I fattori di rischio per uno stato protrombotico sono dovuti alla stasi del circolo ed alla ipercoagulabilitàlegata sia a fattori congeniti che acquisiti.

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Transcript della presentazione:

I fattori di rischio per uno stato protrombotico sono dovuti alla stasi del circolo ed alla ipercoagulabilitàlegata sia a fattori congeniti che acquisiti.

La tromboflebite è un processo di ostruzione del circolo venoso superficiale accompagnato da flogosi; le vene interessate possono essere la SAFENA o i suoi rami (in tal caso il processo è autolimitantesi per obliterazione flogistica del vaso e non ricliiede terapia anticoagulante) o le VENE MUSCOLARI o PROFONDE DEL POLPACCIO. I segni clinici in quest'ultimo caso sono un lieve rialzo termico resistente alla terapia antibiotica; i segni soggettivi (crampi, tensione, dolori sordi evocati dall' immobilità) compaiono nel 60% dei casi. Segni obiettivi tipici sono: il dolore alla compressione dei tronchi venosi profondi, alla dorsiflessione del piede (segno di Homans) ed alla palpazione della cresta tibiale e della pianta del piede (segno di Rosenthal). Nel 40% dei casi un'embolia polmonare è il primo sintomo di una tromboflebite delle vene del polpaccio, punto di origine pi× frequente delle trombosi venose profonde postoperatone.

Nella trombosi venosa profonda (TVP) i trombi originano nei seni venosi dei muscoli surali da dove possono estendersi nelle vene profonde maggiori (tibiale posteriore e vene peronee). Da queste il 20% circa si propaga nei di stretti poplitei, femorali e iliaci. I segni clinici di una TVP sono aspecifici e possono essere assenti pur in presenza di una trombosi estesa. Le modificazioni di colore dell'arto sono infrequenti ed aspecifiche, essendo legate in fase acuta ad uno spasmo arterioso (pallore) od a difettoso ritorno venoso da sindrome ostruttiva delle vene iliofemorali (cianosi). L'ostruzione venosa iliofemorale acuta ischemizzante (Phlegmasia cerulea dolens) è legata all'ostruzione del circolo superficiale e profondo; l'edema è ditale grado da compromettere la circolazione arteriosa. Il quadro descritto richiede una immediata trombectomia chirurgica.

La pletismografia (nelle sue varianti ad impedenza per la diagnosi di trombosi acute e fleboreografica per le ostruzioni prossimali al ginocchio), la velocimetria doppler e l'eco(color)doppler consentono di rilevare la presenza di trombi dell'albero venoso al di sopra del ginocchio; il valore predittivo negativo può raggiungere il 100%, mentre quello positivo non raggiunge il 60%.

Il test di captazione con il fibrinogeno marcato con I125 (che si incorpora nei trombi in formazione) ha un'alta specificità (95-100%) per le localizzazioni alla sura ed al poplite, mentre non è in grado di diagnosticare trombi iliofemorali (artefatti da masse muscolari e tracciante in vescica). Traumi, flogosi (flebiti), emorragie e ferite operatorie producono falsi positivi; la metodica non èinoltre utilizzabile per la diagnosi di trombi di vecchia formazione. La flebografia isotopica con Tc99 è specifica al 95% per trombosi iliofemorali, mentre è poco utile per piccoli trombi isolati distali o non occludenti.

La flebografia è l'esame invasivo più sensibile e specifico, nonostante richieda tempo ed esperienza specifica; rappresenta l'indagine di prima scelta nelle condizioni in cui le metodiche non invasive possono fallire (emorragia, intervento recente, trauma, fenomeni flogistici).

La terapia medica della malattia tromboembolica si basa sulla rimozione degli stimoli trombogenici (flogosi, stasi) e sull' antagonismo della coagulazione: - TROMBOLITICI (streptokinasi, 250.000 U di attacco e 100.000 U/h di mantenimento; urokinasi, 3500 U di attacco e 2500 UIKgIh di mantenimento), sono indicati se i trombi non risalgono a più di 7 giorni; la durata della terapia, monitorizzata con il tempo di trombina (prolungato), dosaggio del fibrinogeno (diminuito) e dosaggio del D-dimero (aumentato), varia da 72 ore a 7 giorni. La lisi è completa nel 50-70% dei casi; alla fine del trattamento è prudente istituire una terapia eparinica associata e sostituita dopo 5 giorni da un anticoagulante orale. I rischi emorragici sono simili per frequenza e gravitàsia col trattamento trombolitico che con quello eparinico. Controindicazioni alla terapia trombolitica sono il periodo postoperatorio antecedente alla 7a giornata, le lesioni peptiche in atto, le neoplasie sanguinanti, le epatopatie e le trombocitopenie.

- EPARINA (ev, alla dose di 100-150 UIKg/die sino all'incremento del PTT di 2-3 volte), impedisce l'estensione e la formazione di nuovi trombi, ma è totalmente inefficace sul processo di lisi; è indicata in caso di impossibilitàdi impiego dei trombolitici. In caso di emorragia indotta da eparina è indicato il plasma fresco congelato (20 mlIkg/die); la protamina è sconsigliata per il rischio di fenomeni di rebound. ANTICOAGULANTI ORALI: sono indicati nel mantenimento della terapia in sostituzione dell'eparina; vanno associati a quest'ultima per almeno 5 giorni per raggiungere i livelli terapeutici; la massima attività anticoagulante si ha dopo 72 ore.

Quando la terapia anticoagulante è controindicata o non dà sufficienti garanzie si ricorre alla terapia chirurgica. La LEGATURA DELLA VENA TROMBIZZATA è indicata nel grave rischio emorragico e nella trombosi settica; negli altri casi, quando possibile, è indicata la TROMBECTOMIA. I FILTRI CAVALI sono indicati nel tromboembolismo polmonare ricorrente; i trombi settici non rappresentano una controindicazione in quanto è stata dimostrata la possibilitàdi sterilizzare il filtro con adeguata terapia antibiotica