Fonti e metodi per la storia medievale moderna e contemporanea

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Fonti e metodi per la storia medievale moderna e contemporanea 2 ottobre 2013 Appunti di storia del metodo critico

Marc Bloch, «Apologia della storia (o ‘mestiere di storico’)» Una confessione personale: ogni scienza, presa a sé, non rappresenta mai altro se non un frammento del moto universale verso al conoscenza. Per capire bene e valutare i procedimenti d’investigazione, fossero pure quelli in apparenza più particolari, è indispensabile collegarli all’insieme delle tendenze che si manifestano, nello stesso momento, negli altri tipi di discipline. Ora, questo studio di metodi in generale costituisce, a suo modo, una specializzazione, i cui tecnici si chiamano ‘filosofi’. E’un titolo che non potrei pretendere. Per questa lacuna della mia formazione di base, il presente saggio difetteràmolto, senza dubbio: in precisione di linguaggio come in ampiezza d’orizzonte. Non posso presentarlo se non per quello che è: il mementodi un artigiano che ha sempre amato meditare sul proprio compito quotidiano, il taccuino di un operaio che ha lungamente adoperato filo a piombo e livella, senza con ciò credersi un matematico”.[MarcBloch, apologia della storia, p. 180].

Henri-Irenée Marrou , La connaissance historique Diceva Henri-IrenéeMarrou: “La conoscenza dell’altro può esistere soltanto se io mi sforzo di andargli incontro, dimenticando per un momento la mia persona, uscendo dame per chianrmisu di lui. [La conoscenza storica,p. 88]• Storico è colui che…sa uscire da se stesso per incontrarsi con gli altri. A tale virtù possiamo dare un nome: «simpatia».”[p. 99] •Questa esperienza la possiamo fare sempre, nella vita di tutti i giorni: «Quando incontro qualcuno, se voglio fare davvero la sua conoscenza, cercherò di conoscere la sua storia. Il passato di una persona è importante per capirne il carattere, le inclinazioni, l’atteggiamento verso il presente ed il futuro E l’incontro con l’altro è necessario anche per conoscere se stessi: “et nemo nisi per amicitiam cognoscitur”: nessuno può conoscersi se non attraverso l’amicizia [p. 100] Emmanuel Lévinas

Ancora da Marc Bloch (Apologia della storia, p. 184) E’ da gran tempo che i nostri ‘maggiori’ ce l’hanno detto: l’oggetto della storia è, per natura, l’uomo. O, più esattamente, gli uomini. Meglio del singolare, modo grammaticale dell’astrazione, ad una scienza conviene il plurale, che è modo della diversità. Dietro i tratti concreti del paesaggio, dietro gli scritti che sembrano più freddi, dietro le istituzioni in apparenza più distaccate da coloro che le hanno create e le fanno vivere, sono gli uomini che la storia vuole afferrare. Colui che non si spinge fin qui non sarà mai altro, nel migliore dei casi, che un manovale dell’erudizione. Il bravo storico, invece somiglia all’orco della fiaba. Egli sa che là dove fiuta carne umana, là è la sua preda”.

La storia come scienza umana forse la più antica tra le scienze umane La differenza tra storia e preistoria è l’uso della scrittura Tale uso è stato introdotto in società urbane in città e in campagna c’è una diversa percezione del tempo: dalla sussistenza al cambiamento I primi documenti scritti nascono dalla necessità di conservare memoria di una situazione che poteva cambiare

La storia nasce da una domanda sul futuro Storia e futuro La storia nasce da una domanda sul futuro E’ proprio perché si avverte che il futuro potrebbe essere diverso, che si sente il bisogno di indagare il passato. Le generazioni che più hanno sentito il desiderio di cambiare il mondo, più si sono interessate di storia (i romantici, i rivoluzionari di ogni tempo…) forse qui c’è uno dei motivi di disaffezione per la ricerca storica oggi: chi si sente irrilevante, non avverte il desiderio di capire cosa hanno fatto le generazioni precedenti.

Storia e presente La storia pone una domanda sul presente •se entriamo in una cattedrale gotica, difficilmente non resteremo a bocca aperta •Quelle costruzioni furono realizzate da uomini e donne che vivevano in case di legno, ed avevano un livello di vita poco superiore alla sussistenza. •hanno realizzato qualcosa che è rimasto nel tempo. Di qui una semplice domanda: noi facciamo qualcosa che potrà restare nel tempo? la riflessione sulla storia ci pone un problema di responsabilità

. •[alla domanda sulla storia] è interessata la nostra civilizzazione tutta intera. Infatti, a differenza di altri tipi di cultura, essa ha sempre chiesto molto alla propria memoria. Fra le diffuse inquietudini del presente, essa ha fin d’ora il suo peso. In pieno dramma mi fu dato di coglierne l’eco spontanea. Era il giugno 1940, il giorno stesso, se ben mi rammento, dell’entrata dei tedeschi in Parigi. Nel giardino normanno in cui il nostro stato maggiore, senza truppe, trascinava i suoi ozi, rimuginavamo le cause del disastro. «Bisogna credere che la storia ci abbia ingannati?», mormorò uno di noi. M. Bloch, Apologia della storia, p. 173

. Accompagnavo, a Stoccolma, Henri Pirenne. Appena giunti, mi disse: «che cosa andiamo a visitare come prima cosa? Sembra che vi sia un municipio nuovissimo. Cominciamo di lì». Poi, come se volesse prevenire un mio moto di meraviglia, aggiunse: «Se io fossi un antiquario, non avrei occhi che per le cose vecchie. Ma io sono uno storico. E’per questo che amo la vita». Apologia della Storia,p. 36 •Solo chi ama la vita (al presente) può avere interesse a studiare la vita (del passato)

Alcuni passi dalla «Apologia della storia» di Marc Bloch Non si possono accettare ciecamente tutte le testimonianze storiche…Nel Medioevo, dinanzi all’abbondanza stessa dei falsi, il dubbio fu come un riflesso naturale di difesa. ‘Con l’inchiostro, chiunque può scrivere qualsiasi cosa’, esclamava, nel secolo XI, un signorotto lorenese, in lite con monaci armati contro di lui di prove documentarie. •La Donazione di Costantino –questa sorprendente elucubrazione che un chierico romano del secolo VIII attribuì al primo Cesare cristiano - fu, tre secoli dopo, contestata nell’ambiente del piissimo imperatore Ottone III. •Tuttavia lo scetticismo di principio non è un atteggiamento intellettuale più apprezzabile né più fecondo della credulità.

Da Marc Bloch l vero progresso è venuto il giorno in cui il dubbio s’è fatto “esaminatore”; quando, in altri termini, si sono via via elaborate delle regole che, tra menzogna e verità, permettono di fare una scelta. Il gesuita Van Papebroeck, a cui la lettura delle Vite dei santi aveva ispirato un’incredibile diffidenza verso l’eredità del Medioevo nella sua interezza, considerava falsi tutti i diplomi merovingi conservati nei monasteri. No, rispose in sostanza Mabillon, ci sono incontestabilmente diplomi interamente falsificati, rimaneggiati o interpolati, ma ce ne sono anche di autentici; ed ecco come è possibile distinguere gli uni dagli altri. In quell’anno [il 1681], l’anno di pubblicazione del De re diplomatica, una grande data, in verità, nella storia dello spirito umano: la critica dei documenti d’archivio fu definitivamente fondata. MarcBloch, Apologia della storia, pp. 62-64

. La storia è decisiva per capire, perché le realtà, le nazioni e le identità durano nel tempo, anche se cambiano aspetto esteriore… •La storia non offre lezioni di vita o facili profezie, ma aiuta a cogliere lo spessore di sé e dell’altro. Ci sono congiunture imponderabili, ma c’è una permanenza di impostazioni e prospettive lungo il tempo nei vari soggetti della storia. •La cultura geopolitica e quella storica, a tutti i livelli, diventano necessarie come la lingua inglese per viaggiare: sono l’alfabeto per distinguere e leggere le realtà

. Corifeo della scuola padovana, così estraneo al soprannaturale cristiano, il Pomponazzi non credeva che dei re, fossero pure unti coll’unguento della santa ampolla, potessero, per il fatto di essere re, guarire i malati con il loro tocco. Non contestava però affatto le guarigioni. Le spiegava con una proprietà fisiologica, che concepiva come ereditaria: il glorioso privilegio di una funzione sacra era ricondotto alle virtù terapeutiche di una saliva dinastica. …noi siamo ormai capaci sia di svelare che di spiegare le imperfezioni della testimonianza. Abbiamo acquistato il diritto di non crederle sempre, perché sappiamo, meglio che nel passato, quando e perché non dev’essere creduta. Ed è in questo modo che le scienze sono riuscite a liberarsi dal peso morto di molti falsi problemi.

Richard Simon, il cui nome, nella generazione dei nostri fondatori, ha il suo posto in prima fila, non ci ha lasciato soltanto mirabili lezioni di esegesi. Lo si vide un giorno usare l’acume della sua intelligenza per salvare alcuni innocenti, perseguitati dalla stupida accusa di crimine rituale. Nella nostra epoca, più che mai esposta alle tossine della menzogna e della falsa diceria, che vergogna che il metodo critico non figuri sia pure nel più piccolo cantuccio dei programmi di insegnamento! Giacché esso ha cessato di essere solo l’umile ausiliario di alcuni lavori di laboratorio. Esso vede ormai aprirsi davanti a sé orizzonti assai più vasti; e la storia ha il diritto di considerare tra le sue glorie più certe quella di avere così dischiuso agli uomini, elaborando la propria tecnica, una nuova via verso il vero, e, per ciò, verso il giusto. M. Bloch, Apologia della storia, pp. 101-103

Che cos’è la magia, che cosa è stata nei secoli e che cosa è ancora oggi, sia pure sotto mentite spoglie? La presunzione che si potesse passare di colpo da una causa a un effetto per cortocircuito, senza compiere i passi intermedi. Infilo uno spillo nella statuetta del nemico e quello muore, pronuncio una formula e trasformo il ferro in oro, convoco a me gli angeli e invio tramite loro un messaggio… La magia ignora la catena lunga delle cause de degli effetti e soprattutto non si preoccupa di stabilire provando e riprovando se ci sia un rapporto replicabile tra causa ed effetto.

La fiducia, la speranza nella magia non si è affatto dissolta con l’avvento della scienza sperimentale. Il desiderio della simultaneità tra causa ed effetto si è trasferito alla tecnologia, che sembra la figlia naturale della scienza… Potrebbe sembrare strano che questa mentalità magica sopravviva nella nostra era, ma se ci guardiamo intorno essa appare trionfante dappertutto. Oggi assistiamo al revival di sette sataniche, di riti sincretistici, che una volta gli antropologi culturali andavano a studiare nelle favelas brasiliane… Vorrei ricordare una frase di Cheste rton: “Quando gli uomini non credono piùin Dio non è che non credano piùa nulla. Credono a tutto”. Umberto Eco, Se la scienza sembra magica, in “La Repubblica”, 2002

Etsi Deus non daretur Una delle conseguenze delle guerre di religione del XVII secolo fu che la storia non poté più restare la stessa. Fino ad allora infatti i popoli europei, forti della loro tradizione cristiana, avevano prediletto una lettura “provvidenzialistica” della storia. Le vicende dei popoli cristiani sembravano dimostrare da sole la particolare benedizione che Dio aveva loro accordato. Se c’erano delle tragedie e delle difficoltà queste erano facilmente attribuite ai peccati dei popoli e dei regnanti, che non sono mai certo mancati

Nel XVII secolo però i popoli cristiani in Europa si sono divisi e poi si sono combattuti l’un l’altro. Ciascuno era persuaso di avere Dio dalla sua parte, ciascuno lo invocava per dimostrare, con la vittoria, la verità delle proprie idee. Ma, mentre luterani e cattolici si uccidevano tra loro, Dio da che parte era? •Sal. 115, 16 I cieli sono i cieli dell' Eterno, ma la terra egli l' ha data ai figli degli uomini. •La storia può anzi deve essere studiata come la storia degli uomini. E, per questo, bisognava trovare un metodo.

Altri fattori che hanno determinato la nascita del “metodo storico”

La scoperta dell’America [Michel de Certeau, La scrittura della storia, p. XV-XVI] Amerigo Vespucci lo scopritore arriva dal mare, in piedi, vestito, corazzato, crociato; porta le armi europee (in tutti i sensi) ed ha dietro di sé i vascelli che riporteranno verso l’Occidente i tesori di un paradiso. Di fronte, l’Indiana America: donna stesa, nuda, presenza innominata della differenza, corpo che si risveglia in uno spazio di vegetazioni e di animali esotici. Scena inaugurale. Dopo un attimo di stupore su questa soglia segnata da un colonnato d’alberi, il conquistatore si appresta a scrivere il corpo dell’altro ed a tracciarvi la propria storia. Ne farà il corpo istoriato – il blasone – dei suoi lavori e dei suoi fantasmi. Sarà l’America “latina”.

La presa di coscienza di appartenere ad un’epoca “moderna” La presa di coscienza di appartenere ad un’epoca “moderna”. [Michelde Certeau, La scrittura della storia, p. 2, 4] La storia moderna occidentale inizia con la differenza tra presente e passato. Per questo si distingue anche dalla tradizione, d acuinon riesce mai a separarsi completamente, mantenendo con quest’archeologia una relazione di indebitamento e di rigetto… Una struttura propria della cultura occidentale moderna si mostra senza dubbio in questa storiografia: l’intelligibilitàsi instaura in un rapporto con l’altro…

[Michelde Certeau, La scrittura della storia, p.8-9] LE FRATTURE La storiografia innanzitutto separa il suo presente da un passato. Ma ripete ovunque il gesto di dividere. La sua cronologia è così composta di ‘periodi’(ad esempio, Medio Evo, Età moderna, Età contemporanea) tra i quali è tracciata ogni volta la decisione di essere altro o di non essere più quel che si è stato fin là (il Rinascimento, la Rivoluzione). A turno, ogni ‘nuovo’ tempo ha dato luogo a un discorso che trattava come ‘morto ’ ciò che precedeva, ma ricevendo un ‘passato’ giàsegnato da fratture anteriori. La frattura dunque è il postulato dell’interpretazione (che si costruisce da un presente) e ne è l’oggetto.

Il rapporto tra storia e politica Nel XVI secolo –o per prendere dei punti di riferimento ben precisi, da Macchiavellie Guicciardini–la storiografia cessa di essere la rappresentazione di un tempo provvidenziale, ossia di una storia decisa da un Soggetto inaccessibile e decifrabile solo nei segni che questi dàdelle sue volontà. Essa assume la posizione del soggetto dell’azione –quella del principe, quella che ha per obiettivo di ‘fare la storia’. All’intelligenza essa attribuisce la funzione di modalizzarei guochipossibili tra un volere e le realtàda cui questo si differenzia.

Lo storico e il potere È tuttavia attraverso una specie di finzione che lo storico si dà questo posto. Egli, di fatto, non è il soggetto dell’operazione di cui è il tecnico. Non fa la storia, non può che fare della storia…. È soltanto ‘a fianco’ del potere. Sotto forme più o meno esplicite, egli ne riceve le direttive che, in qualsiasi paese moderno, attribuiscono alla storia –dalle tesi fino ai manuali –il compito di educare e di mobilitare…impartirà lezioni di governo senza conoscerne le responsabilità né i rischi. Pensa il potere che non ha.