Marcello Tempesta - Università del Salento Fidenza - 12 ottobre 2011 A scuola di un cambiamento possibile L’insegnante professionista nella società della conoscenza Marcello Tempesta - Università del Salento Fidenza - 12 ottobre 2011
Una nuova stagione del rapporto tra scuola e università Collaborazione scientifica e organizzativa in merito alla formazione iniziale, continua e permanente degli insegnanti, alla ricerca sulle didattiche disciplinari, allo sviluppo organizzativo e gestionale delle autonomie scolastiche Un fronte comune di impegno per tutti coloro che hanno a cuore il mondo dell’educazione Intrecciare dimensioni disciplinari, teorico-epistemiche, pedagogico-didattiche, pratico-professionali: non sarà facile, ma è necessario
La riforma da un p.d.v. strutturale Tutto il sistema di istruzione nazionale attraversa da alcuni anni una fase di trasformazione ordinamentale La riforma del secondo ciclo di istruzione (a.s. 2010-11) intende ridurre la frammentazione degli indirizzi e rimodulare l’istruzione liceale, tecnica e professionale per favorire la qualità dell’insegnamento (rispetto alla quantità del carico orario) e la modernizzazione Maggiore autonomia delle scuole, maggiore chiarezza e organicità per facilitare l’accesso all’università e al mondo del lavoro, maggiore legame con il territorio
La riforma da un p.d.v. culturale Occasione di ripensamento del senso e delle dinamiche della scolarità Riposizionamento della scuola all’interno dello scenario socio-culturale postmoderno, superando modelli ottocenteschi e novecenteschi Integrazione tra processi di riforma top down e processi evolutivi bottom up (D. Schön: crescita delle organizzazioni tramite comunicazione osmotica di buone pratiche e riflessione condivisa sulle stesse)
La scuola nel mondo globale La società dell’informazione e della conoscenza L’irruzione delle nuove tecnologie L’economia dematerializzata ed ecosostenibile L’interdipendenza planetaria e il processo di multiculturalizzazione La trasformazione dei modelli di sviluppo, l’attenzione allo sviluppo locale e personale
La scuola nel tempo del disorientamento Ipertrofia delle informazioni, degli strumenti e dei metodi, ipotrofia delle conoscenze, dei significati e delle motivazioni Il sistema formativo è interessato da una profonda emergenza, che non è anzitutto di natura materiale e organizzativa, ma culturale ed educativa, ed ha profonde ricadute sui vissuti quotidiani U. Galimberti parla di un “ospite inquietante” dell’esperienza giovanile, il nichilismo, che “confonde i pensieri, cancella prospettive, fiacca le anime, intristisce le passioni. La scuola, ovviamente, non suscita alcun interesse”
«Mal di scuola» «Il prof. ha detto che…» è una frase che conoscono. Si, la speranza riposta dal somaro in quella litania … Le parole del professore sono solo tronchi galleggianti cui lo studente che va male si aggrappa in un fiume dove la corrente lo trascina verso le cascate. Ripete quello che ha detto il prof. Non perché questo abbia senso, non perché la regola si incarni, no, solo per trarsi momentaneamente d’impaccio, solo perché «mi lascino in pace». O mi vogliano bene. A qualunque prezzo. D. Pennac, Diario di scuola
La percezione di un paradosso Nella cosiddetta “società della conoscenza” (caratterizzata da una enorme disponibilità di sapere e da una facilità di accesso mai avuta prima) c’è una diffusa povertà della vita scolastica ed una profonda riduzione delle sue dimensioni di senso, con inevitabili ricadute sulle performances delle giovani generazioni Crescenti problemi di molti allievi (disaffezione, insuccesso, meccanicità, acriticità) e di molti docenti (atteggiamenti fatalistici e minimalistici, affannosa ricerca di stratagemmi per promuovere gratificazione e risultati nell’apprendimento disciplinare e nelle educazioni trasversali)
La scuola in questione Quali soluzioni? Attenzione all’inclusione sociale, ritorno alla serietà e ai contenuti o preoccupazione metodologica e tensione a formare una “testa ben fatta”? Appare necessario un coraggioso ripensamento complessivo dei processi educativo-didattici che caratterizzano la scuola ed una profonda ricomprensione culturale della sua mission: permettere l’accesso all’esperienza culturale, strappare dalla passività, mobilitare talenti, mettere in azione (più che fornire alfabeti e contenuti di base, reperibili oramai anche altrove)
Leggere-ripetere-eseguire? La ricerca sull’immaginario relativo alla conoscenza scolastica è molto interessante: compiendo dei braistorming le risposte degli studenti oscillano generalmente tra un’immagine troppo alta, retorica, poco concreta (riproduzione della rappresentazione adulta) e una drammaticamente povera (ma più corrispondente alla realtà effettuale) Immagazzinare contenuti da fissare nella memoria, svolgere compiti (scopo); alternare lettura puntuale e riproduzione verbale, seguire procedure (operazioni)
“Molti studenti credono che lo studio abbia a che fare con lo sforzo e, poiché considerano lo sforzo un lavoro muscolare, irrigidiscono i muscoli del cuoio capelluto, della nuca, delle spalle… Alcuni si afferrano la fronte; altri fanno ruotare gli occhi; altri si strappano i capelli. I casi più difficili hanno difficoltà respiratorie o digrignano i denti. Poi hanno bisogno di ristorarsi e prendono l’abitudine di fumare o bere troppo caffè. Alcuni vanno su e giù per la camera, come bestie feroci in gabbia, affaticano i muscoli delle gambe. E tutto questo lo chiamano “imparare a memoria” o addirittura “fare delle riflessioni”, in una parola “lavoro intellettuale” (S. Leitner)
Ricollegare conoscenza ed esperienza Il disagio e l’insoddisfazione che accompagnano tali pratiche (analogamente a quanto accade in tutti gli ambiti dell’esistenza) ci dovrebbero indurre a pensare che siamo fuori strada e che siamo fatti per qualcosa di più corrispondente alla nostra struttura personale L’esperienza della vita scolastica come momento di crescita e di libertà è generalmente connessa a incontri con persone che permettono il ricostituirsi del rapporto tra conoscenza ed esperienza, tra relazione educativo-didattica e scoperta del mondo
“No, la scuola non offriva soltanto un’evasione dalla vita in famiglia “No, la scuola non offriva soltanto un’evasione dalla vita in famiglia. Almeno nella classe del Sig. Bernard appagava una sete ancor più essenziale per il ragazzo che per l’adulto, la sete della scoperta. Certo, anche nelle altre classi s’insegnavano molte cose, ma un po’ come s’ingozzavano le oche. Si presentava loro un cibo preconfezionato e s’invitavano i ragazzi ad inghiottirlo. Nella classe del sig. Bernard, per la prima volta in vita loro, sentivano invece di esistere e di essere oggetto della più alta considerazione: li si giudicava degni di scoprire il mondo” (A. Camus)
L’insegnante che introduce al mondo Il piacere nell’apprendere e la riuscita nell’esperienza scolastica non sono da ricondurre principalmente al possesso di capacità innate, prerequisiti o tecniche La conoscenza è eminentemente un problema di educazione, fiorisce all’interno di un processo di promozione intenzionale in grado di suscitare: relazioni educativo-didattiche significative e collaborative motivazioni chiare e intrinseche esercizio di una razionalità aperta alla realtà e all’esperienza sviluppo di competenze metodologiche
Relazioni significative Nesso profondo tra qualità delle relazione educativo- didattiche e qualità della conoscenza (M. Baldacci) La relazione educativa promuove lo studio quando provoca lo studente a uscire dalla caverna conoscitiva nella quale può rintanarsi l’io, invitandolo all’esperienza affascinante dell’incontro con la ricchezza inesauribile del reale (anche approcciando aspetti apparentemente particolari del sapere) La relazione collaborativa tra pari fa maturare forme di apprendimento cooperativo e disposizioni prosociali, cercando di evitare il rischio dell’omologazione e del gregarismo
Motivazioni chiare La motivazione è il “carburante” della conoscenza: implica l’esperienza di un bisogno, la rappresentazione di una meta e l’anticipazione di una serie di percorsi di raccordo (J. Nuttin) Distinzione ancora attuale tra motivazione intrinseca ed estrinseca (K. Lewin) Interpretazioni fatalistiche o volontaristiche della motivazione allo studio Educabilità della motivazione: l’insegnante non è esonerato dall’azione motivante Sono possibili interventi a livello cognitivo, metodologico, affettivo-relazionale
Razionalità aperta alla realtà Gli obiettivi fondamentali di un’educazione alla conoscenza attraverso lo studio sono il gusto per l’esercizio personale e critico della ragione e lo sviluppo di un’apertura integrale alla realtà Educarsi al conoscere è fondamentalmente imparare a domandare lasciandosi colpire (affici, affectus) dalle cose per procedere dalla curiositas alla studiositas (Agostino) Meraviglia, osservazione, interrogazione; acquisizione, comprensione, memorizzazione, rielaborazione, esercizio, ricerca
Competenze metodologiche L’apprendere ad apprendere favorisce non tanto l’accumulo di conoscenze quanto soprattutto lo sviluppo di competenze: riflessione, rielaborazione, ricerca, comunicazione, controllo, autonomia, collaborazione, progettualità, operatività, flessibilità (C. Cornoldi) Non è appena una strategia adattiva che permette ai giovani di affrontare la società dell’incertezza ma è parte integrante di una educazione alla conoscenza Essa ha come sua punta acuminata la curiosità di scoprire il nuovo e l’inesplorato, la tensione verso l’ignoto, il non misurabile e il non prevedibile, che è l’anima segreta di ogni autentica intrapresa umana: metodo e motivazione si saldano
”Se vuoi costruire una nave non radunare uomini per far loro raccogliere il legno, per distribuire compiti e suddividere il lavoro, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito” A. de Saint-Exupéry
Qualità dell’insegnamento e qualità dell’istruzione L’insegnante di qualità in tutto l’Occidente è sempre più considerato il fattore strategico ai fini del miglioramento dei sistemi d’istruzione Sviluppo di una identità professionale multiforme e socialmente decisiva: competenze culturali e disciplinari, educative e socio-relazionali, psico-pedagogiche, metodologiche e didattiche, pratico-riflessive, organizzative e cooperative, motivazionali ed esistenziali (ologramma di U. Margiotta) Il nostro paese ha conosciuto solo nell’ultimo decennio forme istituzionalizzate di preparazione degli insegnanti a livello primario e secondario, con conseguente impulso alla ricerca in materia
La teacher education: un settore in espansione LW.R. Houston, M. Haberman, J. Sikula, Handbook of research on teacher education, 1990 J. Sikula, T. Buttery, E. Guyton, Handbook of research on teacher education, 1996 M. Cochran-Smith, S. Feiman-Nemser, D.J. McIntyre, K.E. Demers, Handbook of research on teacher education. Enduring questions in changing context, 2008 M. Cochran-Smith, K. Zeichner, Studying teacher education. The report of the AERA panel on research and teacher education, 2005 L.J. Saha, A.G. Dworkin, International handbook of research on teacher and teaching, 2009 “Journal of Teacher Education”
La teacher education: le tendenze più significative La formazione degli insegnanti come campo d’indagine La governance e i paradigmi della formazione degli insegnanti Gli approcci pedagogici e le metodologie educative Lo sviluppo dei curricoli per la preparazione dei docenti I processi di formazione iniziale I processi di formazione in servizio Le forme di reclutamento Le caratteristiche dei docenti L’identità e lo sviluppo professionale Il cambiamento dei docenti e i cicli di vita degli insegnanti L’insegnamento di discipline specifiche L’insegnamento nei diversi gradi scolari La formazione degli insegnanti e le ICT La preparazione al lavoro in contesti multiculturali La preparazione al lavoro con studenti diversamente abili Gli indicatori di qualità e la valutazione dei programmi di educazione dei docenti
La teaching research: una molteplicità di approcci Pragmatico Evidence based Ergonomico Microsociologico Cognitivista Sistemico Clinico Interazionale Etnometodologico Socio-costruttivista Fenomenologico Pratico-riflessivo Biografico-narrativo Ricerca-azione Decostruzionista
La dimensione istituzionale della formazione dei docenti (1) Le istituzioni europee nell’ultimo decennio hanno dato grande impulso alla formazione iniziale e in servizio dei docenti I modelli più diffusi in Europa si fondano su articolati referenziali di competenze e sull’alternanza precoce tra attività di apprendimento e sviluppo di capacità e attitudini in ambiente di lavoro Le ricerche sugli assetti istituzionali e sulle politiche di governance della formazione docente vanno in direzione di un superamento del modello dell’artigiano formato per compagnonnage (e dunque senza intervento dell’università) e del colto formato esclusivamente in accademia (e dunque senza cognizione della complessità reale del mestiere)
La dimensione istituzionale della formazione dei docenti (2) I due vettori principali della formazione docente in Europa son oggi la professionalizzazione e l’universitarizzazione Quanto al primo aspetto è significativa l’analisi del passaggio dalla figura di insegnante appartenente al personale esecutivo e impiegatizio a quella di docente ricercatore e professionista. C’è una frizione tra questa dinamica, che prevede l’allargamento di quote di libertà e autonomia, e gli approcci statalistici, per i quale l’insegnante resta fondamentalmente funzionario dello stato Quanto al secondo aspetto non pare retorico l’interrogativo di M. Altet: può veramente l’università formare degli insegnanti? Un punto nevralgico nella ricerca è il problema dell’integrazione tra saperi pedagogici, psicologici, didattici e saperi disciplinari (molta attenzione in tal senso è attribuita allo snodo costituito dalle didattiche disciplinari) e tra questi e le attività di tirocinio
L’analisi delle pratiche (1) Molte ricerche definiscono l’osservazione delle “pratiche d’insegnamento effettive” la strada fondamentale del percorso professionalizzante Il loro oggetto è lo studio dei processi interattivi e dell’articolazione funzionale dei processi di insegnamento-apprendimento secondo il modello detto dei “processi interattivi contestualizzati” La pratica d’insegnamento-apprendimento si definisce come un “fare” singolare, proprio a ciascun insegnante, insieme di attività gestuali e di discorsi operatori complessi, intrecciati in situazione: educativi, didattici, relazionali, temporali, affettivi, ancorati all’immediatezza del quotidiano L’utilizzazione di un saper fare originale che si attualizza temporalmente in tre fasi (pre-attiva, la preparazione, interattiva, in classe, post attiva, dopo l’azione) viene studiato con un approccio fortemente interdisciplinare e con l’aiuto della videoregistrazione e della scrittura professionale, che permettono di analizzare le pratiche per coglierne il funzionamento e l’efficacia in maniera riflessiva
L’analisi delle pratiche (2) Il guadagno è il superamento di una visione verbalista, intellettualista e disciplinarista del processo di insegnamento-apprendimento, e dell’ “impossibile approccio” all’insegnamento attraverso prescrittivi metodi pedagogici, dei quali la pratica sarebbe l’applicazione La convinzione è che per troppo tempo la ricerca pedagogica ha studiato ciò che deve o dovrebbe essere, mentre è giunto il momento di andare a veder quel che le pratiche sono. Viene rifiutata la nozione di “metodo d’insegnamento”, l’interesse è per i processi, le procedure, i prodotti, il contesto della pratica, nozione inglobante che comprende le azioni, gli atti, l’attività dell’insegnante Il rilievo che comincia ad essere avanzato è che occorre prendere le distanze da quelle osservazioni del lavoro in classe che vorrebbero reperire “direttamente” le caratteristiche delle pratiche aventi un effetto positivo sull’apprendimento e sulla crescita degli allievi M. Altet ricorda come vadano sempre considerate le tre dimensioni costitutive dell’intenzionalità docente (pragmatica, epistemico-metodologica ed educativo-relazionale) e come vadano distinte tre dimensioni, pur solidali, della ricerca sull’insegnamento: quella didattica, quella psico-sociologica e quella propriamente pedagogica
Lo sviluppo di competenze dell’insegnante professionista (1) Numerosi sono gli studi che tentano di tracciare il profilo di un insegnante “professionista dell’insegnamento e dell’apprendimento”, e della sua formazione iniziale e continua I ricercatori si pongono un triplice ordine di questioni: di quale “natura” sono le competenze dell’insegnante esperto? Come si costruiscono le competenze professionali? Come formare a queste competenze? Comune è la consapevolezza che la formazione professionale è cosa ben diversa dal semplice consolidamento dei “saperi disciplinari”, perché mette in gioco una serie complessa e articolata di competenze. Comune è anche l’apprezzamento per il modello dell’alternanza teoria/prassi, intesa come alternanza di sperimentazione, analisi e riflessione a partire dall’esperienza I dispositivi di formazione indagati sono quelli che supportano l’integrazione di esperienza e riflessione e aiutano a formare le competenze
Lo sviluppo di competenze dell’insegnante professionista (2) Le “competenze professionali” sono generalmente intese come insieme diversificato di saperi professionali, “schemi d’azione” e attitudini impiegate nell’esercizio della professione. Sono di ordine cognitivo, affettivo, conativo e pratico Questo flusso teorico vuole legittimare il superamento di precedenti modelli magisteriali o artistico-artigianali (ai quali si imputa una eccessiva soggettività-carismaticità o il ricorso a “trucchi del mestiere” e modalità imitative) in favore di strategie poggiate su saperi razionali e di una consapevole “expertise” dell’azione Si riaffaccia, tuttavia, la necessità di fronteggiare una deriva tecnicistica dell’insegnamento, reintroducendo una valorizzazione della soggettività nell’insegnamento come pratica relazionale-comunicativa finalizzata a suscitare partecipazione all’esperienza culturale Le competenze professionali sono creative, flessibili, e non meramente replicative perché rimane sempre una dimensione “avventurosa” anche nell’insegnamento pianificato: per un verso il docenteh opera “aggiustamenti” continui nel corso dell’interazione, per altro egli sviluppa quella autentica metacompetenza professionale che è il saper analizzare e valutare
“Gli uomini cercano sempre di evadere sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’essere uomo” (T.S. Eliot)