Nicolas Grimaldi Descartes e l’esperienza della libertà Non c’è una sola libertà, ma ce ne sono diverse, come Cartesio ci fa capire nelle sue riflessioni
Tre intuizioni fondamentali 1) siamo destinati a qualcosa di infinito 2) anche le verità eterne sono create 3) la libertà si concretizza come effettività, come capacità di cambiare la nostra vita
1) Il rinvio a qualcosa di infinito La nostra coscienza si esperimenta come trascendente rispetto ad ogni cosa finita. La libertà si identifica qui con l’inquietudine, ossia con una capacità infinita di rottura e di negatività.
Pascal: l’uomo non è creato che per l’infinito Sartre: ogni coscienza è mancanza, desiderio, inquietudine
2) La creazione delle verità eterne: la libertà assoluta di Dio Dio è infinito e non c’è nulla che possa limitarlo: la libertà di Dio è indipendenza assoluta
Dio non è determinato da nulla, ma tutto è determinato da lui Anche le verità eterne sono state scelte liberamente da Dio. E Dio rimane libero di abrogarle. Il mondo è buono perché lui l’ha creato, ed è quindi uno strumento a disposizione dell’uomo
3) Libertà come effettività La nuova scienza può “esentare l’uomo da una infinità di malattie, del corpo come dello spirito, e forse anche dalla vecchiaia”. Cartesio progetta di liberarci dalla maledizione originaria: saremo noi a dominare la natura.
La libertà come effettività non è immediata La libertà come effettività non è immediata. Come risultato della scienza cartesiana, tale libertà è dunque meritata, conquistata, raggiunta. Il suo statuto è dell’ordine dell’avere. È dunque una libertà distinta da quell’altra libertà che dobbiamo preliminarmente esercitare per acquisirla, una libertà che è invece dell’ordine dell’essere.
Impadronendoci della natura, otteniamo una duplice libertà: 1) in senso negativo: possiamo sottrarci alle incertezze dell’esistenza e al dominio della fortuna. 2) in senso positivo: diventiamo capaci di produrre, di realizzare quel che vogliamo, ossia di ricrearci dal punto di vista fisico.
Facendo uso di una libertà concepita come effettività, lo spirito riesce a restaurare l’originaria integrità della propria libertà intesa come generosità. Nel farci “padroni e possessori della natura”, la scienza cartesiana giunge a darci la libertà di ritrovare la nostra libertà.
Rimane la domanda sulle condizioni stesse di una simile libertà legata alla tecnica. Come possiamo, in effetti, renderci padroni e possessori della natura? Come questa libertà di fare bene può derivare da quella di giudicare bene?
Che sicurezza possiamo avere che le cose siano conformi alle idee che ne abbiamo? Se è Dio a creare le verità, Dio ha originariamente disposto nel nostro intelletto le idee delle leggi che ha stabilito nella natura.
Una prima libertà Proprio perché tutto quel che è reale è razionale, è sufficiente pensare razionalmente per sperimentare il mondo in modo conforme al nostro pensiero: la libertà consiste qui nel sentimento di trovarci “a casa propria” in questo mondo, che è accogliente nei confronti dei nostri progetti: basta intraprenderli per poterli portare a compimento
Un’ulteriore libertà Se Dio ha posto in noi le idee innate, tirando da esse nuove conseguenze ci si apre davanti un campo infinito. La scienza offre all’infinitezza della nostra volontà l’occasione per un’attività infinita.
Ma c’è anche una libertà di indifferenza L’indifferenza, che deriva dalla nostra ignoranza, è il grado più basso di libertà. Non basta avere la libertà per essere liberi. Questa libertà che abbiamo ci consente solamente la libertà di cercare la libertà.
Ma dipende da noi scoprire la verità Ma dipende da noi scoprire la verità? Siamo liberi di condurre con ordine i nostri pensieri? Per essere capaci di attenzione, occorre dominare i diversi movimenti del nostro corpo. Se abbiamo la disponibilità delle nostre volontà, è perché la libertà è originariamente generosità.
L’età della ragione L’età della ragione è dunque quella in cui noi giungiamo alla nostra identità così come alla nostra libertà, intese in senso metafisico.
Occorre conoscere per essere liberi La conoscenza ci dà una libertà come effettività: mettendo la natura alle nostre dipendenze. Come un artigiano è padrone della sua macchina, così noi diventiamo padroni della natura.
Ma occorre anche essere liberi per conoscere Qui abbiamo un’altra libertà: la libertà come generosità Tocca a noi usare la nostra volontà: ne useremo bene o male?
Due esperienze della libertà Da una parte la generosità, lo slancio come passione; dall’altra il portare a compimento, l’effettività.
E tuttavia, per quanto arriviamo a scoprire nuove verità, questo non può che avvenire a poco a poco, a piccoli passi e per gradi: non si arriva all’infinito a partire dal finito
Ma c’è anche un’altra libertà, insieme paradossale e assoluta Cartesio ne parla nella sua morale provvisoria: “una felicità che dipende interamente dal nostro libero arbitrio, e che tutti gli uomini possono acquisire senza alcun aiuto dal di fuori”
Una libertà così assoluta che si esercita tanto più felicemente e tanto meglio quanto più la sventura sembra accanirsi su di noi. Una libertà segnata dalla finitudine del nostro intelletto, dall’assenza di luce e di conseguenza dall’indifferenza della nostra volontà
tre aspetti di questa libertà: 1) assolutamente indipendente dal nostro intelletto, 2) assolutamente infinita, 3) senza rapporto ad alcuna rappresentazione, ad alcun oggetto.
Primo aspetto: una libertà indipendente dal nostro intelletto Una libertà, che non tiene conto di ciò che l’intelletto ci presenta
Le regole della morale provvisoria l’indipendenza della nostra volontà rispetto al nostro intelletto: considera come assolutamente necessario quel che è d’altro canto assolutamente contingente (seconda massima); considera come assolutamente impossibile ciò che pur sarebbe possibile dal punto di vista logico (terza massima).
Secondo aspetto: una libertà infinita Una libertà, che consiste nel non dipendere assolutamente da nulla e nel non desiderare più nulla
Nel dubbio iperbolico la volontà può mettere all’opera nella negazione la propria infinitezza La volontà, sotto le parvenze del genio maligno, revoca in dubbio tutto quello che Dio ha creato. La beatitudine naturale consiste in questa esperienza dell’infinito che noi possiamo fare solo nel rifiuto e nella negazione.
Terzo aspetto: una libertà che non è legata a nessun oggetto Una libertà, che consiste nel mettere tra parentesi tutto
Esercitando l’infinitezza della propria capacità di negazione, la nostra volontà non fa che compiere un giudizio. Un giudizio tuttavia che porta non a determinare qualche oggetto, ma piuttosto a svuotare ogni oggetto della nostra rappresentazione
Indifferenti rispetto all’infinità di quel che neghiamo, come Dio è indifferente rispetto all’infinità di quel che egli crea, sciolti da ogni rapporto con le cose, ivi compreso il nostro intelletto, una simile esperienza della libertà consiste nell’imitare, al contrario di quel che pensava Sartre, la libertà stessa di Dio.