A.M. S. Boezio, De consolatione philosophiae, III, pr. 10 Non si può negare che questo bene esista e che sia, in un certo senso, la fonte di tutti i ben;i tutto ciò, infatti, che si definisce imperfetto viene considerato tale in quanto copia manchevole del perfetto … poiché tutte le cose sono desiderate in virtù del bene che racchiudono, non sono tanto esse di per sé a essere desiderate da tutti, quanto piuttosto il bene stesso … Che Dio, lessere superiore a tutti, sia buono, lo sta a provare il modo di concepire comune alle menti umane; dal momento infatti che non si può concepire nulla di più buono che Dio, chi potrebbe dubitare che sia buono quello di cui nulla è più buono? … nel bene stesso e non in altro è posta lessenza di Dio]… Orbene, noi siamo giunti alla conclusione che sia la felicità sia Dio sono il sommo bene … per un criterio analogo, diventeranno necessariamente dèi coloro che hanno raggiunto la divinità. È vero che per natura cè un solo Dio; ma nulla vieta che per partecipazione ce ne siano numerosissimi.
Anselmo dAosta, Monologion, LXVIII: La creatura razionale è fatta per amare la somma essenza sopra ogni altro bene, perché questa è il sommo bene; anzi è fatta per non amare se non questa, o le altre cose per questa, poiché la somma essenza è buona per sé, e le altre cose non sono buone se non per virtù di lei. Ora non potrebbe amarla se non lavesse presente allo spirito e non si curasse di conoscerla. È chiaro dunque che la creatura razionale deve dedicare tutto il suo potere e il suo volere ad aver presente e conoscere e amare il sommo bene, che è ciò per cui riconosce di avere il suo essere.
Abelardo, Dialogo fra un filosofo, un ebreo e un cristiano, cap. 13 Ecco, secondo te, si deve intendere il sommo bene come la quiete della vita soprannaturale, mentre al contrario si deve intendere come male supremo la dannazione della vita futura. Come tu hai ricordato, noi acquisiamo entrambi gli stati con i nostri meriti, mediante i quali si giunge colà come attraverso vie daccesso.
Tommaso dAquino, Sententia libri Ethicorum, I.10 Se dunque lopera delluomo consiste in un certo tipo di vita, caratterizzato dal fatto che luomo opera secondo ragione, ne consegue che sia proprio delluomo buono loperare bene secondo ragione, e sia proprio delluomo migliore, cioè felice, far questo nella maniera migliore. Pertiene alla nozione di virtù il fatto che chiunque abbia una virtù operi bene in ragione di essa, come la virtù del cavallo, in ragione della quale esso corre bene. Ma se loperazione delluomo migliore, cioè felice, consiste nelloperare bene e ottimamente secondo ragione, ne consegue che il bene umano, cioè la felicità, sia loperare secondo virtù: in modo tale che se una sola è la virtù dellessere umano, la felicità consisterà nelloperazione che si fa in ragione di essa. E se le virtù dellessere umano sono più duna, la felicità consisterà nelloperazione che si fa in ragione della migliore fra esse. Perché la felicità non è soltanto il bene delluomo, ma il meglio..
Tommaso dAquino, Summa Theologiae, I, q. 62, a.7 Fintantoché permane una natura, permane la sua operazione. Ma la beatitudine non elimina la natura, anzi ne è la perfezione. Dunque non elimina la conoscenza e il piacere … La natura rispetto alla beatitudine è come una cosa che viene per prima rispetto a una che viene per seconda: perché la beatitudine si aggiunge alla natura … di necessità, dunque, nellatto della beatitudine verrà salvato latto della natura.