Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare LE FONTI art. 29, lett. c del D.Lgs 28 giugno 2005 n. 139, che attribuisce al Consiglio nazionale il potere di regolamentazione dell’esercizio della funzione disciplinare a livello territoriale e nazionale Capo V del D.Lgs 139/2005, che detta le norme sul procedimento disciplinare ’art. 12, lett. B), del D.Lgs 139/2005, che attribuisce al Consiglio dell’Ordine, la vigilanza sull’osservanza della legge professionale;
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare art. 12, lett. G), del D.Lgs 139/2005, che attribuisce al Consiglio dell’Ordine il potere di deliberare i provvedimenti disciplinari Regolamento per l’esercizio della funzione disciplinare territoriale approvato dal Consiglio Nazionale a nov 2009
La struttura del Regolamento: Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare La struttura del Regolamento: Capo I – Disposizioni generali (artt. 1-4) Capo II – Fase preliminare (artt. 5-7) Capo III – Apertura del procedimento disciplinare e istruttoria (artt. 8 -11) Capo IV – Il dibattimento (artt. 12-15) Capo V – I provvedimenti del Consiglio (artt. 16-25)
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare I principi generali: Il procedimento disciplinare (PD) è volto ad accertare la sussistenza della responsabilità disciplinare dell’iscritto per le azioni od omissioni che integrino violazione di norme di legge e regolamenti, del codice deontologico, o siano comunque ritenute in contrasto con i doveri generali di dignità, probità e decoro, a tutela dell’interesse pubblico al corretto esercizio della professione Deve svolgersi con imparzialità e nel rispetto del contraddittorio Per quanto non espressamente previsto, si applicano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura civile. In tema di integrità si segnala la pronuncia della Cassazione (sent. n. 222/2001 ) che ha affermato la contrarietà ai doveri di lealtà e probità professionali dell'uso distorto da parte del professionista (nella fattispecie un avvocato) di strumenti apprestati dal diritto in funzione della tutela di posizioni subiettive legittime per procurare a sè, o ad altri, vantaggi indebiti ed attribuzioni patrimoniali sostanzialmente non spettanti e prive di giustificazione. Simili comportamenti da parte del professionista infatti, secondo la Corte di legittimità, sono lesivi non solo della dignità e del decoro professionali, ma anche di quella regola dell'"honeste vivere" che costituisce il substrato di ogni ordinamento giuridico. In tema di diligenza professionale si segnala la consolidata giurisprudenza di legittimità (sent. Cass. n. 6937/96; n. 7618/97; n. 10431/2000) secondo cui le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desideratola non a conseguirlo. Conseguentemente l'inadempimento dell’incarico professionale non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile al cliente, ma piuttosto deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza. In quanto alla valutazione del suddetto dovere trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata; sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel guai caso essa è attenuata configurandosi, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave.
Responsabilità disciplinare (art. 2) Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare Responsabilità disciplinare (art. 2) E’ accertata ove siano provate la inosservanza dei doveri professionali e la intenzionalità della condotta, anche se omissiva. Sussiste anche quando il fatto sia commesso per imprudenza, negligenza od imperizia, o per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline. Deve tenersi conto del profilo soggettivo L’iscritto è sottoposto a procedimento disciplinare anche per fatti non riguardanti l’attività professionale, qualora si riflettano sulla reputazione professionale o compromettano l’immagine e la dignità della categoria. In tema di integrità si segnala la pronuncia della Cassazione (sent. n. 222/2001 ) che ha affermato la contrarietà ai doveri di lealtà e probità professionali dell'uso distorto da parte del professionista (nella fattispecie un avvocato) di strumenti apprestati dal diritto in funzione della tutela di posizioni subiettive legittime per procurare a sè, o ad altri, vantaggi indebiti ed attribuzioni patrimoniali sostanzialmente non spettanti e prive di giustificazione. Simili comportamenti da parte del professionista infatti, secondo la Corte di legittimità, sono lesivi non solo della dignità e del decoro professionali, ma anche di quella regola dell'"honeste vivere" che costituisce il substrato di ogni ordinamento giuridico. In tema di diligenza professionale si segnala la consolidata giurisprudenza di legittimità (sent. Cass. n. 6937/96; n. 7618/97; n. 10431/2000) secondo cui le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desideratola non a conseguirlo. Conseguentemente l'inadempimento dell’incarico professionale non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile al cliente, ma piuttosto deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza. In quanto alla valutazione del suddetto dovere trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata; sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel guai caso essa è attenuata configurandosi, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave.
Avvio dell’azione disciplinare (art. 5) Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare Avvio dell’azione disciplinare (art. 5) Il procedimento disciplinare nei confronti dell’iscritto è promosso d’ufficio dal Consiglio, quando ha notizia di fatti rilevanti ai sensi dell’art. 1 del presente regolamento, o su richiesta del Pubblico Ministero competente, ovvero su richiesta degli interessati. Interessati sono coloro che abbiano subito un pregiudizio dalla condotta dell’iscritto Il professionista che sia sottoposto a giudizio penale è sottoposto anche a procedimento disciplinare per il fatto che ha formato oggetto dell’imputazione, tranne ove sia intervenuta sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso. In tema di integrità si segnala la pronuncia della Cassazione (sent. n. 222/2001 ) che ha affermato la contrarietà ai doveri di lealtà e probità professionali dell'uso distorto da parte del professionista (nella fattispecie un avvocato) di strumenti apprestati dal diritto in funzione della tutela di posizioni subiettive legittime per procurare a sè, o ad altri, vantaggi indebiti ed attribuzioni patrimoniali sostanzialmente non spettanti e prive di giustificazione. Simili comportamenti da parte del professionista infatti, secondo la Corte di legittimità, sono lesivi non solo della dignità e del decoro professionali, ma anche di quella regola dell'"honeste vivere" che costituisce il substrato di ogni ordinamento giuridico. In tema di diligenza professionale si segnala la consolidata giurisprudenza di legittimità (sent. Cass. n. 6937/96; n. 7618/97; n. 10431/2000) secondo cui le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desideratola non a conseguirlo. Conseguentemente l'inadempimento dell’incarico professionale non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile al cliente, ma piuttosto deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza. In quanto alla valutazione del suddetto dovere trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata; sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel guai caso essa è attenuata configurandosi, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave.
Sentenza di patteggiamento Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare Sentenza di patteggiamento il professionista nei cui confronti sia stato aperto un procedimento penale conclusosi con sentenza ex art. 444 c.p.p. dovrà essere sottoposto a procedimento disciplinare. la sentenza di patteggiamento, al pari delle altre sentenze di condanna, è vincolante in sede disciplinare quanto alla sussistenza del fatto, alla sua illiceità penale ed all’affermazione che l’imputato lo ha commesso resta libera ed autonoma la valutazione dell’Ordine sulla sanzionabilità del fatto in sede disciplinare. in tema di indipendenza → Vd. C.N.R.C. n. 16 del 10 marzo 1994 in cui si affermava che l’indagine diretta ad accertare la ricorrenza di uno dei casi di incompatibilità previsti dall’articolo 3 dell’ordinamento professionale deve essere svolta in concreto, avendo cioè riguardo alle singole fattispecie. - Vd CNDC circolare n. 1 del 27 gennaio 2005 relativa a “L’indipendenza del sindaco e/o del revisore contabile”, nella quale si analizzano aspetti particolari dell’indipendenza del professionista nell’espletamento di particolari incarichi, quale quello di sindaco ovvero di revisore contabile In tema di Violazione obblighi segreto professionale e riservatezza Vd CNDC decisione del1° giugno 2000, n. 20, in cui si affermava che “Il Professionista che viola gli obblighi del segreto professionale e di riservatezza è sottoposto dal Consiglio dell’Ordine a procedimento disciplinare per comportamento non corretto; tuttavia se la denunzia del commercialista si riferisce a fatti accaduti, la pena disciplinare inflittagli dall’Ordine può essere mitigatadal Consiglio dell’Ordine” Comportamento professionale → Vd. Del. CNRC n. 3 del 21 febbraio 1990, In cui si affermava che il professionista ha l’obbligo di tenere, in ogni circostanza, una condotta conforme alla dignità e al decoro professionali. → Vd. Del. C.N.R.C. n. 10 del 7 febbraio 1996 in cui si affermava che, tenuto conto dell’art. 39 previgente O.P. (che prevede la possibilità di irrogare la sanzione della sospensione ai fini della salvaguardia della dignità e il decoro professionale) in caso di intervenuta sentenza penale c.d. di patteggiamento si deve comunque procedere ad una autonoma valutazione della illiceità dei fatti in sede disciplinare. - Vd CNDC decisione del 10 dicembre 2003, n. 22, in cui si affermava che “La responsabilità disciplinare del dottore commercialista prescinde dall’elemento intenzionale del dolo o da quello della colpa, essendo sufficiente la semplice volontarietà dell’azione, anche se l’effetto della condotta, cioè la compromissione della reputazione dell’agente e della dignità della classe professionale, non sia stata prevista e nemmeno voluta dallo stesso agente.” Per quanto riguarda la valutazione della condotta irreprensibile ai fini dell’iscrizione all’albo professionale → Vd. Del. C.N.R.C. n. 20 del 15 ottobre 1997 in cui si afferma che la valutazione circa la sussistenza del requisito della condotta irreprensibile (art. 31 lett. c) del previgente O.P.) deve essere compiuta con scrupolosa e attenta ponderazione di tutti gli elementi a tal fine rilevanti avendo riguardo alla complessiva condotta tenuta dall’interessato, anche a quella antecedente alla presentazione della domanda di iscrizione all’albo. Nel caso in cui sia intervenuta sentenza penale di condanna o vi sia stata applicazione della pena su richiesta delle parti (artt. 444 ss. c.p.p.), si deve comunque procedere ad una autonoma valutazione della illiceità dei fatti e della loro rilevanza in sede disciplinare per stabilire se l’eventuale iscrizione all’albo dell’aspirante professionista possa compromettere la stima e la fiducia di cui deve poter godere il Collegio professionale in tutti i suoi componenti. - Vd CNDC decisione del 10 gennaio 2001, n. 1, in cui si affermava che “L’Ordinamento Professionale prevede quale requisito indispensabile per ottenere l’iscrizione all’Albo dei Dottori Commercialisti “la condotta irreprensibile del professionista”. Il suddetto requisito della “condotta irreprensibile” deve essere valutato dall’Organo professionale con riferimento al singolo caso concreto ed agli aspetti disciplinari, e non meramente penali, dei fatti contestati.”
Archiviazione immediata (art. 7) Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare Archiviazione immediata (art. 7) Il Consiglio dell’Ordine ha il dovere di prendere in considerazione le notizie di cui al c 1 dell’art. 5, allorquando provengano da soggetti pubblici o da privati non anonimi. Il Consiglio, su proposta motivata del Presidente, sentiti il Consigliere delegato e, ove costituita, la Commissione disciplinare, e fuori del caso di richiesta proveniente dal pubblico ministero, può deliberare di non aprire il procedimento disciplinare allorquando: a) i fatti palesemente non sussistano; b) le notizie pervenute siano manifestamente infondate; c) i fatti, allo stato degli atti, non integrino violazioni di norme di legge, regolamenti e codice deontologico; d) i fatti non siano stati commessi da un iscritto al Consiglio dell’Ordine destinatario delle notizie. In tema di integrità si segnala la pronuncia della Cassazione (sent. n. 222/2001 ) che ha affermato la contrarietà ai doveri di lealtà e probità professionali dell'uso distorto da parte del professionista (nella fattispecie un avvocato) di strumenti apprestati dal diritto in funzione della tutela di posizioni subiettive legittime per procurare a sè, o ad altri, vantaggi indebiti ed attribuzioni patrimoniali sostanzialmente non spettanti e prive di giustificazione. Simili comportamenti da parte del professionista infatti, secondo la Corte di legittimità, sono lesivi non solo della dignità e del decoro professionali, ma anche di quella regola dell'"honeste vivere" che costituisce il substrato di ogni ordinamento giuridico. In tema di diligenza professionale si segnala la consolidata giurisprudenza di legittimità (sent. Cass. n. 6937/96; n. 7618/97; n. 10431/2000) secondo cui le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desideratola non a conseguirlo. Conseguentemente l'inadempimento dell’incarico professionale non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile al cliente, ma piuttosto deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza. In quanto alla valutazione del suddetto dovere trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata; sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel guai caso essa è attenuata configurandosi, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave.
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare Al fine di decidere se procedere con archiviazione immediata, la Commissione disciplinare convoca, in fase pre-istruttoria, il professionista per audizione. In tema di integrità si segnala la pronuncia della Cassazione (sent. n. 222/2001 ) che ha affermato la contrarietà ai doveri di lealtà e probità professionali dell'uso distorto da parte del professionista (nella fattispecie un avvocato) di strumenti apprestati dal diritto in funzione della tutela di posizioni subiettive legittime per procurare a sè, o ad altri, vantaggi indebiti ed attribuzioni patrimoniali sostanzialmente non spettanti e prive di giustificazione. Simili comportamenti da parte del professionista infatti, secondo la Corte di legittimità, sono lesivi non solo della dignità e del decoro professionali, ma anche di quella regola dell'"honeste vivere" che costituisce il substrato di ogni ordinamento giuridico. In tema di diligenza professionale si segnala la consolidata giurisprudenza di legittimità (sent. Cass. n. 6937/96; n. 7618/97; n. 10431/2000) secondo cui le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desideratola non a conseguirlo. Conseguentemente l'inadempimento dell’incarico professionale non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile al cliente, ma piuttosto deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza. In quanto alla valutazione del suddetto dovere trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata; sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel guai caso essa è attenuata configurandosi, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave.
Apertura del procedimento disciplinare (art. 8) Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare Apertura del procedimento disciplinare (art. 8) Quando non vi è stata archiviazione immediata, Il Consiglio delibera l’apertura del procedimento disciplinare La delibera succintamente motivata va notificata a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento ovvero posta elettronica con firma digitale con avviso di ricevimento, al professionista incolpato, e comunicata all’esponente, al Pubblico Ministero presso il Tribunale, al Procuratore Generale presso la Corte d’Appello e al Ministero della Giustizia. Nella delibera viene riportata la nomina del Consigliere relatore. Il procedimento disciplinare deve essere concluso entro diciotto mesi dall’apertura del procedimento (prorogabili a max 30 mesi). In tema di integrità si segnala la pronuncia della Cassazione (sent. n. 222/2001 ) che ha affermato la contrarietà ai doveri di lealtà e probità professionali dell'uso distorto da parte del professionista (nella fattispecie un avvocato) di strumenti apprestati dal diritto in funzione della tutela di posizioni subiettive legittime per procurare a sè, o ad altri, vantaggi indebiti ed attribuzioni patrimoniali sostanzialmente non spettanti e prive di giustificazione. Simili comportamenti da parte del professionista infatti, secondo la Corte di legittimità, sono lesivi non solo della dignità e del decoro professionali, ma anche di quella regola dell'"honeste vivere" che costituisce il substrato di ogni ordinamento giuridico. In tema di diligenza professionale si segnala la consolidata giurisprudenza di legittimità (sent. Cass. n. 6937/96; n. 7618/97; n. 10431/2000) secondo cui le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desideratola non a conseguirlo. Conseguentemente l'inadempimento dell’incarico professionale non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile al cliente, ma piuttosto deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza. In quanto alla valutazione del suddetto dovere trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata; sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel guai caso essa è attenuata configurandosi, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave.
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare In relazione alla gravità del fatto, il Consiglio, può disporre la sospensione cautelare per un periodo non superiore a cinque anni. La sospensione cautelare è comunque disposta in caso di applicazione di misura cautelare o interdittiva, di sentenza definitiva con cui si è applicata l’interdizione dalla professione o dai pubblici uffici. In tema di integrità si segnala la pronuncia della Cassazione (sent. n. 222/2001 ) che ha affermato la contrarietà ai doveri di lealtà e probità professionali dell'uso distorto da parte del professionista (nella fattispecie un avvocato) di strumenti apprestati dal diritto in funzione della tutela di posizioni subiettive legittime per procurare a sè, o ad altri, vantaggi indebiti ed attribuzioni patrimoniali sostanzialmente non spettanti e prive di giustificazione. Simili comportamenti da parte del professionista infatti, secondo la Corte di legittimità, sono lesivi non solo della dignità e del decoro professionali, ma anche di quella regola dell'"honeste vivere" che costituisce il substrato di ogni ordinamento giuridico. In tema di diligenza professionale si segnala la consolidata giurisprudenza di legittimità (sent. Cass. n. 6937/96; n. 7618/97; n. 10431/2000) secondo cui le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desideratola non a conseguirlo. Conseguentemente l'inadempimento dell’incarico professionale non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile al cliente, ma piuttosto deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza. In quanto alla valutazione del suddetto dovere trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata; sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel guai caso essa è attenuata configurandosi, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave.
Commissione disciplinare (art.9) Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il Codice deontologico della Professione Commissione disciplinare (art.9) Il Consiglio dell’Ordine in genere istituisce una commissione disciplinare con il compito di svolgere le attività istruttorie è composta, sempre in numero dispari, da un minimo di tre componenti eletti fra i Consiglieri in carica Sulla rilevanza dell’interesse pubblico in termini di affidamento si segnala che la Cassazione è intervenuta innanzitutto affermando, ripetutamente, la legittimazione dell’Ordine professionale ad agire in giudizio per la tutela degli interessi (non solo corporativi ma anche pubblici) che la legge affida alla sua cura (vd. Cass. N. 3361/1993). In tal senso si segnala, ad esempio, che l’Ordine professionale è preposto alla tutela dell’interesse al "legale esercizio della professione“ (vd. Cass. n. 3361/1993): si tratta della tutela di un interesse di pubblico (tanto che si riconosce all’Ordine professionale una posizione giuridica soggettiva direttamente tutelabile dinanzi al giudice, che gli consente di rimuovere una situazione vietata sotto comminatoria di sanzione penale). Si segnala inoltre la consolidata giurisprudenza amministrativa, la quale da tempo riconosce agli Ordini professionali - espressamente (Cons. St. Sez. V n. 821/77, Sez. VI n. 1187/78, Sez. VI n. 1208/78) o implicitamente (Cons. St. Sez. IV n. 408/88, Sez. V n. 314/90) la legittimazione ad agire e a contraddire a tutela non solo di interessi propri dell'ente, ma anche di quelli della categoria rappresentata. Questo principio è inoltre coerente con la tendenza del legislatore e della giurisprudenza ad ampliare la sfera della capacità di agire di enti associativi esponenziali di particolari categorie o gruppi di cittadini, riconoscendo direttamente ad essi la titolarità di posizioni e di poteri giuridici finalizzati alla tutela di interessi collettivi considerati meritevoli di speciale considerazione per la loro rilevanza politica, sociale o economica. E’ stato inoltre precisato (Cass. Sez Un. n. 4902 del 2 giugno 1997) che il procedimento disciplinare è dominato da un impulso pubblicistico per la tutela di interessi professionali di rilievo pubblico.
Audizione e deposito documenti (art. 10) Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare Audizione e deposito documenti (art. 10) L’istruzione viene espletata mediante l’acquisizione dei documenti necessari, ove consentita dalla legge, e l’assunzione di tutte le notizie utili. Deve essere disposta la convocazione dell’incolpato per audizione. Può essere sentito l’esponente Viene redatto verbale delle audizioni. Al termine dell’istruttoria, il relatore redige la Relazione sull’espletata istruttoria, riferendo in Consiglio e mettendo a disposizione il fascicolo processuale In tema di integrità si segnala la pronuncia della Cassazione (sent. n. 222/2001 ) che ha affermato la contrarietà ai doveri di lealtà e probità professionali dell'uso distorto da parte del professionista (nella fattispecie un avvocato) di strumenti apprestati dal diritto in funzione della tutela di posizioni subiettive legittime per procurare a sè, o ad altri, vantaggi indebiti ed attribuzioni patrimoniali sostanzialmente non spettanti e prive di giustificazione. Simili comportamenti da parte del professionista infatti, secondo la Corte di legittimità, sono lesivi non solo della dignità e del decoro professionali, ma anche di quella regola dell'"honeste vivere" che costituisce il substrato di ogni ordinamento giuridico. In tema di diligenza professionale si segnala la consolidata giurisprudenza di legittimità (sent. Cass. n. 6937/96; n. 7618/97; n. 10431/2000) secondo cui le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desideratola non a conseguirlo. Conseguentemente l'inadempimento dell’incarico professionale non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile al cliente, ma piuttosto deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza. In quanto alla valutazione del suddetto dovere trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata; sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel guai caso essa è attenuata configurandosi, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave.
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare Il dibattimento Se il Consiglio ritiene compiuta l’istruttoria, fissa l’udienza dibattimentale, convocando l’incolpato. L’incolpato può farsi assistere da un difensore (avvocato o altro iscritto all’Albo). In udienza il relatore espone i fatti e l’esito dell’istruttoria; poi, se presente, viene sentito l’incolpato ed eventualmente l’esponente ed i testi ammessi. Il Consiglio può disporre la riapertura dell’istruttoria qualora consideri necessaria l’acquisizione di altri elementi utili per l’assunzione della decisione In tema di integrità si segnala la pronuncia della Cassazione (sent. n. 222/2001 ) che ha affermato la contrarietà ai doveri di lealtà e probità professionali dell'uso distorto da parte del professionista (nella fattispecie un avvocato) di strumenti apprestati dal diritto in funzione della tutela di posizioni subiettive legittime per procurare a sè, o ad altri, vantaggi indebiti ed attribuzioni patrimoniali sostanzialmente non spettanti e prive di giustificazione. Simili comportamenti da parte del professionista infatti, secondo la Corte di legittimità, sono lesivi non solo della dignità e del decoro professionali, ma anche di quella regola dell'"honeste vivere" che costituisce il substrato di ogni ordinamento giuridico. In tema di diligenza professionale si segnala la consolidata giurisprudenza di legittimità (sent. Cass. n. 6937/96; n. 7618/97; n. 10431/2000) secondo cui le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desideratola non a conseguirlo. Conseguentemente l'inadempimento dell’incarico professionale non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile al cliente, ma piuttosto deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza. In quanto alla valutazione del suddetto dovere trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata; sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel guai caso essa è attenuata configurandosi, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave.
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare La decisione (art. 18) Al termine dell’udienza dibattimentale, il Consiglio delibera. La decisione del Consiglio dell’Ordine può consistere: nell’archiviazione del procedimento; nella sospensione del procedimento, nell’irrogazione delle seguenti sanzioni: censura, sospensione dall’esercizio professionale per un periodo di tempo non superiore a due anni, radiazione dall’Albo. In tema di integrità si segnala la pronuncia della Cassazione (sent. n. 222/2001 ) che ha affermato la contrarietà ai doveri di lealtà e probità professionali dell'uso distorto da parte del professionista (nella fattispecie un avvocato) di strumenti apprestati dal diritto in funzione della tutela di posizioni subiettive legittime per procurare a sè, o ad altri, vantaggi indebiti ed attribuzioni patrimoniali sostanzialmente non spettanti e prive di giustificazione. Simili comportamenti da parte del professionista infatti, secondo la Corte di legittimità, sono lesivi non solo della dignità e del decoro professionali, ma anche di quella regola dell'"honeste vivere" che costituisce il substrato di ogni ordinamento giuridico. In tema di diligenza professionale si segnala la consolidata giurisprudenza di legittimità (sent. Cass. n. 6937/96; n. 7618/97; n. 10431/2000) secondo cui le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desideratola non a conseguirlo. Conseguentemente l'inadempimento dell’incarico professionale non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile al cliente, ma piuttosto deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza. In quanto alla valutazione del suddetto dovere trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata; sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel guai caso essa è attenuata configurandosi, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave.
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare Prescrizione (art. 19) L’azione disciplinare si prescrive in cinque anni dal compimento dell’evento che può dar luogo all’apertura del procedimento disciplinare. Il termine decorre dal giorno in cui si è verificato il fatto, se questo integra una violazione deontologica di carattere istantaneo, che si consuma o si esaurisce nel momento in cui la stessa viene posta in essere Se condotta si protrae nel tempo decorre dalla data di cessazione della condotta medesima In tema di integrità si segnala la pronuncia della Cassazione (sent. n. 222/2001 ) che ha affermato la contrarietà ai doveri di lealtà e probità professionali dell'uso distorto da parte del professionista (nella fattispecie un avvocato) di strumenti apprestati dal diritto in funzione della tutela di posizioni subiettive legittime per procurare a sè, o ad altri, vantaggi indebiti ed attribuzioni patrimoniali sostanzialmente non spettanti e prive di giustificazione. Simili comportamenti da parte del professionista infatti, secondo la Corte di legittimità, sono lesivi non solo della dignità e del decoro professionali, ma anche di quella regola dell'"honeste vivere" che costituisce il substrato di ogni ordinamento giuridico. In tema di diligenza professionale si segnala la consolidata giurisprudenza di legittimità (sent. Cass. n. 6937/96; n. 7618/97; n. 10431/2000) secondo cui le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desideratola non a conseguirlo. Conseguentemente l'inadempimento dell’incarico professionale non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile al cliente, ma piuttosto deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza. In quanto alla valutazione del suddetto dovere trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata; sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel guai caso essa è attenuata configurandosi, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave.
Prescrizione e azione giudiziaria Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare Prescrizione e azione giudiziaria Le norme che regolano i procedimenti disciplinari stabiliscono un termine di prescrizione (cinque anni dal compimento dell'evento che può dar luogo all'apertura del procedimento) ma non ne regolano i rapporti con l’azione giudiziaria. Si distinguono 2 situazioni: nel caso in cui si tratta di esercitare la funzione disciplinare per un comportamento non coincidente, ancorché connesso a quello per il quale il professionista è tratto a giudizio penale, il termine prescrizionale di 5 anni non subisce alcuna sospensione né interruzione In tema di integrità si segnala la pronuncia della Cassazione (sent. n. 222/2001 ) che ha affermato la contrarietà ai doveri di lealtà e probità professionali dell'uso distorto da parte del professionista (nella fattispecie un avvocato) di strumenti apprestati dal diritto in funzione della tutela di posizioni subiettive legittime per procurare a sè, o ad altri, vantaggi indebiti ed attribuzioni patrimoniali sostanzialmente non spettanti e prive di giustificazione. Simili comportamenti da parte del professionista infatti, secondo la Corte di legittimità, sono lesivi non solo della dignità e del decoro professionali, ma anche di quella regola dell'"honeste vivere" che costituisce il substrato di ogni ordinamento giuridico. In tema di diligenza professionale si segnala la consolidata giurisprudenza di legittimità (sent. Cass. n. 6937/96; n. 7618/97; n. 10431/2000) secondo cui le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desideratola non a conseguirlo. Conseguentemente l'inadempimento dell’incarico professionale non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile al cliente, ma piuttosto deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza. In quanto alla valutazione del suddetto dovere trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata; sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel guai caso essa è attenuata configurandosi, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave.
Prescrizione e azione giudiziaria Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare Prescrizione e azione giudiziaria nel caso in cui si tratta invece di esercitare l’azione disciplinare per il medesimo fatto per il quale il professionista è sottoposto a processo penale per la Suprema Corte il termine di prescrizione dell’azione disciplinare comincia a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza penale. In tema di integrità si segnala la pronuncia della Cassazione (sent. n. 222/2001 ) che ha affermato la contrarietà ai doveri di lealtà e probità professionali dell'uso distorto da parte del professionista (nella fattispecie un avvocato) di strumenti apprestati dal diritto in funzione della tutela di posizioni subiettive legittime per procurare a sè, o ad altri, vantaggi indebiti ed attribuzioni patrimoniali sostanzialmente non spettanti e prive di giustificazione. Simili comportamenti da parte del professionista infatti, secondo la Corte di legittimità, sono lesivi non solo della dignità e del decoro professionali, ma anche di quella regola dell'"honeste vivere" che costituisce il substrato di ogni ordinamento giuridico. In tema di diligenza professionale si segnala la consolidata giurisprudenza di legittimità (sent. Cass. n. 6937/96; n. 7618/97; n. 10431/2000) secondo cui le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desideratola non a conseguirlo. Conseguentemente l'inadempimento dell’incarico professionale non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile al cliente, ma piuttosto deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza. In quanto alla valutazione del suddetto dovere trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata; sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel guai caso essa è attenuata configurandosi, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave.
Sospensione del procedimento disciplinare (art. 20) Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare Sospensione del procedimento disciplinare (art. 20) - Il Consiglio, espletata la fase dibattimentale, può disporne la sospensione, in attesa dell’esito di altro giudizio pendente avanti l’Autorità Giudiziaria. La sospensione interrompe il decorso del termine di prescrizione. Dal giorno in cui l’ordinanza di sospensione è notificata all’incolpato decorre il termine quinquennale di prescrizione dell’azione disciplinare. In tema di integrità si segnala la pronuncia della Cassazione (sent. n. 222/2001 ) che ha affermato la contrarietà ai doveri di lealtà e probità professionali dell'uso distorto da parte del professionista (nella fattispecie un avvocato) di strumenti apprestati dal diritto in funzione della tutela di posizioni subiettive legittime per procurare a sè, o ad altri, vantaggi indebiti ed attribuzioni patrimoniali sostanzialmente non spettanti e prive di giustificazione. Simili comportamenti da parte del professionista infatti, secondo la Corte di legittimità, sono lesivi non solo della dignità e del decoro professionali, ma anche di quella regola dell'"honeste vivere" che costituisce il substrato di ogni ordinamento giuridico. In tema di diligenza professionale si segnala la consolidata giurisprudenza di legittimità (sent. Cass. n. 6937/96; n. 7618/97; n. 10431/2000) secondo cui le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desideratola non a conseguirlo. Conseguentemente l'inadempimento dell’incarico professionale non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile al cliente, ma piuttosto deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza. In quanto alla valutazione del suddetto dovere trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata; sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel guai caso essa è attenuata configurandosi, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave.
Appello alla decisione Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Il procedimento disciplinare Appello alla decisione Avverso la decisione potrà essere proposta impugnazione mediante ricorso al Consiglio Nazionale, per il tramite dell’Ordine Territoriale, e l’indicazione del relativo termine. In tema di integrità si segnala la pronuncia della Cassazione (sent. n. 222/2001 ) che ha affermato la contrarietà ai doveri di lealtà e probità professionali dell'uso distorto da parte del professionista (nella fattispecie un avvocato) di strumenti apprestati dal diritto in funzione della tutela di posizioni subiettive legittime per procurare a sè, o ad altri, vantaggi indebiti ed attribuzioni patrimoniali sostanzialmente non spettanti e prive di giustificazione. Simili comportamenti da parte del professionista infatti, secondo la Corte di legittimità, sono lesivi non solo della dignità e del decoro professionali, ma anche di quella regola dell'"honeste vivere" che costituisce il substrato di ogni ordinamento giuridico. In tema di diligenza professionale si segnala la consolidata giurisprudenza di legittimità (sent. Cass. n. 6937/96; n. 7618/97; n. 10431/2000) secondo cui le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desideratola non a conseguirlo. Conseguentemente l'inadempimento dell’incarico professionale non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile al cliente, ma piuttosto deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza. In quanto alla valutazione del suddetto dovere trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata; sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel guai caso essa è attenuata configurandosi, secondo quanto previsto dall’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave.