L’inquinamento indoor

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Transcript della presentazione:

L’inquinamento indoor Il problema dell’inquinamento prodotto dalle industrie nell’ambiente esterno è stato oggetto di studi e ricerche già dagli anni ’50. I risultati hanno permesso di attivare interventi da parte dei vari Stati e di formulare leggi specifiche per proteggere la popolazione. La normativa riguardante la qualità dell’aria degli ambienti interni è invece più tardiva. I primi studi risalgono agli anni ’70, quando vi furono alcuni casi di malattie polmonari, alcune letali, in edifici con impianti di condizionamento. Nella nostra società si trascorre fino al 90% del proprio tempo in luoghi chiusi ed il 30-40% di questo si passa nei luoghi di lavoro. Esistono quindi fondati sospetti che siano maggiori i rischi sanitari associabili all’inquinamento interno, rispetto all’inquinamento esterno: si pensa che il 40% delle assenze da lavoro per malattia sia dovuto a problemi di qualità dell’aria interna degli uffici .

Le fonti di inquinamento degli ambienti confinati La qualità dell’aria negli ambienti interni dipende da molteplici fattori: sorgenti inquinanti esterne: provenienti dall’atmosfera, dalle acque o dal suolo; attività umane: generano inquinamento dovuto ai normali processi metabolici, agli animali domestici, al fumo di tabacco, alla cottura dei cibi, all’uso di detersivi e detergenti vari;      inquinamento prodotto dall’ambiente fisico interno: emissione da parte dei materiali da costruzione e degli arredi; inquinamento derivante da sistemi impiantistici di condizionamento dell’aria, di combustione e dalle diverse apparecchiature, sia domestiche che per l’ufficio.

Fonti di inquinamento nelle abitazioni, nei locali lavorativi, sui mezzi di trasporto

G Ital Med Lav Erg 2004; 26:4, 353-363, “Qualità dell’aria indoor e medicina del lavoro, ieri e oggi” M. Maroni, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Sezione Ospedale Sacco, Università degli Studi di Milano. controllo ambientale

Controllo ambientale inquinamento benessere radioattivo temperatura biologico velocità aria chimico umidità fisico attività

Valori guida internazionali e unità di misura per la qualità dell’aria degli ambienti interni   Nel 1987, l’organizzazione internazionale WHO (World Health Organization) pubblicò delle linee guida e dei valori limite di soglia per singoli agenti nell’aria degli ambienti interni (WHO, 1987). In particolare determinò le linee guida ed i fattori di rischio (cancerogeno od altro) per circa 25 elementi, in base anche al tempo di esposizione alla sostanza. Nel 1989, l’ASHRAE, nella normativa statunitense ASHRAE 62-1989, definì l’aria accettabile quando “non siano riscontrabili sostanze inquinanti in concentrazioni pericolose ed in cui la grande maggioranza, 80% o più delle persone presenti, si trovi nelle condizioni di soddisfazione” (ASHRAE, 1996). La qualità dell’aria degli ambienti interni può, perciò essere misurata considerando l’aria dei locali o il livello di soddisfazione degli occupanti.

Nel 1996, il CEN (CEN, 1996) stabilì i valori soglia per i luoghi di lavoro, cinema, teatri ed altri locali ricreativi dove la permanenza non supera le otto ore al giorno e gli occupanti sono adulti in buona salute. I valori soglia, relativamente alti, sono definiti dalla concentrazione massima ammissibile: concentrazione che può essere superata se il periodo occupazione del locale è minore di otto ore. Il CEN stabilì, inoltre, i valori soglia per gli ambienti domestici o residenziali, dove gli occupanti sono anche bambini, anziani, malati e la permanenza arriva alle 24 ore al giorno. I valori soglia, inferiori a quelli degli ambienti ricreativi e dei locali lavorativi dove la permanenza non supera le otto ore giornaliere, sono definiti dalla concentrazione interna accettabile: concentrazione alla quale non si osservano effetti negativi sull’uomo, ovvero questi effetti sono trascurabili. CEN, 1996

IBE (Indici Biologici di Esposizione) Dalla metà degli anni ‘70, negli Stati Uniti, l’ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists) cominciò a pubblicare per gli ambienti industriali Valori Limite di Soglia - TLV (“Threshold Limit Value”) per sostanze chimiche ed agenti fisici e gli IBE (Indici Biologici di Esposizione) L’ACGIH, i cui valori sono ripresi in toto dall’AIDII (Associazione Italiana Degli Igienisti Industriali), prevede tre categorie di Valori Limite di Soglia – TLV (AIDII, 1997; ACGIH, 2002), riportate nella tabella

Confronto delle linee guida e degli standard proposti per gli ambienti interni dalla WHO per l’Europa e dall’ACGIH per gli USA, nel 1996

ASHRAE 62-1989

Una panoramica sulla normativa italiana Dal 1956, la normativa italiana si occupò di tutelare la salubrità negli ambienti lavorativi, con il DPR 303/56. In realtà, però, solo con il D.Lgs. 626/94, e successive integrazioni e modifiche (soprattutto il D.Lgs. 25/2000), si fece effettivamente un discorso organico sugli inquinanti chimici negli ambienti lavorativi, le relative concentrazioni e patologie, considerando inoltre, in modo efficace, gli aspetti sanzionatori per il datore di lavoro inadempiente. Per quanto riguarda i valori limite degli inquinanti degli ambienti lavorativi, solo con il recentissimo Decreto Ministeriale del 26 febbraio 2004, «Definizione di una prima lista di valori limite indicativi di esposizione professionale agli agenti chimici», sono state rese oggetto di norma delle precise concentrazioni limite d’inquinanti. Le normative precedenti, invece, hanno sempre fatto riferimento agli studi, aggiornati in itinere, delle associazioni internazionali ed italiane esperte in tale campo, come l’ACGIH e l’AIDII, senza però stabilire esplicitamente le concentrazioni limite degli inquinanti.

Breve panoramica legislativa Ø Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, «Norme generali per l'igiene del lavoro». (Pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1956, n. 105). Ø Legge 11 novembre 1975, n. 584 «Divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di trasporto pubblico». (Pubblicata su G.U. n.322., 5 dicembre 1975). Ø Decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, «Attuazione delle direttive 80/1107/CEE, 82/605/CEE, 83/477/CEE, 86/188/CEE e 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell’art.7 della legge 30 luglio 1990, n.212» (S.O. n. 53, alla G.U. n. 200 del 27 agosto 1991). Ø Decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, «Attuazione della direttiva 89/686/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di protezione individuale» (S.O. alla G.U. n. 289 del 9 dicembre 1992). Ø Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e successive integrazioni e modifiche (D.Lgs. 242/96 e seguenti) «Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CE e 1999/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro». (S. O. n. 141 alla G.U. 12 novembre 1994, n. 265). Ø Decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro. (S.O. n. 9 alla G.U. n. 21 del 26 gennaio 1995). Ø Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 dicembre 1995, «Divieto di fumo in determinati locali della pubblica amministrazione o dei gestori di servizi pubblici». (Pubblicata su G.U. n.11 del 15 gennaio 1996). Ø Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 1997, «Atto di indirizzo e coordinamento recante criteri generali per l’individuazione degli organi operanti nella materia della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro». Ø Decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 66, «Attuazione delle direttive 97/42/CE e 1999/38/CE, che modificano la direttiva 90/394/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro». (Pubblicato su G.U. n. 70 del 24 marzo 2000). Ø Decreto legislativo 2 febbraio 2002, n. 25, «Attuazione della direttiva 98/24/CE sulla protezione della salute dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro». (Pubblicato su S.O. n. 40 alla G.U. n. 57 del 8 marzo 2002). Ø Legge 16 gennaio 2003, n. 3 e successive integrazioni e modifiche (L. 306/2003 e seguenti) «Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione». Ø Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 dicembre 2003, «Attuazione dell’art. 51, comma 2 della Legge del 16 gennaio 203, n.3, come modificato dall’art.7 7 della legge 21 ottobre 2003, n. 306 in materia di tutela della salute dei non fumatori». Ø Decreto Ministeriale del 26 febbraio 2004, «Definizione di una prima lista di valori limite indicativi di esposizione professionale agli agenti chimici». (Pubblicato su G.U. n. 54 del 10 marzo 2004).

Molti, infatti, sono gli standard emanati dalle varie organizzazioni Nel redigere questo elaborato, la difficoltà maggiore è stata reperire delle linee guida relative alle 8 ore lavorative. Molti, infatti, sono gli standard emanati dalle varie organizzazioni WHO, ACGIH, ASHRAE, European Concerted Action, AIDII per gli inquinanti dell'ambiente interno. Generalmente, però, i tempi di esposizione considerati sono molto diversi tra loro (dai secondi, all'ora, alla giornata, all'anno) e risulta difficile fare confronti tra i valori proposti e reperire informazioni sulle 8 ore lavorative che non siano dell'ACGIH (solo recentemente anche la CE ha iniziato a definire delle concentrazioni limite).

Alcuni esempi di applicazione delle normative e delle linee guida

nei locali controllati (cleanrooms) Le normative internazionali per il monitoraggio dell’inquinamento fisico (polveri) nei locali controllati (cleanrooms) LA NORMA ISO 14644 EC GMP (Good Manufacturing Practice for medicinal products) American Federal Standard FS209

Il particolato atmosferico (polveri) è il principale veicolo di trasporto dagli agenti biologici (carica microbica) (per >0,5 mm) (“L’abbigliamento in cleanroom”, P. Lodigiani, ASCCA News Gennaio/Marzo n°1- 2005). A tal proposito le “LINEE GUIDA PER LA DEFINIZIONE DEGLI STANDARD DI SICUREZZA E DI IGIENE AMBIENTALE DEI REPARTI OPERATORI” ISPESL 1999 e la normativa europea ISO 14644 definiscono necessario eseguire una procedura di validazione di una cleanroom al momento della consegna e collaudo, nonché un controllo periodico almeno semestrale per la classe ISO5 ed almeno annuale per la classe ISO7 della concentrazione delle polveri.

L a classe 7 per altri (chirurgia generale, urologia) LA NORMA ISO 14644 La ISO 14644-1 suddivide le cleanrooms in classi secondo la massima concentrazione di polveri ammessa. E’ richiesta: la classe 5 per interventi puliti (es. neurochirurgia,ortopedia, trapianti, cardiochirurgia, chirurgia vascolare…) L a classe 7 per altri (chirurgia generale, urologia) La protezione da agenti biologici nel reparto operatorio R.Lombardi,P. Castellano,A.Olori,G.Spagnoli Dipartimento Igiene del Lavoro, Centro Ricerche ISPESL ViaFontana Candida 1,00040 Monte Porzio Catone (Roma)

(Good Manufacturing Practice for medicinal products) EC GMP (Good Manufacturing Practice for medicinal products)

American Federal Standard FS209

confronto tra le varie normative

La prassi da seguire (EU) ISO 14644-2 Monitoraggi opzionali e tempistica

Massima concentrazione ammessa MISURA DELLA CLASSE Stati di occupazione As built: installazione completa e funzionante ma senza attrezzature, materiali e personale. At rest: installazione completa e attrezzature funzionanti ma senza personale. Operating: installazione completa, attrezzatura funzionanti e completo di personale operante. Massima concentrazione ammessa Cn massima concentrazione ammessa (part./m3) (max 3 cifre significative) N numero di classificazione ISO (minimo incremento consentito 0,1) D dimensione della particella considerata (µm) 0,1 costante (µm) 2,08 costante Nella determinazione della classe ISO è necessario indicare: Lo stato di occupazione Il numero di classificazione Le dimensioni delle particelle considerate nella gamma compresa tra 0,1mm e 5 mm (D2 >1,5x D1)

CAMPIONAMENTO ed ANALISI Il numero minimo (m) dei punti di campionamento: radice quadrata dell’area. (uniformemente distribuiti e all’altezza del piano di lavoro). Il volume minimo per ciascun punto di campionamento è dato: Vs = (20/Cn) x 1000 (almeno 2 litri; tempo minimo di campionamento di 1 min). Se 1<(num.punti)<10 è necessario calcolare: media generale dei valori medi Scarto tipo 95esimo percentile Valore medio dei campionamenti nel punto i 1. LSC=limite superiore di confidenza t0,95= parametro dipendente da m 2. 3.

EC-GMP (Good Manufacturing Practice for mecinal products) Recovery time EC-GMP (Good Manufacturing Practice for mecinal products) tempo necessario per passare dalla condizione “operational” alla condizione “at rest”. Esso dovrebbe essere ci circa 15-20 min. ISO 14644-3 tempo necessario per passare da uno stato iniziale ad uno finale il cui rapporto della concentrazione delle particelle è di 100:1. Non fissa nessun limite al tempo. Questo parametro non è tanto importante per il valore ma che rimanga invariato nel tempo a testimonianza della corretta gestione dell’impianto, sia per quanto riguarda le caratteristiche di ventilazione (portata, pressione, efficienza di filtrazione), che delle operazioni di pulizia degli ambienti (corretta asportazione anche del particolato fine depositato sulle pareti, pavimenti e suppellettili, nonché dell’utilizzo di detergenti/sanificanti che non lasciano deposito solido). Sarebbe opportuno, quindi, eseguire questo test per lo meno semestralmente ed ogni qual volta avvengano variazioni architettoniche, variazioni della geometria dei sistemi di ventilazione, variazioni delle apparecchiature di processo. Tale test deve essere eseguito come indicato nella norma tecnica ISO 14644 - 3. (Lombardi)

Inquinamento biologico Nell’aria ambiente sono presenti diversi microrganismi aerodispersi, i quali vengono aerotrasportati e diffusi da polvere o particelle sospese nell’aria. I microrganismi immessi nell’aria provengono principalmente dall’uomo, soprattutto dal tratto respiratorio per effetto della tosse o/e dei starnuti; essi vengono veicolati dall’aria trasportati su particelle di polvere, in goccioline che rimangono sospese per breve periodo oppure in nuclei di goccioline, formate a loro volta dall’evaporazione di piccole goccioline. Le particelle veicolanti microrganismi sono grandi, presentano un diametro di circa 15 micron e possono essere scaglie epidermiche, frammenti di peli oppure goccioline dette di Pfuegge. Il controllo microbiologico dell’aria consente di verificare il grado di contaminazione microbiologica e di adeguarsi alle GMP-FDA e GMP-ECC, su cui si basano i sistemi di qualità dell’industria farmaceutica.

Inquinanti biologici nei locali lavorativi_italia L’attenzione al rischio microbiologico, cominciò ad essere oggetto di normativa europea nel 1990, con la direttiva 90/679/CEE. In Italia, nel 1994, il D.Lgs. 626/94, recepì tale norma europea, richiedendo la valutazione del rischio biologico da esposizione generica a microinquinanti. ______________ “LINEE GUIDA PER LA DEFINIZIONE DEGLI STANDARD DI SICUREZZA E DI IGIENE AMBIENTALE DEI REPARTI OPERATORI” ISPESL 1999

Metodo di campionamento IMA INDICE DI CONTAMINAZIONE MICROBIOLOGICA DELL’ ARIA standard da seguire Piastra: 1 m da terra Durata esposizione: 1 ora Terreno di coltura: PCA Agar T e durata incubazione: 37°C per 48 ore Il numero delle UFC trovate è l’ indice IMA

Classi IMA 1 0 - 5 2 6 - 25 3 26 - 50 4 51 - 75 5 › 76 OTTIMA CLASSE IMA INDICE IGIENE ARIA GRUPPO A RISCHIO ESEMPIO DI UTILIZZO 1 0 - 5 OTTIMA MOLTO ALTO ULTRA CLEAN ROOM IMPIANTI E TRAPIANTI 2 6 - 25 BUONA ALTO -OPERAZIONI ASETTICHE -REPARTO INTENSIVO -PICCOLA CHIRURGIA 3 26 - 50 MEDIOCRE MEDIO - AMBIENTI CON PARTICOLARE RILEVANZA D’ IGIENE AMBIENTALE 4 51 - 75 CATTIVA BASSO - AMBIENTI SENZA PARTICOLARE RILEVANZA D’ IGIENE AMBIENTALE 5 › 76 PESSIMA NULLO - ALTRI AMBIENTI

Metodi di campionamento monitoraggio aria I metodi adottati per il controllo microbiologico dell’aria ambientale si basano sui seguenti campionamenti: CAMPIONAMENTO PASSIVO CAMPIONAMENTO ATTIVO

CAMPIONAMENTO PASSIVO impiego di piastre Petri di sedimentazione. Viene tolto il coperchio della capsula Petri contenente il terreno di coltura agarizzato sterile, in modo che la superficie dell’agar rimanga esposta all’aria per un tempo definito. Al termine si richiude la piastra e si procede all’incubazione a 37°C per 48 ore e a 25° C per altre 24 ore. Si conta il numero di colonie cresciute, ciascuna delle quali rappresenta una particella trasportante microrganismi caduta sulla superficie dell’agar. I risultati vengono espressi nell’ unità di misura: UFC (=Unità Formante Colonia)/m2/ora (oppure anche UFC/dm2/ ora). Candida albicans

CAMPIONAMENTO ATTIVO attraverso l’uso di una apparecchiatura “SAS Surface Air System” portatile una quantità misurata di aria è aspirata in un coperchio sotto il quale è collocata una capsula petri contenente terreno agarizzato. Le piastre Petri vengono incubate a 37°C per 48 ore e a 25° C per altre 24 ore. Le colonie cresciute sulla superficie dell’agar vengono contate e i risultati espressi in UFC/m3 in rapporto al volume d’aria aspirato ed analizzato.

CONTAMINAZIONE MICROBIOLOGICA VALORI DI NORMATIVA Raccomandazioni ISPESL – strumento di misura SAS A sala operatoria “at rest” ≤ 35 CFU/m3 - A sala operatoria “in operation” ≤ 180 CFU/m3 Flusso turbolento ≤ 20 CFU/m3 Flusso laminare

Interdisciplinarietà di LaRIA Controllo ambientale inquinamento benessere radioattivo temperatura biologico velocità aria chimico umidità fisico attività Interdisciplinarietà di LaRIA