La tolleranza immunitaria

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La tolleranza immunitaria Corso di Immunologia A.A. 2009-10 La tolleranza immunitaria

Cosa dovremmo conoscere alla fine di questa lezione Concetti e significato della tolleranza Fattori che determinano l’induzione della tolleranza Meccanismi di induzione della tolleranza Concetti di autoimmunità e malattie Scopo di questa lezione è illustrare i principali fenomeni della tolleranza immunologica inserendoli didatticamente in una serie di meccanismi cellulari e molecolari. In tal modo se ne faciliterà la comprensione sia in termini di fisiopatologia della risposta immunitaria che come sviluppo del repertorio immunologico e quindi dell'evoluzione della specie KEYWORDS: Tolleranza neonatale, antigene e induzione di tolleranza nell'adulto, genotipo ed idiotipo, agenti esogeni, anergia e competizione antigenica.

Introduzione (1) Una questione centrale dell'Immunolgia è come il sistema immunitario possa discriminare le molecole del proprio organismo da quelle di organismi (o microrganismi) estranei. Nelle lezioni precedenti sono state descritte le molecole ed i meccanismi che sono alla base di tale riconoscimento: in particolare sono state esaminate le molecole del MHC, le regioni variabili (o idiotipi) delle immunoglobuline e del recettore specifico per l'antigene del linfocita T (TCR), e sono state discusse le interazioni tra parti polimorfiche delle molecole MHC e le sequenze aminoacidiche che formano gli epitopi riconosciuti dal recettore T.

Introduzione (2) Queste conoscenze non solo sono essenziali per comprendere come il sistema immunitario possa essere tollerante verso i propri costituenti, ma hanno posto anche le basi per affrontare uno dei fenomeni più discussi dell'immunologia sperimentale: l'induzione specifica della non-risposta immunologica verso un determinato antigene.

Definition of tolerance Tolerance refers to an antigen induced specific Unresponsiveness Tolerance refers to the specific immunological non-reactivity to an antigen resulting from a previous exposure to the same antigen. While the most important form of tolerance is non-reactivity to self antigens, it is possible to induce tolerance to non-self antigens. When an antigen induces tolerance, it is termed tolerogen.

Introduzione (3) Quindi il termine "Tolleranza Immunologica" ha due significati che possono essere considerate due facce della stessa medaglia: il primo riguarda la non-risposta verso le proprie molecole; il secondo la non-risposta verso antigeni estranei. Mentre il primo è un meccanismo fisiologico che è alla base dello sviluppo del repertorio immunologico, il secondo è un fenomeno poliedrico dipendente da diverse variabili sperimentali, quali il genotipo dell'animale utilizzato, la forma, la dose e la via di somministrazione dell'antigene, etc.

Introduzione (4) Legate sperimentalmente alla tolleranza immunologica sono le osservazioni che la risposta immunitaria verso antigeni estranei e verso propri costituenti deve essere finemente regolata per evitare tutti quei fenomeni di ipersensibilità e di autoimmunità che sono alla base di moltissimi quadri patologici (immunopatologia). Per esempio, nel corso degli studi sulla tolleranza immunologica è stato osservato che alcuni stati di tolleranza potevano essere trasferiti mediante cellule e venne coniato il termine di "Tolleranza infettiva" e di linfociti T soppressori/regolatori. Quasi contemporaneamente, l'identificazioni degli idiotipi portò a considerare il sistema immunitario una rete di recettori specifici per gli antigeni tra linfociti B e linfociti T, e venne così formulata l'ipotesi che le interazioni tra idiotipi siano alla base della regolazione della risposta immune e della tolleranza verso i propri costituenti.

Induzione della tolleranza immunologica nel neonato Tolleranza neonatale   La Tolleranza neonatale, cioè la non-risposta immunologica verso antigeni venuti a contatto con il sistema immunitario prima della nascita, è un fenomeno osservato inizialmente da R. Owen (1945), descritto ed utilizzato da Burnet e Fenner nell'enunciazione della teoria della selezione clonale (1949), e dimostrato sperimentalmente come fenomeno di Tolleranza Immunologica da P. Medawar (1953).

Induction of tolerance an experiment of nature Dizygotic twins in cows The observations of a zoologist, Owen, that Dizygotic bovine twins could accept grafts from each other but their siblings from other pregnancies could not tolerate such grafts led Medawar to perform a series of experiments to induce tolerance in mice.

Le osservazioni di Owen R. Owen osservò che gemelli bovini non monozigoti possedevano nella vita adulta, a causa di un particolare sviluppo della placenta che permetteva il passaggio di sangue da un gemello all'altro nella vita embrionale, globuli rossi di ambedue i genotipi. Questa osservazione rappresentò un'importante elemento nella formulazione dell'ipotesi della teoria della selezione clonale di Burnet e Fenner. Alla base di questa teoria c'era l'assunto che il contatto di un antigene estraneo con il sistema immune durante il suo sviluppo causa l'eliminazione (delezione) del clone linfocitario specifico e quindi mancata risposta immunitaria.

Gli esperimenti di Medawar Questo assunto fu dimostrato sperimentalmente da P. Medawar utilizzando un approccio sperimentale di trapianto cutaneo, da lui messo a punto durante la II guerra mondiale quando questa metodologia veniva impiegata per proteggere i feriti con gravi ustioni. Questo esperimento, che fruttò nel 1960 a Burnet e Medawar il premio Nobel, dimostrò la possibilità di far accettare un trapianto cutaneo effettuato tra ceppi murini diversi purchè il topo trapiantato abbia ricevuto linfociti del donatore al momento della nascita (nel topo la periferizzazione linfocitaria avviene qualche giorno dopo la nascita: se lo stesso esperimento fosse stato compiuto nel cane l'esperimento avrebbe avuto un risultato negativo, cioè si sarebbe verificato il rigetto del trapianto di cute, in quanto nel cane la periferizzazione linfocitaria avviene prima della nascita).

Experimental induction of tolerance strain-A strain-B bone marrow

A white (Balb/c) mouse made tolerant to C57Bl (black) mouse tissues. The chimaeric mouse A white (Balb/c) mouse made tolerant to C57Bl (black) mouse tissues. Tolerance to tissue and cell antigens can be induced by injection of hemopoietic (stem) cells in neonatal or severely immuno-compromised (by lethal irradiation or drug treatment) animals. Also, grafting of thymus in early life results in tolerance to the donor type cells and tissues. Such animals are known as chimeras. These findings are of significant practical application in bone marrow grafting.

Factors affecting tolerance role of antigen Factors which affect response Favor immune response Favor tolerance Physical form of antigen Route of injection Dose of antigen Large, aggregated, complex molecules, properly processed Subcutaneous or intramuscular Optimal dose soluble, aggregate-free, simple small molecules, not processed Oral or, sometimes, intravenous Very large or very small dose

Factors affecting tolerance the role of host Factors that affect response Favor immune response Favor tolerance Age of responding animal Differentiation state of cells Fully differentiated; memory T & B cells Older, immuno-logically mature Newborn (mice), immuno-logically immature Relative undifferentiated B cell with only IgM, T cells in the thymic cortex

Induzione della tolleranza immunologica nell’adulto Tolleranza nell'adulto: forma dell’antigene; dose dell’antigene; via di somministrazione dell'antigene  

Forma dell’antigene (1) Ovviamente, l'esperimento di Medawar aprì la strada a numerosi altri tentativi di induzione della tolleranza immunologica non solo nell'animale neonato ma anche nell'animale adulto. Il sistema di tolleranza immunologica nell'animale adulto più studiato fu quello che utilizzava l'inoculo di gamma globuline bovine (BGG) nel topo valutando quindi la comparsa di anticorpi anti-gamma globuline. Tali anticorpi venivano puntualmente prodotti dai topi immunizzati a meno che non si usasse una preparazione di BGG a cui erano stati rimossi gli aggregati mediante ultracentrifugazione. In tal caso, non solo l'animale non sviluppava anticorpi verso BGG, ma non produceva anticorpi anti BGG anche se successivamente immunizzato con BGG aggregate (rispondevano normalmente a qualsiasi altro antigene di controllo).

Forma dell’antigene (2) Studi successivi hanno dimostrato che in questo tipo di tolleranza immunologica sia i linfociti B che linfociti T helper specifici sono resi tolleranti. Infatti, topi adulti irradiati e ricostituiti rispettivamente o con linfociti T di donatore normale + linfociti B di donatore pretrattato con gamma globuline umane (HGG) ultracentrifugate o con linfociti B normali + linfociti T di donatori tollerizzati non producono anticorpi anti-HGG se immunizzati con forme immunogene di HGG. Un altro esempio in cui la forma di antigene gioca un ruolo importante nella determinazione di tolleranza o immunità è fornito dall'aptene DNP che coniugato con il carrier polimero D-acido glutammico e D-lisina induce una risposta anticorpale anti-DNP, mentre lo stesso aptene coniugato alla forma sinistrorsa dello stesso polimero induce tolleranza immunologica.

Forma dell’antigene (3) Più recentemente la forma di antigene nell'induzione della tolleranza immunologica è stata studiata a livello clonale utilizzando peptidi sintetici. Peptidi sintetici dell'emoagglutinina del virus influenzale preincubati in assenza di macrofagi con cloni linfocitari T umani spefici per l'emoagglutinina influenzale inducono uno stato di tolleranza antigene specifico che dura in vitro per almeno 7 giorni, senza causare la morte del clone.

Dose dell’antigene Un altro sistema per indurre tolleranza immunolgica nell'animale adulto consite nell'inoculo di dose estremamente alte (sopraottimali) o basse (subottimali) di antigene. Fu osservato che la somministrazione di alte dosi di polisaccaride di pneumococco (100mg), ma non di dose intermedie (10mg), invece di indurre protezione verso l'infezione pneumococcica causava la morte dell'animale per un fenomeno di tolleranza che originariamente fu descritta come "paralisi immunologica". Ancora più interessante, fu l'osservazione che topi inoculati con varie dosi di albumina bovina si comportavano differentemente verso un'immunizzazione standard di albumina: animali pretrattati con alte e basse dosi risultavano specificamente tolleranti mentre dosi intermedie inducevano una risposta immune.

Via di somministrazione dell’antigene E' stato ampiamente dimostrato che l'aptene TNP somministrato per via percutanea o per via intradermica induce attivazione dei linfociti T e fenomeni di ipersensiblità ritardata, mentre se inoculato per via endovenosa induce una tolleranza specifica che dura per un lungo periodo di tempo. Ancora più interessante è il fenomeno che l'infezione tubercolare sperimentale effettuata per via intradermica induce attivazione dei linfociti T e protezione, mentre la stessa infezione effettuata per via endovenosa induce tolleranza.

Implicazioni Tutte queste variabili, cioè dose, forma e via di somministrazione dell'antigene, sono di indubbio interesse pratico nelle vaccinazioni, in cui è importante non indurre fenomeni di tolleranza ma di immunità. Benchè non si conoscano esattamente le basi molecolari di queste osservazioni, è probabile che le varianti sopra descritte portino ad una particolare presentazione antigenica favorente l'induzione di tolleranza: per esempio alte dosi di antigene, o antigene somministrato per via endovenosa o antigene in forma disaggregata potrebbero arrivare ai macrofagi in modo tale che non si abbia una corretta associazione con molecole di classe II

Tolleranza controllata dal genotipo e dall’idiotipo (1) Non tutti gli individui sviluppano una risposta immunitaria verso gli stessi antigeni, o più generalmente l'intensità di una risposta immune può variare sia qualitativamente che quantitativamente da individuo ad individuo. Tale variabilità genetica nell'induzione della risposta immunitaria è stata particolarmente studiata nei vari ceppi di topi ed è risultata essere in stretto rapporto con il MHC. Originariamente i geni che controllavano l'induzione della risposta immune (e l'attivazione di linfociti T helper) furono chiamati Ir (immune response) e la loro scoperta fruttò il premio Nobel a B. Benacerraf (1974).

Tolleranza controllata dal genotipo e dall’idiotipo (2) Analogamente i geni che mediavano la soppressione (e l'attivazione dei linfociti T soppressori) vennero chiamati Is (immune suppression). Solo successivamente i geni Ir e Is furono identificati con i geni di classe II (e classe I) del MHC. Poichè la presentazione antigenica contempla la processazione dell'antigene e l'associazione dei relativi frammenti peptidici (epitopi) alla parte polimorfica delle molecole di classe II del MHC ne deriva che l'espressione di alcuni alleli può determinare l'associazione con alcuni peptidi e quindi l'induzione di risposta immune verso i relativi antigeni, mentre l'assenza di alleli in grado di legare particolare peptidi determina l'assenza della risposta immune verso un determinato antigene.

Tolleranza controllata dal genotipo e dall’idiotipo (3) La molecola lisozima di pollo, per esempio, non induce una risposta immune nei topi con genotipo H-2d mentre induce la risposta in topi con genotipo H-2K. Risultati analoghi sono stati osservati immmunizzando diversi ceppi di topi con molte altre proteine. Tale fenomeno è ovviamente presente anche nell'uomo in cui determina la suscettibilità o la resistenza a varie malattie sia infettive che autoimmuni.

Tolleranza controllata dal genotipo e dall’idiotipo (4) Come è stato illustrato nella lezione della rete idiotipica, nel 1974 Jerne propose l'idea che il sistema immune sia regolato da una rete di interazione idiotipo-anti-idiotipo. Tali tipi di interazioni riguardano gli idiotipi espressi sia sui recettori immunoglobulinici dei linfociti B che sui recettori per l'antigene dei linfociti T. Assunto di tale ipotesi è che i linfociti idiotipo-specifici siano attivamente regolati così come deve avvenire per linfociti antigeni-specifici. In tal modo, la regolazione idiotipica è un meccanismo di tolleranza immunologica. Un buon esempio di tolleranza immunologica alla cui base vi è una regolazione idiotipica mediata da linfociti T è il fenomeno "veto". Con tale termine si intende la proprietà di linfociti T di sopprimere (sembra permanentemente) la risposta verso recettori specifici. Il meccanismo 'veto" è stato dimostrato essere operante nell'eliminazione di linfociti T reattivi verso le proprie molecole MHC.

Tolleranza indotta da agenti esogeni (1) La somministrazione contemporanea di farmaci alchilanti che bloccano la sintesi di DNA (ciclofosfamide) o di farmaci in grado di interferire con la normale trascrizione di mRNA (cicloporina) o agenti fisici (quale l'irradiamento con dosi non letali) inducono uno stato di tolleranza immunologica che al contrario di quelli appena descritti possiede una minore specificità. Per l'induzione di questo tipo di tolleranza è essenziale che l'antigene sia somministrato al momento stesso della somministrazione del farmaco o dell'irradiamento. Questo in quanto il segnale antigenico deve trovare il clone linfocitario specifico in grado di non rispondere con la sintesi di nuovo DNA o nRNA.

Tolleranza indotta da agenti esogeni (2) Ovviamente, l'immunizzazione con un antigene non correlato a quello utilizzato insieme al farmaco induce una normale risposta immune. Queste sostanze ed in particolare la ciclosporina vengono utilizzate frequentemente nel controllo dei trapianti (o nelle malattie autoimmuni) permettendo l'instaurarsi di una tolleranza immunologica in grado di mantenersi per diverso tempo anche in assenza di farmaco

Anergia immunologica e competizione antigenica (1) Con il termine di anergia immunologica si intende invece uno stato di soppressione aspecifica (ottenibile anche con dosi più alte delle medesime sostanze descritte nel paragrafo precedente) dovuta ad una distruzione ampia del sistema immunitario. In tal caso la gran parte o tutti i cloni linfocitari saranno interessati e la risposta immune risulterà depressa verso tutti gli stimoli antigenici e mitogeni. L'anergia immunologica si può osservare frequentemente nel corso di numerose infezioni batteriche (per esempio la tubercolosi), virali (AIDS) e parassitarie (leishmaniosi) cosi come durante carenze nutrizionali o sviluppo di tumori.

Anergia immunologica e competizione antigenica (2) Ovviamente, i meccanismi che sono alla base di tali forme di anergia sono diversi ma il risultato unico il medesimo, cioè una estrema facilità alle infezioni verso microrganismi normalmente poco patogeni e presenti diffusamente nell'ambiente. Il termine competizione antigenica è riferito ad uno stato di soppressione non specifica verso un secondo antigene in un animale immunizzato subito prima con un antigene diverso. Tale fenomeno è importante da tener presente nelle vaccinazioni.

Immunologic features of tolerance It is an antigen-induced, active process Like immunologic memory, it is antigen specific Like immunologic memory, it can exist in B cells, T cells or both Like immunologic memory, its easier to induce and lasts longer in T cells than in B cell Induction of tolerance is very similar to induction of an immune response. Tolerance is different from non-specific immunosuppression, and immunodeficiency. It is an active antigen dependent process in response to the antigen. Like immune response tolerance is specific and like immunological memory, it can exist in T-cell, B cells or both and like immunological memory, tolerance at the T cell level is longer lasting than tolerance at the B cell level.

Mechanism of tolerance induction Clonal deletion Thymus: negative selection Bone marrow: IgM+, IgD- B cells encountering self antigen Clonal anergy Lack of co-stimulatory(B7) molecules Exposure to large amounts of antigen Improper antigen presentation Lack of antigenic stimulus Receptor editing Anti-idiotype antibodies Suppressor T cells

Clonal deletion: negative selection in the thymus Functionally immature cells of a clone encountering antigen undergo a programmed cell death. For example, auto-reactive T-cell are eliminated in the thymus following interaction with self antigen during their differentiation (negative selection).

Negative selection of B cells in bone marrow Clonal deletion has been shown to occur also in the periphery. B cells expressing only IgM (no IgD) on their surface when exposed to self antigen are eliminated.

Clonal anergy in T cells Auto-reactive T cells when exposed to antigenic peptides that do not possess co-stimulatory molecules (B7-1 or B7-2) become anergic to the antigen

Clonal anergy in B cells Also, B cells when exposed to large amounts of soluble antigen down regulate their surface IgM and become anergic and short lived. These cells also up regulate Fas molecules on their surface. An interaction of these B cells with Fas-ligand bearing cells result in their death via apoptosis.

Tolerance due to lack of helper T cells Clonal ignorance: T cells reactive to self antigen not represented in the thymus will mature and migrate to the periphery, but they may never encounter the appropriate antigen because it is sequestered in inaccessible tissues. Such cells may die out for lack of stimulus. Auto-reactive B cells that escape deletion may not find the antigen or the specific helper T-cells and hence not be activated and die out.

Receptor editing among B cells B cells which encounter large amounts of soluble antigen, as they do in the body, and bind to this antigen with very low affinity become activated to re-express their RAG1 and RAG2 genes. These gene cause them to undergo gene recombination and change their specificity.

Anti-idiotype antibody in tolerance Anti-idiotype antibody: Anti‑idiotype antibodies produced experimentally have been demonstrated to inhibit immune response to specific antigens. Anti-idiotype antibodies are produced during the process of tolerization and such antibodies have been demonstrated in tolerant animals. These antibodies prevent the receptor from combining with antigen. Suppressor cells: Both low and high doses of antigen may induce suppressor T cells which can specifically suppress immune responses of both B and T cells.

Breakdown of tolerance Immunosuppression Lack of antigen during differentiation of new clones Lack of antigen exposure As above Cross reactive antigens Termination of tolerance: Experimentally induced tolerance can be terminated by prolonged absence of exposure to the tolerogen, by treatments which severely damage the immune system (x‑irradiation) or by immunization with cross reactive antigens. These observations are of significance in the conceptualization of autoimmune diseases.

Meccanismi cellulari e molecolari della tolleranza e della regolazione periferica della risposta immunitaria Come abbiamo visto, la tolleranza immunologica è un fenomeno complesso e poliedrico causato e dipendente da numerosissimi fattori. Tuttavia, tre sono i meccanismi essenziali su cui è possibile far convergere tutte le forme di tolleranze immunologiche descritte: deficit della presentazione antigenica; attivazioni di linfociti T soppressori/regolatori; assenza di un clone linfocitario nel repertorio immunologico.

Deficit della presentazione antigenica (1) Questo meccanismo di tolleranza immunologica è, almeno in parte, alla base della tolleranza genotipicamente controllata e a quelle forme di tolleranza immunologica indotte nell'adulto. Il difetto delle cellule che devono presentare l'antigene può consistere in: - assenza genetica di molecole di classe II del MHC in grado di associare determinati epitopi (tolleranza genetica). Un'assenza fenotipica dell'espressione di molecole MHC può causare la tolleranza immunologica: ciò si è osservato applicando l'aptene chimico TNP sulla cute della coda di topi le cui cellule sono estremamente povere in molecole di classe II. In tal caso si sviluppa una tolleranza immunologica specifica verso il TNP.

Deficiti della presentazione antigenica (2) - deficit della produzione di IL-1 e di altre molecole importanti nell'attivazione dei linfociti T (tolleranza indotta da farmaci e radiazioni). Topi trattati con radiazioni ultraviolette e quindi immunizzati con TNP somministrato per via percutanea sviluppano una tolleranza specifica. - blocco della presentazione antigenica per "ingolfo" delle cellule presentanti e conseguente alterazione della membrana e dei lisosomi (dosi e vie di somministrazione dell'antigene, anergia immunologica e competizione antigenica).

Attivazione linfociti T soppressori/regolatori (1) E' stata dimostrata in molti modelli di animali adulti resi tolleranti verso antigeni esogeni la presenza di linfociti T in grado di inibire la normale induzione della risposta immunitaria quando trasferiti in animali normali. Descritto originariamente come fenomeno di "tolleranza infettiva" da R. Gershon (1974), i linfociti T soppressori/regolatori sono stati principalmente studiati nell'animale. La loro attivazione è sotto controllo dei geni MHC (originariamente si parlò di geni Is) ed in particolare è stata messa in diretto rapporto alla capacità di particolari aplotipi di MHC di associare in maniera selettiva epitopi "soppressori" di proteine tollerogene per un determinato ceppo murino. La tolleranza verso il lisozima, il citrocromo c, e la mioglobina sono esempi di tolleranza geneticamente controllate dovute anche all'attivazione di linfociti T soppressori. In ognuna di queste proteine è stato possibile identificare epitopi helper ed epitopi soppressori, che associandosi ai determinati polimorfici delle molecole di classe II del MHC determinano il tipo di risposta.

Attivazione linfociti T soppressori (2) Altri linfociti T soppressori/regolatori possono riconoscere idiotipi associati a molecole di classe II ed in questo caso la loro attivazione sarà idiotipo-specifica. Infine, lifociti T soppressori possono essere attivati policlonalmente da prodotti microbici, ed in questo caso la soppressione risulterà aspecifica. Il meccanismo d'azione dei linfociti T soppressori/regolatori non è completamente noto e può essere diverso se consideriamo i linfociti T soppressori/regolatori antigene-, idiotipo- o non-specifici. Tuttavia, si è recentemente osservato che molti linfociti T soppressori inibiscono la produzione di IL-2 e/o l'espressione del recettore per IL-2.

Attivazione linfociti T soppressori (3) L'attivazione di linfociti T soppressori/regolatori è direttamente correlata, in diversi casi, allo sviluppo di malattie e al diverso andamento delle infezioni. Una carenza congenita o acquisita di Ts/r (per esempio causata da infezioni virali) può essere responsabile dei fenomeni di autoimmunità. Al contrario, una iperattività dei Ts/r può essere responsabile di alcuni stati di immunodeficienze. Per quanto riguarda l'andamento delle infezioni croniche, l'attivazione di T s/r specifici per antigeni del Micobatterio della lebbra sono responsabili della forma lepromatosa di infezione, particolarmente invasiva ed accompagnata da una scarsa risposta immunitaria verso antigeni micobatterici e conseguentemente dalla presenza di numerosi bacilli nelle lesioni. Al contrario, la forma tubercoloide di lebbra è caratterizzata da iperattivazione dei linfociti T helper e da una imponente risposta immunitaria che causa fenomeni di ipersensibilità e danno tissutale ma assenza di bacilli nelle lesioni.

Assenza di un clone linfocitario dal repertorio immunologico (1) La teoria della delezione clonale di Burnet e l'esperimento di Medawar sulla tolleranza neonatale rappresentano la nascita dell'immunologia come scienza moderna. Tuttavia, l'identificazione dei meccanismi molecolari che sono alla base della selezione ed eventuale delezione di un clone e quindi della tolleranza verso i propri costituenti è avvenuta molto recentemente e molti aspetti non sono anora noti. E' ormai noto che la specificità del recettore per l'antigene del linfocita T è determinata dagli amminoacidi dell'epitopo e delle molecole MHC. La parte polimorfica di tali molecole è particolarmente importante sia per la sua associazione con gli epitopi che per il legame con il recettore del linfocit T.

Tolleranza e sviluppo del repertorio immunologico Sviluppo intra-timico del repertorio immunologico Tolleranza verso antigeni propri come pressione selettiva nell'evoluzione della specie

Sviluppo intra-timico del repertorio immunologico (1) Lo sviluppo del repertorio immunologico del linfocita T avviene in almeno due modi: prima si sviluppano linfociti T immaturi che riarrangiano random su informazione genetica il dimero recettoriale alpha-beta: solo i linfociti il cui recettore ha sufficiente affinità per proprie moleole MHC vengono positivamente selezionati (selezione positiva); successivamente, per ottenere un repertorio tollerante verso i propri antigeni, i linfociti T che sono reattivi verso molecole proprie associate a molecole MHC vengono eliminate (selezione negativa).

Sviluppo intra-timico del repertorio immunologico (2) Evidenze dirette di questa selezione negativa sono state recentemente ottenute nel sistema M1s-2. Questo antigene è espresso in alcuni ceppi di topi e la sua associazione con MHC induce la delezione di linfociti T che esprimono un recettore con un particolare riarrangiamento nella regione variabile V. della catena b (Vb 3). Al contrario, i ceppi murini che mancano dell'antigene M1s-2 sviluppano linfociti T Vb 3+. Simili osservazioni sono state fatte con altri antigeni propri e diverse regioni variabili della catena b (17a, 8.1, 6). Quindi la regola è che i linfociti T sviluppano il loro repertorio recettoriale elimando tutti cloni il cui riarrangiamento in Vb porta a riconoscimento di molecole proprie associate al proprio MHC. Se nella vita adulta il sistema immunitario di questi animali si troverà a confronto con antigeni (per esempio microbici) che richiedono un particolare riarrangiamento nella regione Vb che è stato deleto ecco che tale "buco nel repertorio" è responsabile della tolleranza immunologica.

Tolleranza verso antigeni propri come pressione selettiva nell'evoluzione della specie (1) Il concetto della selezione negativa apre alcune considerazioni sul motivo per cui gli alleli del MHC che si associano a molecole proprie (e che quindi portano ad una delezione di alcuni cloni con consegente restringimento del repertorio immunologico) sono mantenuti nella popolazione nel corso dell'evoluzione. In altre parole: perchè la pressione evolutiva favorisce lo sviluppo di ceppi murini che hanno deleto una parte del loro repertorio T confronto a ceppi murini che, in assenza di delezione, avrebbero potuto avere un repertorio immunologico più espanso? La risposta a questo interrogativo è nello sviluppo di malattie autoimmuni che è stato osservato essere dovuta alla comparsa di cloni anti-self ristretti per un dato riarrangiamento in Vb.

Tolleranza verso antigeni propri come pressione selettiva nell'evoluzione della specie (1) Quindi, la delezione di cloni autoreattivi rappresenta un sistema positivo di pressione evolutiva. Ne consegue che la tolleranza immunologica è un momento centrale della nostra evoluzione così come lo è la capacità del sistema immunitario a rispondere verso antigeni esogeni. La pressione evolutiva faciliterà lo sviluppo solo di individui, all'interno di una specie, in grado di sviluppare un sistema immmune "equilibrato", cioè che elimini la maggior parte di cloni reattivi senza eliminare i cloni potenzialmente necessari per permettere la sua sopravvivenza in un ambiente popolato da centinaia di micoroganismi ed antigeni patogeni.

Conclusioni - Lo sviluppo intratimico del repertorio immunologico dei linfociti T è dettato dalla tolleranza immunologica, cioè dalla delezione di cloni specifici per antigeni propri associati alle proprie molecole MHC. - La tolleranza genetica è dovuta all'assenza in un determinato aplotipo di una zona polimorfica del proprio MHC in grado di legare l'epitopo (i) T presente in un antigene. - La tolleranza immunologica geneticamente non controllata è dovuta il più delle volte ad un difetto di processazione e presentazione antigenica (deficit di espressione di molecole MHC, di IL-1, di fagocitosi, etc.). - Linfociti T soppressori (antigene-specifici, idiotipo-specifici e non specifici) inducono e/o mantengono uno stato di tolleranza indotta anche con altri meccanismi.