LEGIONELLA:SIGNIFICATO E MISURE DI SICUREZZA R. LOMBARDI – DIP.TO IGIENE DEL LAVORO, ISPESL
Il rischio biologico in ambiente di lavoro si identifica con la determinazione del rischio di esposizione ad agenti biologici e con la conseguente strategia di prevenzione che richiede specifiche misure di protezione previste dagli adempimenti del Titolo VIII del D.Lgs. 626/94 e successive modifiche ed integrazioni. La caratterizzazione di tali interventi si considera di particolare interesse per il contenuto estremamente innovativo dell’attuale normativa focalizzata sulla necessità di garantire una adeguata ed efficace tutela del personale ogni volta sia identificabile una potenziale esposizione ad agenti che possono provocare un danno alla salute.
Direttiva 2000/54/CE Parlamento Europeo e Consiglio : protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti biologici durante il lavoro Art. 1: Oggetto 1.La presente direttiva ha per oggetto la protezione dei lavoratori contro i rischi che derivano o possono derivare per la loro sicurezza e la loro salute dall’esposizione agli agenti biologici durante il lavoro ivi compresa la prevenzione di tali rischi. ………………………………………………………………………………………………………………………………………..
Direttiva 2000/54/CE Parlamento Europeo e Consiglio : protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti biologici durante il lavoro La presente Direttiva si applica alle attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti biologici a causa della loro attività professionale. …………………………………………………………………………………………………………
LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO BIOLOGICO PER LA DEFINIZIONE DEGLI INTERVENTI DI PROTEZIONE Definire e caratterizzare le misure di sicurezza è di importanza fondamentale nelle strutture ove il rischio biologico è parte integrante dell’attività lavorativa, quali ad esempio le aziende sanitarie – ospedaliere. Tale atto è strettamente dipendente dal procedimento di valutazione del rischio. Ai sensi dell’art.78 del Titolo VIII (D.Lgs. 626/94) è infatti necessario evidenziare per luogo o ambiente di lavoro se esiste o meno “rischio di esposizione” ad agenti biologici dei lavoratori e quali siano le misure tecniche, organizzative procedurali (art.79 del Titolo VIII ) attuate o da dovere attuare per evitare l’esposizione individuando e definendo i necessari interventi di protezione.
FASI DELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO PER LA PROTEZIONE DA AGENTI BIOLOGICI 1 a Fase: Identificazione delle sorgenti di rischio, definizione e caratterizzazione degli agenti biologici • Descrizione dell’attività lavorativa ed analisi delle modalità lavorative • Individuazione degli agenti biologici connessi con l’ambiente o con il posto di lavoro che sono da considerarsi sorgenti di rischio • Modalità di trasmissione dei possibili agenti eziologici di patologie per l’uomo in relazione alle rispettive cariche infettanti • Presenza eventuale di fattori di sinergismo e/o ulteriori effetti sulla salute umana da mettere in evidenza • Considerazione dei rischi per la sicurezza e la salute dovuti a fattori trasversali: organizzazione del lavoro, fattori psicologici-ergonomici, condizioni di lavoro difficili
2 a Fase: Individuazione dei rischi di esposizione Quadro dei potenziali fattori di rischio • Misure di sicurezza attuate: formazione, informazione, piani di lavoro, processi a ciclo chiuso,automazione, dispositivi individuali di protezione, sorveglianza sanitaria Rischi residui di interesse prevenzionistico 3 a Fase: Stima dei rischi di esposizione o residui • “Verifica” dell’accettabilità delle condizioni igienico-ambientali per la protezione dell’operatore • “Misura” dei parametri di rischio e loro quantificazione nel caso di situazioni di elevato rischio potenziale • Acquisizione di documentazione e certificazioni agli atti dell’azienda • Risultati della valutazione dei rischi residui • Sulla base dei rischi di esposizione definiti: programma integrato delle misure di sicurezza Documento della sicurezza
Nel caso sia identificabile anche solo una potenziale esposizione all’agente Legionella, essendo questo classificato nell’Allegato XI del DLgs 626 / 94 al gruppo 2 tra i patogeni, sia come Legionella spp che come Legionella pneumophila, in base a quanto evidenziato dal suddetto DLgs 626 / 94 si devono attuare tutte le misure di sicurezza necessarie.
MODALITA’ DI SELEZIONE DEGLI INTERVENTI Attenta osservazione delle misure di sicurezza attuate, per constatarne l’adeguatezza sulla base delle attuali acquisizioni del settore che ci pervengono dalla comunità scientifica e dagli Organismi dello Stato istituzionalmente competenti, esaminando nei particolari l’idoneità degli interventi di protezione collettiva e dei DPI, nel caso l’adozione di questi dispositivi sia necessaria per alcune mansioni lavorative all’interno di una struttura, al fine di evitare l’esposizione dei lavoratori. Si esaminano i requisiti e le caratteristiche di tutti gli interventi di protezione collettiva ed individuale, se realizzabili, ( vedi II fase in tab.1), considerando sempre con attenzione quanto riportato nell’Art.3 comma 1 lettera b) del DLgs 626 / 94, “ eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile , loro riduzione al minimo “, nell’ Art. 4 comma 5 lettera b) “ il datore di lavoro ……aggiorna le misure di prevenzione ………, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e protezione “ , nonché quanto enunciato da una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione , la n. 12863 del 29 – 12 – ’98, che ha sancito ancora una volta il principio della “ fattibilità tecnologica “ per la tutela della salute di un lavoratore .
INTERVENTI DI PREVENZIONE E PROTEZIONE DI TIPO COLLETTIVO Nell’ambito della tutela della salute da legionellosi in un ambiente di lavoro è doveroso considerare alcuni importanti interventi di prevenzione – protezione di tipo collettivo : - le procedure di pulizia,decontaminazione e disinfezione degli impianti di ventilazione e condizionamento ( o di singole apparecchiature ),degli apparati di umidificazione dell’aria,delle vasche e piscine utilizzate in ambiente sanitario per terapie,dei dispositivi per trattamenti respiratori, esercitano un ruolo di preminenza per quanto concerne la prevenzione e la protezione collettiva.
La procedura di disinfezione,la più importante sotto il profilo della tutela della salute, è parte integrante di qualsiasi attività che comporta un’esposizione,anche se solo potenziale,ad agenti biologici (impiego di apparecchiature e dispositivi, decontaminazione ambientale, di componenti di strumenti ed inmpianti di varia tipologia, ecc.) . Una procedura di disinfezione si considera idonea al fine prefissato se è efficace verso gli agenti biologici che costituiscono la sorgente dell’infezione o delle infezioni. Si devono impiegare le sostanze disinfettanti che possiedono l’attività richiesta considerando anche i necessari tempi di contatto, i diversi substrati ed i possibili mezzi interferenti nei quali siano presenti gli agenti infettivi poichè le proprietà microbicide potrebbero essere insufficienti, annullate o fortemente ridotte ( ad es. in alcuni casi sono del tutto inefficaci clorexidina, ammonici quaternari, iodofori, etc., in particolare per il limitato spettro d'azione e gli insufficienti tempi di contatto). Contemporaneamente è doveroso porre altrettanta oculatezza nella scelta di questi composti valutando anche le caratteristiche di tossicità per i soggetti esposti in relazione alle concentrazioni di impiego ( ad es.formaldeide, gliossale, gluteraldeide, etc.. ).
- cappe a flusso laminare e cabine di sicurezza ( per i laboratori ) La tipologia deve essere idonea per tutelare l’operatore da un’esposizione anche se potenziale a Legionella spp, colture cellulari, e/o endoparassiti presenti nell’ambiente di lavoro in osservazione; le caratteristiche di tutela, la funzionalità e l’efficienza di queste apparecchiature si devono verificare al momento dell’acquisto,in fase di installazione e periodicamente osservando la persistenza dei “fattori di protezione”.A tal riguardo l’apparecchiatura, se acquistata non di recente dovrà essere sempre in possesso dei requisiti evidenziati dalle norme tecniche BS 5726, DIN 12950, Australian Std. 2252, se di nuova realizzazione dovrà risultare sempre, durante la sua vita di esercizio, conforme alla norma tecnica EN 12469 ( vedasi certificazione di conformità ed apposita documentazione tecnica rilasciata in fase di installazione e di verifica periodica ).
- il trattamento di decontaminazione delle reti di distribuzione di acqua sanitaria è considerato attualmente di rilevante importanza per la frequenza di casi di. Legionellosi imputabili ad inquinamento di tali impianti . Attualmente,a nostro parere, dai risultati sinora constatati, la soluzione maggiormente affidabile per lunghi periodi di tempo ed applicabile in tutti gli impianti anche in quelli molto vetusti è l’adozione di appositi sistemi filtranti tecnologicamente avanzati, disponibili sul mercato, da predisporre in modo appropriato.
VANTAGGI E SVANTAGGI DEI TRATTAMENTI DI DECONTAMINAZIONE MAGGIORMENTE IMPIEGATI
Metodi di decontaminazione- Rassegna della letteratura selezionata Trattamento termico Ionizzazione Cu/Ag Radiazione UV Liu 1994 Rohr 1999 Liu 1995 Venezia 1994 Berthelot 1998 Mereghetti 1999 Knirsch 2000 Darelid 2002 Combinaz. T °+ Cu/Ag T° + Clorazione Iperclorazione Filtrazione Snyder 1990 Miuetzner 1997 Soule 2000 Colville 1993 Stout 1998 Mathys 1999 Campins 2000 Hall 2002 Secher 2002 Clorazione+ Cu/Ag Biurrum 1999
Tecnica Vantaggi Svantaggi Trattamento termico Non necessita di apparecchiature sofisticate Costo minimo Si vanifica nel tempo Il personale deve tenere costantemente sotto controllo il trattamento Rischio di temperatura tropo elevata Efficacia temporanea Alterazione del circuito Iperclorazione Si esercita disinfezione anche con concentrazioni residue Corrosione del circuito Produzione di composti cancerogeni(Trialometani) Ionizzazione Cu/Ag Basso costo Facile installazione Non condizionabile dalla temperatura Richiede continua manutenzione e controllo Possibile sviluppo di resistenza? Concentrazione di ioni metallici in acqua Radiazione UV Non vi è odore o reazioni chimiche incontrollate Il trattamento è piu effettivo se la L. è localizzata in aree ristrette Carenza di effetto residuo Richiede frequente disinfezione Possono aumentare i costi per controllare l’omogeneità della radiazione in grado di garantire l’efficacia
Trattamento termico Facile Bassi Buona Scarsa Iperclorazione Difficile Metodo Facilità di installazione Costi Gestione e manutenzione Efficacia nel breve periodo Efficacia nel lungo periodo Svantaggi Trattamento termico Facile Bassi Buona Scarsa Ricolonizzazione a basse temperature Lavoro intenso Potenziali ustioni Iperclorazione Difficile Alti Esegui bile- difficile Discreta-buona Corrosione circuito Produzione prodotti cancerogeni Ionizzazione Cu/Ag Discreta Moderati bile Non definibile Si addizionano ioni metallici all’acqua potabile Radiazione UV Prefiltrazione per avere una costante intens. di irragg. Continua manut. e pulizia delle lamp. UV
DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE (DPI). Ogni dispositivo di protezione da agenti biologici deve essere scelto, previa valutazione del rischio, in considerazione della specifica attività espletata, e deve possedere la caratteristica fondamentale di tutelare l’operatore dall‘ interazione con l’agente e/o gli agenti biologici che determinano il rischio di esposizione. Nel caso di potenziale esposizione a Legionella spp, in particolare nelle procedure di manutenzione si devono rendere disponibili :
Guanti E’ necessario che venga emessa una certificazione dall’Organismo Notificato per il Produttore che attesti la marcatura CE come DPI, i requisiti prescritti dalla Norma tecnica EN 374 per la “protezione da microrganismi”, e che dichiari che il DPI è in III categoria;
Indumenti di protezione Devono possedere una marcatura CE per la protezione da agenti biologici ai sensi del D. Lgs 475/92 ed essere classificati in terza categoria (deve essere stata emessa una certificazione CE dall’Organismo Notificato per il Produttore che attesti la marcatura CE come DPI in III categoria e la protezione da agenti biologici). Possono essere di diversa tipologia in relazione alle modalità lavorative ed alle mansioni da espletare. Attualmente sono disponibili nella foggia di tuta e di camice.
Gli indumenti costituiti da più parti devono essere progettati in modo tale da garantire la protezione in tutte le prevedibili posture di lavoro e per qualsiasi indumento si deve assicurare sempre un’adeguata protezione lungo le parti di chiusura. Nel caso in cui la valutazione del rischio evidenzi che il rischio di esposizione dell’operatore comporti la necessità di utilizzare altri DPI specifici, gli stessi devono essere compatibili con l’indumento e devono avere caratteristiche di protezione adeguate. Gli indumenti devono essere indossati per tutto il tempo in cui permane il rischio di esposizione agli agenti biologici.
Ogni indumento di protezione, infine, deve essere accompagnato da una nota informativa nella quale deve risultare evidente il possesso delle proprie caratteristiche e specifiche tecniche. Le modalità di gestione dopo l’uso dovrebbero essere stabilite con apposite procedure aziendali. Tali procedure devono tenere conto dei livelli di contenimento da realizzare in base agli agenti biologici che rappresentano i rischi di esposizione. Dovrebbero essere stabilite le modalità di conservazione, eventuale decontaminazione oppure le modalità per un corretto smaltimento. L’utilizzatore deve rispettare le indicazioni di manutenzione stabilite dal fabbricante.
Dispositivi di protezione delle vie respiratorie E’necessario accertare la tutela del soggetto esposto rispetto agli specifici agenti biologici che costituiscono il “rischio di esposizione,”come ad es. Legionella spp valutando attentamente una documentazione tecnico-scientifica che attesti tale requisito di protezione. Nella difficoltà di effettuare tale verifica, in base all’attuale stato dell’arte, per tutelare l’operatore potenzialmente esposto a Legionella sp. è necessario far indossare allo stesso un DPI monouso denominato facciale filtrante FFP3, preferibilmente munito di valvola di espirazione (deve essere stata emessa una certificazione CE dall’Organismo Notificato per il Produttore che attesti la marcatura CE come DPI in III categoria, i requisiti prescritti dalla norma tecnica EN 149 e la tipologia FFP3).
I facciali filtranti non dovrebbero essere riutilizzati dopo l’uso e vanno in ogni caso scartati se danneggiati, sporchi o contaminati da sangue o altri fluidi biologici. Nel caso si debbano eseguire attività con particolari modalità di esposizione (quali ad es. attività di manutenzione in sezioni di impianto con evidente contaminazione), si raccomanda l’impiego di una maschera a pieno facciale con filtro P3 (deve essere stata emessa una certificazione CE dall’Organismo Notificato per il Produttore che attesti la marcatura CE come DPI in III categoria, i requisiti prescritti dalla norma tecnica EN 143 e la tipologia P3 del filtro o eventualmente HEPA).
sistemi per la protezione del volto da schizzi di liquidi biologici e da altro materiale similare, del tipo a visiera od equivalente Devono possedere la certificazione emessa dall’Organismo Notificato per il Produttore per quanto concerne la marcatura CE come DPI per la "protezione da spruzzi di liquidi" in base ai requisiti previsti dalla norma tecnica EN 166, a tal fine elaborata. Nel caso siano disponibili dispositivi per i quali la certificazione di conformità alla suddetta norma tecnica attesti anche la “protezione da goccioline” questi saranno da preferire come misura di protezione individuale.