Convegno Nazionale Fondazione Migrantes Roma, 20 novembre 2012

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Transcript della presentazione:

Convegno Nazionale Fondazione Migrantes Roma, 20 novembre 2012 I nuovi vicini di casa di chi abbiamo paura? Perché ? Prof.ssa Elena BESOZZI Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano Convegno Nazionale Fondazione Migrantes Roma, 20 novembre 2012

Punti di riflessione La società multietnica e multiculturale La “normalità” del confine e l’esperienza dell’Altro Opinioni sulla presenza degli stranieri nel nostro paese Di chi, di che cosa, perché abbiamo paura? L’ ”esasperazione del confine” Con-vivere in una società multiculturale Educare all’incontro, si può?

La società multietnica e multiculturale

La società multietnica e multiculturale Una società plurale Gruppi etnici diversi provenienti da “fuori” (società multietnica) Cittadinanze/nazionalità diverse rispetto a quella italiana (pluralismo giuridico) Presenza di un pluralismo di orientamenti valoriali e interfaccia di culture e patrimoni culturali diversi (pluralismo culturale) Compresenza di diverse religioni (pluralismo religioso) Compresenza di tante lingue « nazionali » (plurilinguismo) Transnazionalismo: diluizione dei confini geografici, politici, economici, culturali (pluriappartenenza) tanti modi di guardare il mondo e di agire in esso frammentazione, spaesamento, incertezza, rischio, paura …

Ma il soggetto contemporaneo è tuttavia in grado di … Vivere in una pluralità di comunità relazionali, non vincolate dallo spazio e dal tempo, comprese le comunità locali Comunicare segni, simboli, in più codici e linguaggi Creare e ri-creare senso e significato agency del soggetto

Alcuni interrogativi La società plurale (multiculturale, multilinguistica e plurireligiosa) è un rischio? Come si affronta l’incertezza, il disagio, la paura? Quale appartenenza? Quale identità? Quale possibile convivenza? Si può evitare l’incontro tra culture, credenze religiose, orientamenti diversi? In che misura l’incontro con gli Altri è una “ricchezza”? Basta la tolleranza per vivere nella società plurale?

La “normalità” del confine e l’esperienza dell’Altro

L’incontro con l’alterità, con la diversità … sembra emergere con la presenza degli stranieri, degli immigrati è la scoperta della diversità etnica, culturale, linguistica, religiosa … In realtà, l’esperienza dell’alterità è costitutiva della nostra stessa esistenza

L’esperienza dell’Altro L’Altro è un’esperienza primaria incontro indispensabile per la scoperta di sé, per lo sviluppo del soggetto e della competenza sociale e per l’appropriazione di modelli culturali di riferimento L’esperienza dell’Altro consente l’individualizzazione, l’autonomia Identità e alterità sono i due poli dell’esperienza di ciascuno di noi nella nostra vita di relazione

Il “gioco” appartenenza-distacco Un doppio bisogno … Bisogno di identificazione essere come l’altro, appartenere a un gruppo, far parte, essere stimato, essere con… Bisogno di individualizzazione essere per sé, bisogno di distinguersi, di distacco, di uscire dal gruppo, di prendere le distanze, di essere rispettato …

Il NOI è il sentimento di una comune identità e cultura (In-Group) Dall’IO-TU al NOI Lo sviluppo del Sé avviene in relazione allo sviluppo del TU (l’Altro) Il TU si allarga nell’esperienza … LUI, LEI … NOI, LORO … Le radici dell’appartenenza a un gruppo stanno nella formazione di un NOI Il NOI è il sentimento di una comune identità e cultura (In-Group)

È quindi “normale” tracciare un confine … Noi … Loro L’incontro tra gruppi o culture sviluppa sentimenti di appartenenza (NOI) e di differenza/distanza (LORO) Si stabiliscono dei confini più o meno rigidi, si decide il grado di apertura/chiusura (in-group/out-group) È quindi “normale” tracciare un confine … Tuttavia … si sviluppano, per il rinforzo dell’appartenenza, stereotipi, pregiudizi possono nascere paure dell’Altro, che può anche diventare “nemico”

Opinioni sulla presenza degli stranieri nel nostro paese

Dall’indagine “European Values Study” I valori degli italiani – 2008/2009 [1519 soggetti] In aumento la “paura dell’altro”, allarme sociale verso zingari, drogati, alcolisti Gli stranieri sono troppi per il 60% degli intervistati Contenuto il rifiuto verso gli immigrati, ad eccezione dei musulmani, verso i quali c’è un rifiuto elevato a una convivenza ravvicinata. Circa un quarto del campione (26,4%) mostra in modo evidente opinioni e atteggiamenti di chiusura e di discriminazione In presenza di una scarsità di lavoro, si deve dare precedenza agli italiani (59%) Preoccupati dell’aumento della criminalità, anche in relazione alla presenza degli stranieri , sono soprattutto soggetti maschi, anziani, nel Sud e Isole L’istruzione mostra la sua importanza nel ridurre la distanza sociale: effetto protezione nei confronti del pregiudizio negativo verso gli immigrati e verso chi è ritenuto pericoloso La distanza sociale si riduce in presenza di attività di volontariato, non invece in relazione alla religiosità dichiarata dagli intervistati, soprattutto se poco praticanti e se anziani

“I migranti visti dagli italiani” [Indagine Istat, 2012] Il 60% degli intervistati è molto o abbastanza d’accordo nel ritenere che “la presenza degli immigrati è positiva perché permette il confronto con altre culture”. Tuttavia, Il 65,2% degli intervistati ritiene che gli immigrati siano troppi Generalizzata appare la condanna di comportamenti discriminatori. Il 59,5% afferma che in Italia gli immigrati sono trattati meno bene dei non immigrati Il 63% è d’accordo che “gli immigrati sono necessari per fare il lavoro che gli italiani non vogliono fare”, ma il 35% ritiene che gli immigrati tolgono lavoro agli italiani. Il 48,7% pensa tuttavia che, causa la crisi, i datori di lavoro dovrebbero dare la precedenza ai non immigrati Il 55,3% pensa che nelle graduatorie per le case popolari dovrebbero essere inseriti dopo gli italiani Per la maggioranza non è un problema avere uno straniero come vicino, tra le comunità che però i cittadini preferirebbero non avere come vicini ai primi posti si collocano i Rom e Sinti (68,4%), seguiti da rumeni (25,6%) e albanesi (24,8%). Anche avere un genero rom creerebbe problemi all’84,6% degli italiani Sulla convivenza religiosa, la maggioranza (59,3%) esprime una posizione di tolleranza, anche se il 26,9% è contrario all’apertura di altri luoghi di culto nei pressi della propria abitazione e il 41,1% all’apertura di una moschea. Il 72,1% è favorevole al riconoscimento alla nascita della cittadinanza italiana ai figli di immigrati nati nel nostro Paese. I giovani, soprattutto se donne, e i residenti nel Centro Italia mostrano una maggiore apertura nei confronti degli immigrati su tutte le dimensioni indagate

Base: Totale italiani, n= 2.000 Opinioni degli italiani relative alle conseguenze dovute alla presenza degli stranieri sul territorio – Indagine GfK/Eurisko 2010 Base: Totale italiani, n= 2.000 Far entrare gli stranieri nel nostro paese .... Permette agli italiani di venire a contatto con mondi e culture diverse Aumenta la criminalità organizzata Accoglierli è un fatto di civiltà Riempiono un vuoto occupazionale in alcuni settori Diminuisce la sicurezza dei cittadini Aumenta la criminalità comune Affermazioni positive Affermazioni negative Legenda: Usano i nostri servizi, ma non pagano le tasse E’ un problema per le opportunità di lavoro degli italiani Rappresenta una minaccia per la moralità/ religione E’ una minaccia per le tradizioni locali

I giovani di fronte alla presenza degli stranieri: come la pensano rispetto agli adulti Indagine GfK/Eurisko 2010 Uno studente su 5 si dice ‘molto critico’ (21%), il 37% lo è ‘abbastanza’, mentre solo il 22% giudica positivamente la presenza degli stranieri. Una percezione sostanzialmente omogenea tra i giovani, con differenze modeste in relazione all’area geografica, all’età e alla tipologia di scuola (solo il liceo classico si distingue per un 31% di giudizi positivi). I giovani quindi vivono meno positivamente della media degli italiani questo fenomeno: 22% lo considera un fenomeno positivo vs 35% degli italiani. Alla base del giudizio critico dei giovani sulla presenza degli stranieri c’è soprattutto l’insicurezza, una percezione di minaccia riferita alla quotidianità (criminalità comune) e al futuro lavorativo (disoccupazione). Sul giudizio dei giovani sembrano pesare meno aspetti più legati alla sfera valoriale, culturale e religiosa. I ragazzi non temono insomma la contaminazione culturale, quanto l’insicurezza delle città e la precarietà.

“Io e gli altri …giovani italiani nel vortice dei cambiamenti” Indagine SWG-Iard, 2009 Ricerca promossa dalla Conferenza dei Presidenti delle assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome su 2000 giovani tra i 18 e i 29 anni (2009) “Universo giovanile” molto articolato, con forti tensioni e diffusi sentimenti di intolleranza, ostilità, diffidenza, xenofobia Una tipologia di atteggiamenti distinta in aperti (circa il 40%) e chiusi (circa il 46%), con punte di xenofobi (20%), di razzismi espliciti (11%) Preoccupazione e paura del proprio futuro influenzano il grado di apertura/chiusura di fronte all’altro I giovani ritengono insufficiente o inadeguato l’impegno delle famiglie, delle istituzioni politiche, dei media nella promozione dei principi di eguaglianza, solidarietà, responsabilità sociale; solo la scuola è ritenuta adeguatamente attiva nella prevenzione dei pregiudizi e del razzismo

Di chi, di che cosa, perché abbiamo paura? L’ ”esasperazione del confine”: pregiudizi, intolleranza, discriminazioni, razzismo

L’ossessione dei confini … “E’ soprattutto nella città che c’è questa furiosa attività di tracciare e spostare i confini tra le persone […]. I confini non vengono tracciati allo scopo di separare le differenze ma, al contrario, è proprio perché vengono tracciati confini che improvvisamente emergono le differenze, che ce ne accorgiamo e diventiamo consapevoli, anzi andiamo in cerca di differenze proprio per legittimare i confini […]. Ogni confine crea le sue differenze, che sono fondate e rilevanti”. [Z.Bauman, 2005]

La costruzione del pregiudizio [Van Dijk, 1994] I pregiudizi etnici si riproducono e diffondono essenzialmente seguendo tre percorsi che finiscono col rafforzarsi reciprocamente: accentuando l’enfasi sulla diversità culturale che rende oggettivamente difficile attivare un dialogo costruttivo con gli “altri” ponendo in primo piano la competizione con i membri degli altri gruppi etnici in termini di distribuzione delle risorse (in particolare: lavoro, casa, servizi) sottolineando il pericolo che gli “altri”, in forza della loro diversità, rappresentano nei riguardi sia della nostra sicurezza personale sia della salvaguardia della nostra identità culturale.

Tentazioni … L’assimilazione « mascherata » Il folklore culturale La diversità ad ogni costo e la separazione/segregazione per vivere in una “comunità di simili” Il pregiudizio negato, l’intolleranza nascosta La fuga dalla sofferenza provocata dall’incontro e dal confronto con l’altro

La prossimità e l’esperienza quotidiana Dalla ricerca della Caritas lombarda “I nuovi vicini” Difficoltà a trovare casa (80%), soprattutto per alcuni gruppi (per es. africani) Parenti e amici stranieri sono i riferimenti abituali, ma è diffusa anche la frequentazione di ambienti misti (30% circa) Riferimento alle reti etniche (soprattutto gli uomini e i soggetti asiatici e nordafricani), mentre le donne primo migranti appaiono propense ad allargare la cerchia delle relazioni Gli scambi sono più frequenti a livello di casa che non in ambienti esterni, con lo sviluppo di un’ ”amicalità mista” (che include anche italiani), che diventa cruciale nei casi di bisogno Particolarmente svantaggiate le madri sole I figli facilitano il radicamento. L’essere nato in Italia favorisce la partecipazione, aumenta anche la frequenza di luoghi religiosi (es. oratorio) anche se non si è di quella religione In famiglia avviene una continua negoziazione degli stimoli e delle appartenenze culturali e linguistiche

L’esperienza quotidiana … incrementa i contatti, le relazioni, la capacità di fruire dei servizi e delle risorse del territorio sviluppa una pluralità di situazioni e di percorsi di partecipazione e inclusione in relazione a provenienza, situazione familiare, lavorativa, ecc. I territori quali laboratori di inclusione e di cittadinanza Un’integrazione dinamica e variegata, dagli esiti imprevedibili Non più genericamente “immigrati stranieri” bensì genitori, vicini di casa, compagni di gioco …

Con-vivere in una società multiculturale

Due concezioni di cultura e di identità Concezione essenzialista la cultura, così come l’identità, è un attributo del soggetto, che si impegna sul mantenimento di un modello appreso La cultura è appartenenza, ancoraggio stabile, fisso, immutabile (essenzialismo) e l’identità è un habitus, un modo di essere stabilizzato del soggetto Concezione dialogica la cultura, e anche l’identità, è racconto di sè, dialogo, apertura e il soggetto esplora le possibilità di confronto e di trasformazione La cultura è risorsa per l’azione, spazio di scambio, narrazione condivisa o contestata; l’identità è un processo dialogico, è aperta e in continua ridefinizione e ricomposizione

Aspettative da parte della società di arrivo … È bene che diventino come noi, che scompaiano le differenze, per poter far parte devono apprezzare i valori della nostra società e della nostra cultura Non abbiamo niente in comune … sono radicalmente diversi, possono stare qui, ma non interferire con le nostre abitudini e le nostre tradizioni Le culture e le persone sono sempre state in movimento, oggi questo è ancora più evidente, c’è un mescolamento continuo che rappresenta una ricchezza di esperienze e di possibilità

Aspettative da parte di chi arriva … La cosa più importante è riuscire a inserirsi nella società di accoglienza il più presto possibile, imparando lingua, abitudini, valori Mi piacerebbe poter far parte della nuova realtà senza abbandonare del tutto le mie convinzioni, i miei valori, le mie tradizioni Non so quanto mi fermerò qui, ma la mia intenzione è quella di tornare nel mio paese Non so bene cosa desidero per me e per i miei figli, in realtà vedo difficoltà di accettazione reciproca, molto disorientamento e tanta confusione

Quale integrazione ? Aspettative di integrazione la società di accoglienza sviluppa aspettative di integrazione (assimilazione, adattamento, acculturazione, scambio …) Progetti di integrazione i migranti sviluppano progetti individuali o di gruppo verso l’integrazione (completa, parziale, temporanea…) È importante considerare l’esistenza di una pluralità di punti di vista e di aspettative

L’incontro tra culture in un contesto pluralistico è un incontro tra persone, con le loro storie, le loro idee, i loro bisogni, i loro sogni le persone sono attive, elaborano, modificano, influenzano e si fanno influenzare, imparano Le culture sono “porose”, nessuna cultura è “pura”, incontaminata Nella realtà multiculturale contemporanea si sviluppano processi di mescolamento, ibridazione, métissage, anche al di là della volontà dei singoli e della loro consapevolezza

Critiche al modello assimilazionista L’assimilazione contempla solo la direzione verso la cultura di accoglienza Ipotizza l’esistenza, nella società di accoglienza, di un modello culturale unitario, dominante e coercitivo Non considera la reciproca influenza del contatto tra culture Non considera la variabilità e le strategie plurime e diversificate dei soggetti e dei gruppi

Critiche al modello relativista e tollerante Ritiene che tutte le culture hanno pari dignità, ma con ciò rende indifferente e relativa qualsiasi scelta valoriale e normativa La tolleranza può mascherare l’indifferenza e quindi la separazione, fino alla vera e propria segregazione

Nel vivace dibattito che ruota attorno alla società multietnica e al progetto di una società multiculturale, fa assai spesso capolino la qualificazione di società tollerante come chiave di volta per gestire una questione quanto mai complessa […]. Per la verità una tale opzione è ancora ampiamente in fieri nelle società che si autodefiniscono multiculturali, mentre non pochi osservatori mettono all’indice il rischio molto diffuso di scivolare dolcemente, quasi impercettibilmente, da un’idea di società fondata sul “diritto alla differenza” a quella di una società che si accontenta più semplicemente di galleggiare sul “diritto all’indifferenza” [...]. [G.Scidà, 2011]

Le “buone ragioni” del dialogo interculturale L’incontro tra culture non può essere evitato L’incontro tra culture non è mai finito Nell’incontro tra culture gli esiti non sono scontati L’incontro tra culture richiede sensibilità e competenza comunicativa

Le sfide del dialogo interculturale Andare al di là di una semplice affermazione di principio, « data per scontata » Cogliere la problematicità del dialogo interculturale e le sue difficoltà Mettere a tema la questione dell’integrazione (al di là della semplice acculturazione …) Riflettere sulla diversità e sul suo trattamento

Educare all’incontro, si può?

L’esperienza dell’incontro nella vita quotidiana È importante considerare le dinamiche che si sviluppano concretamente nella realtà quotidiana: si evidenziano le pratiche, le caratteristiche specifiche di un contesto, l’esperienza dei singoli soggetti, le loro strategie e azioni In primo piano c’è quindi l’osservazione e la costruzione di processi di esplorazione, di avvicinamento, di incontro, di scambio, con evidenti possibilità di tensioni, conflitti, incomprensioni

Educare all’incontro La “4 R” dell’esperienza dell’altro, un percorso Riconoscimento Rispetto Reciprocità Responsabilità Scoperta dell’alterità, di un confine tra sé e il mondo, della diversità di cui occorre tenere conto L’altro è persona, è soggetto nella sua pienezza e va rispettato Processo di scambio, alla base della vita associata, discorsività sociale, sviluppo della riflessività Conseguimento di una pienezza dell’esistere e della realizzazione della libertà

Elogio dello sguardo interculturale scioglie le certezze, ma anche le paure, fa attraversare i confini, esplorare nuove realtà, vivere di frontiera, crea dinamiche nuove, rompe l’autoreferenzialità del soggetto e consente di esplorare nuove possibilità e nuove comunanze … si tratta di coltivare legami … per imparare a vivere insieme

“… qualunque sia la piega che prenderà la storia urbana, l’arte di vivere pacificamente e felicemente con le differenze, e di trarre vantaggio da questa varietà di stimoli e di opportunità, sta diventando la più importante tra le capacità che un cittadino ha bisogno di imparare e di esercitare” [Z.Bauman, 2005]

Grazie dell’attenzione