La rinascita della storiografia urbana

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La rinascita della storiografia urbana LE CRONACHE MEDIEVALI La rinascita della storiografia urbana

Dino Compagni (1255-1324) Dino Compagni è un mercante fiorentino – amico di Dante Alighieri - appartenente ad una famiglia del “popolo grasso”, maestro dell’arte della seta e guelfo di parte bianca, eletto Priore per ben due volte, nel 1289 e nel 1302, e Gonfaloniere di giustizia nel 1293. Dopo la vittoria dei Neri, nel 1310, abbandona la vita politica, ma non lascia Firenze – come fa invece Dante – dedicandosi alla stesura della Cronica.

La Cronica di Dino Compagni La Cronica delle cose occorrenti nei tempi suoi (1280-1312) di Dino Compagni è considerata uno dei capolavori della storiografia del basso medioevo che testimonia l’ascesa al potere del popolo grasso. Narra le lotte di fazione a Firenze alla fine del XIII secolo in un prospettiva molto personale di storia politica ed economica. Basata essenzialmente sui ricordi personali, in realtà si colloca in un genere intermedio fra cronaca e storia. I fatti sono filtrati dall’ideologia del mercante e dall’ideologia cittadina. I fatti più certi sono, per Compagni, quelli osservati direttamente o quelli attestati dal maggior numero di persone. La storia rimane mossa dalla divina provvidenza.

La Cronica di Dino Compagni Scritta fra il 1310 e il 1312, la Cronica è scoperta e pubblicata per la prima volta da L. A. Muratori nel 17??. Considerata dapprima una semplice cronaca, verrà successivamente rivalutata e considerata una vera e propria opera storica. Del cronista gli manca: la precisione, l’umiltà, l’amore per la notizia, la consapevolezza di parlare ai posteri. Dello storico gli manca: la visione organica, l’ampiezza dell’informazione, l’analisi storica delle fonti, il rigore. Possiamo paragonare la Cronica ad un libro di memorie o ricordi personali di un protagonista. Non a caso nasce come autodifesa e giustificazione della propria azione di governo, sottoposta a critica dagli avversari politici.

Giovanni Villani (1276-1348) Giovanni Villani, mercante fiorentino, viaggia per commercio fra Italia e Francia; schierato con i Guelfi di parte nera, viene eletto Priore di Firenze nel 1316 e nel 1321 e ricopre altre cariche cittadine fino alla metà degli anni trenta. Nel 1321 è accusato di malversazione, processato e assolto. Nel 1336 è coinvolto nel fallimento della Compagnia dei Bardi e Peruzzi di cui era socio. Processato e incarcerato per breve tempo. Ritiratosi a vita privata, muore durante l’epidemia di peste del 1348.

Una pagina miniata del codice della Nova Cronica di Giovanni Villani

La Nuova Cronica di Giovanni Villani Pubblicata per la prima volta a Firenze nel 1537, la Nuova Cronica di Giovanni Villani, redatta nel corso degli anni trenta e quaranta, è la prima cronaca fiorentina scritta in una prospettiva europea. I primi sei libri contengono un compendio di storia universale dalla Torre di Babele al 1266. I libri VI-XII contengono la storia recente dell’Europa vista da Firenze, fino al 1346; l’opera sarà continuata dal fratello Matteo fino al 1363 e dal nipote Filippo fino al 1364. Nella sua cronaca Villani mescola astrologia, storia sacra e storia profana, secondo una prospettiva consolidata. Propone la leggenda delle origini di Firenze (erede della civiltà romana) derivata da Fiesole (fondata da Enea) e a sua volta da Troia. Da Villani ricaviamo notizie sorprendenti sulla civiltà fiorentina del XIII secolo: l’alfabetizzazione della quasi totalità dei bambini, la frequenza agli studi superiori, l’importanza degli studi matematici per la formazione dei mercanti.

Altre cronache fiorentine - Istoria fiorentina di Ricordano e Giancotto Malaspini, patrizi di parte guelfa, banditi nel 1260 dopo la battaglia di Montaperti, nostalgici del “buon tempo antico” del Comune aristocratico. - Cronica di Marchionne di Coppo Stefani (1336-1385), molto più oggettiva rispetto alla passione politica di D. Compagni, o al trionfalismo fiorentino di G. Villani. Molto informato per gli anni 1375-1382 e per le vicende del tumulto dei Ciompi. La conclusione, amara e disincantata, è favorevole alla Signoria come “male minore”. - La sollevazione dei Ciompi di Gino Capponi (1350-1421)