della tradizione sperimentale e scientifica inglese Kant riprende nella “Critica della ragion pura” l’analisi critica della conoscenza Opere di Locke come fondamento giustificativo della Rivoluzione Francese (Montesquieu) e della Rivoluzione Americana