Gabriele D’Annunzio Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera d’arte. Bisogna che la vita d’un uomo d’intelletto sia opera di lui. La superiorità.

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Gabriele D’Annunzio Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera d’arte. Bisogna che la vita d’un uomo d’intelletto sia opera di lui. La superiorità vera è tutta qui. Da Il piacere

D’Annunzio cronista mondano Nasce a Pescara nel 1863. Alla facoltà di Lettere dell'Università di Roma non giunge alla laurea (solo nel 1919 consegue la "honoris causa"). Allo studio preferisce la vita mondana della capitale, dove vive da gaudente, frequentando i salotti più rinomati, i circoli letterari e le redazioni dei giornali e delle riviste. Con pseudonimi vari (famoso il Duca minimo) è collaboratore de "La Tribuna ". del "Fanfulla della Domenica”, del "Capitan Fracassa ", della "Cronaca bizantina", del "Convito". Nel 1883 rapisce e sposa Maria Hardouin, duchessina di Gallese, dalla quale poi si separa, passando ad altri amori.

Gli anni 1895-1909 Momenti salienti della sua vita sono il viaggio in Grecia sul panfilo "Fantasia" di Edoardo Scarfoglio, la relazione amorosa con l'attrice Eleonora Duse, il soggiorno in Toscana, presso Firenze, nella villa detta "La Capponcina. Sedeva in Parlamento sui banchi della Destra, ma al tempo dell'ostruzionismo della Sinistra contro le leggi repressive del Governo Pelloux, passò clamorosamente all'estrema sinistra dicendo che andava verso la vita. Alla Capponcina come un signore del Rinascimento, si circonda di belle donne, armi, cavalli e servi, conduce una vita sfarzosa di raffinato gaudente, ma senza pagare i debiti che via via contrae.

Gli anni 1910-1918 Per evitare i fastidi dei creditori lascia l'Italia in "volontario" esilio per la Francia (Bordeaux). Con le Canzoni delle gesta d’oltremare appoggia l’impresa libica (1911). Lavora per il cinema approntando le didascalie per il kolossal Cabiria (1913). Allo scoppio della grande guerra, torna in Italia (1914), pronuncia orazioni interventiste (1915) e partecipa al conflitto, compiendo (1917-18) numerose azioni di valore, tra cui la "Beffa di Bùccari" e il volo dimostrativo su Vienna.

La Beffa di Buccari "La Beffa di Bùccari”: un attacco condotto da tre torpediniere italiane, al comando di Costanzo Ciano e Luigi Rizzo (1918) contro la flotta austriaca nella rada di Buccari (Croazia). Le torpediniere silurano alcune navi e lanciano in mare tre bottiglie contenenti un cartello scritto da D'Annunzio: "In onta alla cautissima flotta austriaca, occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa. sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza del suo comodo rifugio i marinai d'Italia, che si ridono di ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre a osare l'inosabile. E un buon compagno, ben noto - il nemico capitale, fra tutti i nemici il "nemicissimo" quello di Pola e di Cattaro - è venuto con loro a beffarsi della taglia. 10-11 febbraio 1918 - Gabriele D 'Annunzio”.

Il Volo su Vienna e la marcia su Fiume Il volo su Vienna (9 agosto 1918): una squadriglia di apparecchi lancia sulla città migliaia di manifestini: ”Viennesi! Imparate a conoscere gli Italiani. Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà”. Finita la guerra, poiché gli alleati non vogliono riconoscere l'annessione di Fiume all'Italia, nel 1919 D'Annunzio parte da Ronchi e occupa Fiume, reggendola fino al "Natale di sangue" del 1920, quando si ritira per non combattere contro le truppe inviate dal Governo di Roma, presieduto da Francesco Nitti. In seguito, D 'Annunzio vive fino alla morte, avvenuta nel 1938, a Gardone Riviera (Brescia), sulle rive del lago di Garda, nella villa Cargnacco, chiamata "Il Vittoriale degli ltaliani" perché in essa sono raccolti numerosi cimeli della grande guerra.

D’Annunzio e Mussolini Nei confronti del fascismo D'Annunzio tenne un atteggiamento ambiguo, fatto ora di indipendenza sprezzante ora di benevolo appoggio, usufruendo in ogni caso di sovvenzioni notevoli. Una volta Mussolini disse: "D'Annunzio è come un dente guasto: o lo si estirpa o lo si copre d'oro". Nell'insieme, per quanto riguarda la biografia, D'Annunzio seppe realizzare quel "vivere inimitabile", eccezionale, dominato da una continua ricerca di bellezza e di grandezza che era nel gusto estetizzante del Decadentismo, di una vita cioè costruita come un'opera d'arte. Gli stessi atti di valore in guerra testimoniano non tanto il suo amor di patria e la sua audacia, quanto il gusto dell'avventura, il compiacimento del "bel gesto", la ricerca della "bella morte”.

Eleonora Duse Nel 1894 a Venezia incontra Eleonora Duse. Nasce un sodalizio d'amore e d'arte cui corrisponde il periodo più creativo della produzione dannunziana: scrive i primi tre libri delle Laudi (1903- 1904), inizia a comporre per il teatro e dà alle stampe Il Fuoco, la trasposizione letteraria della storia d'amore con la Duse. Insieme a lei si trasferisce a Settignano, sulle colline di Firenze. Lei si stabilisce poco distante da lui, che risiedeva alla Capponcina.

Eros Il 1904 segna la fine della storia con Eleonora Duse e nuovi nomi di donne compaiono nella biografia di d'Annunzio: Alessandra di Rudinì Carlotti, Giuseppina Mancini e la contessa russa Natalia de Goloubeff. Quest'ultima lo accompagnerà negli anni dell' "esilio volontario" in terra francese. Infaticabile homo eroticus, D'Annunzio affolla la propria alcova sempre di nuove conquiste. Sono circa 150 le sue amanti certe - censite con nome e cognome - e si calcola siano almeno mezzo migliaio - tra nobildonne, sarte, infermiere, cameriere, ragazze di strada - quelle che hanno conosciuto la "catapulta perpetua" del Vate: un harem che accompagnerà la leggenda del poeta superuomo fino alle ore del declino.