Parte I (I Sensori) I sensori di movimento Molte grandezze (pressione, temperatura, forza, accelerazione, etc.) vengono trasformate in uno spostamento, prima di essere convertite in un segnale elettrico.
Parte I (I Sensori) I potenziometri Un potenziometro è costituito da un elemento resistivo su cui può scorrere un contatto mobile. L’elemento resistivo viene alimentato con una tensione, continua o alternata (sensore passivo). In condizioni ideali l’uscita è una funzione lineare dell’ingresso.
Parte I (I Sensori) I potenziometri Il moto della parte mobile può essere traslatorio, rotatorio o elicoidale.
Parte I (I Sensori) I potenziometri La presenza del carico produce degli effetti di non linearità sull’uscita: che in condizioni ideali diventa:
Parte I (I Sensori) I potenziometri Per avere un comportamento lineare occorre che la resistenza del potenziometro sia piccola relativamente a quella del dispositivo utilizzatore! Questa specifica, tuttavia è in contrasto con la possibilità di avere un elevata sensibilità!
Parte I (I Sensori) I potenziometri I potenziometri a filo presentano una variazione di resistenza continua, ma hanno valori di sensibilità troppo bassi. Non è possibile diminuire la sezione del filo, per aumentare la resistenza, si ricorre allora ai potenziometri a filo avvolto. L’altra classe dei potenziometri è costituita dai potenziometri in cermet ed in plastica conduttiva
Parte I (I Sensori) I potenziometri I potenziometri a filo avvolto hanno una risoluzione finita, legata alla possibilità di avvolgere un numero finito di spire per unità di lunghezza. I potenziometri del in cermet o in plastica conduttiva hanno una risoluzione infinitesima, ma presentano un’uscita molto rumorosa, a causa della rugosità della superficie Esempio: un potenziometro che ha 500 avvolgimenti ed una lunghezza di 1 cm avrà una risoluzione pari a:
Parte I (I Sensori) I potenziometri I vengono immessi sul mercato come dispositivi lineari (tranne che non si vogliano realizzare particolari funzioni). Il valore della loro linearità corrisponde pertanto anche alla loro accuratezza. Quando richiesto è possibile migliorare la linearità di tali dispositivi mediante inserimento di opportune resistenze (potenziometri a filo avvolto) o mediante processi al laser (potenziometri a strato). Nel caso di dispositivi che devono funzionare in ambienti ostili viene dichiarata anche la dither life. Essa indica la capacità del dispositivo a resistere a un numero grande di cicli di piccola ampiezza
Parte I (I Sensori) I potenziometri Esistono dispositivi con caratteristiche metrologiche moto varie. Occorrerà di volta in volta scegliere il dispositivo che meglio soddisfa i vincoli imposti dall’applicazione e le specifiche richieste.
Parte I (I Sensori) I potenziometri Un tipico esempio di dati forniti per potenziometri
Parte I (I Sensori) I potenziometri Esempio Per un potenziometro della famiglia riportata in tabella, la sensibilità può essere ricavata dai dati forniti (potenza massima, massimo valore del misurando, resistenza del potenziometro) E nel caso in esame vale: P=0.2 W R=1kΩ L=0.5in=1cm
Parte I (I Sensori) Gli estensimetri Gli estensimetri o strain gage si basano sul fenomeno della variazione della resistenza di un filo conduttore con la deformazione dello stesso: Gli estensimetri vengono utilizzati in due campi: studio dello stato di carico di pari meccaniche costruzione di trasduttori di forza, coppia, pressione, etc. Si possono avere vari tipi di estensimetro: a filo non incollato o incollato a foglio metallico a semiconduttore.
Parte I (I Sensori) Gli estensimetri Gli estensimetri a foglio metallico vengono costruiti direttamente nella forma desiderata e vengono incollati al dispositivo da analizzare con opportuni collanti.
Parte I (I Sensori) Gli estensimetri Quando richiesto si ricorre a opportune rosette di estensimetri.
Parte I (I Sensori) Gli estensimetri Gli estensimetri metallici sono molto lineari ma presentano un gage factor di valore molto basso (da 2 a 4)
Parte I (I Sensori) Gli estensimetri Gli estensimetri a film metallico depositato non hanno bisogno del collante, ma vengono depositati direttamente sulla superficie di un organo deformabile (servono in genere per costruire trasduttori di altre grandezze.) Gli estensimetri a semiconduttore possono essere sia incollati sia diffusi. In entrambi i casi possono essere di tipo N o P. Nel primo caso la resistenza aumenta con lo stress nel secondo caso diminuisce. Presentano il notevole vantaggio di avere un gage factor molto elevato (fino a 150). Dovuto principalmente all’effetto piezoresistivo e vengono detti trasduttori piezoresistivi. Purtroppo presentano elevata sensibilità alla temperatura e non linearità.
Parte I (I Sensori) Gli estensimetri Sarà la particolare applicazione, di volta in volta, a suggerire il tipo di estensimetro più adatto. I parametri più significativi sono riportati nella tabella che segue.
Parte I (I Sensori) Gli estensimetri Un tipico esempio di dati forniti per estensimetri metallici
Parte I (I Sensori) Gli estensimetri Esercizio Si consideri uno strain gage di tipo metallico (con gage factor G=2.0) di valore R=120 Ω che deve misurare lo stato deformativo di un organo di acciaio (modulo di Young Y=210 GPa). Quanto vale la variazione di resistenza se il carico massimo vale 8x106Pa. Si ha:
Parte I (I Sensori) I trasformatori differenziali I trasformatori differenziali (LVDT) sono costituiti da un avvolgimento primario e due avvolgimenti secondari. Il primario è eccitato con una tensione di tipo sinusoidale, con frequenza variabile tra 60 e 20.000 Hz. Sui secondari vengono indotte due tensioni di ampiezza variabile con la posizione del nucleo. Connettendo i due secondari in antiparallelo, l’ampiezza del segnale d’uscita diventa una funzione lineare della posizione del nucleo.
Parte I (I Sensori) I trasformatori differenziali L’uscita del sensore è una sinusoide modulata in ampiezza. Per ricavare l’informazione in uscita si può, a seconda dei casi: utilizzare un voltmetro per AC; demodulare il segnale e utilizzare un voltmetro in DC, o un oscilloscopio (insieme ad eventuali filtri passabasso).
Parte I (I Sensori) I trasformatori differenziali Se la frequenza della portante è grande rispetto alla massima frequenza del segnale (valore tipico è il rapporto 10:1) possono bastare dei filtri RC, semplici o multipli.
Parte I (I Sensori) I trasformatori differenziali Si supponga di voler misurare uno spostamento il cui contenuto in frequenza risulta trascurabile a frequenze superiori a 1000 Hz, utilizando un LVDT con tensione di eccitazione a frequenza di 10.000 Hz. Il processo di modulazione e successiva demodulazione produrrà dei segnali a frequenze nel’intervallo [19.000 Hz, 21.000Hz]. Si vuole che il ripple residuo alla frequenza di 19.000 Hz sia minore del 5%. Deve allora essere:
Parte I (I Sensori) I trasformatori differenziali Alla frequenza di 1000 Hz tale filtro produce un’attenuazione pari a 0,68 e uno sfasamento pari a -47°. Si ha quindi una distorsioe eccessiva del segnale. Si possono migliorare le prestazioni del filtro utilizzando una cella RC doppia: In questo caso alla frequenza di 1000 Hz si ha un’attenuazione di 0,94 e uno sfasamento di -26°. In tali condizioni si ottiene in uscita un segnale che è una copia fedele e ritardata del segnale in ingresso (cfr condizioni di non distorsione):