Il lavoro delle donne nel Novecento. Una nuova libertà?

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Transcript della presentazione:

Il lavoro delle donne nel Novecento. Una nuova libertà? 1800-1970

La rivoluzione industriale inglese E' stata la rivoluzione industriale inglese e la sua diffusione nel resto d'Europa, tra il 1780 e il 1830, a porre per la prima volta in primo piano il fenomeno del lavoro femminile. Il crescente processo di urbanizzazione e quello conseguente della migrazione dalle campagne verso le città comportarono l'accesso delle donne al lavoro in fabbrica a ritmi tanto crescenti da indurre poi alcuni commentatori a definire l'Ottocento come il “secolo dell’operaia”.

Situazione delle donne nell'800 Il ricorso sempre più frequente, nel corso del XIX secolo, alla manodopera femminile (e infantile) dipendeva in larga misura dal livello di salario che senza eccezioni era molto più basso di quello degli uomini. Nel settore tessile inglese, per esempio, già negli anni intorno al 1800 donne e bambini costituivano il 75% della manodopera impiegata. Un secolo dopo, in Italia, le donne erano la metà della manodopera industriale del paese. Una discriminazione che all'epoca appariva del tutto logica e perfettamente conforme al luogo comune dell’inferiorità femminile formulato da antropologi, ginecologi, studiosi di biologia evolutiva, economisti. Accanto a nuovi impieghi, come l'operaia appunto o la minatrice, continuarono a coesistere vecchi mestieri: contadine, governanti, sarte, ricamatrici. Per tante, per la maggior parte, una vita grama con nessuna prospettiva di promozione.

Prefemminismo e protofemminismo Fu per combattere questa povertà, lo sfruttamento e la condizione di dipendenza in cui la donna viveva rispetto all'uomo che mosse i primi passi il movimento delle donne. Esso non fu però all'inizio un vero e proprio movimento organizzato né, tanto meno, un movimento di massa. Inizialmente, soprattutto nella prima metà dell’800, prima cioè della nascita di vere e proprie associazioni, il femminismo si espresse attraverso la letteratura e la stampa (PREFEMMINISMO). Solo dopo la metà del secolo fece la sua comparsa l'esperienza delle donne filantrope (PROTOFEMMINISMO), per lo più provenienti dal ceti più alti, che, impegnate in attività caritatevoli nei confronti dei poveri, ebbero di modo di entrare direttamente in contatto con le dure condizioni di vita delle donne e dei bambini ovunque in Europa. Nacquero così asili, leghe anti alcool, gruppi che si occupavano delle carcerate, associazioni per l’istruzione familiare e popolare, ecc. Fu fondato l’”Esercito della salvezza”, una delle prime associazioni in cui i due sessi avevano uguali diritti.

La Nascita di un movimento sociale femminista I dibattiti e le esperienze maturati nei decenni precedenti portarono alla nascita, durante e dopo gli anni Sessanta, dei primi gruppi di donne organizzate: le donne britanniche cominciarono a raccogliersi intorno all’”English Woman’s Journal”, in Germania nel 1865 nacque l’”Associazione generale tedesca delle donne”, nel 1870 in Francia l’”Association pour le droit des femmes”, in Italia, a partire dagli anni Ottanta, comparvero molte leghe femminili. Nel 1888 nacque negli Stati Uniti il “National Council of Woman” e fra il 1892 e il 1918 le associazioni femministe europee, sul modello americano, cominciarono a riunirsi anch’esse in federazioni nazionali. Dalla complessa interazione di questo mondo, nacque il “movimento femminista” che si pose come obiettivo, sin dalle origini, un miglioramento economico, sociale, politico delle donne in modo da trasformare il rapporto esistente tra i sessi.

segue ll movimento non fu mai omogeneo: comune a tutti fu però il carattere “sociale” del movimento che concepiva la questione femminile come una questione sociale legata al più ampio problema del pauperismo. Inevitabile fu dunque il confronto costante ma anche molto contraddittorio con il movimento operaio: se nel 1848 sembrò che essi potessero incontrarsi nell’utopia di una generale liberazione umana (in Italia, per esempio, ancora nel 1900 la maggior parte delle femministe era socialista), via via che la classe operaia andò rafforzandosi, il movimento operaio prese le distanze dalle femministe definendole come subdole borghesi.

Gli obiettivi: In una prima fase il movimento femminista, si occupò soprattutto dunque di temi “sociali” come l’istruzione femminile, la possibilità di lavoro e di aumento dei salari delle donne, la riforma del diritto civile relativamente al rapporto di subordinazione in cui la moglie viveva rispetto al marito. Solo in un secondo momento l’interesse si ampliò a temi più politici e, in particolare, al diritto di voto. Ma anche il diritto di voto era concepito sempre come strumento per avviare basilari riforme sociali: leggi sulla sicurezza sociale per entrambi i sessi (assicurazione per la vecchiaia- sussidi per la disoccupazione-sussidi per le vedove di guerra); leggi relative alla protezione delle lavoratrici (divieto del lavoro notturno, limitazione delle ore di lavoro - 12! ore vengono fissate nel 1842 in Gran Bretagna, nel 1902 in Italia); leggi per l’assicurazione sociale delle madri, lavoratrici e non, che garantissero mezzi di sostentamento adeguati per le lavoratrici in gravidanza o in puerperio o per le madri bisognose

LA GRANDE GUERRA Nel luglio 1914 il movimento femminista, soprattutto in paesi come la Francia e la Gran Bretagna, era ormai un attore riconosciuto sia dal punto di vista sociale che politico. In Gran Bretagna, per fare un esempio, nel dibattito pubblico erano molto più frequenti temi legati alla questione femminile che a quella irlandese. Il 1914 avrebbe dunque potuto essere l’anno delle donne, fu invece quello della guerra e delle sue contraddittorie conseguenze sul mondo delle donne. L’idea che la Grande Guerra avesse emancipato la donna fu un luogo comune della letteratura e della politica sin dal 1919. In effetti le femministe si coinvolsero nel fervore operoso con cui si prodigarono tutte le donne nei vari paesi a favore della guerra. Quando, già nel 1915 si capì che la guerra sarebbe stata lunga, molte donne furono trasferite a lavorare nel settore industriale degli armamenti (industria pesante, chimica ed elettrica) assumendo per questo il nome di “munitionettes”.

segue La guerra rappresentò dunque per le donne un’esperienza senza precedenti di libertà e responsabilità. Cadde in disuso il vecchio e codificato uso del giorno di ricevimento, le gonne si accorciarono, il busto riposto per sempre nel fondo dei bauli, Gabriel Chanel disegnò i primi tailleurs con le sue stoffe di jersey. Per la prima volta nella sua storia, insomma, la donna si vide riconosciuto un ruolo po’ più autonomo di vita anche nella gestione delle responsabilità familiari. Ma il processo di emancipazione non era destinato a sopravvivere alla fine delle ostilità. Quando queste ci conclusero la smobilitazione femminile fu in tutti i paesi rapida e brusca,. Il senso di tutto ciò era da un lato dare nuova sicurezza a un’identità maschile destabilizzata da 4 anni di anonimato nei combattimenti, dall’altra cancellare la guerra e rispondere al profondo desiderio dei reduci di ripristinare il vecchio ordine delle cose. La fine dell’emergenza rivelava il carattere profondamente conservatore della guerra in materia di rapporto tra i sessi.

GLI ANNI VENTI Se il processo di emancipazione che la guerra aveva generato fu in larga parte riassorbito alla sua conclusione, non si può però ignorare che, in una prospettiva di più lungo periodo, l'espansione dell'attività lavorativa remunerativa non era più revocabile. Ciò che dal 1919 soprattutto cambiò fu la distribuzione delle lavoratrici nei vari settori. In Europa, inoltre, si cominciò molto a risentire del modello americano, una “Donna Nuova” dalla figura efebica, i capelli corti, le gonne al ginocchio che conquistava le strade, i caffè, i locali da ballo. Negli Stati Uniti la guerra stessa aveva portato a cambiamenti profondi in termini economici e all'avvio di una produzione di massa, che, veicolata attraverso l'informazione e il cinema, incise profondamente sulla società americana. La diffusione dell'istruzione superiore e universitaria favorì l’ingresso delle donne in ruoli più specializzati nel mondo del lavoro.

segue Sia negli Stati Uniti che in Europa, borghesi o proletarie che fossero, era quella degli anni Venti, per la prima volta, una generazione completamente diversa da quelle precedenti. Proprio negli anni Venti, inoltre, in molti paesi europei, tra cui la Gran Bretagna, la Germania, la Finlandia e l'Olanda, le donne cominciarono a entrare in Parlamento.

GLI ANNI TRENTA Il modello degli anni Venti, se produsse una spinta emancipatoria, si basò tuttavia su un’espansione economica continua determinata da una domanda di consumo sostenuta. Durante la Grande depressione i richiami reazionari che invitavano la donna a ritornare in casa – specialmente le donne sposate ad abbandonare il loro posto di lavoro – mostrarono quanto labile fosse l’aura di libertà e individualità che mascherava il ruolo imposto alla donna moderna sia negli Stati Uniti che in Europa. Con le debite differenze non solo fra i due continenti ma, all'interno di quello europeo, fra i paesi democratici e quelli in cui di andarono affermando regimi totalitari o autoritari, gli anni Trenta furono in genere caratterizzati da una nuova involuzione verso un modello di madre e casalinga che sembrava in parte smentire le conquiste ottenute sino ad allora dal movimento femminista.

LA SECONDA GUERRA MONDIALE Così come era accaduto nel 1914, lo scoppio della seconda guerra mondiale portò al lavoro nell'industriale bellica europea migliaia di donne che prima avevano svolto altre attività o che anche non erano mai state inserite nel mondo del lavoro. Di nuovo, la presenza delle donne si fece visibile in impieghi atipici tanto più che tra il 1941 e il 1943 sia in Germania che in Gran Bretagna che nel regime di Vichy venne introdotto l'obbligo di presentarsi al lavoro progressivamente esteso sino alle donne di 50 anni. Ma in tutti i paesi la mobilitazione coatta destò resistenze.

IL SECONDO DOPOGUERRA Secondo quell'andamento costantemente sinusoidale che caratterizza la storia delle donne a partire dall'''800, alla fine del conflitto, una volta ancora, le donne vennero relegate nella sfera privata della famiglia e dei figli. Ma anche in questo caso, come negli anni Venti, non fu una totale marcia indietro rispetto alla liberalizzazione che aveva caratterizzato gli anni della guerra. Fu solo però alla fine degli anni Sessanta che, grazie anche alle nuove possibilità di accesso all'istruzione superiore e alle università, il movimento delle donne si affermò in maniera impetuosa diventando, entro il 1975, un vero movimento di massa caratterizzato da una forte interazione a livello internazionale.

GLI ANNI SESSANTA E SETTANTA Nacquero ovunque centri femminili da cui sorsero, sullo stampo americano, gruppi di autocoscienza, consultori autogestiti, gruppi lesbo. Aborto, lavoro domestico retribuito, divorzio, contraccezione, furono alcuni dei temi più discussi in quegli anni. La parola d'ordine in quegli anni non fu più quella dell'uguaglianza per la quale tanto aveva combattuto il movimento femminista a cavallo dei due secoli, ma liberazione. Nuovi quesiti erano all'ordine del giorno: la maternità è un privilegio o una condanna? Il lavoro remunerato rende veramente libere?Era questa una domanda fondamentale visto che ormai il lavoro extradomestico era diventato una tendenza irreversibile grazie anche al diffondersi dei primi elettrodomestici, alla progressiva crescita dei redditi, alla diminuzione del divario tra salari maschili e femminili, alla diffusione dei primi impieghi part-time.

Primi simboli e Avanguardie

Altre immagini che si riferiscono alla battaglia delle donne per il riconoscimento dei diritti

Suffragette arrestate durante una manifestazione

La donna che lavora è comunque soggetta all’ironia di quanti continuano a sottolineare la sua come funzione principale quella sessuale