Sara Agostini - Segretario Generale UNCI Torino, 19 giugno 2009

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Sara Agostini - Segretario Generale UNCI Torino, 19 giugno 2009 CRISI DEI MERCATI FINANZIARI E DELL’ECONOMIA REALE: RUOLO E RISPOSTE DEL MOVIMENTO COOPERATIVO Sara Agostini - Segretario Generale UNCI Torino, 19 giugno 2009

PERCHE’ QUESTA CRISI NON HA PRECEDENTI L’approccio con cui tutti guardiamo alla più grave crisi economica del dopoguerra è l’incertezza assoluta sulle sue dimensioni quantitative. La crisi attuale non è comparabile alle crisi periodiche che hanno afflitto particolari segmenti del sistema finanziario a partire dagli anni ottanta.

PERCHE’ QUESTA CRISI NON HA PRECEDENTI L’idea che i mercati finanziari possano autoregolarsi tendendo verso un equilibrio naturale continua ad essere il paradigma dominante alla base dei mercati finanziari, alimentati, nell’iter che ha portato alla loro crisi, da ingenti manipolazioni della realtà piuttosto che dalla comprensione della stessa. Questa visione ha originato politiche finalizzate alla deregulation sfrenata dei mercati finanziari.

ASPETTI STORICI E RIPERCUSSIONI DELLE PRECEDENTI CRISI STATUNITENSI La crisi del 1929 fu originata dal crollo azionario di Wall Street verificatasi nel mese di ottobre, le cui cause vanno ricercate in fattori sia finanziari: - un sistema bancario inefficiente; - un eccessivo ricorso ai prestiti speculativi; - un corso delle azioni che non corrispondeva ai valori reali delle imprese; e sia reali: - eccesso di investimenti e di produzione in alcuni settori. Le politiche che portarono fuori dalla recessione le economie mondiali furono improntate ad un forte intervento statale caratterizzato dalla spesa in deficit e dalla crescita del debito pubblico.

DOPO LA II GUERRA MONDIALE Alla fine della seconda guerra mondiale, banche e mercati erano attentamente regolati. MUTUI: erano concessi con un pagamento anticipato del 20% sul totale; CREDITO SCOPERTO: era praticamente nullo ed esistevano carte di credito; TITOLI: solo pochi titoli finanziari erano quotati alla borsa di New York, le transazioni finanziarie internazionali erano soggette a norme restrittive in quasi tutti i paesi ed il movimento internazionale dei capitali era molto limitato. SCAMBI: Il dollaro fungeva da valuta internazionale. Gli scambi internazionali si limitavano generalmente a titoli aurei e petroliferi.

GLI ANNI ‘70 1973: I CRISI PETROLIFERA Le banche centrali dovettero muoversi per riciclare i petrodollari. Nacque in questo contesto il mercato euro-americano con il grande boom dei prestiti. 1973-1979: BOOM DEI CREDITI INTERNAZIONALI La maggior parte degli affari da parte delle banche statunitensi venne effettuata all’estero per aggirare le norme vigenti, generando una ingente proliferazione di nuovi strumenti finanziari e nuove tecniche di finanziamento.

GLI ANNI ‘70 Si era aperta l’era della speculazione azionaria, ovvero la vendita di titoli a prezzi inflazionati. Boom dei conglomerati, ossia, quando i manager di imprese che producevano per la difesa, si resero conto della contrazione che si sarebbe determinata all’indomani della guerra in Vietnam. Per ovviare a ciò utilizzarono i loro titoli per comprare altre aziende, ottenendo multipli da utilizzare in nuovi acquisti. Fondi hedge: vengono stimate le aziende sulla base dei profitti per azione dichiarati, indipendentemente da come tale crescita era ottenuta e quindi totalmente svincolata dal proprio operato.

GLI ANNI ‘80 1979: II CRISI PETROLIFERA Politica monetarista della Federal Reserve: vengono fissati obiettivi per l’offerta di moneta e si permise ai tassi sui fondi federali di fluttuare liberamente piuttosto che controllare i tassi di interesse a breve termine. Politica fiscale di Ronald Reagan: tagliò le tasse ed aumentò le spese militari, determinando un pesante deficit pubblico. Il conflitto tra politica fiscale e monetarista produsse una grave recessione che diede origine alla crisi del sistema bancario internazionale degli anni ottanta.

GLI ANNI ‘80 La Federal Reserve reagì allentando la presa sull’offerta di moneta, determinando con ciò un decollo dell’economia che fu agevolato dal boom dei consumi da parte delle famiglie e delle aziende - che intanto beneficiavano di ammortamenti anticipati ed altre tipologie di sgravi fiscali - e dal contemporaneo incoraggiamento da parte del sistema bancario che concedeva prestiti. Questo scenario di risalita attirò capitale estero rafforzando il dollaro il quale a sua volta attrasse le importazioni che ebbero come effetto la soddisfazione dell’eccesso di domanda ed il calmieramento dei prezzi. Da contro altare a siffatta situazione c’era un sistema bancario che non poteva continuare a fornire liquidità in presenza di imponenti cifre dovute da una platea di debitori che eccedevano il capitale stesso delle banche.

GLI ANNI ‘80 Per la prima volta nella storia economica, le Banche Centrali si unirono per salvare i Paesi debitori applicando, una politica di salvataggio su scala internazionale, in cui giocarono un ruolo determinante tutti i Paesi creditori ed il Fondo Monetario Internazionale con l’elaborazione di pacchetti - salvataggio ad hoc per ogni singolo Paese. essendo state soverchiate dal sistema dei prestiti collettivi, le banche non volevano che nei propri bilanci questi figurassero, tanto da preferire impacchettarli e rivenderli a investitori non soggetti ai controlli delle autorità regolatrici. E’ qui che possiamo situare la nascita di nuovi e sofisticati strumenti finanziari e di tecniche grazie alle quali i prestiti iniziavano ad essere occultati nei bilanci delle banche.

DAGLI ANNI ‘90 AD OGGI 1997/1998: CRISI DEI MERCATI EMERGENTI Le autorità finanziarie risposero con un rafforzamento delle regole interne a discapito della rigida disciplina di mercato che furono costretti a seguire i Paesi in via di sviluppo. Ciò produsse un flusso di capitale dai Paesi in via di sviluppo verso gli Stati Uniti contemporaneamente ad un deficit pubblico e delle partite correnti statunitense che alimentava l’espansione del credito. 2000: CRISI TECNOLOGICA Si è sviluppata in concomitanza con gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, dalla quale è discesa la scelta da parte della Federal Reserve di abbassare i tassi dei fondi federali all’1%, cosa che si è protratta sino al primo semestre del 2004

DAGLI ANNI ‘90 AD OGGI 2004: BOLLA IMMOBILIARE Gli immobili abitativi hanno generato speculazione poichè le case venivano acquistate non per essere abitate ma come investimento. Le ipoteche furono concesse anche a persone con basso merito di credito, ossia, le ipoteche subprime, sino ad essere estese anche a chi non aveva lavoro, entrate e capitale. La risposta delle banche fu quella di svendere le ipoteche più rischiose con pacchetti di titoli chiamati obbligazioni di debito pignorate. I debiti vennero cartolarizzati per ridurre i rischi così, invece di essere una banca od un istituto ad approvare un credito, potendolo registrare nelle proprie contabilità, erano dei mediatori ad attivare i prestiti

DAGLI ANNI ‘90 AD OGGI 2007: CRISI FINANZIARIA Le Banche Centrali sono intervenute iniettando liquidità nel sistema bancario ma nonostante questo la crisi non è riuscita a rientrare, e così, dal mercato degli immobili residenziali, la crisi è debordata al mercato delle automobili e a quello degli immobili commerciali. La crisi finanziaria ha determinato la crisi dell’economia reale il cui ampliamento era stato stimolato in precedenza proprio dall’espansione del credito.

Gli Stati Uniti e la Federal Reserve L’industria finanziaria è diventata troppo grande e remunerativa Gli  Stati Uniti e la Federal Reserve hanno mantenuto i tassi d'interesse artificialmente bassi per lungo tempo al fine di sostenere l'economia Diminuzione dei controlli sul funzionamento dei mercati finanziari Eccesso di liquidità che si è spostata laddove vi erano possibilità  di guadagno di breve periodo ha creato una serie continuativa di bolle  speculative in vari settori  

2007-2009: LA CRISI L'innovazione finanziaria ha dunque distribuito grande parte del rischio sulle masse degli investitori ignari.

LA SITUAZIONE MONDIALE India: ha un tasso di crescita economica in continua espansione determinato dai processi di esternalizzazione dell’information technology, oltre alla scoperta di gas naturale offshore che potrebbe in poco tempo determinare la sua autonomia energetica. Stati del Golfo: stanno investendo nello sviluppo delle loro economie sfruttando l’energia a basso costo e, contemporaneamente, costruendo raffinerie di petrolio, impianti petrolchimici, fonderie di alluminio ed altre industri pesanti.

LA SITUAZIONE MONDIALE CINA: può essere definita attualmente il più forte elemento di stabilità e crescita nell’economia mondiale anche perchè, accanto ai Paesi produttori di petrolio, è l’unico Paese che ha un’ingente liquidità disponibile per gli investimenti oltre ad un importante mercato interno. L'economia cinese sta cambiando gli equilibri mondiali  con la stessa forza con cui gli Stati Uniti li hanno cambiati nel secolo scorso.

L’EUROPA E LA CRISI I basilari piani d’azione di alcuni tra i Governi Europei sono orientati a sostegno dell’economia reale, con l’obiettivo di accorciare i tempi di uscita dalla crisi ed evitare una lunga recessione. Le azioni promosse seguono, in linea generale, due direttrici: indirizzare risorse agli investimenti pubblici limitare la pressione fiscale nel breve-medio periodo, per rafforzare il potere d’acquisto dei consumatori.

LA COMMISSIONE EUROPEA 26.11.2008: PIANO EUROPEO DI RIPRESA ECONOMICA Il Piano prevede: un incentivo finanziario di 200 miliardi di euro (1,5% del PIL dell'UE), costituito da risorse aggiuntive pari a 170 miliardi di euro (circa 1,2% del PIL dell'UE), che gli Stati membri dovrebbero stanziare nei bilanci nazionali per il 2009; un finanziamento del bilancio dell’UE a favore di azioni immediate pari a 30 miliardi di euro (circa 0,3 % del PIL dell'UE);

LA COMMISSIONE EUROPEA Varare un’importante iniziativa europea di sostegno all’occupazione Creare domanda di manodopera Favorire l’accesso ai finanziamenti per le imprese Ridurre gli oneri amministrativi e promuovere l’imprenditorialità Aumentare gli investimenti per modernizzare l’infrastruttura europea

LA COMMISSIONE EUROPEA Migliorare l’efficienza energetica degli edifici Promuovere la rapida introduzione di “prodotti verdi” Aumentare gli investimenti in R&S, innovazione e istruzione Sviluppare tecnologie pulite per le auto e l'edilizia Internet ad alta velocità per tutti

LA COMMISSIONE EUROPEA Il Piano Europeo di ripresa economica prevede, tra l’altro, che le autorità pubbliche paghino le fatture per le forniture e i servizi entro un mese, comprese le piccole e medie imprese, per alleviare i problemi di liquidità; anche tutti gli arretrati dovuti da Enti Pubblici dovrebbero essere ugualmente liquidati

IL FONDO MONETARIO INT. Il FMI indica la necessità di tempestive iniziative che risollevino il settore finanziario poichè solo così potrà essere assicurata la crescita negli anni successivi. In particolare sono segnalate per la risoluzione della crisi odierna due insiemi di misure: misure che riparino il sistema finanziario; misure che sostengano la domanda e ripristino la fiducia.

LA BANCA CENTRALE EUROPEA GENNAIO 2009: la BCE afferma: le prospettive per la crescita economica internazionale rimangono estremamente incerte a causa: della volatilità dei mercati finanziari; una fase di recessione a livello di economia mondiale, grave e sincronizzata. le misure straordinarie varate dai Governi debbono contribuire ad assicurare l’affidabilità del sistema finanziario e ad allentare le limitazioni nell’offerta di credito a imprese e famiglie.

LA BANCA CENTRALE EUROPEA Viene sottolineata l’importanza di: riforme dei mercati dei beni e servizi in grado di promuovere la concorrenza ed accelerare un’efficace ristrutturazione; riforme dei mercati del lavoro capaci di contribuire ad agevolare un adeguato processo di formazione dei salari, la mobilità del lavoro a livello settoriale e regionale.

ABBIAMO BISOGNO DI… Abbiamo bisogno di: una politica sostenibile che rifugga dalle tentazioni di chiusura protezionistica e che consideri la globalizzazione un valore, contenendone  gli eccessi; che i mercati globali abbiano regole globali, nel rispetto degli specifici provvedimenti dei singoli  Paesi; un "ritorno alla produzione", intendendo con questo un ritorno a considerare importante sia la produzione agricola che quella industriale.

ITALIA Viviamo una situazione di panico diffuso determinato dalla degenerazione della situazione finanziaria internazionale. A livello nazionale, tuttavia, l’ultimo Rapporto CENSIS rivela: IL MODELLO ITALIANO DI SVILUPPO E’ CAPACE DI RESISTERE ALLA CRISI PERCHE’ SI BASA:

ITALIA sul primato dell’economia reale; sul primato dell’attività manifatturiera; sul primato della piccola impresa; sul primato del familismo economico; sul primato del localismo; sul primato delle banche locali;

ITALIA I principali Paesi industrializzati ed anche le principali economie emergenti hanno perseguito un’internazionalizzazione spesso fondata prevalentemente su operazioni finanziarie, attraverso acquisizioni e cessioni di pacchetti di controllo di imprese. L'imprenditoria italiana ha perseguito per lo più una strategia di basso contenuto finanziario e di maggiore presidio delle attività reali sull'estero.

ITALIA L’industria italiana ha seguito un doppio binario di riposizionamento a livello globale: ha progressivamente accentuato la direzione orientale e meridionale delle proprie esportazioni; ha esteso oltre il Made in Italy la capacità di accesso e di incontro della domanda mondiale che l’area più tradizionale dei nostri prodotti aveva acquisito nel corso degli anni.

ITALIA Sussistono però delle forti criticità: Forti e permanenti differenti tra il Nord e il Mezzogiorno del Paese; Livelli di formazione formazione delle risorse umane sotto la media europea; Limiti all’intervento pubblico; Problema occupazionale; Carenze nel sistema del Welfare

ITALIA Le 3 linee di azione su cui si sta concentrando il Governo italiano sono: stabilità della finanza pubblica e degli intermediari creditizi; liquidità delle banche, delle imprese e delle famiglie; occupabilità delle persone.

RUOLO E RISPOSTE DEL MOVIMENTO COOPERATIVO Confidiamo che sempre più fitta divenga la platea di coloro, Istituzioni e Rappresentanti Politici, che prendano a prestito dal sistema di impresa cooperativa un modello da confrontare con l’economia neo-capitalista che ad oggi ha manifestato il suo fallimento, determinando la presente crisi finanziaria, che ha colpito interi settori dell’economia reale.

IL LAVORO L’UNCI aveva da tempo denunciato quel pericolo imminente che oggi si è concretizzato: il ruolo secondario che il lavoro ha assunto all’interno della società. Abbiamo bisogno di superare l’esistenza di una quota di forza lavoro di fatto inerte, poiché: l’uomo senza lavoro non ha dignità, essendo privato dei mezzi di sostentamento; l’uomo senza lavoro non concorre a creare utilità sociale.

IL LAVORO Il capitalismo prima ed il neo-capitalismo dopo: non hanno operato per ottenere tutto il valore potenzialmente realizzabile attraverso l’utilizzazione di tutta la forza lavoro disponibile; hanno adoperato quella parte della forza lavoro che era compatibile e finalizzata alla creazione del profitto capitalista.

IL MERCATO SOCIALE DEL LAVORO = Lavoro come fattore principale per produrre ricchezza I limiti e gli errori del capitalismo possono essere corretti dalla funzione attivata dal mercato sociale. Ciò è realizzato creando lavoro dal lavoro.

IL MERCATO SOCIALE DEL LAVORO Quando parliamo di Mercato Sociale del Lavoro, ovvero, dell’uomo e del valore al centro dell’economia, di cui è massima espressione l’impresa cooperativa, ove è appunto l’uomo a precedere il lavoro. La cooperativa ha saputo orientarsi al capitale umano e all’inclusione, trovando prioritario mantenere o introdurre ex novo nei flussi economici, quei know how, ovvero, quell’insieme di risorse intangibili, che l’impresa lucrativa non trovava competitivi (dai mercati di nicchia alle professionalità medio alte, espulse dal mercato, alle persone svantaggiate, etc.).

IL MERCATO SOCIALE DEL LAVORO Quali sono le differenze tra gli effetti delle imprese cooperative (o sociali) e le imprese capitalistiche? a) l’impresa cooperativa non sottrae reddito destinato al lavoro anche in situazioni di recessione economica, contrariamente a quanto avviene nelle imprese del mercato tradizionale del lavoro (M.T.L.);

IL MERCATO SOCIALE DEL LAVORO il surplus di reddito prodotto dall’impresa sociale incrementa i consumi e gli investimenti produttivi e quindi il mercato, mentre quello dell’impresa capitalistica incrementa gli investimenti più remunerativi e soprattutto di tipo finanziario; c) l’impresa cooperativa realizza il livellamento automatico dei costi di produzione ai redditi e perciò non ingenera fasi di discontinuità economiche, mentre quelle del M.T.L. producono aggiustamenti successivi e quindi traumatici, dando luogo, in assenza del mercato sociale del lavoro, alle richiamate fasi congiunturali recessive.

IL MERCATO SOCIALE DEL LAVORO Quali sono i vantaggi che un sistema di imprese democratiche in generale produce? distribuzione del reddito più egualitaria; maggiore produttività del lavoro; riduzione delle funzioni inflazionistiche; riduzione degli eccessi della concorrenza; diffusione dei valori solidaristici; maggior rispetto dell’ambiente.

IL MERCATO SOCIALE DEL LAVORO Le cooperative hanno saputo attestarsi su valori di mercato e di occupazione notevoli, contravvenendo alle normali regole del mercato basate sulle leggi della domanda e dell’offerta, ma agendo con modalità anticiclica, ovvero, intervenendo in difetto di una vera economia imprenditoriale ed attenuando l’impatto delle fasi congiunturali negative.

LE RISPOSTE DEL MOVIMENTO COOPERATIVO L’economia cooperativa si è dimostrata incisiva in particolare nelle prospettive di sviluppo occupazionale e di autopromozione femminile e giovanile soprattutto attraverso l’erogazione di servizi alla persona, alla famiglia, alla comunità e al territorio, contribuendo alla costruzione di condizioni di sicurezza per i cittadini e di legalità diffusa.