La “Giuntina di Rime antiche”,

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Transcript della presentazione:

La “Giuntina di Rime antiche”, Firenze, per gli eredi di Filippo Giunta, 1527,

Libro VII 39 sonetti 5 ballate 1 canzone Libro XI 9 sonetti in tenzone

G. CONTINI in Poeti del Duecento, I , a cura di G. C G. CONTINI in Poeti del Duecento, I , a cura di G. C., Milano-Napoli, 1960, p.477: “… il nostro [Dante da Maiano] appare un ritardatario del post-guittonismo fiorentino, già in anni segnati dallo Stilnovo, e più esattamente si dica dell’intervento di Cavalcanti; […] come accade in simili casi, il frutto un po’ fuori stagione diventa quasi più agevolmente rappresentativo di quelli maturati a tempo debit. “ R. BETTARINI in Dante da Maiano, Rime, a cura di R.B., Firenze, 1969, pp. XVI-XVII: “ Converrà anzitutto non meravigliarsi che la produzione del Maianese […] sia attestata nella sola Giuntina del 1527, né chiedersi con troppa apprensione perché il verseggiatore, che doveva essere un po’ più giovane di Chiaro e di Monte e press’a poco dell’età dell’Alighieri, non sia entrato a far parte della grande famiglia del Vaticano; certo è che a questo l’autore va formalmente apparentato. […] Il suo metodo è distintamente archeologico e centonistico. […] Il Maianese guittoneggiava come hanno guittoneggiato tutti prima che Dante apponesse la fatal scomunica che perdura fino a oggi… “

Sonn. 1-2: «Convemmi dimostrar lo meo savere / e far parvenza s’eo saccio cantare» (1 1-2) «Aggio talento, s’eo savesse, dire / como e quanto avete di bellore» (2 1-2)  rime comuni: -ate, -ore; rimanti comuni: bieltate, valore. Sonn. 2-3: «Aggio talento, s’eo savesse, dire» (2 1) «Di voi mi stringe tanto lo disire / e lo talento e lo corale amore» (3 1-2) rime comuni: -ire, -ore, -ate; rimante comune: core. Sonn. 3-4: «però non vi dispiaccia el mio servire» (3 7), «ched eo servendo a voi di bon coraggio» (4 10).   Sonn. 4-5: «merzede aggiate, sovra l’altre cara» (4 6) «Merzede aggiate de lo meo tormento» (5 9) «ched eo servendo a voi di bon coraggio» (4 10) «Servente voi so’ stato in bona fede» (5 5). Sonn. 5-6: «O fresca rosa, a voi chero mercede» (5 1) «‹O› rosa e giglio e flore aloroso» (6 1) «piacente sovr’ogn’altra criatura» (5 10) «ch’a tutte l’altre togliete valore» (6 11)

F 9 13 Egli ‘l tiene in tormento e malenanza F 6 13-14 Ch’i’ son lo Schifo, e sì son ortolano / D’esto giardin DM 7 9 ché son del tuo giardino pasturale Non c’è nulla di simile nella poesia coeva. F 9 13 Egli ‘l tiene in tormento e malenanza F 75 13 i’ ti darò tormento e malenanza DM 8 5-6 Dond’eo tormento e son quasi al perire, sì aggio al core greve mallenanza Tormento (verbo o nome) e mal(l)enanza non sono mai associati altrove. F 12 10-12 E sì gli dissi: «Schifo, ag‹g›ie merzede Di me, se ‘nverso te feci alcun fallo, Chéd i’ sì son venuto a pura fede DM 5 5-11 Servente voi so’ stato in bona fede Merzede aggiate de lo meo tormento, piacente sovra ogn’altra criatura; ver’ me non falli il gran canoscimento I due sonetti convergono nella richiesta di perdono.

F 54 1-3 Se·ttu non puo’ parlar a quella ch’ami, F 21 3 Contar né dir per me non si poria DM 28 7-8 ché sua bieltà già ben dir propiamente / non si porria DM 28 11 che sì com’ son nol poria dir né quanti DM 49 6 che propriamente om non poria contarla F 54 1-3 Se·ttu non puo’ parlar a quella ch’ami, Sì·lle manda per lettera tu’ stato, Dicendo com’Amor t’à·ssì legato DM 38 9/14 Così m’ha di voi, donna, Amor legato […] cotale è per voi, bella, lo meo stato. F 59 10 Con tutto ti vad’ella folleggiando DM 30 9 E ben conosco troppo folleggiando Esclusivo dei due testi l’uso di folleggiando in clausola.

F 77 4 Sì la trovai ver’ me crudel e fera F 129 6-7 La ciera sua non parea molto fera Anz’era umile e piana divenuta DM 9 1-3 Angelica figura umìle e piana, cortese e saggia, veggio addovenire inver’ me fera crudele e villana F 87 13 Fa che n’ag‹g›iàn verace conoscenza   DM 35 8 aggio di ciò verace canoscenza Il sintagma è, oltre che qui, solo in un sonetto attribuito a Francesco da Barberino. F 191 5 Ché quella che facesse donagione DM 54 5 mi fé d’una ghirlanda donagione Francesismo che si registra in poesia solo qui e nella risposta di Cione Baglioni al sonetto 54 di Dante da Maiano, dunque come citazione del sonetto di proposta.

F 2 8 Sì ch’e’ convien che·ttu mi sie ubidente F 10 10 Perciò ch’e’ mi promise fermamente DM 6 4 perciò che tutto son vostro ubidente F 41 3 Ma vo’ che prendi me per tua ’ntendanza DM 8 4 intendi gioia de la mia intendanza F 72 2 Di ciò che·ssaggio amante far dovria DM 52 14 di ciò che lo meo core ama e disia F 79 12 Amor si cominciò a maravigliare DM 40 25 Amor mi fa sovente tormentare F 94 13 Che ’n ogne roba porta frutto e fiore DM 9 12 che ’n foco ardente vive lo meo core F 105 6 Verso de’ mie’, che son mastro divino DM 29 9 Da che procede, lasso, esto distino

F 138 3 Che sempre foste e siete pietosa DM 29 10 che sempre fui e son d’amor voglioso F 156 10 Né che ’l tu’ cuor tu metti in un sol loco DM 45 8 che lo meo cor prendesse in amar loco F 163 6 In un sol luogo ma dobbiàn pensare DM 15 13 in un sol punto lo porai sanare F 181 12 Ben so che voi avete un altr’amanza DM 15 1 Ben veggio Amore che la tua possanza F 205 1 Allor Bellacoglienza fu fermata DM 7 7 ‹I›dio oltreplagente t’ha formata F 207 6 Ché ’n ben guardar era molto invioso DM 29 13 ché ’n bene amar divèn l’om temoroso

Fiore - Dante, Inferno F 215 14 e dolzemente l’ebbe a salutare DM 22 6 e do lo core in signoria d’amare Fiore - Dante, Inferno F 103 11 molt’è il fatto mio a dir diverso Inf. 32 12 Sì che dal fatto il dir non sia diverso F 14 4 di non far grazia al meo domandamento Inf. II 79 tanto m’aggrada il tuo comandamento

DANTE DA MAIANO CONOSCEVA LA ROSE ? Roman de la Rose , v. 2960-2962 Nus n'a mal qui Amors n'essaie. Ne cuidiez pas que nus conoisse, S'il n'a amé, qu'est grant angoisse.   Fiore, 33 12-14 Non sa che mal si sia chi non asaggia Di quel d'Amor, ond'i' fu' quasi morto. Dante da Maiano, 35 1-2  Null'omo pò saver che sia doglienza, se non provando lo dolor d'amore;

DANTE, Vita Nuova A ciascun'alma presa e gentil core nel cui cospetto ven lo dir presente, in ciò che mi rescrivan suo parvente, salute in lor segnor, cioè Amore. Già eran quasi che atterzate l'ore del tempo che onne stella n'è lucente, quando m'apparve Amor subitamente, cui essenza membrar mi dà orrore. Allegro mi sembrava Amor tenendo meo core in mano, e ne le braccia avea madonna involta in un drappo dormendo. Poi la svegliava, e d'esto core ardendo lei paventosa umilmente pascea: appresso gir lo ne vedea piangendo.

Dante da Maiano a Dante Alaghieri per 47 Dante da Maiano a Dante Alaghieri per risposta del primo sonetto de la sua Vita Nuova   Di ciò che stato sei dimandatore, guardando ti rispondo brevemente, amico meo di poco canoscente, mostrandoti del ver lo suo sentore. Al tuo mistier così son parlatore: se san ti truovi e fermo de la mente, che lavi la tua coglia largamente, a ciò che stingua e passi lo vapore lo qual ti fa favoleggiar loquendo; e se gravato sei d'infertà rea, sol c'hai farneticato, sappie, intendo. Così riscritto el meo parer ti rendo; né cangio mai d'esta sentenza mea, fin che tua acqua al medico no stendo. DANTE, Inferno, XIV 31-39 Quali Alessandro in quelle parti calde d'Indïa vide sopra 'l süo stuolo fiamme cadere infino a terra salde; per ch'ei provide a scalpitar lo suolo con le sue schiere, acciò che lo vapore mei si stingueva mentre ch'era solo; tale scendeva l'etternale ardore; onde la rena s 'accendea, com'esca sotto focile, a doppiar lo dolore.