L’ATOMO E I QUANTI DI ENERGIA

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Transcript della presentazione:

L’ATOMO E I QUANTI DI ENERGIA Relazione di Elisa Colombo , Chiara Esposti , Chiara Ferrari , Francesca Gallina , Rosa Marchetti , Stefano Ponzoni , Laura Riva , Michele Scotti , Martina Siena , Marco Travagliati .

I PRIMORDI DELL’ATOMO Sebbene il concetto di atomo fosse già noto anche nei secoli precedenti l’ottocento , tuttavia il suo studio rientrava più nelle competenze della filosofia. Ricordiamo , infatti , le teorie di Democrito e Leucippo , fondatori della scuola atomista , o successivamente quelle epicuree. Infatti la fisica classica si concentrò per lo più sullo studio della dinamica e della cinematica , utilizzando modelli macroscopici e non soffermandosi su esperimenti tesi a dimostrare l’esistenza dell’atomo e della sua struttura.

LA CRISI DELLA FISICA CLASSICA Con l’aprirsi di alcune “crepe” nel sistema della fisica classica , che non riusciva a spiegare fenomeni come la radioattività o il secondo principio della termodinamica , si avvertì l’esigenza di indirizzare la sperimentazione verso modelli microscopici , con i quali studiare l’essenza particellare della natura e verificare l’esistenza di unità subatomiche costituenti la materia.

EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI ATOMO La prima disputa si aprì tra i laboratori di Thomson ed Hertz : riscontrando fenomeni di luminescenza in un esperimento realizzato con un tubo sigillato contenente gas al quale è stata applicata una determinata differenza di potenziale, sono state formulate due teorie discordanti. Secondo Thomson si trattava di un flusso di particelle materiali , mentre Hertz sosteneva fossero raggi . Prevalse la prima teoria.

IL MODELLO DI THOMPSON Una seconda disputa si aprì nuovamente tra la stessa teoria di Thomson e quella elaborata da Rutherford a proposito della struttura atomica per giustificarne la neutralità e la stabilità. Il modello di Thomson , noto come “a panettone” , prevedeva che la carica positiva si trovasse distribuita all’interno dell’atomo come in una nube.

IL MODELLO DI RUTHERFORD Rutherford sosteneva che la carica positiva fosse concentrata interamente nel centro dell’atomo e che gli elettroni descrivessero attorno ad esso traiettorie ellittiche. Grazie alla rilevazione del fenomeno del back-scattering e , solo pochi anni più tardi , alla prima memoria di Bohr , questo modello è stato qualificato come il più attendibile.

IL MODELLO DI BOHR Bohr perfeziona il modello di Rutherford il cui grande limite riguardava il movimento disordinato degli elettroni , che avrebbero dovuto progressivamente avvicinarsi al nucleo positivo , sino ad annullarsi. Secondo la nuova teoria di Bohr questi si muovevano lungo orbite stazionarie non emettendo energia.

Breve scheda su Thomson Nel 1897, J. J. Thomson dimostrò che i raggi sconosciuti presenti nel catodo erano particelle cariche negativamente - egli aveva scoperto gli elettroni. Nello stesso anno egli calcolò il rapporto tra la carica e la massa dell’elettrone (e/m) determinando la prima misura di una costante fondamentale.

Introduzione all’esperimento L’esperimento di Thomson si inserisce nel dibattito di fine ottocento volto a determinare la natura e le proprietà della materia. Thomson determina il rapporto e/m di una particella che verrà definita elettrone aprendo la strada a successivi studi sulla materia in grado di spiegare talune contraddizioni emerse dagli studi degli scienziati della fisica classica.

Strumentazione Ampolla di vetro con elio a bassa pressione Catodo riscaldato Anodo forato Bobine di Helmholtz Indice graduato riflettente

Descrizione dell’esperimento All’interno dell’ampolla viene immesso elio a bassa pressione quindi rarefatto Il catodo viene riscaldato e gli elettroni della placca metallica vengono liberati e si crea un campo elettrico. Gli elettroni quindi escono dall’anodo forato. Viene fornita corrente continua alle due bobine e si crea un campo magnetico uniforme perpendicolare alla traiettoria del fascio di elettroni. Per effetto della forza di Lorentz gli elettroni vengono deviati dal campo magnetico descrivendo una circonferenza.

Dati Intensità costante Tensione costante

Come calcolare e/m

ESPERIENZA DI RUTHERFORD Scopo dell’esperienza Studiare la struttura interna dell'atomo: conferma del modello planetario di Rutherford. Modello di Rutherford a) la carica positiva è concentrata nel nucleo atomico di dimensioni ridotte rispetto al volume occupato dall’atomo e di elevata densità b) le cariche negative ruotano su orbite esterne al nucleo Modello di Thomson a)l’atomo viene considerato come una nube atomica con carica positiva distribuita in modo continuo sull’intero volume b)all’interno di tale regione si muovono le cariche negative

ESPERIENZA DI RUTHERFORD Materiale utilizzato Apparato sperimentale costituito da una camera a vuoto contenente una sorgente di particelle  indirizzata contro la lamina d’oro. Alla superficie superiore della camera è collegato il rilevatore di particelle a semiconduttore in grado di ruotare a diverse angolazioni .

ESPERIENZA DI RUTHERFORD Prova n°1: risultati sperimentali

ESPERIENZA DI RUTHERFORD Prova n°2: risultati sperimentali

ESPERIENZA DI RUTHERFORD

ESPERIENZA DI RUTHERFORD Conclusioni ed osservazioni Abbiamo verificato che per angoli di ampiezza superiore a 12°30’ i risultati sono compatibili con la relazione di Rutherford. n() = C (sen4 /2 ) -1 Risulta inaccettabile il modello di Thomson in quanto è stato osservato il fenomeno di back-scattering.

SPETTRI DI EMISSIONE Strumentazione: Lampada al mercurio Focalizzatori Reticolo di diffrazione Sensori

L’ESPERIMENTO Descrizione: la radiazione luminosa della lampada a mercurio produce, una volta diffratta, uno spettro di righe colorate.

SIMMETRIA

FENDITURE Confronto tra diverse fenditure: fenditura più piccola = minor intensità fenditura più grande = maggior numero di picchi

NEON VS MERCURIO

MODELLO ATOMICO DI BOHR POSTULATI DI BOHR Le orbite stazionarie sono caratterizzate da un momento angolare dell’elettrone uguale a un multiplo intero della costante di Planck L = n h/2p La transizione di un elettrone tra orbite stazionarie è accompagnata dall’emissione di radiazione la cui frequenza n è legata all’energia iniziale E1 e a quella finale E2 dalla relazione E2 - E1 = hn L’idea di atomo: fisica classica + 2 ipotesi

Già noti ma non completamente spiegabili con la fisica classica Gli spettri Se si fornisce energia ad un elettrone, questo è in grado di emettere, sotto forma di radiazione luminosa, questa stessa energia, tornando nel suo stato fondamentale. Gli spettri La serie di Balmer 1/l = R (1/4 - 1/n2) GENERALIZZATA R (1/m2 - 1/n2) Già noti ma non completamente spiegabili con la fisica classica