Lo stato di Terraferma Problemi del Quattrocento e Cinquecento

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Transcript della presentazione:

Lo stato di Terraferma Problemi del Quattrocento e Cinquecento

L’Italia nel XIV secolo - Estrema frammentazione al centro-nord; - unità territoriale del Regno di Napoli

L’Italia al tempo della pace di Lodi (1454): sono già visibili i contorni degli stati regionali che si consolideranno nel secolo successivo

L’Impero nel XV secolo

L’Europa nel 1492

“…per fare contrapeso alla potenza de’ viniziani …” Ferdinando d’Aragona riteneva che… “… per fare contrapeso alla potenza de’ viniziani, formidabile allora a tutta Italia, conoscesse essere necessaria l’unione sua [di Napoli] con gli altri e specialmente con gli stati di Milano e di Firenze …”

Ferdinando, Lodovico e Lorenzo … … e la potenza di Venezia «Essendo adunque in Ferdinando, Lodovico e Lorenzo, parte per i medesimi parte per diversi rispetti, la medesima intenzione alla pace, si continuava facilmente una confederazione contratta in nome di Ferdinando re di Napoli, di Giovan Galeazzo duca di Milano e della repubblica fiorentina, per difensione de’ loro stati; la quale, cominciata molti anni innanzi e dipoi interrotta per vari accidenti, era stata nell’anno mille quattrocento ottanta, aderendovi quasi tutti i minori potentati d’Italia, rinnovata per venticinque anni: avendo per fine principalmente di non lasciare diventare più potenti i viniziani, i quali, maggiori senza dubbio di ciascuno de’ confederati, ma molto minori di tutti insieme, procedevano con consigli separati da’ consigli comuni, e aspettando di crescere della altrui disunione e travagli, stavano attenti e preparati a valersi di ogni accidente che potesse aprire loro la via allo imperio di tutta Italia».

I Veneziani nel giudizio di un papa «Vogliono apparire cristiani di fronte al mondo mentre in realtà non pensano mai a Dio e, ad eccezione dello Stato, che considerano una divinità, essi non hanno nulla di sacro, né di santo. Per un veneziano, è giusto ciò che è buono per lo Stato, è pio ciò che accresce l’Impero… Misurano l’onore in base ai decreti del Senato, e non secondo un modo corretto di ragionare… Voi pensate che la vostra repubblica durerà per sempre. Essa non durerà per sempre e nemmeno a lungo. La vostra plebaglia tanto perversamente radunata presto verrà dispersa in altre terre. La feccia dei pescatori verrà sterminata. Uno stato folle non può resistere a lungo» Pio II (1467)

Venezia cambia vocazione: dal Mare alla Terraferma Fino a quando Venezia si era trovata alle spalle un mosaico di città grandi e piccole, feudi laici ed ecclesiastici, signorie rivali ma non aggressive, la pratica dei commerci e l’abilità diplomatica dei veneziani avevano avuto la meglio; ma quando, con Gian Galeazzo Visconti, si era profilato uno spazio territoriale più compatto sotto un unico signore – un vero e proprio embrione di Stato regionale – in grado di interrompere le vie di comunicazione con la pianura padana e con la Germania, di bloccare commerci e di muovere guerra alla città lagunare, la prospettiva era radicalmente cambiata: Venezia doveva prendere parte ai problemi della terraferma ed assicurarsi una posizione più sicura. «Agli occhi dei contemporanei le dedizioni di Vicenza, Verona, Belluno, Feltre e Padova […] non apparvero quali frutti di un espansionismo pianificato e fondato su pretese egemoniche: l’annessione del Veneto fino al Mincio non fu considerata un atto di imperialismo, ma solo una sorta di preventiva difesa contro eventuali riprese offensive dei Visconti o dei Carrara».

Il dominio visconteo alla morte di Gian Galeazzo (1404)

Venezia e la sua Terraferma: il problema storiografico La storia di Venezia non si identifica affatto con la storia della Terraferma: di qui la complessità di una storia dello Stato Veneto in età moderna. Nell’Ottocento: una storiografia «nostalgica» , anche se ben documentata Emanuele Cicogna, Le iscrizioni veneziane (Romanin, Storia documentata di Venezia) Venezia diventa già un mito per gli stranieri (Ruskin, Turner….)

Turner

Ruskin

Ruskin

Ruskin

Stato regionale e stato «nazionale» nella storiografia dell’Ottocento Come inserire la «decadenza» italiana e la frammentazione regionale dell’Italia moderna, pre-unitaria, nel canone, nella ‘grande narrazione’ dell’Italia unita? L’unità d’Italia (1866-1870) e la storiografia ‘regionale’ La nascita delle Deputazioni di storia patria

. C. Povolo, The creation of Venetian historiography in Venice reconsidered. The history and civilization of an Italian city state. 1297-1797  , ed. byJ. Martin and D. Romano, Baltimore 2000, pp. 495-497;

La storiografia di Venezia nel Novecento La prima metà del secolo Venezia e il Mediterraneo Venezia e l’Adriatico (l’Italia e il problema adriatico) Roberto Cessi (1886-1969) Gino Luzzatto (1880-1960) Fernand Braudel Frederic Lane

Un problema nel problema A lungo si è studiata Venezia ignorando il rimanente dello Stato. Eccezioni nel dopoguerra: Marino Berengo 1956, L’agricoltura veneta alla fine del Settecento Angelo Ventura 1964: Nobiltà e popolo nella terraferma veneziana del 400 e del 500 (Bari 1964)

ma da diversi decenni siamo di fronte ad un’inversione di tendenza nella storiografia. La revisione della storia di Venezia e della Terraferma nell’ambito della revisione della storia dello stato moderno La crisi del concetto di stato nella seconda metà del Novecento Lo Stato «nazionale»: burocrazia, esercito, fiscalità, processo di accentramento dei poteri…. Il punto d’arrivo dello sviluppo ottocentesco, fino alle guerre mondiali Stato mosaico, stato composito… .

Crisi dello stato, crisi della storiografia sullo stato nell’Europa della seconda metà del Novecento I regionalismi, il movimento anti-centralista: Scozia, Fiandre, Catalogna e Paesi Baschi…. Nella storiografia si inverte la tendenza rispetto al «teleologismo» della vecchia concezione sullo stato moderno Un nuovo modello di stato: una nuova concezione della sovranità e della territorialità

. Il dato che risalta nella storia dei rapporti fra Venezia e la sua Terraferma, rispetto alle vicende degli altri antichi Stati italiani, è «l’assenza di una struttura gerarchica capace di collegare il centro alla periferia» (C. Povolo, 1999), soprattutto in direzione periferia-centro. Questa situazione ebbe delle conseguenze rilevanti che ancor oggi incidono sulla storia del Veneto.

L’eredità fondamentale dell’età comunale e signorile Omogeneità e differenze tra le città venete (e lombarde) Controllo del territorio Difesa Giustizia Finanze pubbliche Economia Rapporti città / campagna, città montagna

Per studiare la Terraferma veneziana nel Quattrocento, bisogna studiare l’ «entroterra veneziano» nel Trecento Esempi: il rapporto montagna città a Brescia (la Val Camonica) Il rapporto montagna città a Vicenza (Sette Comuni)

Friuli (una regione senza sviluppo comunale): le giurisdizioni signorili sopravvivono anche nel Quattro-Settecento

I «Patti di dedizione» quattrocenteschi fissano e confermano le regole sancite dagli statuti comunali si assicurano gli abitanti da ogni violenza all’atto dell’occupazione si assicurano i magistrati da pene per gli uffici sostenuti sotto i passati governi si riuniscono alla città tutte le terre che si erano staccate in tempo di guerra non si imporranno nuovi tributi le giurisdizioni dei cittadini veronesi nel territorio non subiranno modifiche gli statuti della città rimarranno in vigore ai cittadini veronesi verranno riservati tutti gli uffici eccetto quelli di podestà e capitano i veronesi manteranno il monopolio delle cariche ecclesiastiche (clausola non rispettata) si vieta l’esportazione delle vettovaglie per evitare rincari si garantisce la libertà di commercio dei manufatti lungo l’Adige

Il governo della Terraferma Il governo del Territorio veneto si fonda su ripetuti «patti fra Dominante e città suddite» in modo da garantire spazio alle autonomie locali contestualmente al rafforzamento del dominio sulla terraferma. «Politica del diritto» (G. Cozzi) Tutte le città suddite mantenevano: consuetudini prerogative giurisdizionali e ampi poteri a livello locale i sistemi fiscali ereditati dalle signorie precedenti un apparato istituzionale autonomo (Consigli cittadini) regolato da Statuti risalenti all’età comunale

Giurisdizione e amministrazione: l’organizzazione dei territori

Serie dei reggimenti veneti (un elenco settecentesco)

Statuti del comune di Vicenza: 1264 (Comune) 1339 (Dominio Scaligero) 1392 (Dominio visconteo) 1425 (Dominio veneziano) a stampa 1507, ecc. (sino al Settecento)

La lunga durata dello statuto vicentino e il mito di Venezia: Giuseppe Parini, 1787 La magistratura (per Cammillo Gritti, pretore di Vicenza nel 1787)  E lungi da feroce / licenza e in un da servitude abbietta / Ne vai per la diletta / Strada di libertà dietro a la voce, / Onde te stessa reggi, / De' bei costumi tuoi, de le tue leggi.   Leggi, che fin dagli anni / Prischi non tolse il domator Romano; / Né cancellàr con mano / Sanguinolenta i posteri tiranni; / Fin che il Lione altero / Te amica aggiunse al suo pacato impero.

Gli statuti di Verona: 1228, 1276, 1393, 1450, stampa 1475, poi numerose ristampe sino alla metà del Settecento

Fisco

Difesa

Castelli del Trevigiano

.

Giustizia

Il governo della Terraferma Le istituzioni veneziane si modificano solo in piccola parte in seguito all’annessione della Terraferma: nel 1420 viene istituita la magistratura dei cinque Savi della Terraferma nel 1428 i Governatori delle entrate pubbliche dal 1440 gli atti del Senato sono divisi fra Mar e Terra la presenza di Rettori veneti in tutti i centri urbani della Terraferma crea una consuetudine prima inesistente e accresce le opportunità di clientelismo ma…tuttavia…manca: un reticolo istituzionale in grado di collegare le varie parti del dominio nei vari settori amministrativi e giudiziari una struttura statuale gerarchica e omogenea un canale di mobilità sociale dalla periferia al centro Mancano in particolare: canali di mobilità sociale attraverso gli uffici statali (ma esistono in ambito ecclesiastico) canali di promozione delle élites periferiche, condannate al municipalismo o all’emigrazione (clero, esercito, colonie, ecc.) elementi di sacralizzazione del potere politico (sostituito dalla Chiesa) un rapporto positivo tra patriziato della Dominante (chiuso e sclerotizzato, senza ricambio interno) ed élites locali (patrizie-cittadine, nobiliari, borghesi, ecclesiastiche)

Terraferma veneta: tre spazi diversi Non è più possibile parlare di “Terraferma” come di un tutt’unico, ma si deve parlare di più “Terreferme”, distinguendo almeno tre spazi diversi: Padova e Treviso – retroterra immediato di Venezia e primo spazio di insediamento terriero del patriziato veneziano (le ville). Terraferma urbana - ( a) Bassano, Vicenza, Verona / b) Brescia, Bergamo, Crema) dominate dalle élites patrizie locali e dalla dialettica locale città/contado. Terraferma feudale (Bellunese, Feltrino, Friuli) dominate dalla nobiltà rurale di origine feudale poco propensa a rapportarsi con i centri urbani.

Un governo flessibile Nella pratica concreta la flessibilità nell’applicazione delle prerogative di Venezia sulle città suddite era molto ampia e quindi più efficace. L’affermazione della sovranità di Venezia sulle città e sui territori era ritenuto più importante dell’imposizione dei propri ordinamenti. In tutte le città suddite (=amministrate) è presente il Rettore veneziano, patrizio, massima autorità giudiziaria e politica sua prerogativa è l’esercizio dell’arbitrium – empirico (= sentenze arbitrali) basato sulla discrezionalità e il buon senso dell’uomo comune, più che sul diritto; basato sulla consuetudine più che sulla norma Tutto ciò che non era di competenza delle autorità veneziane, ossia la maggior parte delle attività dei luoghi di Terraferma, era demandato alle molteplici istituzioni della Terraferma laiche ecclesiastiche

Un governo imperfetto In tutta la terraferma veneta si configura una situazione di estraneità politica reciproca (che si sconterà al momento della crisi e della caduta della Repubblica). A Verona si manifesta attraverso: un municipalismo accentuato nostalgie filoscaligere e frequenti complotti a favore dei signori esiliati, nei primi anni del dominio veneziano La propensione di una parte della nobiltà veronese per i Gonzaga di Mantova (1438-54) persistenti atteggiamenti filoimperiali della nobiltà più antica per la quale il potere ed il sistema degli onori è quello imperiale offerto dalla corte di Vienna

Condizioni e limiti del governo veneto di terraferma Con i sistema di governo della terraferma veneta: Venne bloccata l’ascesa di famiglie-lignaggi (élites di periferia) verso il centro, tramite il ricorso ai consueti canali statali (amministrativi e giudiziari) disposti secondo una scala gerarchica (carriere), o tramite l’avvicinamento-inserimento nella corte del Principe. Si verificò di conseguenza una sclerotizzazione culturale del ceto dirigente lagunare, privo di ricambio ed arroccato sulle proprie tradizioni e sulla conservazione dei propri privilegi di status. Si rafforzò la vocazione municipalistica (autosufficienza) dei centri urbana della Terraferma, indotti a non integrarsi fra loro e in un sistema statuale più ampio. Venne bloccata, nella cultura delle élites della Terraferma, la formazione di una concezione etica dello Stato, in grado di coniugare le tensioni personali con un superiore interesse generale.

Condizioni e limiti del governo veneto di terraferma Venne incentivata una spiccata conflittualità tra corpi e ceti (patriziato veneziano/patriziati locali/nobiltà locali/feudalità/consigli/comunità, ecc.), dissimile da quella presente in altre realtà. Non si configurò mai una figura simbolo (il sovrano) in grado di costituirsi come punto di riferimento non solo della città dominante, ma di tutto lo Stato.

. Consentì il costituirsi di un particolare rapporto fra Stato (particolare) e Chiesa (universale) consentendo alla Chiesa e alle sue istituzioni di rappresentare un momento unificante per la società veneta, anche a livello di formazione delle élites (carriere e mobilità dalla periferia al centro, in direzione di Roma).

. Accentuò il divario culturale tra città e campagna, confermando la dimensione fortemente municipalistica del mondo rurale. Accentuò la fisionomia tradizionale delle istituzioni cittadine e la conservazione dei particolarismi. Intensificò nei rapporti centro-periferia le relazioni informali legate al patronato e alle clientele a scapito delle relazioni formalizzate all’interno dei canali statuali.

negare el nome viniziano» I contadini veneti e Venezia. Il giudizio di Machiavelli (lettera alla Signoria di Firenze da Verona, 26 novembre 1509) «Costoro attendono ad rubare el paese e saccheggiarlo, e vedesi e sentesi cose miserabili senza esemplo, di modo che nelli animi di questi contadini è entrato uno desiderio di morire, e vendicarsi; che sono diventati più ostinati e arrabbiati contro a’ nimici de’ Viniziani, che non erano e’ Giudei contro a’ Romani; e tutto dì occorre che uno di loro preso si lascia ammazzare per non negare el nome viniziano»

Il caso di Verona .

Verona dagli Scaligeri ai Visconti Le premesse della storia di Verona in età moderna stanno già tutte nell’ambizioso tentativo visconteo di costituire un grande dominio esteso da Vercelli a Belluno e da Bellinzona ad Assisi, comprendendo – nel momento di massima espansione attorno al 1400 – le città di Milano, Como, Pavia, Bergamo, Verona, Padova, a nord; Reggio, Bologna, Pisa, Siena e Perugia, al centro e a sud. Non è un caso che alcuni storici ottocenteschi abbiano visto in Gian Galeazzo Visconti un anticipatore del Risorgimento italiano: l’uomo capace di porre le basi per un grande stato italiano autonomo con solide radici nell’area centro-settentrionale. Il progetto visconteo fu invece effimero e già all’indomani della prematura ed improvvisa morte di Gian Galeazzo, nel 1402, venne messo in discussione da Carrara e Scaligeri da un lato e da Venezia dall’altro.

La dominazione viscontea a Verona (1387-1404) 1387: occupazione viscontea di Verona (guidata dagli esuli veronesi Bevilacqua, Nogarola e Malaspina, cacciati dalla città) nuove fortificazioni volute da Gian Galeazzo Visconti: Castel San Pietro (riedificato), Castel San Felice, Cittadella 1390: fallisce la rivolta antiviscontea 1392: Gian Galeazzo istituisce a Verona il “Consiglio per i sudditi dei territori oltre il Mincio” (Verona, Vicenza, Bassano, Feltre, Belluno) esautorando le magistrature locali 1402: morte improvvisa di Gian Galeazzo (a Melegnano, di peste), reggente Caterina Visconti. Alleanza tra il signore di Padova Francesco III “Novello” da Carrara e l’esule veronese Guglielmo della Scala (con il sostegno di Firenze) per riprendere Verona. 1404: occupazione carrarese-scaligera di Verona.

L’interregno carrarese-scaligero (1404-1405) 1404, 8 aprile: occupazione carrarese di Verona: Guglielmo della Scala proclamato Signore (+ 22 aprile) 1404, 22 maggio: Francesco da Carrara “il Novello” proclamato Signore di Verona, mentre la città è assediata dai veneziani 1405, 22 giugno: spontanea dedizione di Verona a Venezia

Verona veneziana (1405) Il 22 giugno 1405, in seguito da una spontanea dedizione, Verona veniva inglobata nei domini della Repubblica di Venezia. Tra il 1404 e il 1405 Venezia aveva ottenuto la dedizione di Vicenza (25 aprile 1404), Cividale e Belluno (18 maggio 1404), Bassano (10 giugno 1404), Feltre (15 giugno 1404). Pochi mesi dopo Verona sarebbe caduta anche Padova (17 novembre 1405), cancellando la dinastia carrarese. Di lì a poco, grazie ad un’alleanza tra Firenze e Venezia in funzione antiviscontea, la signoria milanese dovette cedere alla Serenissima le città di Brescia e di Bergamo che sarebbero entrate a far parte del Dominio di Terraferma nel 1433. Nel 1462 il Dominium Veneciarum si sarebbe trasformato formalmente nella Serenissima Signoria, suddivisa in Stado da Mar e Terraferma.

Verona e la “potenza dei Viniziani” Se dunque l’eccessiva «potenza de’viniziani» era individuata come uno dei principali elementi di rottura del «tranquillo et pacifico vivere» della penisola, la posizione della città di Verona emergeva di conseguenza come uno dei nodi strategici della pace italiana. Città di frontiera posta a metà strada fra Venezia e Milano (base di partenza dell’attacco visconteo prima, e di quello imperiale poi) e lungo la via dell’Adige che collegava la pianura padana con i territori dell’Impero (da cui sarebbero scesi in più occasioni le armate tedesche), collocata fra la collina ed un’ansa naturale dell’Adige, Verona aveva sempre più la necessità di difendersi.

Il governo di Verona veneziana 12 luglio 1405: dedizione solenne a Venezia 31 luglio 1405: su proposta del giureconsulto Barnaba Morano il Comune di Verona decide l’abolizione dell’Arengo e del Consiglio dei Cinquecento (Consilium Maius), sostituiti da: Due organi amministrativi espressione della realtà locale: Il Consiglio dei Cinquanta, eletti ogni sei mesi fra gli estimati maggiori, mediocri e minori (poi fra i soli nobili “di Consiglio”) Il Consiglio dei Dodici deputati ad utilia, esecutivo, rinnovato ogni due mesi ed espressione del Consiglio dei Cinquanta Una magistratura espressione del potere di Venezia: Due Rettori veneziani (eletti dal Senato di Venezia ogni 16 mesi fra i patrizi veneziani): Podestà – amministrazione civile e giudiziaria Capitano - autorità militare e finanziaria La restrizione oligarchica dei consigli («ubi multitudo ibi confusio») non pare essere stata un’imposizione dei veneziani, ma piuttosto sancisce una situazione di fatto che ai veneziani poteva far comodo.

La prima dominazione veneziana a Verona (1405-1509) 1405, 22 giugno: inizio del dominio veneziano su Verona. Gabriele Emo, provveditore generale di San Marco, entra in Verona 12 luglio: solenne cerimonia della dedizione di Verona in Venezia di fronte al Doge 16 luglio: approvazione dei capitoli della dedizione 1454: pace di Lodi (Milano-Venezia, poi Firenze, papato e Napoli) 1463: guerra di Venezia contro i Turchi (occupazione veneziana della Morea) 1487, aprile-agosto: Bellum venetum o guerra roveretana tra Impero (Massimiliano conte del Tirolo) e Venezia per il controllo della Val Lagarina (10 agosto: battaglia di Calliano)