STRUTTURA DELL’ATOMO Prof.GPaterna
LA TEORIA ATOMICA DI DALTON Lo studioso inglese J.Dalton all'inizio del XIX secolo, attraverso l'ingegnosa interpretazione delle leggi fondamentali della chimica a quel tempo note (la legge della conservazione della massa e la legge delle proporzioni definite), alle quali aggiunse quella da lui stesso formulata (la legge delle proporzioni multiple) arrivó alla conclusione che la materia é discontinua cioè formata da particelle. Sulla base di queste tre leggi Dalton nel 1803 formuló la prima teoria atomica della materia. Tale teoria puó essere cosí schematizzata: La materia non é continua, ma é composta da particelle che non possono essere ulteriormente divisibili né trasformabili, gli atomi; Gli atomi di un particolare elemento sono tutti uguali tra loro e hanno la stessa massa; Gli atomi di elementi diversi hanno massa e proprietà differenti; Le reazioni chimiche avvengono tra atomi interi e non tra frazioni di essi; In una reazione chimica tra due o piú elementi gli atomi, pur conservando la propria identità , si combinano secondo rapporti definiti dando luogo a composti.
La carica elettrica Nel VII secolo a.C. venne per la prima volta osservata, o almeno ne vennero trascritte le osservazioni a riguardo, la proprietà dell’ambra, dell’ebanite e di altri materiali che, strofinati con un panno di lana, acquistano il potere di attirare corpuscoli leggeri come pagliuzze, pezzetti di carta, ecc. Dalle osservazioni svolte sui materiali elettrizzati per strofinio possiamo dedurre quanto segue: 1) In natura esistono due tipi di materiali, quelli che si elettrizzano per strofinio e gli altri; chiameremo i primi isolanti ed i secondi conduttori. 2)L’insieme dei materiali isolanti si divide a sua volta in due specie: quelli che si comportano come il vetro e quelli che si comportano come la bachelite. 3)Tra due elementi elettrizzati della stessa specie, come il vetro o la bachelite, si manifesta sempre una forza che tende a farli allontanare tra loro (forza repulsiva) bachelite
4)Tra due elementi di due specie diverse, ad esempio uno di vetro e l’altro di bachelite, si manifesta sempre una forza che tende a farli avvicinare (forza attrattiva). Come possiamo spiegare tutto questo? Possiamo spiegare questi effetti supponendo che la forza elettrica si eserciti tra alcuni oggetti, che chiamiamo particelle. Non tutte le particelle risentono però della forza elettrica: quelle che ne risentono le chiameremo elettricamente cariche, le altre elettricamente neutre. Dai fatti sperimentali si deduce che esistono due tipi di cariche elettriche, una legata all’ebanite e l’altra al vetro. Chiameremo positiva la carica che compare sulla superficie delle sostanze tipo vetro quando vengono elettrizzate, e negativa l’altra. Risulta quindi che particelle con carica dello stesso segno si respingono, mentre particelle con cariche di segno diverso si attraggono. vetro bachelite
questa forza è tanto più intensa quanto più le cariche sono vicine. Come si spiega allora, che solo strofinando alcuni oggetti si elettrizzano? Questo avviene poiché nella materia, prima dell’azione di strofinamento, ci sono tante particelle cariche negativamente, quante cariche positivamente e quindi la materia appare come neutra. Strofinando il vetro, ad esempio, alcune cariche elettriche negative gli vengono strappate e rimangono sul panno di lana. Per questo il vetro si carica positivamente e si attrae con il panno. Nel caso della bachelite, invece, la lana rilascia alcuni elettroni caricandola quindi negativamente elettrone e protone hanno carica elettrica uguale, ma di segno opposto, per questo sono necessari un ugual numero dell’uno e dell’altro per avere l’atomo elettricamente neutro. La forza elettrica tra due cariche può essere espressa dalla legge di Coulomb: questa forza è tanto più intensa quanto più le cariche sono vicine. dove c è una costante, q1 e q2 sono le cariche, r è la distanza tra le cariche ed r^ è la direzione della forza.
JJ. THOMSON Fisico inglese che nel 1830 scopre l’elettrone. anodo c atodo Fisico inglese che nel 1830 scopre l’elettrone. Joseph John Thomson osservò che in un tubo con neon con all’estremità due elettrodi collegati ad un generatore si produce una scarica elettrica proveniente dal catodo. Questi raggi catodici dovevano essere costituiti da particelle di carica negativa ovvero gli elettroni.
Il tubo di vetro sotto vuoto (pressione interna pari a 10-3 atm) conteneva due placche metalliche. Una placca era collegata al polo positivo di un generatore elettrico (anodo) mentre l’altra era collegata al polo negativo (Catodo) La radiazione proveniente dal catodo (raggi catodici) producevano una fluorescenza verdastra dietro l’anodo. Con altri esperimenti è stato possibile dimostrare che: I raggi catodici sono formati da particelle cariche negativamente chiamate elettroni Cambiando il metallo del catodo si ottengono sempre fasci di elettroni QUINDI GLI ATOMI DI TUTTI GLI ELEMENTI CONTENGONO LE STESSE PARTICELLE NEGATIVE CHIAMATE ELETTRONI
GOLDSTEIN anodo catodo 1886 Dopo la scoperta degli elettroni usando apparecchiature simili furono individuate particelle che venivano attratte dal catodo. Da queste osservazioni Goldstein scoprì i raggi anodici o canale, chiamati poi da Rutherford “protoni”. In effetti pare che il protone sia stato scoperto da Rutherford nel 1911 durante la sua famosa esperienza della lamina d’oro anche se era stato ipotizzato precedentemente dl Goldstein.
Anche gli esperimenti sulle cariche positive furono condotti in tubi contenenti gas a bassissima pressione. Alla fine Goldestein scoprì che: Le masse delle particelle positive erano diverse a secondo del gas contenuto nel tubo La massa della particella positiva più piccola veniva rilevata quando il tubo conteneva idrogeno Le masse delle altre particelle positive erano multiple della massa dell’idrogeno I raggi anodici erano particelle positive che si muovevano verso il polo negativo e provenivano dal gas rarefatto contenuto dal tubo e non dalla placca metallica. I gas contenuti nel tubo e bombardati dagli elettroni, perdevano elettroni e si trasformavano in frammenti positivi dell’atomo
Modello Atomico di Thomson Thomson (1897) propose un primo modello di atomo, per così dire “pieno” + + + + + In questo modello la carica positiva è concentrata in una sfera centrale mentre gli elettroni sono poggiati sopra un po’ come “l’uvetta sul panettone”(PUDDING) + +
RUTHERFORD (He++) Nel 1911 Lord Rutherford ipotizzò che l’atomo(mondo microscopico) potesse avere una struttura simile al sistema solare(mondo macroscopico).Egli verificò la sua ipotesi con questo famoso esperimento.
I grandi angoli di deflessione delle paricelle alfa si potevano spiegare solo ideando un nuovo modello atomico. Lo fece nel 1911 Ernest Rutherford, il quale assunse che gli atomi fossero dotati di un nucleo centrale in cui risiede quasi tutta la sua materia. Nonostante avesse introdotto il concetto rivoluzionario e corretto di nucleo, il modello di Rutherford risultò insoddisfacente sotto diversi punti di vista. Non giustificava per esempio la stabilità degli atomi.infatti dalla fisica classica (elettromagnetismo)una carica elettrica che si muove di moto circolare tende ad perdere energia e attirato dalla carica elettrica positiva, a cadere sul nucleo emettendo radiazioni continue(di tutte le lunghezze d’onda.L’atomo invece nella realtà è stabile ed emette solo determinate lunghezze d’onda.
Critiche dal mondo scientifico Applicando, come già si è detto, le leggi dell'elettromagnetismo al modello planetario di Rutherford, l'elettrone, muovendosi di moto non rettilineo ed uniforme, avrebbe dovuto irradiare energia e, seguendo un percorso a spirale, cadere sul nucleo. L'atomo quindi, in teoria, non solo avrebbe dovuto essere instabile, ma anche emettere radiazioni di tutte le lunghezze d'onda (quindi formare uno spettro continuo), corrispondenti alle infinite posizioni occupate dall'elettrone nella sua traiettoria a spirale verso il nucleo. L'atomo invece, nella realtà, è stabile ed emette solo alcune radiazioni di determinate lunghezze d'onda, come si può osservare dallo spettro di emissione a righe. Il modello di Rutherford era quindi in contrasto sia con le leggi della fisica note a quel tempo (quelle che in seguito verranno chiamate "classiche"), sia con i dati sperimentali.
Nel 1913 il fisico danese Niels Bohr si prefisse l'obiettivo di modificare il modello atomico di Rutherford per eliminarne l'aspetto contraddittorio. Egli inizialmente accettò per buona l'idea del nucleo centrale con gli elettroni esterni, proposto da Rutherford, anche perché quel modello era il risultato di un fatto sperimentale inconfutabile. Poi però vi apportò delle modifiche sostanziali avvalendosi della teoria dei quanti di Planck. Bohr affrontò il problema nella sua forma più elementare: la costruzione del modello dell'atomo dell'idrogeno. Scelse l'idrogeno sia perché si trattava dell'atomo più semplice di tutti (un nucleo centrale con carica positiva con un unico elettrone che gli gira intorno), sia perché lo spettro di quell'elemento si presentava anch'esso in forma molto semplice, con pochissime righe ben distanziate fra loro.
Studiando l’atomo di idrogeno, concepì un modello capace di conciliare il concetto di nucleo con stabilità degli atomi. Secondo il modello di Bohr, non tutte le orbite circolari sono permesse. Gli elettroni possono muoversi solo su quelle che hanno una distanza dal nucleo ben definita. Questo meccanismo proposto da Bohr era in grado di spiegare le caratteristiche principali delle righe spettrali dell’atomo di idrogeno e questo fatto contribuì al successo del modello.
L’ELETTRONE E’ SIMILE AD UN FOTONE LA LUCE E’ COSTITUITA DA UN INSIEME DI PARTICELLE CHIAMATE FOTONI CHE TRASPORTANO ENERGIA E SONO RESPONSABILI DELL’EMISSIONE DEGLI ELETTRONI DALLE SUPERFICIE METALLICHE COLPITE E=hν
Spettro continuo
LA LUCE SE PROIETTIAMO SU UNO SCHERMO UN FASCIO DI LUCE SOLARE DIFFRATTA DA UN PRISMA, VEDIAMO SULLO SCHERMO CHE I RAGGI DIFFRATTI EVIDENZIANO TUTTI I COLORI DELL’IRIDE, SI PUO’ DIRE CHE LA LUCE SOLARE DA UNO SPETTRO CONTINUO. QUESTO FENOMENO SI PUO’ VEDERE ANCHE PER TUTTI I CORPI SOLIDI PORTATI ALL’INCANDESCENZA. PER I GAS RAREFATTI INVECE SI OSSERVANO SPETTRI A RIGHE DISCONTINUI.
Spettro atomo d’idrogeno Gas ad alta temperatura emettono spettri a righe (discontinui). Ogni elemento chimico emette uno spettro a righe diverso. Quello mostrato e’ lo spettro del gas rarefatto Idrogeno le righe che si vedono sono quelle che cadono nella zona del visibile (400-700 nm)
MODELLO ATOMICO DI BOHR N. BOHR PENSO’ CHE L’EMISSIONE DI LUCE DA PARTE DEGLI ATOMI DIPENDEVA DAGLI ELETTRONI CHE RUOTAVANO ATTORNO AL NUCLEO. L’ELETTRONE PERCORRE SOLO DETERMINATE ORBITE CIRCOLARI. LA SUA ENERGIA PUO’ AUMENTARE O DIMINUIRE SOLO PER QUANTITA’ BEN PRECISE, SE ACQUISTA ENERGIA SALTA VERSO UN’ORBITA PIU’ ESTERNA, SE CEDE ENERGIA SALTA VERSO UN’ORBITA PIU’ INTERNA..
Il modello di Bohr Un elettrone su orbita quantizzata non emette energia. Un elettrone può cambiare orbita emettendo o assorbendo un quanto con energia pari alla differenza fra le energie dei livelli. Quando l’elettrone cade su un livello di energia inferiore l’atomo emette una luce caratteristica e la luce emessa compare nello spettro. e- +
RIEPILOGO DEI MODELLI ATOMICI MODELLI ATOMICO DI THOMSON DETTO “A PUDDING” 1911 Gli elettroni ruotavano in qualunque orbita. 1913 1897 Gli elettroni,ruotavano in delle orbite ben definite(quantizzate)
MODELLO ATOMICO DI BOHR ELETTRONI 1 4 L’ELETTRONE TORNERA’ AD UN LIVELLO ENERGETICO PIU’ BASSO (STATO STAZIONARIO) E L’ATOMO EMETTERA UNA RADIAZIONE CARATTERISTICA: UNA RIGA NELLO SPETTRO . PERCORRONO SOLO DETERMINATE ORBITE CIRCOLARI DETTE STAZIONARIE 2 SONO PERMESSE SOLO ALCUNE ORBITE CHE POSSIEDONO DETERMINATE ENERGIE SI DICE CHE SONO QUANTIZZATE 3 SE FORNIAMO ENERGIA AGLI ATOMI GLI ELETTRONI SALTERANNO SU UN’ORBITA CHE AVRA’ UN LIVELLO ENERGETICO PIU’ ALTO (STATO ECCITATO)
Gli elettroni sono distribuiti intorno al nucleo in strati sferici concentrici e situati a varie distanze da esso. nucleo - Questi strati sono detti anche orbite o livelli energetici e rappresentano l’energia degli elettroni. Più gli elettroni sono distanti, maggiore è la loro energia.
I livelli energetici sono definiti da un numero quantico principale “n”espresso da numeri interi progressivi (1, 2, 3, …) o con delle lettere (k, l, m, …), iniziando dal livello a energia più bassa cioè quello più vicino al nucleo. Per gli elementi noti sono stati individuati fino a 7 livelli energetici, ma teoricamente il loro numero è infinito.
Numero massimo elettroni in un’orbita = 2n2 Niels Bohr scoprì anche che ogni orbita poteva contenere un numero massimo di elettroni secondo la relazione: Numero massimo elettroni in un’orbita = 2n2 dove n rappresenta il livello energetico Livello energetico Numero massimo di elettroni 1 K 2 * 12 = 2 2 L 2 * 22 = 8 3 M 2 * 32 = 18 4 N 2 * 42 = 32 5 O 2 * 52 = 50 6 P 2 * 62 = 72 7 Q 2 * 72 = 98 In realtà questa relazione è valida solo per i primi 4 livelli energetici
Per atomi con più elettroni che si influenzano reciprocamente Il modello atomico di Bohr risultò valido solo per spiegare il comportamento dell’idrogeno che ha un unico elettrone; risultò insufficiente. Nel 1915 Sommerfeld ampliò il modello atomico di Bohr aggiungendo alle orbite circolari altre orbite quantizzate ellittiche nelle quali il nucleo occupa uno dei due fuochi Le orbite ellittiche di Sommerfeld resero necessaria l’introduzione di un altro numero quantico: il numero quantico secondario l che determina la forma dell’orbita descritta dall’elettrone Studi successivi portarono all’introduzione del numero quantico magnetico m e del numero quantico di spin s.
Nel 1932 fu scoperto il neutrone per cui si pervenne presto ad un modello dell'atomo completo, in cui al centro vi è il nucleo composto di protoni positivi e neutroni ed attorno vi ruotano gli elettroni. Ma anche l'idea di come gli elettroni ruotano attorno al nucleo venne profondamente modificata alla luce delle scoperte della meccanica quantistica. Fu abbandonato il concetto di orbita e fu introdotto il concetto di orbitale.
PROTONE 1,67265 X 10-27 1,0072 +1 NEUTRONE 1,67495 X 10-27 1,0086 0 MASSA MASSA CARICA (Kg) (U.M.A.) ELETTRICA (convenzionale) PROTONE 1,67265 X 10-27 1,0072 +1 NEUTRONE 1,67495 X 10-27 1,0086 0 ELETTRONE 9.1094 X 10-31 0,000 -1 U.M.A. = UNITA’ DI MASSA ATOMICA = 1,66 X 10-27Kg 1/12 della massa assoluta(1.99x10-26Kg) del carbonio 12
Quark presenti nei protoni e nei neutroni 2 up e un down.Il collante tra i protoni all’interno del nucleo è dovuto alla forza nucleare forte(i gluoni svolgono questa azione tra i quark ).La forza fu ipotizzata da Enrico Fermi. Anche nei neutroni sono presenti tre quark;ma 2 down e un up.
Per un elettrone , con massa molto piccola, l’alto valore di velocità gioca un ruolo molto importante per spiegarne il comportamento. Date, quindi, le velocità prossima a quelle della luce, degli elettroni , non è possibile determinarne con esattezza, contemporaneamente posizione e velocità(principio di indeterminazione di Heisemberg),è possibile invece determinare la probabilità di trovare l’elettrone in una certa regione dello spazio(orbitale).
RIEPILOGO DEI MODELLI ATOMICI 1911 1926 MODELLI ATOMICO DI THOMSON DETTO “A PUDDING” 1913 1897
I numeri quantici Tutte le caratteristiche degli orbitali sono definite da quattro numeri quantici: Numero quantico principale (n), specifica il livello energetico di un elettrone nell’atomo; Numero quantico secondario (l) o angolare o azimutale, indica la forma dell’orbitale in cui si trova un elettrone (s, p, d, f); Numero quantico magnetico (m), specifica l’orientamento dell’orbitale;numero orbitali per tipo. Numero quantico magnetico di spin (ms), indica il verso di rotazione dell’elettrone in un orbitale.
Valori assunti dai numeri quantici (1 7) l (0 n-1) m (-l +l) ms (-1/2; +1/2)
n numero quantico principale - Al crescere di n, crescono le dimensioni dell’orbitale. - All'aumentare di n, aumenta E degli orbitali, finché per n= ¥, E=0; l'elettrone non è più legato al nucleo.
Orbitale s ha una forma sferica; la nuvola elettronica diviene meno densa man mano che la distanza dal nucleo aumenta; maggiore è l’energia dell’orbitale s, maggiore è il diametro della sfera.
Orbitale p sono presenti tre orbitali p per ogni livello energetico, orientati lungo 3 assi perpendicolari; la forma è data da due lobi posti ai lati opposti del nucleo; i due lobi sono separati da un piano, detto nodale; gli elettroni non si trovano mai sul piano nodale.
Orbitale d la forma è più complicata degli orbitali s e p; sono presenti cinque orbitali d per ogni livello energetico; quattro di essi hanno 4 lobi, il quinto è differente; gli elettroni non si trovano mai sui 2 piani nodali.
Orbitale f la forma è più complicata degli orbitali s, p e d; sono presenti sette orbitali f per ogni livello energetico; quattro di essi hanno 8 lobi, gli altri tre hanno 2 lobi e 1 anello; gli elettroni non si trovano mai sui 3 piani nodali.
ms numero quantico magnetico di spin ms può assumere solo due valori: + ½ se ruota in senso antiorario; - ½ se ruota in senso orario.
Configurazione elettronica Electronic structure Ogni atomo e, quindi, ogni elemento è caratterizzato da una specifica disposizione degli elettroni nei suoi livelli e sottolivelli energetici(ORBITALI). Tale distribuzione prende il nome di configurazione elettronica dell’atomo. Il procedimento ideale di riempimento degli orbitali avviene seguendo tre principi o criteri operativi: 1) l’”aufbau prinzip” (il principio della costruzione a strati o principio di minima energia): ogni elettrone occupa l'orbitale disponibile a energia più bassa.
Un altro modo per esprimerlo è: 2) Il Principio di esclusione di Pauli: Non è possibile che più di due elettroni occupino il medesimo orbitale. Quando lo fanno, i loro spin devono appaiarsi (cioè devono essere antiparalleli). Un altro modo per esprimerlo è: Nessun atomo può contenere due elettroni che abbiano tutti e quattro i numeri quantici uguali (almeno ms deve essere diverso).
3) La Regola di Hund: Quando vi sono uno o più orbitali disponibili appartenenti allo stesso sottolivello (cioè che hanno la stessa l ma m differente), gli elettroni si dispongono in modo da occuparli, per quanto possibile, singolarmente.
3 orbitali p (l = 1; m = -1; 0; +1) 6 e- Orbitale vuoto / empty orbital Orbitale semipieno / half full (empty) orbital Orbitale pieno / full orbital 1 orbitale s (l = 0; m = 0) 2 e- 3 orbitali p (l = 1; m = -1; 0; +1) 6 e- 5 orbitali d (l = 2; m = -2; -1; 0; +1; +2) 10 e- 7 orbitali f (l = 3; m = -3; -2; -1; 0; +1; +2; +3) 14 e-
(2n2) n = 1 2 1s n = 2 8 2s 2p 6 n = 3 18 3s 3p 3d 10 orbitali N° e- N° max e- (2n2) orbitali N° e- N° tot. e- n = 1 2 1s n = 2 8 2s 2p 6 n = 3 18 3s 3p 3d 10
Es. Ca Z = 20 ENERGIA ORBITALI s Ca 1s22s22p63s23p64s2 , [Ar]4s2 8 e- d f n = 1 n = 2 n = 3 n = 4 Es. Ca Z = 20 Ca 1s22s22p63s23p64s2 , [Ar]4s2 2 e- 8 e-