per una nuova agenda bioetica

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Transcript della presentazione:

per una nuova agenda bioetica Oltre la sofferenza: per una nuova agenda bioetica RAFFAELE SINNO, DOCENTE DI BIOETICA ISSR DI BENEVENTO FACOLTA’ TEOLOGICA ITALIA MERIDIONALE DOCENTE DI BIOETICA UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI .

Nell’attuale dibattito bioetico si assiste ad una costante inconciliabilità tra due posizioni che si situano all’interno di due matrici culturali: quella della sacralità della vita e della qualità.

appannaggio della nostra situazione La questione non è di esclusivo appannaggio della nostra situazione culturale italiana, che risente di forti pressioni etiche tradizionali, o legate ad un adattamento sociale acritico di modelli anglosassoni.

“ Le due posizioni sono antitetiche, non conciliabili ed escludenti. La prima quella della sacralità si ri fa alla legge naturale, mentre la seconda ha come riferimento l’uomo principio e fonte della moralità. Esse continuano a riproporre modelli di necessità la prima, di indipendenza la seconda”. M. Mori, L’etica della qualità della vita e la natura della bioetica, in “Rivista di Filosofia”, I, 2001,p.166.

tra l’etica della sacralità e quella della qualità”. “Legislatori, medici e comuni cittadini, devono riconoscere che il problema vero è se affermare e tutelare la sacralità de di ogni vita umana o se abbracciare un’etica sociale per i quali alcuni tipi di vita umana sono possibili, mentre altri non lo sono. Dobbiamo infine scegliere operativamente tra l’etica della sacralità e quella della qualità”. P. Singer , Ripensare la vita, Il Saggiatore, Milano 2000, p.17.

e infruttuoso scontro”. “La sofferenza umana rappresenta il confine estremo di questo assurdo, inutile, incapace e infruttuoso scontro”. R. Sinno, Confronti fondativi in bioetica. La vita tra sacralità e qualità, Levante, Bari 2002, p. 32.

Nel limite connaturato, oppure assurdo della sofferenza, si ritrova la possibilità di ricondurre la ragione alla ragionevolezza, superando ogni schematismo del confine etico. Una struttura dell’umano che assume consapevolezza della sua quotidiana capacità di confronto.

Nella sofferenza si mettono a nudo le questioni profonde del senso della vita umana.

a semplice epifenomeno. Nella sua manifestazione emergono le illusioni di coloro che vogliono attribuire alla vita un continuum già prestabilito, o sul versante opposto di chi la vuole ridurre a semplice epifenomeno.

Emergono operativamente i fallimenti di chi estremizza, senza risposte, le due visioni culturali, filosofiche, antropologiche della vita.

Nel grido della sofferenza la sacralità paradossalmente crolla nel vitalismo cieco, incapace di dare motivazione della stessa natura.

Nel terrore della solitudine della sofferenza, i sostenitori della qualità non riescono a motivare le esigenze delle teorie delle preferenze e quelle della perfezione della vita, lasciando via libera alla tristezza motivazionale dell’edonismo, come puro piacere che non sa più di cosa godere.

In questo dramma, non della sofferenza, ma della incapacità umana etica e filosofica di non essere in grado di dare risposte, non si può neppure ricorrere in una sospensione etica del principio di precauzione, il quale conduce, se non motivato, ad una sorta di decisionismo deresponsabilizzato, per paradosso in un’autonomia senza limiti.

La sofferenza interroga il singolo individuo nella metastoria della sua comunità, una liberazione dai limiti e dilemmi fondativi.

E nella voluta accidia culturale, i bioeticisti della sacralità della vita, e quelli della qualità, dichiarano che si debba necessariamente, inevitabilmente, fare una scelta di campo. Essi hanno generato una sorta di cataloghi complementari, per cui scienza e tecnica sono ambiti complementari, fede e ragione sono due aspetti convergenti, etica pubblica e privata sono chiamate per diritto ad iniziative comuni.

quale espressione universale di appartenenza al fenomeno vitale e, Il loro obiettivo nascosto è quello di non far emergere il significato profondo della sofferenza, quale espressione universale di appartenenza al fenomeno vitale e, contemporaneamente, suo trascendentale superamento.

di spiegare le certezze acquisite, per sottoporle agli eterni dubbi Continuano a non aver colto la vera novità della bioetica, che consiste nella possibilità di spiegare le certezze acquisite, per sottoporle agli eterni dubbi dell’altro modo di intendere la vita.

La sofferenza nel suo valore universale, e particolare, si presta ad una capacità di narrazione didattica. Ciò significa che potremo finanche arroccarci dentro le mura dei dogmi della sacralità, oppure protetti nelle facili illusioni di una nostra totale ed indipendente scelta nei confronti degli eventi della vita.

una valorizzazione della sacra qualità della vita Grazie alla presenza della sofferenza noi possiamo riconoscere l’altro da me, come un me stesso, congiungere ogni isola in un arcipelago, in un continente, in un universo di universi, una valorizzazione della sacra qualità della vita di ogni singolo uomo inserito nella storia dei viventi.

E’ possibile dare vita ad una nuova agenda bioetica? Un nuovo manifesto che non si riferisca ai proclami individualisti dell’etica laica, né alle note lamentazioni sacrali.

far emergere assonanze E’ tempo di porre fiducia in una libera etica della responsabilità, che attende, da troppo tempo, di costruire una metodologia operativa, far emergere assonanze nei dibattiti di entrambe le strategie culturali.

Le aporie proposte della lettura quotidiana della sofferenza in questo scenario antropologico, etico - culturale.

L’emiplegia della sofferenza. Credono che l’esperienza della sofferenza conduca ad una sorta di emiplegia dell’animo umano, costretto a rileggere il proprio vissuto confrontandolo con norme e regole, delegittimandolo da ogni personale drammatica responsabilità. E’ più facile, meno complicato!

Miopia della Sofferenza Si ritiene a torto che tale esperienza in fondo sia incapace di gettare uno sguardo lontano sulle vicende di ogni singolo uomo e della sua storia. E’ il perché di sempre, dell’uomo ingiustamente sofferente, di Giobbe, di ogni martire che lega la sua esperienza drammatica della vita ad una vicenda, idea o lotta. Al contrario, la sofferenza stessa getta sguardi che vanno oltre l’esperienza non per annullarla, ma per arricchirla di contenuti e significati.

La sofferenza determina anoressia relazionale Si amplifica la convinzione che la sofferenza determini, in ogni caso, silenzio relazionale. Questo postulato non trova più nessuna ragione di essere, né sotto il profilo sociologico, né etico. E’ nell’impiego e sforzo di rappresentare i suoi limiti, che ogni essere mette in campo tutte le proprie capacità linguistiche, espressive, emozionali.

Potremo riavviare un percorso bioetico che faccia convergere limiti e motivazioni dell’agire umano, considerando la sofferenza una opportunità più che una maledizione?

Una serena valutazione delle scelte Punti irrinunciabili di un futuro impegno: Una serena valutazione delle scelte di ogni singolo uomo.

Evitare facili sensazionalismi di proclami bioetici, e impegnarsi in una formazione delle future generazioni che consenta un’integrazione, a livelli più complessi, tra scelte personali e convivenza comunitaria.

Attuare una biopolitica sociale critica, non partigiana, e ancor meno autoritaria .

Nel silenzio dello scontro a tutti i costi si confondono gli orientamenti della realtà.

E’ tempo di avviare una programmazione etica che appartenga ad entrambe le visioni. Un riconoscimento di un comune punto fondativo.

prima di ogni proclama metafisico, La dignità dell’uomo prima di ogni proclama metafisico, di ogni decisione dedotta dall’ osservazione della pura esperienza.

Si può andare oltre la sofferenza, se si evita di assolutizzarla o di contestualizzarla, assegnandole invece il contesto formativo che le spetta.

il valore del diverso motivi la possibilità della propria scelta. E’ tempo di una bioetica senza aggettivi, critica e globale, dove singolarità e comunità trovino convergenze possibili, una libertà di scelta non massificata da precostruite posizioni etiche o filosofiche, incontri relazionali in cui il valore del diverso motivi la possibilità della propria scelta.

V’è una terza posizione etica. Oltre la sofferenza. Un modello di umanizzazione per la costruzione di una nuova soggettività

Una soggettività diversa da quella prospettata Una soggettività diversa da quella prospettata dalle filosofie post-umanistiche, “la quale non tiene conto di nessuna dimensione temporale, poiché capace di superare ogni residuo di dualismo tra tecnofilia e tecnofobia. M. Fiani, Antropologia filosofica, Roma 2005, p.89

Una soggettività autenticamente capace di poter sostenere l’incontro tra le scansioni biofisiche con quelle emozionali, non escludendo nessuna apertura alla loro trascendenza .

POR TODA HUMANIDAD.

Proyecto: Mas del suffrimiento