Una battaglia illuminista per la riforma penale

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Transcript della presentazione:

Una battaglia illuminista per la riforma penale Cesare Beccaria Una battaglia illuminista per la riforma penale

Dei delitti e delle pene Nel 1764 uscì in Italia un pamphlet di Cesare Beccaria che fu di immediato successo in tutta Europa, tanto da riscuotere l’ammirazione di illustri sovrani (Caterina di Russia, Maria Teresa d’Asburgo, Pietro Leopoldo di Asburgo-Lorena, granduca di Toscana, che per primo mise in pratica le idee ivi contenute: Codice leopoldino del 1786), e degli altri illuministi. Beccaria, senza farsi intimidire, dalla “tradizione” sottoponeva al giudizio della ragione e dell’umanità il sistema penale del suo tempo, arrivando a conclusioni di grande modernità e ponendo le basi del moderno stato di diritto, là dove il cittadino è tutelato dallo strapotere dello stato. Per comprendere il senso del suo opuscolo, bisogna allargare lo sguardo alla situazione della giustizia che il ‘700 aveva ereditato dal passato. f. meneghetti 2007

La giustizia fino al ‘700 Non esisteva certezza del diritto in mancanza di un vero e proprio codice penale (molte erano le leggi tra cui il giudice poteva scegliere con totale arbitrio); La giustizia era di tipo “taglionico” ed aveva lo scopo di infliggere sofferenze corporali; La pena di morte era ampiamente praticata, anche sotto forma di spettacolo pubblico; Non c’era distinzione tra reato e peccato. f. meneghetti 2007

La procedura penale fino al ‘700 A parte l’Inghilterra che possedeva un sistema accusatorio (presunzione di innocenza della persona indagata: compito dell’accusa provarne la colpa), nel resto d’Europa vigeva il sistema inquisitorio (presunzione di colpa dell’inquisito); In base a tale sistema si accettavano denunce segrete, non si prevedeva che lo stesso conoscesse i campi di imputazione né che avesse un avvocato, si ricorreva alla tortura per estorcere la confessione. f. meneghetti 2007

Gli errori giudiziari Dati l’arbitrio del giudice e il carattere sommario della procedura, erano frequenti gli errori giudiziari: insanabili nel caso di condanne a morte. Se ne occupò, tra gli altri, Voltaire con il caso di Jean Calas, protestante, accusato di aver ucciso il figlio che voleva farsi cattolico (in realtà questo si era suicidato). Grazie alla sua denuncia ci fu un riesame del processo, ma l’indennizzo dato alla famiglia non poteva restituire la vita del condannato. f. meneghetti 2007

Gli obiettivi di Beccaria Certezza della legge (codice penale), di modo che il giudice ne sia vincolato; Garanzie per il processato (avvocato, difesa, conoscenza dei capi di imputazione, divieto della tortura); Mitezza, ma certezza, delle pene, la cui gravità deve essere proporzionata all’entità del reato quasi matematicamente. Separazione tra resto e peccato, che non spetta allo stato inquisire. f. meneghetti 2007

Il diritto dello stato di punire Una questione preliminare riguarda il diritto dello stato di punire: su che cosa si fonda questo potere? Per rispondere Beccaria si rifà all’ipotesi dello stato di natura, così come lo aveva concepito il filosofo inglese Locke: in origine gli uomini sono liberi e dotati di diritti naturali irrinunciabili (tra cui il diritto alla vita, alla famiglia, alla proprietà); ma non è chiaro dove finisca la libertà di uno e inizi la libertà dell’altro: da qui possono nascere conflitti che mettono a repentaglio la sicurezza; allora, per sentirsi più sicuri e tutelati, gli uomini fanno un patto sociale che prevede la rinuncia ad una piccola porzione della libertà individuale, che viene ceduta ad un ente superiore (stato) allo scopo di garantire la sicurezza e il rispetto della volontà generale. stato individui f. meneghetti 2007

Fin dove arriva il diritto di punire? Se il diritto dello Stato di comminare punizioni e sanzioni deriva da questo patto sociale originario, ne consegue che lo Stato non può uscire dai limiti di tale patto, in base al quale cittadini rinunciano alla minima porzione della propria libertà. Può essere compresa in questa piccola porzione il diritto di disporre della vita, il massimo di tutti i beni? Naturalmente no, perché sarebbero stati stolti gli uomini che ne avessero fatto dono allo stato, per sentirsi più sicuri. Ne consegue che la pena di morte non rientra tra i diritti di cui dispone uno stato rispettoso del patto sociale: è un fatto, è un atto di forza, ma non un diritto. f. meneghetti 2007

La pena di morte non è un diritto È un diritto dello stato? Sì No Come atto di forza potrebbe però essere Necessaria? Utile? Se non è né utile né necessaria, ne viene dimostrata l’assenza di valido fondamento f. meneghetti 2007

Ora tocca a te Prova ora a cercare nei testi: Le ragioni per cui non è necessaria (Beccaria ritiene più incisiva la durata della pena che non l’intensità); Le ragioni per cui non è utile (il cattivo esempio che lo stato dà ai propri cittadini); E ora svolgi una ricerca sulla pena di morte oggi nel mondo: in particolare quando è stata abolita in Italia; quanti sono gli stati in cui si pratica; quali i costi. Infine prova ad impostare un bilancio critico su vantaggi/svantaggi. f. meneghetti 2007