L’immigrazione al femminile Francesca De Vittor francesca L’immigrazione al femminile Francesca De Vittor francesca.devittor@unimc.it Istituto di diritto internazionale e dell’unione europea, martedì 15-17
La migrazione femminile nella storia Le prime ricerche europee degli anni Cinquanta e Sessanta sui flussi migratori non consideravano le donne come fattori decisivi delle migrazioni. Secondo la letteratura classica, il protagonista delle migrazioni internazionali in quegli anni era senza dubbio l’uomo. Per lungo tempo gli studiosi hanno considerato la crescita della componente femminile solo come un fattore di stabilizzazione del flusso migratorio. L’attenzione era rivolta più al ricongiungimento familiare, la donna raggiungeva il marito nel paese d’immigrazione e assumeva il tradizionale ruolo di moglie e madre. Gli storici delle migrazioni, comunque, hanno mostrato che flussi migratori prevalentemente femminili che partivano dall’Europa, sono esistiti anche in passato tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.
La particolarità dei flussi migratori femminili in Italia Anni ’60 e ’70, fino metà anni ‘80: donne sole che vengono per svolgere lavori domestici (da Salvador, Capo Verde, Filippine, Etiopia, Eritrea). Spesso tramite organizzazioni missionarie cattoliche Fine anni ’80: aumenta il flusso di donne (prevalentemente magrebine) per ricongiungimento familiare (a seguito del flusso maschile dei primi anni ’80, grazie anche alla legge 943/86) non cercano l’inserimento nel mercato del lavoro Anni ’90: nuovo flusso migratorio di donne provenienti dall’Est Europa, con titoli di studio e esperienze lavorative. Il loro progetto iniziale è solitamente di breve periodo. A questo flusso si aggiunge quello di donne che entrano, inconsapevolmente, nella rete della criminalità organizzata e dello sfruttamento sessuale La prima fase risale alla metà degli anni Sessanta, caratterizzata dall’arrivo di donne sole, provenienti dalle Filippine, dall’Eritrea, e da Capo Verde. Le donne immigrate di questo periodo sono relativamente giovani e giungono in Italia grazie alle organizzazioni missionarie presenti nei loro paesi. Questi gruppi cattolici sono gli intermediari tra le donne immigrate è le donne Italiane in cerca di collaboratrici domestiche. Agli inizi degli anni Ottanta, si sviluppa in Italia una fase di consistente immigrazione maschile, spinta, ma non solo, dalla chiusura delle frontiere dei paesi europei di più antica immigrazione. Nei paesi del Sud Europa, tra cui l’Italia, iniziano ad arrivare immigrati maschi provenienti dall’Africa e in particolare dal Maghreb. Una volta raggiunta una discreta stabilità lavorativa ed economica, si crea una seconda fase di flusso femminile caratterizzato dal ricongiungimento familiare. Tra le donne del Nord Africa ritroviamo l’unica componente femminile dell’immigrazione che non tenta un inserimento nel mercato del lavoro, o che si ritira dall’attività alla nascita del primo figlio. Dagli anni Novanta, una terza fase da inizio ad un nuovo flusso migratorio, in prevalenza composto da donne provenienti dall’Est Europa, con alti titoli di studio e con precedenti esperienze di lavoro nel campo della medicina, nella pubblica amministrazione e nelle imprese commerciali. Il progetto di queste immigrate, prima di partire, è ben preciso e finalizzato al risparmio di denaro in pochi mesi, generalmente attraverso attività di lavoro domestico e di assistenza “giorno e notte”. Le condizioni di lavoro che queste donne accettano, le rendono molto concorrenziali rispetto alle altre lavoratrici immigrate. La famiglia generalmente rimane nel paese di origine, ma si attivano catene migratorie e turnover tra le immigrate e gli elementi femminili di reti amicali o parentali. Non è da dimenticare che parallelamente si è sviluppato, anche un flusso migratorio che interessa donne dell’Africa centrale e dell’Est che vengono sfruttate da organizzazioni criminali che le costringono alla prostituzione o a spettacoli di intrattenimento. In questo caso solo una minima parte di loro è consapevole quando parte, della condizione che le spetta, perché vengono attirate con l’inganno da connazionali organizzati con criminali italiani. Oltre ad un fattore storico, si sono affermati e intrecciati negli anni tre modelli dell’immigrazione femminile: il flusso a prevalenza femminile (Eritrea, Etiopia, Filippine, Brasile, Est Europa), il flusso a prevalenza maschile (Marocco, Tunisia, Senegal) in cui la donna raggiunge in un secondo momento il marito e per ultima un’ immigrazione equilibrata tra uomini e donne con progetti autonomi (Cina, India, Argentina, Cile). I flussi migratori sono condizionati da vari fattori, che interessano il paese d’origine dell’immigrata e il paese ospitante. I paesi d’emigrazione hanno spesso delle condizioni, sociali, politiche ed economiche, che spingono una parte della loro popolazione a ricercare nuove possibilità in un altro Stato. Il paese ospitante, invece dal lato suo, ha una serie di condizioni di attrazione che influiscono sulla scelta della destinazione dell’immigrata. L’immigrazione femminile, quindi segue determinati orientamenti legati alla situazione del paese in cui si vuole emigrare, ma anche in base alle varie catene migratorie e alle aspettative costruite in patria.
La migrante lavoratrice oggi: difficoltà e prospettive
L’ingresso in Italia ovviamente le modalità non cambiano rispetto agli uomini Il visto di ingresso per lavoro determinato (art. 22 T.U. come modificato dalla legge 189/2002): - datore di lavoro chiede il nulla osta allo sportello per l’immigrazione - lo sportello comunica le richieste al centro per l’impiego - il centro rilascia una certificazione negativa se entro 20gg non si presenta un lavoratore italiano o comunitario - lo sportello unico per l’immigrazione rilascia il nulla osta nel rispetto dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi stabiliti nel “decreto flussi”, e lo trasmette al consolato - il consolato rilascia il visto si tratterà poi di firmare il contratto di soggiorno
La riapertura delle quote 21 luglio: il Governo approva il decreto sulla riapertura delle quote per ulteriori 350.000 immigrati Settembre: approvazione della Camera dei Deputati 12 ottobre: approvazione del Senato Manca ancora la firma finale del Governo, l’approvazione della Corte dei Conti e la Pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Contenuti: il decreto si applica alle domande presentate prima del 21 luglio (quelle che già erano in eccedenza con il primo decreto flussi del 2006) Problema: i tempo perché le 520mila domande siano esaminate
Permessi di soggiorno per studio e lavoro Il lavoro dello studente Art. 27 TU: non rientrano nelle quote i periodi temporanei di addestramento di persone autorizzate all’ingresso per formazione professionale Art. 14 co. 4 dpr 894/1999 (come modificato dpr 334/2004): il permesso per motivi di studio autorizza al lavoro per un massimo di 20 ore settimanali anche cumulabili (1040 annuali) La conversione del permesso di soggiorno Art. 6 co. 1: il permesso di soggiorno per studio può essere convertito prima della scadenza in un permesso di soggiorno per lavoro nell’ambito delle quote dall’art. 3 co. 4 I permessi di soggiorno per lavoro così rilasciati sono portati a detrazione delle quote ingresso stabilite
La doppia discriminazione della lavoratrice migrante: genere e nazionalità Le prospettive lavorative: lavori domestici e assistenza familiare scarsa considerazione sociale di questo tipo di mansioni (nonostante la competenza che l’assistenza alla persona richiede) emancipazione della donna italiana attraverso la sua sostituzione con una donna straniera? Il lavoro della “badante” e la difficoltà di avere una vita indipendente Difficoltà della regolarizzazione: quote e costi L’ingresso clandestino e la dipendenza da organizzazioni di tipo criminale immigrazione di breve periodo (visto turistico), mentre la famiglia resta nel paese d’origine cambiano i rapporti economici all’interno della famiglia
La tutela della donna nella famiglia migrante
Il ricongiungimento familiare Requisiti per chiedere il ricongiungimento nella legge vigente (artt. 28 e 29 T.U.): - permesso di soggiorno di almeno 1 anno - reddito sufficiente - alloggio (parametri minimi legge regionale o certificato idoneità sanitaria) Persone con cui il ricongiungimento è possibile: - coniuge - figli minorenni a carico, legittimi, naturali e affidati - figli maggiorenni a carico che non possono provvedere al proprio sostentamento per invalidità totale - genitori a carico se impossibile sostentamento da parte di altri figli
Pluralità di modelli familiari e ricongiungimento Direttiva 2003/86/CE del 22 settembre 2003 relativa al diritto al ricongiungimento familiare: Riconoscimento (facoltativo) di Convivenza di fatto Convivenza registrata (PACS) Divieto di ricongiungimento con più di una moglie per famiglie poligamiche (art. 4 par. 4) il T.U. in vigore non lo esclude, ma indirettamente la dottrina lo esclude in quanto il matrimonio poligamico non potrebbe essere riconosciuto perché contrario all’ordine pubblico (parità costituzionale tra i coniugi)
Gli effetti del favor minoris Inespellibilità della donna in stato di gravidanza, e del marito convivente (permesso di soggiorno per motivi di salute, con diritto di lavorare) (art. 19, co. 2) Permessi di ingresso e di soggiorno al familiare (la madre) per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore (art. 31, co. 3)
Un’integrazione difficile?
Costituzione della Repubblica Italiana Art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoii di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Art. 8. Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.