Analisi strutturale della filiera legno: debolezze, sinergie e proposte di valorizzazione Filippo Brun Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari.

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Analisi strutturale della filiera legno: debolezze, sinergie e proposte di valorizzazione Filippo Brun Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari - Università di Torino tel. 011 6708628 email: filippo.brun@unito.it Convegno “Acqua, legno, foreste, territorio: elementi comuni di un nuovo patto di sistema per le Comunità locali” Trento, Sala della Cooperazione Trentina, 13 Giugno 2012

Contenuti della relazione Analisi del settore foresta-legno La gestione attiva delle risorse forestali Azioni di promozione Alcune riflessioni conclusive

Il settore foresta-legno Sistema complesso: include attività e attori molto eterogenei Tradizionalmente: Gestione della risorsa bosco e arboricoltura da legno Utilizzazioni forestali Prima e seconda trasformazione Vanno ricondotti al sistema: Le intermediazioni commerciali La pubblica amministrazione (foreste, ambiente, bacini montani) La filiera legno-energia Il vivaismo I trasporti, le assicurazioni, il credito, la ricerca, la formazione e i numerosi servizi alle imprese e ai proprietari dei boschi Dovremmo poi estendere il sistema a: prodotti non legnosi, industria delle macchine, ...

Il settore origina filiere di grande rilievo Legno-Arredamento, 72’042 imprese con 381’835 addetti, fatturato di 32 miliardi di €, 38,3% esportato. Saldo commerciale 7,1 miliardi di €. Italia 2° esportatore mondiale (anno 2011, dati Cosmit-Federlegno, marzo 2012) Cellulosa e della carta, 83’600 addetti, produzione di 9,5Mt di carte e cartoni, consumo di legname nazionale di 520’000mc (1/3 del fabbisogno di fibre vergini- dati Mipaaf giugno, 2012) Commercio e l'indotto, fra cui l'industria delle macchine per la lavorazione del legno, 300 aziende, 12’000 addetti, fatturato complessivo di 2 miliardi di €, per l’80% esportato Bosco e arboricoltura da legno 50-100’000 addetti stabili ed una cifra non quantificabile ma elevata di stagionali e di occupati in nero In totale gli addetti del settore sono stimati fra 500 e 700’000 ed il contributo al PIL di tutti i comparti raggiunge il 4,5%

Consistenza dei boschi italiani L’estensione dei boschi italiani ha raggiunto il 35% della superficie territoriale, ed è in espansione da decenni La superficie è triplicata rispetto al 1920 e raddoppiata rispetto al 1950! L’inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio (INFC) stima al 2005 la superficie forestale totale in 10’673’583 ha Di questi: 8,8 Mha sono “boschi alti” composti per il 41,8% da cedui - al 90% maturi o stramaturi - e per il 35,1% da fustaie L’81,3% della superficie forestale è potenzialmente utilizzabile Sono circa 100’000 ha gli impianti di arboricoltura da legno fuori foresta, ed in particolare la pioppicoltura: pochi e in calo ma forniscono un terzo della produzione nazionale di legname da lavoro

I più recenti dati disponibili Fonte: ISTAT - Tavola F01A UTILIZZAZIONI LEGNOSE, Anno 2010 - IFNI 2005

Una sintesi per macro-aree La produzione di legname da opera 2,5 Mmc copre solo il 5% del consumo di legno, valutato intorno a 40–45 Mmc Forte sottoutilizzo: la media europea del prelievo è il 65% dell’accrescimento; in Italia è il 25% Si sale al 33% con le utilizzazioni di legna da ardere non censite Il risultato è il ricorso strutturale alle importazioni

Ci sono vantaggi nell’importazione? Tutto il settore primario italiano dipende fortemente dalle importazioni e ne trae grande vantaggio in termini di valore aggiunto prodotto. In campo forestale l’Italia importa due terzi del proprio fabbisogno da AUS, FRA, CH, GER ed è il 1° importatore mondiale di legna da ardere ed il 4° per il pellet. Si individuano due tipi di vantaggi negli scambi internazionali: Vantaggi assoluti quando la produttività di una nazione è maggiore di quella di un’altra: se per produrre un metro cubo di segato si impiegano meno risorse in Austria, è più conveniente importare che produrre…. Vantaggi comparati: quando il costo opportunità della produzione è più basso: se si può impiegare il proprio tempo in attività più convenienti che curare il bosco e tagliare il legname, conviene importare… Ma gestire un bosco non vuol dire solo produrre legname o segati E la sostenibilità non ammette importazioni illegali ….

La ricchezza potenziale dei boschi italiani Va considerata in termini di multifunzionalità essendo riduttivo considerare soltanto la funzione produttiva ed essendo fondamentale il contesto territoriale Anche per la progressiva perdita d’importanza della produzione di legname da lavoro l’attenzione dell’opinione pubblica e del legislatore si è spostata verso le funzioni non produttive Le foreste sono divenute lo strumento per raggiungere obiettivi di politiche diverse: agricola, rurale, ambientale e di contrasto ai cambiamenti climatici, difesa del territorio, montana, occupazionale, energetica, turistica, ecc.

La vera ricchezza sta in tutti i servizi garantiti dal bosco e nei suoi legami col territorio I prodotti legnosi rappresentano solo un terzo del valore economico totale delle foreste italiane. Gestire il bosco significa gestire il territorio e dare occupazione. Non gestirlo significa rinunciare colpevolmente a gran parte dei servizi. M. Merlo e L. Croitoru, (eds.) Valuing Mediterranean forests, CABI, 2005

Ma la multifunzionalità presuppone una gestione attiva La gestione attiva delle foreste richiede anche convenienza economica. Tutti concordano che debba essere sostenibile: ma la sostenibilità è tale se riguarda tutti gli aspetti: ambientale, sociale, economico e istituzionale L’economicità si è ridotta negli anni per effetto della diminuzione dei prezzi internazionali del legname e per l’aumento dei costi di utilizzazione In Italia poi tale quadro è ancora più critico per le insufficienti condizioni strutturali, dimensionali e organizzative In particolare preoccupa la ridotta dimensione della proprietà forestale: nostre stime dimostrano che la dimensione minima compatibile con la gestione è pari a 4-5’000 ha di boschi PRODUTTIVI

La ricerca della dimensione adeguata: una battaglia (persa) che dura dagli anni ‘20 Per i proprietari raggiungere un’adeguata dimensione fisica ed economica è molto complesso: o acquistano i boschi o si associano Ma l’associazionismo implica una adesione volontaria e questa normalmente non c’è, sia per ragioni culturali, sia per difficoltà oggettive: ad esempio molti proprietari non sono più rintracciabili Infatti le soluzioni coattive sono fallite da tempo come nel caso dell’art. 9 della legge sulla montagna (L.97/1994)

L’importanza del settore pubblico Tutta l’attività che ruota intorno alla gestione dipende largamente dall’intervento pubblico Il motivo è legato alla natura pubblica dei servizi prodotti, prevalentemente in un territorio fragile: in Italia è forte il legame bosco <-> montagna Le politiche per la gestione delle foreste sono essenzialmente politiche pubbliche di tutela: nessun significativo intervento gestionale da parte dei proprietari forestali può essere eseguito senza un’autorizzazione Per contro, l’intervento pubblico nei settori a valle della gestione forestale è molto meno incisivo

L’assenza di politiche di integrazione In alcuni settori si hanno “filiere integrate” quando gli attori delle diverse parti del ciclo di vita del prodotto sono integrati da contratti di filiera o da rapporti di interdipendenza A differenza di quanto accade per le filiere del settore agro-alimentare, ciò non avviene nel settore forestale Allo stesso modo sono molto rari gli esempi di integrazione multisettoriale come nel caso della gestione dei BIM In assenza di integrazione, la maggiore minaccia per i boschi italiani è oggi l’abbandono, fenomeno in crescita in parallelo all’espansione delle superfici agricole e pascolive non più coltivate e invase dai boschi. Abbandono che contraddistingue gran parte dell’economia montana

Numerosi piani Eppure la gestione attiva è l’obiettivo di numerosi documenti di politica forestale degli ultimi trent’anni, compreso Il Piano della filiera legno 2012-2014 del MIPAAF divulgato la settimana scorsa: incentivare la gestione attiva del patrimonio forestale nazionale valorizzandone la dimensione economica, ambientale e sociale, nel rispetto anche dei criteri di “gestione forestale sostenibile” definiti nelle conferenze MPCFE (oggi Forest Europe); valorizzare la multifunzionalità dei boschi come “produttori” di beni e servizi; migliorare qualitativamente e quantitativamente la risorsa forestale e il prodotto legno nazionale; migliorare l'efficienza e ridurre i costi delle utilizzazioni forestali; valorizzare e armonizzare la Filiera foresta-legno ed energia coordinandone le diverse componenti; creare occupazione locale; migliorare e coordinare le attività di ricerca, le politiche e gli investimenti

Le soluzioni non piovono dall’alto… Ogni 7 anni si attiva una nuova fase di programmazione comunitaria : oggi si stanno definendo i contenuti della prossima politica di sviluppo rurale per il periodo 2014-2020. Ci sono già al suo interno numerose proposte positive, spesso incentrate sugli aspetti ambientali e anche sull’integrazione suolo, acqua, foresta Ma si illude chi spera di trovare nel prossimo PSR la soluzione ai problemi strutturali delle foreste italiane, dato che molti Paesi europei hanno già provveduto in larga parte a risolvere i propri, mentre noi siamo fermi ad una legge quadro del 1923

Il ruolo del settore pubblico Il ruolo del pubblico va rivisto in un’ottica nuova e diversa : maggior orientamento al mercato valorizzazione economica della gestione sviluppo e sostegno all’imprenditorialità forestale valorizzazione di tutti i prodotti e servizi del bosco, legno compreso impiego di tutti gli strumenti a disposizione (non solo vincoli) Integrazione di tutte le risorse del territorio (pianificazione integrata) Coinvolgimento diretto degli attori economici locali (attraverso forme di sviluppo endogeno)

Occorre una soluzione di sistema Le difficoltà del settore primario non interessano direttamente i settori a valle, che trovano soluzioni più convenienti nel mercato arrivando anche a delocalizzare… La pubblica amministrazione deve migliorare la propria efficienza: riducendo i tempi di risposta, superando procedure tradizionali, adottando rapporti basati sulla fiducia e non sul sospetto Pubblico e privato devono allearsi per far fronte alle difficoltà descritte, esacerbate dalla lunga crisi economica Occorre integrare la gestione forestale con la gestione del territorio: acqua legno ed energia sono fondamentali risorse per le aree marginali e vanno gestite in sintonia

Azioni immediatamente possibili per favorire la gestione Promozione di forme contrattuali:“contratti tipo” fra proprietà e pubblica amministrazione: contratti di territorio, superamento della logica vincolistica (es. Francia); fra proprietà e gestore: contratti di gestione in conto terzi (pioppo), di compartecipazione; fra offerta e trasformazione: contratti di fornitura, contratti di vendita (legname allestito) Formazione, divulgazione, informazione e consulenza (inventari e statistiche, osservatori) Accorpamento dell’offerta (associazionismo, consorzi, aste di vendita, borsini del legno) Snellimento burocratico (pianificazione semplificata, procedure autorizzative, procedure di vendita)

Necessità di linee guida sovra regionali Tutte le azioni di rilancio (rianimazione) trovano la loro dimensione finanziaria e autorizzativa a livello regionale Ma si verificano marcate differenze tra le regioni Sono necessari momenti di coordinamento fra Regioni e fra Stato e Regioni per fissare i punti chiave degli interventi, orientandoli verso obiettivi comuni, coerenti sotto il profilo selvicolturale, economico, ecologico, paesaggistico O, perlomeno, le regioni maggiormente attive dovrebbero riunire i propri sforzi per esercitare una pressione comune

Molti vincoli, molte leggi, molti piani… alla base c’è un problema culturale Al di là dell’efficacia di piani non corredati dalle necessarie risorse…. Da un lato c’è l’incapacità di comunicazione del settore forestale e la mancanza di volontà di fare sistema con la gestione del territorio Dall’altro c’è l’integralismo verde, che trova le radici nei misfatti passati e attuali e considera il legno come il risultato dell’uccisione di esseri viventi e conseguente riduzione del patrimonio naturale dell’umanità

Un problema culturale si risolve informando E’ necessaria un’attività di informazione chiara, sincera, non episodica, che partendo dal concetto di risorsa rinnovabile: rimuova i luoghi comuni sfavorevoli all’impiego del legno e della carta spieghi che esistono forme di gestione dei boschi che ne garantiscono la continuità nel tempo spieghi che tali forme si possono certificare spieghi che la gestione del bosco è uno dei tasselli della gestione del territorio, come quella della fauna, dell’acqua ecc. e che occorre un coordinamento Non è così difficile definire la gestione sostenibile delle foreste se si parte dal suo contrario: l’abbandono

In conclusione … La valorizzazione del sistema “foresta legno” richiede la soluzione dei nodi strutturali I tentativi di “integrazione forzata” sono improponibili mentre è auspicabile la definizione di accordi contrattuali Per “far sistema” non sono tuttavia sufficienti né il mercato da solo né le politiche scollegate adottate sino ad oggi Sono al contrario necessarie strategie di valorizzazione che coinvolgano sia il pubblico che gli operatori privati Occorre maggiore consapevolezza dei valori del bosco, facendo conoscere ruolo e significato collettivo della gestione